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Autore: Koa__    20/01/2014    3 recensioni
Mycroft si ritrova a riflettere sul suo rapporto finito con Greg Lestrade, e più riflette, più nasce in lui la volontà di cambiare e di farlo per la sola persona che sia riuscita a scalfire la sua armatura.
Genere: Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Lestrade, Mycroft Holmes
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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I diritti di Sherlock non appartengono a me, ma ai legittimi proprietari.
Si tratta di una song-fic. La canzone è: 
“The scientist” dei Coldplay.
Ah, consiglio l'ascolto durante la lettura...
E il titolo è una citazione di Eraclito.

 

 
 
Niente è immutabile, tranne l’esigenza di cambiare
 


 
Io e lui prima stavamo insieme. Non ho idea se il nostro fosse un rapporto canonico, come quello che hanno anche le persone normali fra di loro, per intenderci. Ma sì, stavamo insieme e forse solo adesso, con il senno di poi, mi rendo conto che non avevamo una relazione sana. Ero io ad andare da lui, a cercarlo e lo facevo quando mi pareva e senza chiedere il suo permesso; non perdevo tempo a discutere su quel che gradiva di più fare con me, e tutto perché ero io a dettare le regole. Pretendevo d’avere sotto controllo l’intera situazione, soltanto per avere lui sotto controllo. Greg una volta mi ha dato del vigliacco e probabilmente aveva ragione, ma io anche adesso non credo si tratti di codardia, il fatto è che sono così: non so gestire i rapporti interpersonali. Non ne sono capace, non mi riesce e non ne ho nemmeno mai avuto voglia. E sono così dalla nascita, non è che lo sono diventato col tempo. Mamma da bambino sosteneva che ero sociopatico, lo disse anche di mio fratello, ma io tutt’oggi so di essere diverso da Sherlock. Sono ben conscio del fatto che la mia sociopatia è peggiore della sua, perché lui è stato in grado d’accettare qualcuno nella sua vita. Non so cos’abbia il dottore di tanto speciale, ma mai avrei pensato di vedere Sherlock Holmes così coinvolto da un’altra persona, da qualcuno che non fosse sé stesso. Un lato di me non lo capiva, un’altra parte invece lo invidiava perché Sherlock riusciva ad avere con John quel tipo rapporto che io avrei desiderato per me e per Gregory.



Nobody said it was easy...



Già, si tratta proprio di lui: Gregory Lestrade. Poliziotto di Scotland Yard. Divorziato. Carattere passionale ed un animo irruento, molto poco inglese, che lo rende terribilmente diverso da come lo sono io. Tanto che all’inizio non c’è stato nulla, il nostro non è stato un qualcosa da passione scoppiata all’improvviso, non era un “prendimi sono tuo” detto di punto in bianco. Il processo che ci ha portati a condividere lo stesso letto è stato lento e ci sono voluti anni per arrivare a quel punto, perché io sono Mycroft Holmes e non so gestire i rapporti interpersonali. Ed infatti di principio ci sentivamo esclusivamente per via di Sherlock, qualche messaggio, di tanto in tanto una chiamata (in caso di emergenza) e nient’altro. Nessuna discussione, di nessun tipo e sì: si può dire che avevo con lui una relazione professionale, lo trattavo come fosse un mio sottoposto. Poi però un giorno l’ho invitato nel mio ufficio, non ricordo perché l’ho fatto so solo che si trattava di un caso a cui Sherlock stava lavorando e che, temevo, potesse metterlo in pericolo. Ricordo che quella sera, Greg se ne andò via dal mio ufficio con un’espressione confusa e stupita in viso. Mi aveva sempre trattato in modo secco, era sempre stato poco propenso a parlare con me, ma quella volta anche lui lo aveva trovato piacevole. Anche a me piacque, e nei giorni successivi non feci che pensare a quanto fosse stato facile il parlare con lui. Ho sempre trovato difficoltà a relazionarmi con gli altri, per questo fui sorpreso (forse più di Greg) nel trovare quel semplice poliziotto di estrema compagnia. Stare insieme era semplice, tanto che lo invitai sempre più spesso a bere una tazza di tè o un bicchierino di Sherry ed era naturale, io ero naturale, tanto da essere addirittura sincero. Greg poi… girovagava per il mio ufficio come se ci fosse nato, parlava con me come se fossimo amici di vecchia data e io lo stavo a sentire e mi piaceva ascoltarlo. La sua voce, persino il suo accento, erano come un balsamo che mi scivolava addosso e mi faceva sentire bene. Ma non solo, ho scoperto che era facile anche il parlare con lui ed entrarci in confidenza, raccontargli storie sulla mia infanzia e adolescenza era diventato quasi d’obbligo. Ed era stranissimo, per non dire spaventoso, il fatto che nemmeno con Sherlock ho mai avuto tanta confidenza. Il problema però era che non sapendo come gestire i sentimenti e non capendoci un accidenti di niente di rapporti umani, non mi resi conto che si trattava di amore. Non colsi il suo attaccamento nei miei confronti e a dirla tutta non compresi nemmeno il mio di coinvolgimento. Dovetti subire più di una battuta sarcastica da parte di Sherlock per arrivarci e il momento esatto in cui realizzai d’essere innamorato ancora lo ricordo, fu una specie di shock. Era estate, faceva caldo nel mio ufficio e le finestre che davano sul viale di Whitehall erano spalancante. Il ventilatore girava, scompigliando i capelli di un Greg Lestrade che, fermo davanti alla finestra, guardava quella Londra notturna che sapevo amava. Non seppi dire cosa mi spinse, non sono mai stato un uomo istintivo e ho sempre agito seguendo la ragione, ma quella notte, l’ispettore Lestrade fu in grado di cambiarmi. Gli fui addosso, lo abbracciai e baciai, lo strinsi e gli dissi cose che anche adesso trovo molto imbarazzanti. Ci feci l’amore e fu travolgente. Ancora mi ci vedo, steso sulla scrivania con Greg sopra di me, con il suo odore di dopobarba e il suo respiro a solleticarmi il collo. Non sono più riuscito staccarmene e da quel momento la mia ragione, la mia “cosa logica” era stare con lui e non lasciarlo più.



