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Autore: Aching heart    19/01/2014    4 recensioni
D'accordo, quella di Lilli e il Vagabondo non è una fiaba, ma è un meraviglioso classico Disney e per questo ha tutti i requisiti per "trasferirsi" a Storybrooke, una Storybrooke senza sortilegio e senza magia...
Cosa succederebbe se Lilli e il suo amato Vagabondo fossero persone reali che vivono con i nostri ben noti cittadini del Maine? Come si svilupperebbe la loro storia e come si intreccerebbe con quella del resto della comunità storybrookiana? Leggete e lo scoprirete ; )
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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10. Like a dream

Dopo i dovuti chiarimenti, la situazione in casa King andò nettamente migliorando: niente più incomprensioni, mancanza di fiducia o di dialogo, niente più silenzi astiosi o interrogatori a trabocchetto. Ciascuno si impegnava a mantenere un’atmosfera tranquilla e cordiale, come avevano sempre fatto: Gianni si era ricreduto sulla cattiva condotta di Lily e cercava continuamente di farsi perdonare per la sua mancanza di fiducia, Lily cercava di non fare più colpi di testa, e Liza faceva del suo meglio per tenere a bada gli ormoni, anche se più la gravidanza avanzava più era difficile.
Il lieto evento era previsto per maggio, ma il ginecologo aveva consigliato ai signori King di programmare un parto cesareo per il mese prima, poiché le condizioni di salute di Elizabeth avrebbero potuto risentire molto se la gravidanza fosse durata nove mesi completi e se avesse affrontato un parto naturale. Dal momento che già il fatto che il feto continuasse a vivere aveva dell’incredibile, dato che Liza era sempre stata considerata sterile, i futuri genitori non avevano esitato ad accettare quel consiglio, e adesso sul calendario tutta la pagina del mese di aprile era stata cerchiata con un pennarello rosso da un sovraeccitato Gianni.
Da quando avevano detto tutto a Lily, Gianni e Liza parlavano indisturbati del bambino e dei loro progetti per il futuro, coinvolgendo nei loro discorsi anche la loro figlia maggiore. I pasti erano ormai diventati le occasioni principali per parlare del bebè in arrivo: se sarebbe stato maschio o femmina, che nome avrebbero potuto dargli – e Lily sperava ardentemente che non fosse femmina, altrimenti si sarebbe ritrovata come nome una delle tante combinazioni di Mary, Betty, Lou e Anne che Liza aveva provato su un foglio di carta una mattina – , in quale stanza sistemarlo…
Lily partecipava abbastanza attivamente ai loro progetti, e tutto sembrava essere ritornato alla normalità e andare per il verso giusto... se non fosse stato per alcuni spettri che assillavano Lily. Pur avendo riacquistato la sua serenità e la fiducia dei suoi genitori, infatti, lei non era del tutto tranquilla. Le rassicurazioni di Regina e dei suoi stessi genitori erano parse valide al momento, ma ripensandovi Lily arrivava spesso a dubitarne e ad essere colta dalla preoccupazione di cosa sarebbe successo quando sarebbe nato il bambino. Poteva anche essere vero che Gianni e Liza l’avrebbero amata allo stesso modo, ma era ovvio che le loro attenzioni sarebbero state solo per il pupo, e la cosa la turbava. Lungi dall’essere egocentrica, forse solo un po’ viziata, non sapeva come avrebbe gestito la situazione. Sapeva solo che sarebbe cambiato tutto:  ci sarebbero stati nuovi orari, nuove abitudini, meno spazi e attenzioni per lei, nervi sempre a fior di pelle, nuove responsabilità… aveva paura di tutto questo. Aveva paura del cambiamento, eppure, paradossalmente, era lei la prima che stava cambiando. La vecchia Lily non avrebbe mai nascosto alcunché ai suoi genitori né sarebbe uscita con un delinquente di periferia. Ma per lei Ethan non era un criminale, era solo un ragazzo che si procurava da vivere con i soli mezzi che conosceva… anzi, non era nemmeno un semplice ragazzo: era il ragazzo. Sì, ormai ne era cotta e lo ammetteva, con l’ingenuità e la sincerità del suo primo amore.
 Quella, tuttavia, era un’altra consistente parte delle sue preoccupazioni: frequentare Ethan. Era rischioso per entrambi, lui era ricercato, e poi quale futuro avrebbe potuto avere la loro storia? E cosa sarebbe successo se i suoi genitori fossero venuti a saperlo? Senza contare ciò che aveva capito ultimamente: lei non voleva diventare medico, come Gianni aveva progettato per lei da prima del suo arrivo in casa King. Rigettava l’idea di Yale, lei voleva frequentare una scuola di canto, insieme ad altre persone, e fare esperienze sue. Lei voleva vivere davvero, ma non sapeva come dirlo ai suoi. Avevano appena attraversato un momento difficile, ora erano tranquilli, e voleva godersi quella serenità. Del resto, spesso era assalita dai dubbi: era giusto ciò che voleva, o era solo un capriccio? Avrebbe buttato all’aria il suo futuro per niente? Non sarebbe stato più giusto seguire il volere dei suoi genitori, che volevano solo il suo bene? Ma d’altra parte, cosa ne potevano sapere loro? Era nel giusto Gianni quando appendeva, felice come una Pasqua, la bandierina di Yale dei suoi tempi nella cameretta del nascituro? Era giusto che il suo destino fosse tracciato prima che fosse nato, prima ancora si sapere se sarebbe stato maschio o femmina, quale nome avrebbe avuto? No, non era giusto. Nulla di tutto quello lo era.
Perciò avrebbe continuato  a vedere Ethan, perché così le diceva il suo cuore.

