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Autore: Nadie    18/01/2014    3 recensioni
Non ci crede.
Non ci deve credere.
Non ci può credere.
Il tempo non torna indietro e questo lo sanno tutti.
Allora cosa c’è che non quadra?
Cos’hanno quell’istante, quella spiaggia, quel sole, quel mare, quel ragazzo e quella ragazza di sbagliato?
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Il tempo passa e tu non passi mai



Il buio ingoiava la stanza.
Il buio ingoiava i muri e le librerie a loro appoggiate, il buio ingoiava le finestre e la luce del sole, il buio ingoiava la poltrona e l’uomo che vi sedeva sopra.
Dei passi leggeri si avvicinarono alla porta della stanza e qualcuno entrò.
«Nonno! Basta con tutto questo buio!» una voce acuta sgomitò tra i pensieri che affollavano la mente dell’uomo sulla poltrona, ed una luce inaspettata lo accecò per un istante.
Una graziosa ragazzina aveva scostato le tende che per giorni e giorni avevano impedito alla luce del sole di attraversare i vetri delle finestre di quella stanza.
«Non ho voglia della luce, Marisolita, lasciami al buio, per favore» la ragazzina sbuffò e si mise seduta a terra, di fronte all’uomo, fissando gli occhi sulle sue mani macchiate dal tempo.
«Non devi stare al buio, nonno. E poi, ho portato una cosa…» saltò agilmente in piedi e sgusciò fuori dalla porta, rientrando dopo poco tempo con in braccio un'enorme scatola di cartone.
«Guarda qui» disse all’uomo, aprendo la scatola «ci sono tutte le tue foto e quelle della nonna. Tienile, così puoi scegliere quale… quale mettere sulla lapide di nonna.» l’uomo chiuse gli occhi e inspirò profondamente, la ragazzina sorrise debolmente.
«Coraggio, nonno, lei è ancora qui con te, ti sorveglia, ora è il tuo angelo custode e…» l’uomo scoppiò a ridere.
«Ma cosa ne vuoi sapere tu, Marisol? Tu non sai cosa significa, tu e tutti gli altri! Guarda, guarda di cosa ti preoccupi, di una stupida foto, della foto! Foto inutili, che sia maledetto chi ha inventato le foto! Guardale, guarda cosa ne faccio di queste foto, Marisol!» si alzò dalla poltrona e capovolse la scatola di cartone rovesciando milioni di foto sul pavimento, si inginocchiò e strappò tutte quelle che gli capitavano in mano.
«Nonno, nonno!» Marisol provò a fermarlo, ma l’uomo la spinse via.
«Vattene, Marisol, vattene!» e Marisol corse fuori dalla stanza in lacrime.
L’uomo restò a terra a fissare il pavimento sotto le suo ginocchia, un pavimento fatto di istanti bloccati e imprigionati.
Fotografie.
Si portò le mani al viso per asciugare le lacrime e vide sul suo palmo un viso incompleto.
Un bellissimo viso incompleto.
Era il viso di una ragazza con la pelle chiara e gli occhi scuri e profondi.
Ma a quel viso mancavano delle parti che erano state strappate via, il piccolo naso era senza una narice e le labbra erano curve in un sorriso spezzato.
Sullo sfondo si vedeva il mare di Barcellona piuttosto agitato.
Fotografie.
Chiuse gli occhi e provò ad immaginare il rumore di quel mare.
Lo sentiva, sentiva le onde nelle sua testa e il vento sul suo viso, sentiva la gente ridere e la sabbia entrargli nelle scarpe.
Quando l’uomo riaprì gli occhi il suo vecchio cuore perse un battito.
 
 
 
