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Autore: LeFleurDuMal    05/06/2008    9 recensioni
Aioros fugge con una bambina dea, lo spirito luminoso e il cuore gonfio, dopo avere riconosciuto Saga.
Occhi negli occhi con Athena Parthenos.
Genere: Triste, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Gemini Saga, Sagittarius Aiolos, Saori Kido
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eri tu, Nobile Saga

Autore: LeFleurDuMal
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste
Personaggi Principali: Aioros di Sagitter, Saga di Gemini, Baby Saori Kido

Rating: Verde
In proposito: Aioros fugge con una bambina dea, lo spirito luminoso e il cuore gonfio, dopo avere riconosciuto Saga sotto i paramenti da Pontefice. Occhi negli occhi con Athena Parthenos.
Disclaimer: I personaggi naturalmente non mi appartengono e sono di Masami Kurumada, ma lui adesso disegna robe con i pugili quindi me ne occupo io.

Cose: E' colpa di un video he ho trovato su You Tube. E fa malissimo. E ha fatto soffrire moltissimo anche Aphrodite e Camus. Insomma, una garanzia.
Aioros è la creatura più impostata della terra. E scrivendo attraverso il suo punto di vista ho capito molte cose del nostro doppiaggio storico: non so come sia successo, ma io stessa ho citato Foscolo e me ne sono resa conto dopo. Così. AIoros le usa da solo, le citazioni. Lo si ama anche per questo.

 

Allora lo ha guardato in faccia e ha visto quello che non avrebbe dovuto.

E’ fuggito oltre i templi, con te bambina, e i soldati lo hanno seguito.

 

Sì possono spiegare, Athena dalle candide braccia, i silenzi intimi quando hai il viso rivolto alle stelle? Canta tu, o dea, poiché ci sono notti in cui i mortali non osano.

 

Quando si corre nella notte si finisce per lasciare andare il pensiero altrove. E questo è un male se chi corre sta fuggendo e deve restare dov’è corpo, anima e mente, per vedere tutto quello che c’è da vedere e sentire tutto quello che c’è da sentire.

Altrimenti si corre il rischio di inciampare.

Aioros, Athena dalle candide braccia, Aioros inciampa spesso.

Continua a inciampare in qualcosa che ha visto, credo, qualcosa che non avrebbe dovuto vedere.
E’ stato pochi minuti prima, Athena. In pochi minuti, un Gold Saint fa tanta strada, soprattutto se è giovane e motivato come Aioros e se come Aioros ha tanta strada da fare.

E’ stato quando il sangue è colato  copioso e denso ai lati del tuo viso e tu piangevi. Possibile che tu non te ne sia accorta, Athena dall’occhio azzurro, è stato tutto troppo improvviso.

Aioros invece ha fatto un salto indietro e le sue mani attorno al tuo corpo si sono strette con più forza. Tu hai pianto e lui ha temuto di averti fatto male.

Lui se ne è accorto, invece. Se ne è accorto così forte che continua a inciamparsi mentre corre verso l’Acropoli. Non inciampa nei suoi calzari. Un Cavaliere come Aioros non inciampa nei propri piedi. Più facile che inciampi in un viso.

 

In chi se non in te, compagno d’arme, riflettermi?In chi trovare specchio e banco dei miglioramenti e delle crescite, giorno dopo giorno, se non in te?  Quando lodano la mia forza e la mia luce, lodano le tue; il mio vanto quando esaltano la tua figura e il tuo valore è grande, poiché esaltano me. In chi, se non in te, Nobile Saga, riflettermi? E quale più alto onore essendo tu mio modello come io sono il tuo, essendo tu colui che svetta più di ogni altro in onore e giustizia, primo, insieme a me, tra i Santi devoti ad Athena?In chi se non in te?

 

Quando ha chiuso il pugno attorno al gladio che stava per trafiggerti, non ha provato dolore. Un Santo che ti è devoto al dolore è abituato e una mano attorno a un gladio è ben piccola cosa se è per proteggerti.
Non che ci abbia pensato a produrre quel gesto, quel lampo d’eroismo.  Solo, ha visto quel lampo sotto la maschera che cela il volto del Pontefice, e un lampo più sinistro di lama che calava su di te, e non ha pensato: a fermare la sua mano ha messo la propria.

 

L’uomo, canta tu, dea, l’eroe dal lungo viaggio, colui che errò per tanto tempo. Canta tu, dea, perché ci sono notti in cui i mortali non osano.

Di come giunse al luogo che Circe gli aveva indicato. Trattennero qui le vittime Euriloco e Parmenide, egli estrasse la spada affilata e scavò una fossa lunga un cubito e larga altrettanto. Intorno ad essa versò per tutti i defunti, una libagione, miele mescolato con latte, vino dolcissimo e acqua; tutto cosparse con bianca farina. Poi supplicò le vane ombre dei morti. E quando ebbe implorato con voti e suppliche le stirpi dei morti, afferrò le bestie e le sgozzò sulla fossa, scorreva il loro sangue scuro.