***

Scese dal pullman trascinandosi dietro il suo borsone abbastanza logoro.
Si guardò intorno, curiosa verso quel posto ma scettica, critica, soffermandosi sugli edifici semplici ed anonimi e sui passanti. Così, quella era Storybrooke: un posto sperduto nel verde, quasi dimenticato dal resto del mondo.
Fece una smorfia di disgusto.
Tutto, dal cielo alle strade, dai visi della gente agli edifici, sembrava grigio e spento, monotono. Storybrooke era di sicuro quel genere di posto in cui tutti conoscono tutti e i pettegolezzi girano più veloci della luce, cose che la annoiavano e l’infastidivano. Era proprio da quel genere di posto che era scappata a nemmeno quindici anni; la vita provinciale non faceva per lei, tuttavia in quel frangente quelli erano aspetti che potevano tornarle utili.
Si accese una sigaretta, con mano tremante. Al diavolo i medici, si disse. Avrebbero potuto ripeterle all’infinito che il fumo era la causa principale del suo malessere, ma lei non avrebbe smesso di fumare se non da morta. Assaporò ad occhi chiusi la prima boccata di fumo, poi espirò con la nonchalance di chi fuma praticamente da sempre .
Aveva già attirato l’attenzione dei passanti. Prevedibile. Si guardò di nuovo intorno, questa volta alla ricerca di un posto decente nel quale potersi fare un caffè, e lo trovò. Raccolse il suo borsone da terra e si diresse verso un locale la cui insegna diceva Granny’s Diner.

