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Autore: Pearlice    19/01/2014    6 recensioni
Prima classificata al contest "Una sana risata!" indetto da Amahy sul forum di EFP.
“Oh sì, Aragorn vecchio mio sei proprio nei guai…” si autocommiserò tra sé e sé, dopo essersi reso conto, per qualcosa come la ventesima volta in quella giornata, che i suoi occhi erano rimasti fissi sul didietro di Legolas per un arco di tempo che aveva iniziato ad essere quantomeno imbarazzante. Certo, anche l’Elfo non gli facilitava la vita chiedendogli di guardargli le spalle quando si allontanava dal gruppo per aprire il sentiero, ovvio che se gli porgeva l’occasione così su un piatto d’argento il suo sguardo scivolasse ben più in basso delle spalle.
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash | Personaggi: Aragorn, Boromir, Gimli, Legolas
Note: Missing Moments, Movieverse, OOC | Avvertimenti: nessuno
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 “Oh sì, Aragorn vecchio mio sei proprio nei guai…” si autocommiserò tra sé e sé, dopo essersi reso conto, per qualcosa come la ventesima volta in quella giornata, che i suoi occhi erano rimasti fissi sul didietro di Legolas per un arco di tempo che aveva iniziato ad essere quantomeno imbarazzante. Certo, anche l’elfo non gli facilitava la vita chiedendogli di guardargli le spalle quando si allontanava dal gruppo per aprire il sentiero, ovvio che, se gli porgeva l’occasione così su un piatto d’argento, il suo sguardo scivolasse ben più in basso delle spalle.
Da quando era iniziata tutta quella storia assurda? E soprattutto come? Aragorn non si capacitava del modo in cui potesse esser passato dal desiderio di poter stringere tra le braccia le esili membra di Arwen a quelle ben più virili -okay, forse non poi così virili- del suo amico di vecchia data.
Eppure non poteva nascondere che la situazione fosse proprio quella. Era successo tutto così velocemente: prima la separazione con lei, poi la partenza con la compagnia e beh… l’astinenza e la costante presenza di quel maliardo accanto a lui avevano fatto il resto.
Ora, ogniqualvolta l’altro lo sfiorava, quando si avvicinava al suo viso per parlargli, addirittura quando lo vedeva maneggiare il suo arco (che i Valar potessero perdonare l’indecenza dei suoi pensieri in quei momenti!), si sentiva preda di impulsi che anche il più turpe degli orchi sarebbe pudicamente arrossito a mettere in atto.
Erano stati vicini per molti anni, eppure mai si era trovato a notare la sorprendente lunghezza di quelle ciglia scure, mai aveva avuto la curiosità di sentire che profumo avessero quei capelli così leggeri o di ascoltare quali sensuali gemiti potessero uscire da quelle labbra nei momenti di piacere. Erano lontani ormai i giorni in cui, legati da un affetto fraterno e disinteressato, facevano il bagno nudi insieme nel lago. Ora il solo pensiero di poter nuovamente vedere la sua pelle chiara priva di veli gli faceva defluire tutto il sangue dal cervello, per andare ad irrorare ben meno nobili lidi.
Quindi, avendo preso atto di quanto poco camerateschi fossero ormai i suoi sentimenti nei confronti dell’elfo, si era ripromesso di stargli a debita distanza per tutti i giorni -e soprattutto le notti- a venire, sia per salvare la loro amicizia che la propria reputazione. Non sarebbe sopravvissuto all’onta di sapere qualcun altro a conoscenza delle aberrazioni che la sua mente era stata in grado di concepire negli ultimi giorni.
Ci sarebbe stato dunque da chiedersi come diavolo ci fosse finito in quella radura col sopracitato elfo, che gli stava correndo incontro con un’espressione entusiasta così adorabile da fargli venir voglia di tuffarsi nel primo cespuglio a disposizione, pur di non lasciarlo avvicinare maggiormente.
«Trovata!» esclamò quello una volta raggiunto il compagno, con un sorriso accennato quel tanto che bastava a mettere in risalto due deliziose fossette, che incomprensibilmente Aragorn non aveva mai notato prima.
«Trovata cosa?» chiese cadendo dalle nuvole, distratto com’era da quei pensieri indecorosi e dallo sgomento provato nel constatare che Legolas non sembrava aver intenzione di tornare dagli altri per impedirgli di perpetrare molestie nei suoi confronti, dato che si stava leggiadramente sedendo poco distante dai suoi piedi.
