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Autore: Duvrangrgata    19/01/2014    3 recensioni
Era una notte buia e tempestosa quella in cui la vide per la prima volta.
[...]
Seduta sul marciapiede, il vestito bianco che le copriva a stento le ginocchia sporche di sangue, c'era una bambina.
[...]
la bambina portò le mani dietro al collo e si slacciò il medaglione che, precedentemente nascosto nelle pieghe del vestito, l'uomo non aveva notato. Porgendoglielo glielo aprì, facendogli vedere l'interno: sul lato sinistro vi era una foto ingiallita dal tempo, raffigurante un uomo e una donna che tenevano in braccio una bambina, sul lato destro un'iscrizione in un delicato corsivo.
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The Cemetery's Ghost – The Little

Girl

 
 
 
                          
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Era una notte buia e tempestosa quella in cui la vide per la prima volta.
Stava rientrando in macchina dall'ufficio dopo un'estenuante riunione, la pioggia picchiettava ritmicamente sul vetro, diminuendo sempre di più la visibilità, già di per sé difficile. Rabbrividì e alzò il riscaldamento con un gesto stizzito, cercando di scacciare l'inquietudine che gli serpeggiava addosso con sempre maggiore intensità, strizzando gli occhi per cercare di vedere qualcosa nell'oscurità. Con un sospiro iniziò a frugare nella borsa posta sul sedile affianco, cercando a tentoni il cellulare per chiamare sua moglie e avvisarla del suo – ennesimo – ritardo.
Distolse gli occhi dall'asfalto per non più di un paio di secondi, imprecando mentalmente contro l'introvabile telefono ma, quando riportò lo sguardo sulla strada, dovette inchiodare di botto per evitare una figura vestita di bianco.
Il cuore gli martellava con una tale forza che una parte di lui – quella che non era paralizzata dallo spavento – si stupì che non gli fosse ancora balzato fuori dal petto per andare a farsi un giro per conto suo o scappare a gambe levate. Strinse con forza le mani intorno al volante per fermare il tremito che le scuoteva, fissando le dita contratte nell'attesa di trovare il coraggio di alzare lo sguardo. Dopo qualche secondo si azzardò a lanciare un'occhiata timorosa al di là del vetro, scrutando con attenzione l'oscurità a stento rischiarata dai fari della macchina. Nulla si muoveva al di là del parabrezza e, per assurdo, la cosa lo terrorizzò anche più di quello che aveva visto – o che credeva di aver visto.
Stava quasi per rimettere in moto e avviarsi verso casa quando colse un movimento con la coda dell'occhio e si girò di scatto verso il finestrino, paralizzandosi all'istante.
Seduta sul marciapiede, il vestito bianco che le copriva a stento le ginocchia sporche di sangue, c'era una bambina.
Deglutendo si slacciò la cintura e scese lentamente dalla macchina, avvicinandosi con passo incerto alla piccola figura rannicchiata sul marciapiede, incurante della pioggia.
«Ehi» sussurrò, avvicinandosi e inginocchiandosi davanti a lei, non osando toccarla «ti sei persa? Dove sono i tuoi genitori?»
La bambina per risposta si strinse ancora di più le ginocchia al petto, iniziando a singhiozzare e mandandolo ancora più nel panico.
«Non piangere, su» borbottò a disagio «vedrai che troveremo la tua famiglia. Sicuramente ti staranno cercando.»
Visto che la bambina non sembrava intenzionata a rispondere si alzò e si sedette al suo fianco, parlandole con il tono più rassicurante che gli riuscì: «Dove abiti?»
La bambina sollevo piano la testa dalle ginocchia, rivolgendogli un timido sguardo, per poi alzarsi e prenderlo per mano, guidandolo verso il luogo alle sue spalle, luogo che l'uomo, troppo angosciato, non aveva ancora notato.
Inizialmente, a causa della pioggia che continuava a cadere imperterrita, non riuscì a distinguere le ombre con sufficiente chiarezza ma, quando finalmente ci riuscì, si bloccò, terrorizzato, lo sguardo fisso sul cancello nero alto diversi metri che svettava imponente davanti a lui. A riportarlo alla realtà fu la bambina, che iniziò a strattonarlo con insistenza, la pelle gelida e pallida in netto contrasto con la sua.
«N-no, i-io...» tentò di protestare,cercando di indietreggiare, ma la bambina rafforzò la presa, stringendolo con tale forza da farlo gemere di dolore. Deglutendo rumorosamente si lasciò condurre fino al cancello, misteriosamente accostato, e poi all'interno di quello che, ormai l'aveva capito, era un vecchio cimitero.
Le lapidi erano di pietra, i nomi incisi quasi cancellati dal trascorrere del tempo. Molte di esse erano storte o spezzate e giacevano conficcate nel terreno, reso fangoso dalla pioggia incessante che gli aveva ormai inzuppato i vestiti e i capelli, ghiacciandolo fin nelle ossa. La bambina lo condusse tra le tombe, apparentemente ignara – o noncurante – dei sentimenti che quel luogo gli suscitava, facendogli rimpiangere di non essersene rimasto dentro la sua macchina, al caldo.
Camminarono finché non giunsero tra le ultime file, talmente lontano che il cancello era ormai invisibile alle loro spalle, e si fermarono davanti ad una tomba molto più piccola delle altre. Incuriosito suo malgrado, l'uomo si inginocchio, passando una mano sulla pietra.
«El...Eliz...abeth B...r...ow...n» sussurrò, cercando di decifrare le lettere incise sulla lapide. «Elizabeth Brown!» si voltò verso la bambina, che lo guardava, immobile.
«Chi é Elizabeth Brown?» la bambina portò le mani dietro al collo e si slacciò il medaglione che, precedentemente nascosto nelle pieghe del vestito, l'uomo non aveva notato. Porgendoglielo lo aprì, facendogli vedere l'interno: sul lato sinistro vi era una foto ingiallita dal tempo, raffigurante un uomo e una donna che tenevano in braccio una bambina, sul lato destro un'iscrizione in un delicato corsivo: Alla nostra piccola Elizabeth per il suo ottavo compleanno, con affetto, mamma e papà.
Paralizzato dal terrore, l'uomo alzò lo sguardo sulla bambina, la quale non aveva mai smesso di guardarlo, e improvvisamente capì.
In una frazione di secondo si alzò e iniziò a correre verso il cancello, senza voltarsi finché non fu al sicuro, nella sua auto, a molti chilometri di distanza.
Nella mano destra stringeva ancora il medaglione della piccola Elizabeth Brown.
 



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Piccolo racconto senza pretese nato dopo la visione di un film horror durante due ore buche, a scuola.
È il mio primo tentativo in questo settore, spero non sia un totale disastro!
Le recensioni – sia positive che negative – sono ovviamente ben accette!
 
D.









 
   
 
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