***

Lily passò l’ultima pennellata di blush sulle guance. In genere non si truccava particolarmente, le piaceva molto di più l’effetto acqua e sapone, ma un po’ di colore sulle guance – e un po’ di mascara sulle ciglia – non guastava mai. Non si metteva neanche troppo in ghingheri quando usciva con Ethan, un po’ perché non voleva destare sospetti nei suoi, un po’ perché era tremendamente imbarazzata. Del resto era la sua prima cotta in assoluto, non aveva la più pallida idea di come comportarsi né di cosa mettere agli appuntamenti, né aveva un’amica femmina che la aiutasse in quel campo.
Aveva sempre pensato a quei momenti come a qualcosa che avrebbe condiviso con sua madre, ma quella non era un’opzione praticabile, decisamente no.
Quella sera però aveva tirato fuori uno dei suoi vestitini più belli, più per sfizio che per altro. Era un bel modello color avorio, con un taglio semplice sul busto, ma elegante e brioso sulla gonna, lunga fino a metà coscia, a balze leggere e deliziose. Sotto aveva indossato un paio di calzamaglie color tortora, intonate con la giacca, mentre gli stivaletti bassi erano chiari come il vestito. Si sentiva davvero una bambolina, e sperava di non risultare ridicola agli occhi di Ethan.
Si diede un’ultima occhiata complessiva allo specchio, e in quel momento sentì sua madre chiamarla dal piano di sotto: Marshall e Antoine, che la coprivano quando si vedeva con Ethan, la stavano aspettando.
Afferrò la borsa e scese di corsa le scale, con i lunghi capelli che ondeggiavano liberi, sciolti come li teneva sempre. Sorrise ai suoi amici quando li vide davanti alla porta ad attenderla. Mentre si dirigeva verso di loro fu agguantata da sua madre, che sembrava averle teso un’imboscata, che iniziò snocciolare raccomandazioni con la scusa di darle un’ultima sistemata al vestito e ai capelli, mentre Gianni le dava manforte dalla cucina, dove stava probabilmente aggredendo a cucchiate il barattolo della Nutella. E meno male che era Tesoro quella incinta!
-Soldi? – le chiese sua madre.
-Ce li ho.
-Cellulare?
-Ce l’ho.
-Fazzoletti?
-Ce li ho.
-Spray al peperoncino? – giunse la voce di Gianni dalla cucina.
-Ce l’ho – gridò in risposta Lily, benevolmente esasperata. Che teatrino, ogni volta che doveva uscire! – Mamma, è già tardi, faremo mattina!
-Va bene, vai – sorrise Tesoro amabilmente.
-Ciao – le diede un bacio sulla sua guancia, poi salutò anche suo padre e poté finalmente raggiungere la porta.
-Ah, finalmente, credevo che non avrebbero finito più! – esclamò, una volta usciti dal cancello, Marshall.
-Ma se va tutte le volte così – osservò Antoine nel suo tono caldo e pacato.
-Appunto. Liza dovrebbe cambiare abitudini se non vuole farci morire di vecchiaia davanti ad una porta – ribatté brusco come al solito Marshall.
Lily alzò gli occhi al cielo. I suoi amici erano gli stessi di sempre, e sempre lo sarebbero stati. Erano uno dei capisaldi della sua vita, un punto di riferimento. Erano l’unica cosa che non sarebbe cambiata con l’arrivo del pupo.
Era immensamente grata ad entrambi per tutto quello che stavano facendo per lei, a sopportarla quando aveva bisogno di sfogarsi o era presa dalle sue mille insicurezze, oppure quando doveva vedersi con Ethan e loro la coprivano, come in quel caso. Certo, la cosa poteva tornare anche a loro vantaggio, perché così avevano delle occasioni per stare da soli e fare i piccioncini, opportunità che avevano raramente, visto che erano quasi sempre con Lily. In ogni caso lei li adorava e non sapeva come avrebbe fatto senza di loro.
Camminarono continuando a chiacchierare fino a quando non ebbero svoltato l’angolo, poi Lily vide Ethan poggiato ad un palo della luce con la sua solita disinvoltura mentre l’attendeva,  e la sua mente non poté che scollegarsi dal resto del mondo e focalizzarsi sulla figura stupenda del ragazzo, nonché sulla sua espressione malandrina e rassicurante nello stesso tempo. Ormai aveva perso il comando sul suo corpo, quindi non riusciva a smettere di sorridere come un’ebete, né tantomeno riuscì ad evitare di arrossire quando lo vide venirle incontro. Entrambi si guardavano come se gli altri due ragazzi non esistessero, ed entrambi erano raggianti. Marshall, da cinico quale era, fece finta di vomitare alle spalle di Ethan, ma solo Antoine se ne accorse, e fece del suo meglio per non scoppiare a ridere mentre cercava al contempo di mandare un’occhiata di rimprovero al suo ragazzo.