You don't know how lovely you are.



Non ci vedevamo spesso e quelle poche volte che ci incontravamo ero io ad andare a casa sua. Nemmeno parlavamo, facevamo solo sesso. Non che non desiderassi fare anche dell’altro, ma averlo addosso, sentirlo su di me o dentro di me, era come una droga e non potevo davvero farne a meno. E non c’è altro da dire se non che andammo avanti due anni e poi, beh, lo lasciai. Di certo lo amavo, ma non glielo dissi mai.

Perché me ne andai, perché sparii dalla sua vita da un momento all’altro, lasciandolo solo… Quante volte me lo sono domandato mentendo a me stesso e dicendomi che era per via di Sherlock e del suo finto suicidio, del fatto che nei tempi che sarebbero seguiti alla messa in scena avrei avuto da fare, ma non fu soltanto per questo. Il fatto era che quello che sentivo per Greg mi terrorizzava. Sì, è il classico: un sociopatico spaventato dai sentimenti che allontana il proprio compagno nonostante tutto, niente di nuovo sotto il cielo, me ne rendo conto. E mi faccio ridere da solo per quanto io sia banale. Specie perché anche adesso mi rendo conto quanto mi manca, mi mancano le sue labbra, il suo modo di fare l’amore con me, il suo riuscire a dominarmi, a farmi stare zitto e mettermi sotto. Ho sempre trovato tremendamente eccitante anche solo il pensiero che lui riesca a farmi fare ciò che vuole, e ora ne trovo l’assenza quasi asfissiante.



Running in the circles, chasing tails,
And coming back as we are.




Gregory è la mia tentazione, quella più grande e io le ho ceduto. Non avrei dovuto avvicinarlo di nuovo, non è giusto nei suoi confronti, ma sono debole e l’ho fatto ugualmente. Quindi l’ho raggiunto nel pub che è solito frequentare a fine turno, un locale non molto lontano da New Scotland Yard in cui non si fa altro che bere birra e guardare partite di calcio. Non entrerei mai in un posto simile, per evidenti ragioni, ma non mi importa di dove si trovi, dovevo raggiungerlo. Ed così che me lo sono ritrovato davanti, mentre mi facevo largo tra l’affollamento che tanto detesto. Appena mi ha notato, Greg ha sgranato gli occhi fissandomi con aria sorpresa e confusa, forse addirittura un po’ spaventata. Chi dei due sia più terrorizzato non lo so proprio dire.
 


Come up to meet you, tell you I’m sorry,
You don’t know how lovely you are.
I had to find you, tell you I need you.



 
«Perdonami e ricominciamo tutto dall’inizio.» Ed è proprio qui e ora che glielo sto dicendo mentre me ne sto fermo davanti a lui in questo locale fumoso e dal pessimo odore. Mi guarda ed io mi ammutolisco, non mi muovo e tremo impercettibilmente. Lui comprende, non si sposta di un millimetro, ma i suoi occhi non smettono di fissarmi. Mai nessuno è riuscito a capirmi come sta facendo adesso. Sapere tutto di me semplicemente guardandomi, solo lui ci riesce davvero. Ma non c’entrano le abilità deduttive, ha a che fare con il riuscire ad arrivare laddove neanch’io ho il coraggio di guardare.

Lo fisso, ricambiando il suo sguardo, e mi rendo conto che i miei pensieri vanno a posto da soli e quel che sento per lui assume i contorni di un qualcosa che gli uomini comuni definiscono con il termine amore. E mentre lo aspetto, mentre attendo che mi risponda, che decida, mi rendo conto che non sa ancora tutto e che c’è ancora qualcosa che io devo dirgli. Così mi infilo una mano in tasca e la estraggo, la chiave, quella di casa mia, quella che apre quel luogo in cui non l’ho mai fatto entrare, dove nessuno ho mai fatto entrare. Casa mia è un po’ come per la mia anima, in effetti.