«Come cosa?» fece quello sollevando lo sguardo verso di lui, con una leggera risata. «La grotta dove ci ripareremo questa notte, non era quello che stavamo cercando?» già, ecco cos’era successo. Il resto della compagnia si era fermata poco lontano e loro, da soli, erano andati alla ricerca di un riparo per l’imminente nottata. Ma la colpa non era sua eh? Nossignore, era stato Legolas ad invitarlo ad andare con lui! E la sua leggendaria fermezza era crollata come un castello di carte al passaggio di un Uruk-hai. Ed i suoi buoni propositi di evitarlo il più possibile dovevano esser rimasti seppelliti lì da qualche parte sotto le macerie.
Dopo aver ciondolato con fare indolente per qualche momento, alla fine il Dúnedain decise di imitare l’altro e si sedette a sua volta, dato che, per quanto allettante apparisse ai suoi occhi la via di fuga, non sarebbe stato molto cortese nei confronti dell’amico dopo che questo aveva manifestato così palesemente di voler trascorrere del tempo lì con lui. Ad ogni modo non si era seduto oltre quella che da giorni aveva stabilito come distanza di sicurezza da rispettare tra loro, beninteso.
«Sei parecchio distratto, Grampasso» lo canzonò quello con lo stesso tono spensierato di prima, perdendosi ad ammirare il paesaggio circostante quasi non stesse facendo molto caso al loro discorso. «A cosa stavi pensando?»
«A Boromir!» mentì prontamente Aragorn, trovandosi poi a dover aggiungere delle spiegazioni, allo sguardo perplesso dell’altro. «Temo che stanotte dovrò rimanere sveglio, nonostante sia il suo turno di guardia…» chiarì, lasciando intendere quanto poco gli andasse a genio l’idea di sapere il solo gondoriano vigile, con l’intera compagnia alla sua mercé. Effettivamente, si complimentò con se stesso, era riuscito a partorire un’ottima scusa in un tempo assai breve: a nessuno era piaciuto come Boromir avesse tentato di convincere l’intero Consiglio ad utilizzare l’anello.
«Lo ritieni capace di una tale disonestà?» mormorò Legolas in un soffio che quasi si perse nel vento prima di giungere alle sue orecchie, mentre si incantava ad osservare il cielo colorarsi di quella che era solito definire “la gloria del tramonto”.
«Già, smaniava troppo di utilizzare l’anello per potersi essere davvero redento, talvolta ciò che viene mostrato esteriormente è ben diverso dai pensieri che intimamente racchiudiamo» rispose sovrappensiero, senza sapere nemmeno lui da dove gli fossero uscite parole tanto serie, quando nella sua mente non vi erano altro che fedeli rappresentazioni di lui ed il suo interlocutore impegnate in rituali d’accoppiamento particolarmente elaborati.
Non appena però si sentì pronunciare quella frase, si trovò inevitabilmente a notare quanto inquietantemente potesse adattarsi non solo ai mostri celati da Boromir, ma anche a quegli indicibili pensieri che in qualche modo avevano deciso di stanziare a tempo indeterminato nella sua mente.
«Io credo che sia impossibile nascondere del tutto ciò che il nostro cuore veramente brama» disse l’elfo con una semplicità disarmante ed uno sguardo intenso, improvvisamente rivolto a lui, che Aragorn non riuscì a sostenere.
Ah quanto avrebbe voluto essersi solo immaginato il tono allusivo con cui l’altro aveva appena pronunciato quelle parole! Ma era impossibile che sapesse, impossibile che avesse visto quante volte nelle sue fantasie più segrete se l’era ripassato in ogni anfratto che si poneva sul loro cammino! Giusto?
«Dì mellon*, mi hai per caso letto nel pensiero ultimamente?» domandò senza riuscire a trattenersi, colto da quell’improvviso quanto terrificante sospetto.
