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Autore: anqis    18/01/2014    7 recensioni
Harr- «porca puttana, Harry Styles seduto accanto a me» dice ad alta voce attirando l’attenzione di tutti tranne che del suddetto Harry Styles seduto davvero – non scherziamo, no – a due sgabelli da lei. Oh, perfetto, neanche ad un metro di distanza, si accorge della mia esistenza.
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Conoscersi.
 
 

 
Jamie ha diciassette anni e si trova di fronte all’entrata del Green, un pub della zona celebre e ricordato per le birre celtiche e per le diverse scazzottate che hanno visto come vittime più di dieci tavoli di legno robusto e altrettante sedie. Non avrebbe l’età consentita per entrare, né per ordinare una birra –  che poi tanto sa che non finirà –  ma nella tasca posteriore dei jeans sbiaditi ha la patente falsa che le ha procurato Robbie all’inizio del secondo anno per quel concerto a cui dovevano assolutamente andare e di cui ora non si ricorda neanche il nome.
Si stringe nella felpa enorme che ha rubato a suo padre e che si mimetizza perfettamente con la clientela del locale – qualche cinquantenne che non è ancora stato richiamato dalla moglie e qualche ragazzo della sua età che viene lì solo per il controllo superficiale e il prezzo basso degli alcolici –  e si siede su uno degli sgabelli di fronte al bancone. Ordina la solita birra e poggia poi la fronte sulla superficie ruvida trattenendo uno sbadiglio.
E dire che lei quella sera non voleva neanche uscire. Il computer era riuscito a scaricare l’ultima puntata di Doctor Who grazie al wifi scarso del vicino e stranamente in casa non mancavano né le bustine di tè, né il limone per una nottata che si prospettava perfetta. Poi, quel genio del suo amico aveva avuto l’idea di uscire e sua madre era stata costretta a strapparle i pantaloni del pigiama per buttarla fuori di casa e farla partecipare a quella che osano chiamare vita.
Sbuffa di nuovo sperando di vedere il suo amico varcare l’ingresso seguito dall’altra idiota della sua migliore amica, la quale abita a chilometri dal centro e sono costretti ogni volta ad andare a recuperare. Ma il nulla totale, solo altri ragazzi e meno vecchi con il diabete. Chiude gli occhi cercando di concentrarsi sulla musica trasmessa alla radio, ma non è fortunata perché neanche il tempo di canticchiare un motivetto che ha riconosciuto, che il barista – appena assunto – cambia stazione e dagli altoparlanti si diffonde una musichetta vivace che le fa venire ancora più voglia di piangere di quanto non abbia già.
«Dio, pure qui» ringhia ascoltando la voce di Liam intonare le prime strofe di una canzone del nuovo album che Jamie ha evitato di ascoltare per la sua già fragile sanità mentale.
Perché è quasi un anno che non li ascolta e non sa più nulla dei loro inspiegabili – un giorno in Italia, l’altro in Giappone – spostamenti da un paese all’altro. Ha smesso di seguire tutte le pagine su facebook e addirittura – di questo a volte se ne pente, ma meglio così –  i blog di tumblr con cui magari aveva fatto amicizia. Non sa più nulla dei capelli di Niall sempre più scuri, di Louis che non si veste più di colori improponibili e si è dato alla pubblicità gratuita della vans o di Liam che si è fatto muscoloso e sarebbe capace di suonarle pesantemente – con la solita espressione pacifica e tenera, ovviamente. Non sa più dei loro ultimi tatuaggi, né della decisione di Zayn di sposarsi con Perrie, e soprattutto non sa più nulla di Harry. È rimasta alla foto di lui e dell’ennesima modella fuori da un hotel circondati dai paparazzi, l’intervista con cui ha cercato di consolarsi e quel «vorrei solo una ragazza che mi conosca» che l’ha fatta star male per davvero.
E se agli occhi di qualcuno può sembrare strano, impossibile, che quella ragazzina seduta al bancone con le vans verdi scuro rotte e sfilacciate e la felpa dalle spalle troppo larghe sulla figura minuta, possa aver davvero pianto per un ragazzo che neanche conosceva, Jamie non ha nessun problema a dire «sì, è vero» seguito da un «non farmici pensare, che mi sale la rabbia.»