 

Il sangue che cola dai palmi è quello che offre in sacrificio sull’altare di una culla, Athena.
Che fa il Grande Sacerdote? E’ forse impazzito? Questo ha pensato, e i dubbi leggeri, i silenzi con il loro falso non dire, hanno trovato consistenza quando gli ha stretto la spalla, Athena dalle candide braccia e dall’occhio azzurro. Tu non lo sai perché eri piccola, bambina dea, perché ancora non eri nata al mondo in quella forma morbida e rosa che sei adesso -  mentre Aioros corre - quella piccola forma che respira. Non lo sai, ma quelle spalle Aioros le ha riconosciute perché le ha viste crescere e rafforzarsi per anni. Le ha toccate e le ha spinte. Le ha afferrate negli addestramenti e nelle lotte scherzose all’arena sabbiosa. Vi ha battuto la mano con affetto fraterno, con amicizia intima, che trascende. Nei pomeriggi temporaleschi, agli alloggi deserti, ci ha dormito accanto a quelle spalle, fianco a fianco.

Le conosce, quelle spalle, e ha come un guizzo quando lo tira indietro, il Grande Sacerdote, trascinandolo via da una culla agitata e da una bimba che piange, Athena bambina dall’occhio azzurro.
Adesso sa che non c’è Sion, il vecchio Pontefice, sotto quelle vesti. Le conosce, quelle spalle, ma non le riconosce e il dubbio – un dubbio antico - gli si ferma in gola, insieme al respiro.
Ma i Sacri Guerrieri non hanno bisogno di respirare, se è per proteggerti, Athena Parthenos.

Aioros si inciampa in un viso, si inciampa spesso, mentre corre tra le rocce appuntite, verso la costa e verso l’Acropoli, anche se questo è male per un uomo che sta fuggendo e deve restare dov’è corpo, anima e mente, per vedere tutto quello che c’è da vedere e sentire tutto quello che c’è da sentire.
Si inciampa in un viso e, per esorcizzarlo, si riempie lo sguardo del tuo, Athena Glaukopis, che lo guardi con i tuoi occhi enormi, sepolta come sei tra le fasce, occhi preoccupati e fiduciosi.

Ti ha rubato alla culla e il gladio è caduto con precisione feroce a trafiggere stoffa e legno dove prima c’era il tuo cuore, Athena Parthenos.

Sacerdote, siete forse impazzito? Ha chiesto incredulo, quando già sapeva che non era il vecchio Sion. L’ha colpito, allo stomaco, forte, e anche quel torace e quel ventre, come le spalle, ha saputo di avere già colpito, già toccato: la maschera sacerdotale è caduta dal volto di un uomo bello di fama e di sventura.

Allora Aioros lo ha guardato in faccia e ha visto quello che non avrebbe dovuto.
E’ fuggito oltre i templi, con te bambina, e i soldati lo hanno seguito.

 

Eri tu, Nobile Saga. In chi riconoscerci adesso? Eri tu.

Lo stesso degli allenamenti nel sole di Atene, degli sguardi complici e delle mani tese. Lo stesso dei pomeriggi temporaleschi a dormire vicino, al mio fianco.

Sotto quelle vesti a levare il braccio sulla dea, eri tu.

 

Potrebbe toccarlo quel volto, tanto è incredulo di riconoscere Gemini, alla luce fioca.

Potrebbe toccarlo, quel volto, tanto è vicino, Athena Parthenos.

Non lo fa invece. Resta immobile un momento - un momento soltanto in cui lo sbalordimento ferma il suo cuore, ma a cui il Gold Saint non permette di raggiungere l’espressione -  tradito, a raccogliere tra le dita un’amicizia spezzata insieme alla speranza in fasce, che sei tu, e non sa come conciliarle, Athena dalle bianche braccia.

C’è l’esplosione del colpo di Saga e Aioros che si gira e scappa, veloce, com’è solo un Gold Saint. Salta dalle rovine e fugge, confuso, gli occhi spalancati sulla notte e le mani chiuse su una bambina.

Quando si corre nella notte si finisce per lasciare andare il pensiero altrove. E questo è un male se chi corre sta fuggendo e deve restare dov’è corpo, anima e mente, per vedere tutto quello che c’è da vedere e sentire tutto quello che c’è da sentire.

Altrimenti si corre il rischio di inciampare.

Aioros, Athena dalle candide braccia, Aioros inciampa spesso.

La sua mente inciampa nel viso di un uomo che ordina al Santuario e al cielo di ucciderlo. Che avrà come ultimo ricordo la sua schiena che scompare nella notte, in corsa, e su quell’immagine si tormenterà per tredici anni, invocando negli incubi la morte di Sagitter, invocandone la salvezza, che Athena lo ascolti. Per tredici anni, Saga di Gemini, bello e sfortunato.

Aioros si inciamperà invece ancora per poche ore soltanto, Athena Partenos, confuso ed eroico come solo i suoi quattordici anni gli accordano.

Mentre scappa dal Santuario tenendoti stretta, ti prega. Ti prega di stare vicino al piccolo Aioria, che non può salutare. Ai fanciulli d’oro che cresceranno come veri guerrieri.

Ma non prega per Saga. Perché quando giunge a Saga – agli allenamenti e alle mani tese e ai pomeriggi temporaleschi che erano la perfezione della vita concessagli - la sua mente si inciampa.

 

   
 
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