-Ciao – lo salutò timidamente Lily. Ormai avevano acquisito una certa intimità, ma davanti ai suoi migliori amici era terribilmente in imbarazzo.
-Ciao, bimba – fu la sua assolutamente disinvolta risposta, mentre le passava un braccio attorno alle spalle, come per rassicurarla e farla sentire a suo agio. Com’era prevedibile, Lily avvampò.
-Allora noi andiamo – disse lei ai suoi amici, che intanto erano rimasti a guardare la scena. – Divertitevi, stasera.
-Certo, anche voi – rispose Marshall, scoccando un’occhiata diffidente a Ethan, il quale ricambiò. Lily si sarebbe messa le mani nei capelli: sembrava un’impresa impossibile per quei due cercare almeno di essere cortesi l’uno con l’altro. I due vicini di casa li avevano già coperti parecchie volte, ma Ethan ancora non riusciva a farsi piacere “il piccoletto”, come lo chiamava lui. Forse perché erano partiti col piede sbagliato, o anche perché Marshall aveva un carattere poco raccomandabile, ma Lily sospettava fortemente che, a dispetto delle sue rassicurazioni, Ethan fosse ancora geloso di lui. Marshall poi non si impegnava di certo a fare grandi passi avanti, perché era molto protettivo nei suoi confronti, come un fratello maggiore verso la sua sorellina preferita.
Le due coppie si allontanarono in direzioni opposte, e man mano che si riabituava alla presenza dell’altro, Lily diventava via via più sciolta e naturale, meno imbarazzata. C’era un legame speciale fra loro due, in fondo.
Quella sera avevano in programma un giro per la Storybrooke notturna prima di andare al The Rabbit Hole, come  tutti i martedì. In realtà non sarebbero stati in giro a lungo, ma a Storybrooke la vita notturna poteva dirsi cominciata già alle dieci di sera, perché a quell’ora di gente “per bene” in strada non se ne vedeva mai.
Ci misero un po’ per arrivare in periferia, ma per nessuno dei due camminare era un problema. Anzi, piaceva molto ad entrambi, e poi finché erano soli parlare era molto facile. Sarebbe stato un problema nella bidonville, perché lì non prestare attenzione a chi ti girava intorno o a dove andavi equivaleva a tuffarsi a volo d’angelo in una fossa di serpenti. Effettivamente Ethan si sentiva poco sicuro a portarla lì, perché non era certo che sarebbe bastata la sua presenza – lui era una specie di leggenda vivente dei bassifondi – a proteggerla da brutti incontri, però voleva anche che conoscesse il suo mondo, e che vivesse come i suoi genitori non le avevano permesso di vivere finora. Voleva che capisse com’era essere liberi.
Quando furono arrivati, Lily rimase abbastanza sconcertata e disorientata dalle stradine strette e buie, poco frequentate. Era davvero lì che lui voleva portarla?
-Tutto bene, bimba? – chiese lui notando il suo sguardo.
-Sì – rispose lei troppo in fretta, lasciando trasparire la sua ansia.
-Non è questo il luogo dell’appuntamento, tranquilla. Ma ci dovremo passare.
Lei annuì, giusto un po’ più rassicurata. Ethan prese a guidarla per i vicoli, tenendola per mano, e sinceramente Lily doveva ammettere che non badava molto alle indicazioni che lui le dava indicando questa o quella casa, quanto alla sensazione della sua mano in quella del ragazzo. Scosse la testa, con un sorriso di scherno per se stessa: era proprio un caso perso.
Più avanzavano, più Lily notava che Ethan aveva avuto ragione a portarla lì: le strade erano giusto un po’ più larghe, e più illuminate, ma soprattutto c’era più gente. Erano visi loschi, d’accordo, che perlopiù non ispiravano molta confidenza, ma lei non era mai stata in mezzo a tanta gente, in maniera così normale. Non essere messa in una campana di vetro una volta tanto era liberatorio.
-Ora, bimba, ti farò provare un’esperienza che non credo tu abbia mai fatto prima: mangiare un hot dog per strada!
Ethan era allegro, ma lei era davvero terrorizzata.
Come si fa a mangiare camminando per strada?! Con tutta la gente che ti urta e rischia di sporcarti… un hot dog, poi! Un insieme di grassi saturi tenuto insieme dalle salse che minacciano di schizzare fuori al primo morso e fare stragi di macchie! Per non parlare delle condizioni igieniche…