Rabbia per tutto il tempo speso a rincorrerli, scrivere di loro pagine e pagine di world e i soldi messi da parte per quel dannato concerto a cui alla fine non è andata – e non ha neanche rivenduto il biglietto, tanto era arrabbiata. Rabbia per tutti i pomeriggi trascorsi fuori sotto la pioggia nella speranza che si affacciassero dagli alberghi dove alloggiavano, per le lacrime che – lei che non piange mai, dannazione – ha consumato per loro, che non sanno neanche della sua esistenza. Ma non è rabbia nei loro confronti – un poco sì – piuttosto nei propri, per essersi abbassata  tanto ed aver sbriciolato con le sue stesse mani l’orgoglio di cui invece si vantava.
Ma è acqua passata, Jamie è andata avanti, non piange sul latte versato (nel suo caso tè caldo, due bustine di zucchero e molto limone), ed ha ancora una vita di fronte a sé. Una vita che preferirebbe trascorrere sotto le coperte calde del suo letto, ma che è costretta a trascorrere sopportare seduta su un traballante sgabello di legno vecchio.
Si tira su con i gomiti e butta giù metà birra perché il volume della musica si è fatto ancora più forte. Con delicatezza si pulisce la schiuma dalle labbra con una manica e sblocca il cellulare per mandare un messaggio a Robbie per invitarlo – con una minaccia affettuosa – a sbrigarsi.
Riceve come risposta un ‘stiamo arrivando’ che le fa sollevare gli occhi dallo schermo per accertarsi che magari non siano dietro le sue spalle in agguato come al solito. Ma tutto ciò che vede è un gruppetto di ragazzi che gioca a biliardo, un ciccione con la pancia di fuori, Harry Styles seduto accanto a lei, il locale che si sta riempiendo sempre più ancora più di ragazzi con l’avanzare delle lancette e .. un attimo.
Harry Styles seduto accanto a lei.
Harry Styles.
Seduto accanto a lei.
Harr- «porca puttana, Harry Styles seduto accanto a me» dice ad alta voce attirando l’attenzione di tutti tranne che del suddetto Harry Styles seduto davvero – non scherziamo, no – a due sgabelli da lei. Oh, perfetto, neanche ad un metro di distanza, si accorge della mia esistenza.
Jamie sbatte le palpebre più di una, due e tre volte nella speranza di vederlo scomparire per prendersela poi con il barista per la birra troppo forte. Ma il cantante è sempre lì, seduto sul bordo dello sgabello con le gambe lunghe e fasciate nei jeans stretti, più di quanto si ricordasse, che lo mantengono in equilibrio. Indossa un cappotto di cuoio sopra una camicia a quadri di qualche taglia più grande che si intravede in forte contrasto con una maglietta bianca. Un ciondolo oscilla sulla pelle nuda scoperta carezzando le due rondini tatuate sulle clavicole. Jamie solleva piano lo sguardo con timidezza, senza però battere ciglio. Osserva con avida sete e curiosità il viso che ha speso notti a sognare: i riccioli che sciolti sono stati domati da una bandana e che si incurvano appena sopra l’orecchio, gli occhi nascosti dalle palpebre abbassate e le ciglia corte ma folte che accarezzano appena le guance pallide. E immagina, stringendosi le mani nella tasca interna della felpa, le due fossette che potrebbero comparire da un momento all’altro se qualcuno lo facesse sorridere – se lei lo facesse sorridere. Deglutisce amaro appena si rende conto di ciò che ha appena pensato e senza rifletterci troppo butta giù l’altra metà della birra rimasta nel suo calice. Le bollicine le solleticano lo stomaco.
«Cazzo, lo odio» impreca tirando un pugno contro il bancone e attirando nuovamente su di sé molti sguardi perplessi. Non ci fa molto caso e scivola nella posizione fetale di qualche minuto prima, decisa a fingere di non averlo visto, nonostante la vocina interna continui a suggerirle – implorarle – di avvicinarsi e azzardare un tipregofacciamounafotoetantifigli?
Ma il destino non sembra della sua stessa idea, perché una mano, una mano molto grande, si posa sulla sua spalla minuta e Jamie stringe i denti, gli occhi chiusi.
«Ehi, tutto bene?»
La voce di Harry Styles è tutt’altra cosa dal vivo: se è intonata, potente e carismatica quando canta, un po’ grottesca e sempre roca quando parla al microfono, è tremendamente sensuale e calda quando le sussurra quelle tre parole all’orecchio, perché dio!, è molto normale avvicinarsi così tanto ad una sconosciuta per controllare che effettivamente non sia collassata sul bancone sporco di un pub.