Dal lampo di curiosità che vide baluginare nelle iridi cerulee di quello comprese di quali proporzioni fosse stato l’errore appena compiuto, ma la sua bocca non fu abbastanza svelta dal ritrattare quanto si era appena lasciato sfuggire, che arrivò l’insidiosa domanda dell’altro:
«Mellon nîn**, c’è per caso qualcosa di disonorevole nella tua coscienza? Qualcosa che temi io possa aver scorto?» chiese con un’intonazione che appariva terribilmente canzonatoria e mettendo su quella che ad Aragorn era parsa l’espressione più falsamente ingenua del suo repertorio.
«No! Assolutamente!» quasi anticipò la fine della domanda dell’altro nel tentativo di chiudere in fretta quel discorso. Dannazione, troppo in fretta. Si era messo nel sacco da solo.
«Non si direbbe, dal modo in cui la tua pupilla si sia improvvisamente ristretta, la tua sudorazione sia aumentata ed i tuoi battiti…»  l’elfo gli posò un dito appuntito sotto al collo, con una rapidità tale che se anche avesse voluto evitare quel tocco non vi sarebbe riuscito «… raddoppiati direi» concluse con un sorriso furbo, sollevando un sopracciglio in un arco a tutto sesto, come in attesa di una spiegazione che Aragorn non aveva alcuna intenzione di dare.
«Smettila di farmi il terzo grado Legolas» sbottò, scostandosi di dosso la sua mano con quello che doveva essere un gesto seccato, ma risultò al contrario piuttosto gentile, ed interrompendo il contatto visivo tra loro, quasi nel tentativo di sbarrare ogni via di accesso ai suoi pensieri più reconditi. «Non sono affari che ti riguardano». Bugia, sporca bugia.
«Ma, mellon nîn, io sono solo preoccupato per te…» si lamentò quello con un’enfasi accorata -che alle orecchie di Aragorn era parsa ancor più falsa dell’intonazione precedentemente usata- accarezzando il volto del Ramingo con fare tanto amabile, da farlo voltare docilmente verso di lui.
Accidenti, com’era possibile che perdesse ogni briciolo di forza -di volontà e fisica- quando si trovava in compagnia di quell’elfo? E quanto diamine era caldo e morbido quel tocco sul suo viso? E quanto incantevoli i suoi occhi così vicini, spalancati ed indagatori…?
«Legolas stavi tentando di leggermi nel pensiero!» gridò indignato, ritraendosi di scatto e rompendo quell’incanto in cui l’elfo l’aveva fatto precipitare con tanta facilità.
«E a breve ci riuscirò» lo sfidò quello con un tono di voce che gli era piaciuto, se possibile, ancora meno di tutti quelli che aveva usato precedentemente. Infatti, prima che potesse ribattere alcunché, l’elfo gli era già balzato addosso come un felino particolarmente agile ed avendo acciuffato, solo lui sapeva come, entrambi i polsi dell’uomo, lo sovrastava con un sorrisetto vittorioso sul volto.
Da quanti anni non si erano trovati in una situazione del genere? Aragorn si era quasi dimenticato che quando lui era solo un ragazzino e non esisteva alcuna “distanza di sicurezza” da rispettare, lui e Legolas si ritrovano spesso a giocare a quel modo, ma in quella situazione, dopo così tanto tempo, gli risultava strano ed innaturale. Legolas al contrario non sembrava turbato, ovviamente, lui era rimasto bello dentro e fuori tanto quanto lo era in passato, era lui, Aragorn, che crescendo aveva soppiantato l’innocenza con la malizia. L’elfo l’aveva presa come un gioco di quegli anni ormai lontani, un passatempo infantile per distrarre anche solo per un momento la loro mente dai gravi avvenimenti che stavano accadendo, ma era un divertimento pericoloso e questo lui non lo poteva sapere. Era un gioco che rischiava di mettere a repentaglio anni ed anni di amicizia e magari, se avesse anche solo immaginato cosa avrebbe trovato nella mente dell’uomo, forse non si sarebbe più sentito così tanto ansioso di scoprirlo da sé.
Passarono alcuni imbarazzanti secondi in cui Legolas tentò di convincerlo ad aprire gli occhi con l’insistenza di un bambino particolarmente capriccioso ed Aragorn bestemmiò prolissamente e minuziosamente ogni singolo Vala di sua conoscenza, minacciando l’amico delle peggiori torture se non l’avesse lasciato andare in quel preciso istante.