Era sempre stata abituata a mangiare più o meno sano e a prestare attenzione all’igiene, con un padre medico, e in più sua madre aveva sempre insistito moltissimo sull’educazione. Non aveva mai mangiato neanche un pacchetto di crackers in piedi o senza essersi prima lavata le mani.
Non voleva però deludere Ethan, che era così entusiasta di quel “giro turistico”… perciò annuì cercando di sembrare divertita anche lei. Con scarsi risultati, purtroppo.
Arrivarono davanti ad un camioncino coperto da pitture in stile murales e con la scritta al neon Mike’s, che a detta di Ethan era il miglior paninaro di Storybrooke e dintorni. Cercando di tenersi lontana dal fumo grasso che si levava dalla griglia lì accanto, dove sfrigolavano le salsicce da mettere nei panini, Lily si posizionò involontariamente qualche passo dietro il ragazzo, come a volersi proteggere dietro di lui. Tutta quella situazione non faceva che divertire Ethan.
Il ragazzo ordinò due hot dog con ketchup e maionese, con orrore di Lily – entrambi? Ma la maionese è una bomba grassa! - che furono pronti in poco tempo. Ethan avrebbe voluto offrire, ma Lily era stata chiara da quel punto di vista fin dal primo appuntamento, così ognuno pagò per sé. Non voleva metterlo in difficoltà: insomma, lui viveva nella bidonville, rubava per vivere, mentre lei aveva più soldi a disposizione di quanti gliene servissero. Dal momento che Ethan si rifiutava di far pagare tutto a lei, aveva insistito perché almeno le lasciasse fare la sua parte.
Ora però era venuto il momento critico: mangiare l’hot dog camminando e cercando di non finire addosso alle persone. Ethan le porse il suo con l’aria di chi pregusta un grande spettacolo, e lei da parte sua non poté resistere dal lanciargli un’occhiataccia. E così si sarebbe divertito, eh?
Guardò il panino come se fosse quello a dover mordere lei, e non il contrario. Osservò prima di soppiatto Ethan per vedere come faceva a non sporcarsi, e alla fine si decise anche lei. Con cautela prese un morsettino, con già un’espressione corrucciata in volto… e, con sua sorpresa, si dovette ricredere sulle sue aspettative.
Sicuramente stava ingurgitando trigliceridi, grassi saturi e germi a volontà, ma almeno il sapore era buono, e poi fortunatamente le salse non erano schizzate via a mo’ di Speedy Gonzales. Non ancora, almeno.
-Allora, ti piace?
-Mi costa ammetterlo… ma sì, è incredibilmente gustoso!
-Devi fidarti di me, bimba – ribatté, facendole l’occhiolino.
-Ora non montarti la testa, però – s’impuntò lei, con una falsa aria puntigliosa.
-Vedrai che alla fine di questa serata non riuscirai più a fare a meno di questa vita.
-Se è una sfida, la accetto. Ma perderai, ti avviso.
Lui si girò improvvisamente, abbassandosi fino ad essere a pochi centimetri dal suo volto. Lei sgranò gli occhi, presa alla sprovvista, mentre il cuore sembrava non dare segni di vita.
-E’ escluso, bimba. Io non perdo mai – e non lo farò nemmeno con te.
Per un momento, un eterno momento, a Lily sembrò che stesse per succedere qualcosa fra loro. Sarebbe bastato sporgersi leggermente più avanti per incendiare l’aria già satura di elettricità e far scattare quel bacio che non si erano dati circa due mesi prima… ma prima che uno dei due potesse farlo, Ethan si era già ritratto, e a Lily non restò che affogare la delusione nel suo hot dog.
Cuore? Se ci sei, per favore, batti un colpo.
Il battito cardiaco si era stabilizzato, in effetti, ma era per la delusione che Lily formulò mentalmente quella frase. Tanti colpi nel giro di così poco tempo non erano un bene per il suo povero organo vitale, no.
Fra loro calò un silenzio teso, tuttavia una cosa si poteva dire per certa della personalità di Ethan: riusciva a stemperare qualsiasi atmosfera, tesa o imbarazzata che fosse, e così fu anche in quell’occasione. Mantenne il suo comportamento allegro e disinvolto, e nel giro di due battute riuscì a far passare in secondo piano l’accaduto – o meglio, ciò che non era accaduto –, e Lily decise di godersi la serata, rimandando eventuali seghe mentali a quando si sarebbe messa nel suo letto per andare a dormire.