Jamie emette un sospiro di frustrazione e si tira di scatto su incastrando i suoi occhi grandi in quelli di Harry che la osserva senza nascondere la confusione e la perplessità.
«Dannazione no, no, che non va tutto bene» borbotta agitando i capelli che sono cresciuti nell’ultimo anno e le cadono docilmente sulla spalla. «Sei tu, ancora tu.»
A quella che deve sembrare un accusa, Harry solleva un angolo della bocca carnosa e rossa anche in inverno mettendo in mostra la fossetta sinistra. «Sono io..» risponde appoggiandosi al bancone con un braccio. «Quindi non risulto scontato se ti domando se ci siamo già visti prima?» azzarda con il principio di una risata.
E Jamie scoppierebbe pure a ridere perché come primo approccio è stupido e squallido, ma Harry Styles, anche se per scherzo, ci sta provando con lei. Scuote la testa con fin troppa foga e non sarebbe strano se cadesse dallo sgabello, ma la mano di Harry ora stretta al suo braccio la sorregge. Come hanno fatto la sua voce e quel sorriso un anno prima.
«Tu..» comincia, ma la vibrazione del cellulare la interrompe. Tira fuori il cellulare dalla tasca ed è Robbie che le dice che.. si sono bloccati a metà strada con l’auto. Impreca mentalmente e si alza in piedi. Lo sapeva che non era la serata giusta. Prima la pioggia, poi Harry Styles che attacca bottone ed ora i suoi due amici che le danno buca e no, non le importa se sono stati lasciati a piedi a metà strada, proprio no.
È già sul marciapiede quando la stessa mano le stringe il polso facendola fermare. Si volta di scatto, ma le parole le muoiono in bocca perché Harry è così alto e semplicemente bello con i capelli arruffati dal vento che non saprebbe da cosa cominciare. Allora sta in silenzio, aspettando che sia lui a parlare.
«Senti..» comincia lui guardandosi attorno, per poi tornare su di lei. «Che ne dici di rimanere ancora un po’?»
Che.. «Cosa?» le sta seriamente domandando di rimanere e fargli compagnia? A Jamie, diciassette anni, patente falsa e vans da buttare? Non stava scherzando quando se n’è uscito con quella battuta squallida?
«È che non mi sembri nelle facoltà di tornare a casa» interrompe i suoi romantici pensieri. «Giusto qualche minuto per calmarti e..»
«Grazie, ma no» rifiuta liberandosi dalla sua stretta. «Non sono ubriaca, ho bevuto una birra da niente e so tranquillamente camminare su una linea retta anche su un piede solo. È che ti ho visto e-»
«Sei una fan?» domanda Harry sorridendo radioso. «Dovevi dirmelo subito!»
Jamie lascia cadere le braccia lungo i fianchi e stringe gli occhi grandi in due fessure. «No, Harry, non sono una fan. Non sono una di quelle pazze croniche che pagano soldi a palate per un’entrata ad uno di quei locali tamarri dove tu e i tuoi amici andate a fare festa, con la speranza di riuscire a beccarvi in bagno ubriachi fradici per approfittarsi di voi. Non avrei neanche i soldi» Jamie inspira forte l’aria fredda e frizzante di quella sera di Dicembre, le guance sempre più rosse e le mani che si stringono nei pugni. «Né una di quelle innamorate che la notte sogna di accarezzare quei riccioli, di infilare le dita in quelle fossette non troppo profonde, o di intrecciare la propria mano con la tua, così grande e ho sempre pensato un po’ ruvida. O di baciare quelle labbra sempre rosse ogni secondo della loro vita fino a consumarle. Io non voglio questo..»
Harry la sta osservando con il viso appena inclinato verso di lei, le labbra tese in un’espressione muta, ma attenta. La osserva da dietro le ciglia che alla luce del lampione sembrano dorate. «Allora.. cosa vorresti?» le domanda a bassa voce con le mani nella tasca del cappotto che spengono il cellulare che vibra. Sa che è tardi, che Paul lo sta cercando ed è ora di tornare all’albergo, ma quella ragazza troppo piccola in quella felpa così larga lo sta guardando con una tale intensità e bisogno che non può lasciarla lì sul ciglio della strada. Non senza una risposta.