«Sia maledetta la curiosità degli elfi!» tuonò, cercando di scostarselo di dosso con tutto il vigore virgineo di cui disponeva quando si trovava con lui, mentre quello rideva e gli bloccava efficacemente ogni possibile movimento, intonando una nenia elfica che sembrava avere lo scopo di ipnotizzarlo, o qualcosa del genere.
«Suvvia, abbi la compiacenza di aprirmi la tua affascinante mente di ramingo» lo lusingò maliziosamente, abbassandosi col viso a pochi centimetri dal suo, quasi sperasse di riuscire a violare meglio la privacy dei suoi pensieri da una breve distanza.
Aragorn avvertì le punte dei suoi capelli solleticargli il viso e subito dopo quella cantilena così vicina al suo orecchio, da fargli balzare il cuore contro la cartilagine tiroidea in modo particolarmente violento e doloroso.
Oh Valar…
«Legolas… lasciami andare ora» rantolò col respiro rotto, mentre mentalmente ripercorreva a ritroso l’intera discendenza divina precedentemente maledetta perché l’altro non si accorgesse di come il suo corpo avesse gradito la loro posizione.
A quel punto, l’elfo sembrò finalmente intuire che al suo amico non andava poi tanto di giocare con lui come faceva da ragazzino e senza scostarsi di un millimetro sospirò, per poi mormorare, improvvisamente serio:
«Sciocco uomo che sei, tutti quegli anni passati tra gli elfi non ti hanno insegnato che va contro le nostre leggi violare i pensieri altrui in questo modo? Non l’avrei mai fatto, volevo solo metterti un po’ di paura». Al che si tirò a sedere sull’addome dell’altro con un’espressione delusa sul viso, lasciandogli libere le mani.
Un rumore improvviso alla loro destra però fece saettare il suo sguardo in quella direzione con un’urgenza ed uno spavento tali che Aragorn si tirò su di colpo a sua volta, senza aver calcolato appropriatamente la traiettoria e finendo per dare una violenta capocciata alla tempia dell’altro. Tutto ciò che fece in tempo a vedere prima di venire accecato dal dolore, ad ogni modo, fu una figura scattante che scompariva tra i cespugli.
L’elfo emise un gemito sofferente, scansandosi quindi definitivamente da lui e massaggiandosi la parte offesa, con le lacrime agli occhi. «Quale spirito scellerato ti ha posseduto?» lo aggredì stizzito, senza rinunciare all’utilizzo di vocaboli consoni al proprio lignaggio, nemmeno laddove avrebbe avuto motivazioni più che ragionevoli per lasciarsi andare al più becero dei turpiloqui.
«Cos’hai visto? Chi c’era?» domandò a raffica l’uomo, a sua volta col palmo pressato sul cranio dolorante, guardandosi intorno col terrore di veder comparire un orco, o peggio, qualcuno della loro compagnia.
«Non capisco il motivo della tua agitazione, era solo Pipino!» fu l’irritata risposta del biondo, evidentemente seccato della scarsa considerazione mostrata dall’altro per il trauma cranico che aveva appena rischiato di provocargli.
«Per Eru!» inveì portandosi le mani tra i capelli «Sei sicuro che fosse proprio Pipino??» chiese nuovamente ad un Legolas particolarmente esasperato. Non era possibile che di tutta la compagnia proprio colui la cui lingua era più difficile da tenere a freno li avesse visti in quegli atteggiamenti ambigui! Chissà che viaggi si sarebbe fatta quella sua fervida fantasia e che cosa avrebbe raccontato agli altri poi!
“Ho visto Aragorn e Legolas attorcigliati nell’erba come due bisce in accoppiamento...” Già gli sembrava di sentire quella sua vocina squillante nella mente. “... ed Aragorn aveva un’erezione spa-ven-to-sa”. Ecco, non sapeva esattamente come Pipino avrebbe potuto notare quel dettaglio da una tale distanza, ma la sua razionalità era andata a farsi benedire da un pezzo ormai e questi e più infausti scenari gli si prospettavano nella mente.
Affannato prese a correre verso il resto della compagnia, cercando di ignorare il cavallo dei propri pantaloni, nonostante tutto ancora decisamente troppo stretto, ed i richiami adirati ed altisonanti di Legolas, che evidentemente non aveva preso molto bene di esser stato colpito e poi mollato lì senza spiegazioni.
 
*amico
**amico mio

  
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