La ragazza è poco lontano da lui.
Dio, è così giovane ed ha tutto il mondo nei suoi occhi scuri.
È felice. La sente ridere. Quanto gli è mancata la sua risata.
Ma adesso lei è lì, vicina a lui, potrebbe correre verso di lei e prenderla tra le braccia.
È così bella, è così giovane.
Giovanissima.
L’uomo si alza in piedi e muove qualche passo incerto sulla sabbia.
La sabbia di Barcellona.
Anche la sabbia di Barcellona gli è mancata molto, troppo.
Si toglie la giacca perché il caldo di Barcellona è insopportabile con quella giacca addosso.
Un ragazzo gli passa accanto e lo spintona per sbaglio.
«Oh, mi scusi signore! Tutto bene?» quel ragazzo lo ha già visto, ne è sicuro.
Quel ragazzo gli assomiglia.
Hanno gli stessi occhi neri e le stesse fossette sulle guance.
Hanno anche la voce simile.
Il ragazzo fa un grosso sorriso e corre verso la ragazza, l’abbraccia e la bacia.
L’uomo lo guarda e non ci crede.
Non può essere vero.
Non può essere vero, vero?
Ma quel ragazzo sembra proprio lui da giovane, ha gli stessi capelli biondi e disordinati che aveva anche lui e lo stesso sorriso allegro.
E poi, conoscono entrambi quella ragazza con gli occhi scuri.
Il ragazzo la ama molto, si vede.
Anche lui l’amava molto.
E lei?
Anche lei lo ama.
Lo amava.
L’uomo si avvicina ad una donna che prende il sole e le scuote piano il braccio.
La donna apre gli occhi e lo squadra con un’occhiata infastidita.
«Scusi, può dirmi che giorno è oggi?»
«Il 20 agosto, perché?»
«Di che anno?»
«1960.» l’uomo resta attonito.
1960.
Quei numeri si confondono nella sua testa e lui crede di essere pazzo.
Pazzo, pazzo.
Ma come può succedere?
Come può una foto combinare casini simili?!
Non ci crede.
Non ci deve credere.
Non ci può credere.
Il tempo non torna indietro, e questo lo sanno tutti.
Allora cosa c’è che non quadra?
Cos’hanno quell’istante, quella spiaggia, quel sole, quel mare, quel ragazzo e quella ragazza di sbagliato?
O forse è lui, è lui ad essere sbagliato.
Loro sono perfetti, loro vivono il loro attimo e lui si è intrufolato dentro al loro tempo senza neanche chiedere permesso.
Si allontana dalla donna che prende il sole e si toglie scarpe e calzini.
La sabbia scotta sotto ai suoi piedi ma lui non la sente.
Lui, l’uomo, è felice.
Non capisce perché è finito in quella spiaggia, proprio nel 1960, non lo capisce proprio, ma è felice.
È felice perché la ragazza che ha amato è ancora lì con lui, viva, bella e giovane più che mai.
Si avvicina ai due ragazzi e li guarda baciarsi in riva al mare.
«Rubén, restiamo qui per sempre a guardare il mare, vuoi?» chiede la ragazza, e Rubén annuisce stringendola tra le braccia.
Rubén.
Nessuno, nessuno dopo quella ragazza ha mai detto il suo nome in quel modo.
Gli manca, gli manca terribilmente.
Vorrebbe andare dal giovane Rubén e dirgli di andarsene e lasciare che sia lui a stringere quella ragazza tra le braccia.
‘Tu hai ancora così tanti anni da trascorrere con lei. Io invece li ho finiti, gli anni, li ho finiti. E allora lasciami stringere la ragazza tra le mie braccia, lasciamelo fare un’ultima volta’
Li guarda mentre si guardano e sorride.
«Rubèn, mi ami?»
«Per niente.» risponde il ragazzo ad occhi chiusi «Ti amano già in tanti, Roxana, io no. Non ti amo neanche un pochino. Non capisci che sei parte di me? Tu mi stai dentro, sei nelle mie mani e sulle mie labbra, sei in fondo allo stomaco e dentro la testa. No, non ti amo, Roxana. Amarti sarebbe troppo poco. Io ti vivo, Roxana, ecco, così è più corretto: io ti vivo.» Roxana poggia il capo sulla spalla di Rubén e gli stringe le mani.
L’uomo sente che il vento sta diventando sempre più forte e vede qualcosa volargli sopra la testa e poi finire in acqua.
Sembra un’altra foto.
Entra dentro al mare di Barcellona, lascia che le onde agitate lo accarezzino e non appena prende in mano la foto l’acqua lo avvolge, lo capovolge, lo ribalta e gli entra dentro, la sente in gola, la sente nella carne, la sente nelle ossa.
Chiude gli occhi e poi non sente più nulla.
L’acqua scompare.
E l’uomo, Rubén, capisce che la foto lo sta portando da un’altra parte, lo sta spingendo dentro un altro tempo.
Fotografie.
 
 

Questa breve, brevissima long è nata da sola, per puro caso, c'erano i Negramaro in sottofondo che ispiravano e volevo scrivere qualcosa che sapesse un po' di Spagna, e quindi ho cominciato a scrivere senza fermarmi, ed ecco il primo capitolo.
Ringrazio tutti i lettori, silenziosi e non, e mi dileguo.
Hasta luego,
C.
  
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