***

L’atmosfera al The Rabbit Hole era decisamente caotica, più del solito. Evidentemente l’idea del karaoke riscuoteva molto successo, anche se a volte con alcuni soggetti si rischiava davvero la fuga in massa di tutti gli avventori, con quei poveri camerieri che sarebbero dovuti rimanere da soli a sorbirsi le esibizioni. Beh, erano i pericoli del mestiere.
Lily era abbastanza surriscaldata e su di giri, anche se non brilla, ma per Ethan era comunque uno spettacolo memorabile.
Erano arrivati più o meno alle dieci e mezza al locale, dopo aver finito di mangiare e dopo che Ethan ebbe fatto vedere qualche luogo della bidoville a lui familiare a Lily, e  gli pseudo cantanti erano già all’opera da un po’. Lily era molto disinvolta e distesa, era a suo agio con Ethan, e lui sapeva che quando era a suo agio con qualcuno diventava tutta un’altra persona rispetto alla ragazzina timida e controllata che era di solito. Sperava di sentirla cantare un’altra volta – non ne aveva più avuto il piacere, dopo quella prima sera in cui l’aveva incontrata in quello stesso locale – , ma lei non ne voleva sapere. Le piaceva troppo la compagnia di Ethan per separarsene, e poi temeva che se l’avesse lasciato solo anche solo per qualche minuto, le ragazze gli sarebbero piombate addosso come avvoltoi su una carcassa, e lei rodeva di gelosia al solo pensiero. Anche se, certo, sarebbero potuti passare decenni e lei non l’avrebbe ancora ammesso.
Così avevano deciso di rimanere fra il pubblico, e avevano anche incontrato qualcuno fra le conoscenze di Ethan che aveva fatto loro compagnia per un po’, senza risultare né troppo volgare né maleducato per Lily, con grande sollievo del ragazzo. Lei, poi, era sembrata particolarmente socievole e bendisposta quella sera, e forse era merito soprattutto del Cuba Libre che stava bevendo.
Fatto stava che la sua bimba aveva completamente messo a tacere i freni inibitori ed era abbastanza euforica, tanto che quando qualcuno dal palco aveva iniziato a cantare I hate myself for loving you di Joan Jett era scattata su come una molla e aveva detto a Ethan: - Bella questa! Balliamo? – e senza dargli il tempo di risponderle lo aveva già preso per mano e trascinato sotto il palco, in uno spazio libero da tavoli e sedie. Senza prestare attenzione agli sguardi puntati su di lei aveva iniziato a ballare, a scuotere la testa da una parte all’altra e ad agitare le braccia in alto come una delle più fanatiche del rock, ed Ethan, divertito come mai in vita sua, l’aveva assecondata. Poco dopo, seguendo il loro esempio, praticamente tutti quelli che erano seduti si erano fiondati su quella specie di pista improvvisata a ballare, tanto che si erano ritrovati ben presto stretti come sardine. Era anche vero che non si poteva proprio stare fermi ascoltando I hate myself for loving you.
E, più che ballare, Ethan – un po’ divertito e un po’ sconvolto – guardava Lily, che era rossa in viso, con gli occhi che luccicavano e che aveva il più entusiasta dei sorrisi, mentre i lunghi capelli che andavano da una parte all’altra la facevano sembrare una selvaggia. Era bellissima.
Se zia Sarah mi vedesse adesso!, pensò lei, e scoppiò a ridere da sola, davvero di gusto.
-Mi sto divertendo un mondo! – urlò per sovrastare la musica, continuando a ballare.
-Anch’io, bimba, sei un vero spettacolo!
Lei sorrise e continuò a mettere tutta l’anima nel ballo, finché le ultime parole non echeggiarono nella sala, ponendo fine a quella divertente follia generale. Tutti scoppiarono in un urlo e batterono forte le mani, dimostrando il loro entusiasmo.
-Sto morendo di caldo, usciamo fuori? – chiese Lily al suo accompagnatore, abbastanza frastornata.
Lui annuì e la seguì prima a prendere la giacca e la borsa che giacevano abbandonati su uno dei tavoli, nella più completa incoscienza da parte della ragazza – ah, benedetto alcol! – e poi fuori dalla porta del locale, nella strada buia e umida, ma soprattutto tranquilla.
Lily rabbrividì subito, accaldata com’era, e si infilò lesta la giacca. La prima cosa che fece fu controllare il cellulare, come se la boccata d’aria fresca le avesse fatto riacquistare un po’ di lucidità, e lì trovò una serie di messaggi di vari gradi di preoccupazione.