Io, Greg e una chiave. Lui mi guarda, ora più confuso e passa lo sguardo da me alla chiave e alla fine l’afferra con indecisione.

«Cos’è?» mi domanda.
«Io che mi arrendo.» [1]



Tell me your secrets and ask me your question,
Oh, let’s go back to the start.


 
«Ti prego, ricominciamo da capo!» Imploro. Non ho mai implorato nessuno, nemmeno mia mamma per avere le caramelle quando avevo cinque anni. Mycroft Holmes non implora e non lo fa mai, Mycroft Holmes è più quella tipologia d’uomo che manipola il prossimo per ottenere ciò che vuole. Non ho mai avuto bisogno di fare cose come implorare, raggirare le semplici menti altrui è molto più facile, ma questa volta la voce mi trabocca di questo sentimento. Come in un fiume in piena non riesco a fare nient’altro se non prendere le sue mani e stringerle fra le mie, e poi abbracciarlo e farlo ancora e ancora, farlo a lungo, come non ho mai avuto il coraggio di fare. Stringendolo a me in questo posto orribile, scrutato dallo sguardo di sconosciuti dalla mente ridotta; lo abbraccio e lo faccio a lungo discostandomi solo quando è lui a spostarsi. Non mi spinge via perché, anche se non ci vediamo più da tempo, Greg ha imparato a trattarmi con delicatezza e lo fa sempre; lo ha fatto anche nei messaggi impersonali che ci siamo scambiati da che Sherlock è tornato. Ai suoi occhi sono fragile, tanto che una volta mi ha detto che sembro realmente fatto di porcellana, come una di quelle statuine che alla minima vibrazione rischia di spezzarsi. Quel che Greg non sa, perché mai gliel’ho detto, è che penso la medesima cosa di lui e del nostro rapporto.

È lo sguardo di Gregory a riportarmi alla realtà e a farmi smettere di pensare; qualcosa ora si è acceso nelle sue iridi ed è rabbia (o forse passione?). Dovrei lasciarlo parlare, ma lo precedo incapace di ragionare con logica mi lascio trasportare dai miei desideri.
«Sei furente con me e hai ragione, ma ti prego dimmi che mi ami, dimmelo un’altra volta.»



And tell me you love me, come back and hount me…
And coming back as we are.



«Perché?» mi chiede. Perché cosa, Gregory? Perché ti ho lasciato? Perché sono tornato? Perché non ti ho detto la verità su Sherlock? Perché rivoglio tutto indietro? Forse nessuna di queste ipotesi o magari tutte.
«Io sono una persona difficile, Gregory, convivo con me stesso da tutta la vita e, a dirla tutta, non mi è mai importato niente di niente, specie delle altre persone. Non mi ha mai interessato il sapere d’essere asociale, ma quando ti ho incontrato un meccanismo nel mio cervello si è rotto. E la lista delle cose importanti è mutata, così come quella delle mie priorità. Cerca di capirmi, raccontare di me stesso, dei miei sentimenti è… difficile, molto più di quello che credi e non perché io non tenga abbastanza a te da dirtelo, ma perché gestire certi aspetti di me è complicato. Io sono complicato.»
«Lo so questo, Mycroft e l’ho sempre saputo. La domanda è perché sei qui ora? Cosa è cambiato?»



Nobody said it was easy,
Oh it’s such a shame for us to part.
Nobody said it was easy,
No one ever said it would it so hard.



 
Ed è difficile da dire, tanto che mi devo aggrappare all’ombrello che prendo a stringere con forza e a puntellare con potenza contro il pavimento. So che questa è la mia ultima possibilità d’avere tutto indietro e io non posso far sfumare tutto quanto solo per colpa del mio modo di essere. Devo cambiare, devo farlo almeno in parte e lo devo fare perché qui e in questo momento cambiare è vivere. Non posso più permettermi di perderlo, non posso lasciarlo andare via, specie per colpa della mia incapacità d’esprimere i sentimenti. Non mi importa di sentirmi un idiota, di percepire me stesso come troppo esposto o vulnerabile, non fa niente perché è a lui che mi sto mostrando per ciò che sono. E ne vale la pena. Rischiare ne vale la pena.

«Io.» [2]



I’m going back to the start.



Fine
 



[1] “Cos’è?” “Io che mi arrendo” scambio di battute preso pari-pari dello speciale natalizio del 2012 di Doctor Who (quello dei pupazzi di neve cattivi, per intenderci). La scena citata riguarda Clara, il Dottore e la chiave del TARDIS che il dottore le dà in segno di resa alla solitudine nella quale si è rintanato dopo la morte dei Pond.
[2] “Why are you here, what changed?” “I do”. Scambio di battute rubato al gay movie “Shelter”.

Nota: La storia viene lasciata sospesa appositamente, non c’è un finale vero e proprio perché ritenevo già abbastanza conclusivo il fatto che Mycroft ammetta che lo rivuole indietro. E che confessi che vuole stare ancora con Lestrade, che si è arreso a quello che prova per lui. Era inteso in questo modo. In ogni caso è un esperimento e mi rendo conto che mi sono cimentata nell’impossibile.
   
 
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