Jamie si morde il labbro inferiore e tentenna qualche secondo prima di rispondere. «Vorrei conoscerti» sussurra piano quella risposta che ha ripetuto così tante volte alla sua migliore amica che ormai la sa a memoria. Nonostante tutti i suoi sforzi nel cercare di dimenticarlo.
«Conoscermi?»
«Conoscerti, sì. Sapere il tuo colore preferito che sono sicura non è il giallo. Sapere come ti svegli la mattina, se ti alzi subito o ti piace crogiolarti sotto le coperte. La tua voce e il primo buongiorno. Con che cereali o biscotti ti piace fare colazione o se non mangi nulla, perché hai lo stomaco chiuso la mattina presto. Se è vero che hai solo tre paia di pantaloni nell’armadio, in quali negozi ti piace girare e cosa scrivi in quel diario che ti porti sempre con te. Se alzi la voce quando sei arrabbiato e se le tue spalle sembrano ancora più larghe quando ti irrigidisci e ti trattieni» Jamie abbassa lo sguardo sui tappi di bottiglia incastonati nel cemento del marciapiede. «Conoscerti e basta.»
Harry ha le spalle che tremano e il cuore che si stringe troppo forte, ma che non fa male. Ha accorciato la distanza che li divideva e freme fingendo brividi di freddo. «E cosa faresti se mi conoscessi?»
Jamie sorride nel buio della notte. Quante volte ci ha pensato, quante volte ci ha scritto su? «Imparerei a svegliarmi con il viso rivolto verso il tuo perché sarebbe il migliore buongiorno che potrei ricevere. Imparerei la marca di biscotti o cereali che più ti piacciono e i nomi dei negozi dove comprarti qualcosa di decente e meno hipster. Imparerei a gridare ancora più forte di te per sovrastare la tua voce e allo stesso tempo imparerei dove stringere le mani per calmarti» sfiata alzando all’ultimo lo sguardo per incastrarli in quelli chiari di Harry che la osserva con una strana luce nelle iridi e probabilmente diffidenza, turbamento. E non lo biasima, si è appena dichiarata e lui non sa neanche il suo nome. Si stringe nella felpa calda, ma non abbastanza da proteggerla dal freddo pungente di quegli ultimi giorni dell’anno e tenta un passo all’indietro. Ma Harry le stringe di nuovo il polso, le dita lunghe che si chiudono perfettamente attorno al suo braccio magro e apre la bocca per parlare, senza però riuscire a dire nulla.
«C-cosa c’è?» domanda prudente.
Harry si morde le labbra come fa quando è nervoso e Jamie sorride amara: se lo ricorda ancora. Non ha il tempo però di crogiolarsi nel suo malessere, che lui parla, piano e scandendo le parole: «Il tuo nome.»
«Come?»
Harry abbozza un sorriso, la schiena più dritta e meno curva. «Come ti chiami?» ripete con gentilezza e pazienza di chi ha che fare spesso con lacrime, isteria e troppo amore difficile da gestire
«Jamie» riesce a balbettare.
Le dita che allentano la presa e carezzano – brividi – la pelle di Jamie fino a stringerle la mano. «Jamie», non pensava che il suo nome sarebbe risultato così familiare pronunciato da quella voce. «È un piacere conoscerti.»
E non sa che dire, l’effetto della birra sembra essersi dissolto e tutta la sicurezza iniziale evaporata nell’aria con il suo fiato corto. Harry aspetta, ancora, e stringe ancora di più gli occhi sorridenti come per incitarla.
Allora, «Piacere di.. » sussurra lei, una lacrima che ha trattenuto da troppo tempo che le scivola lungo la guancia rossa. «.. conoscerti, Harry.»
Il cantante alza l’angolo della bocca, c’è la fossetta che si fa largo nella guancia e Jamie si rende conto in quel momento che è lei – è lei, cazzo –  che lo sta facendo sorridere così.




 
buonasera,
non ho il tempo materiale di dire niente, sono ad una festa (deve ancora iniziare) e devo aiutare la mia amica a preparare le cose per la notte perchè è un pigiama-party.  Ringrazio di cuore walls per quella meraviglia che è il banner per cui le ho spremuto tempo e forze ahah, spero ti sia piaciuto!  Davvero, è una cosa stupida e demenziale, ma.. boh, spero comunque che abbiate apprezzato! 

Buon compleanno, Gaia!
Alla prossima,
Anqi.
 
 
   
 
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