Da: Mamma       
Ricevuto alle 22,35
Come sta andando la serata?

Da: Papà
Ricevuto alle 22, 40
Perché non rispondi alla mamma?

Da: Mamma
Ricevuto alle 22,45
Ho provato a chiamarti alle 22,44 del 19/11/13

Da: Mamma
Ricevuto alle 22,50
Lily, ho provato a chiamare Marshall e Antoine ma non rispondono. Che è successo? Non farmi stare in ansia!

Da: Mamma
Ricevuto alle 23,01
Lily, sono le undici. Se entro mezz’ora non mi dici che va tutto bene giuro che mando papà a cercarvi.

Lily guardò l’orario: erano le 23,24. Appena in tempo.

A: Mamma
Inviato alle 23,26
Scusa, mamma, la musica era alta e nessuno di noi ha sentito il cellulare. La serata sta andando benissimo, tranquilla, tra poco torno a casa. Agguanta papà prima che raggiunga la porta, perché so che già sta partendo. State tranquilli, va tutto bene.

Dopo quelle rassicurazioni prese il cellulare e lo rigettò esasperata nella borsetta.
-Genitori oppressivi? – chiese Ethan, che l’aveva osservata farsi più scura in volto ad ogni messaggio che leggeva, e poi guardare allarmata l’orario e scrivere un messaggio freneticamente.
-Che ne sai tu? Magari è un pretendente oppressivo – rispose maliziosa, curiosa di osservare la sua reazione.
Lui sfoderò la sua migliore faccia di bronzo e finse di essere impassibile. – Non ci credo.
-Ah sì? E chi ti assicura di essere nel giusto? – continuò a provocarlo.
Un guizzo nei suoi occhi tradì che non era così impassibile come voleva far credere, e la sua faccia di bronzo ebbe un attimo di cedimento, ma si riprese fulmineamente. – Se anche fosse, hai detto che è oppressivo, e poi sei qui con me, vorrà pur dire qualcosa.
La sua voce aveva un tono di urgenza, ma era anche un po’ incerto, e lei scoppiò a ridere.
-D’accordo, era uno scherzo, e tu ci sei cascato in pieno! Avresti dovuto vedere la tua faccia… - continuò a ridere.
-Non è giusto che ti approfitti così del mio punto debole! Tu già lo sapevi che sono…
-Che sei? – lo incoraggiò lei, con le farfalle nello stomaco che svolazzavano da una parte all’altra.
-Geloso, va bene?
-E’ così difficile ammetterlo? – fece, improvvisamente seria.
Lui sospirò. – No, non così tanto. E poi l’ho già fatto una volta, ricordi?
-E ogni volta mi piace sentirtelo dire – si lasciò sfuggire lei. Grazie all’alcol che aveva messo fuorigioco parte del suo pudore riuscì a non arrossire, ma distolse immediatamente lo sguardo, così non poté vedere il sorriso impertinente di Ethan farsi strada sul suo volto.
Giusto per trovare qualcosa che servisse a cambiare discorso, Lily dirottò l’attenzione sulla canzone che si sentiva provenire dall’interno del locale, una musica lenta e dolce, forse per calmare gli animi dopo che tutti si erano scatenati a ballare.
-Ehi, questa la conosco, è bellissima – disse, e prese a cantare i versi che si sentivano da fuori. – …Can you still see the heart of me? All my agony fades away when you hold me in your embrace
Non aveva il coraggio di guardare in faccia Ethan, ma ad un tratto sentì due braccia prenderla per i fianchi e in un attimo si ritrovò stretta al suo torace, poi, con sua enorme sorpresa, iniziò a guidarla in un ballo lento e dolce, proprio come la musica che li stava cullando.
…Don’t tear me down, for all I need… make my heart a better place, give me something I can believe..
Presto presero confidenza con la musica tanto da lasciarsi trascinare dalla melodia senza pensare a nient’altro, e Lily si ritrovò a volteggiare in mille piroette, con la gonna a balze che si gonfiava facendola sembrare una vera principessa e i capelli che mulinavano come frecce di fuoco. I loro sguardi esprimeva un’intensità tale che avrebbe sconvolto chiunque li avesse guardati in quel momento.
…I want to believe that this is for real, save me from my fear. Don’t tear me down…
Lily concluse l’ennesima piroetta, ma stavolta si trovò stretta nell’abbraccio protettivo di Ethan, fronte a fronte con lui, entrambi senza fiato per l’intensità di quello che stavano provando. Lui la guardò negli occhi col suo sguardo penetrante e, lentamente, piegò la testa per cercare la sua bocca. Il bacio che seguì fu la cosa più agognata e dolce che Lily avesse mai provato, pur nella sua inesperienza. Le labbra di Ethan si poggiavano sulle sue in una carezza bollente, la lingua chiedeva di entrare, e Lily la accolse nella sua bocca, intrecciandovi la sua, mettendovi tutta la passione di cui era capace, mentre un languore mai provato prima si faceva strada nel ventre.
Quello fu il suo indimenticabile, magico primo bacio.




Angolo Autrice: Prima che possiate fare qualsiasi cosa, vorrei ricordarvi che siamo in tempi di crisi e che quindi non sarebbe giusto tirarmi addosso ortaggi e frutti vari, quando ci sono tanti usi migliori per loro... capisco che, dopo aver aspettato quattro mesi per un aggiornamento, leggere questo schifo sia abbastanza frustrante, ma pensate a che spreco sarebbe!
Comunque, a parte gli scherzi, vi chiedo scusa davvero, perché sono stata incasinatissima con lo studio, le storie da aggiornare, quelle de recensire ecc. ecc., però avevo promesso che entro oggi avrei aggiornato e l'ho fatto, a costo di stare in piedi fino a quest'ora. Questo spiega anche parte dello schifo di questo capitolo, perché ho appena finito di scriverlo e rivederlo, quindi capirete bene che non sono nel pieno possesso delle mie facoltà fisiche e mentali.
Avrei voluto gestire l'intero capitolo in maniera completamente diversa... soprattutto quel bacio, sigh, ma tanto sono sempre una mezza sega nelle descrizioni di appuntamenti e soprattutto di baci. Che tristezza ç.ç
Potrei stare a sparare altre cavolate, ma mi ritiro subito. Vi lascio giusto i link delle canzoni che ho citato in questo capitolo, I hate myself for loving you di Joan Jett: 
http://www.youtube.com/watch?v=HPkTGm4RtVM e All I need dei Within Temptation: http://www.youtube.com/watch?v=PYHGaClNjgc .
Vi consiglio di ascoltarle, soprattutto quella del bacio, perché è ascoltandola che mi sono immaginata la scena.
Ringrazio tutti quelli che hanno inserito fra le ricordate/seguite/preferite questa ff, i lettori silenziosi, quelli che avevano recensito l'avviso (che ho cancellato) e annachiara27, State Of California, Lady_Sue1789, vook20, Princess Vanilla e 9Pepe4 per aver recensito.
A presto!

 
   
 
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