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Autore: Soqquadro04    22/01/2014    4 recensioni
[Dalaric - prima o poi dovevate aspettarvela | Possibile OOC | Fluff ♥ | Credo si possa ambientare durante la S3]
Se si trattasse di qualcun altro, direbbe che dipinta in viso ha un'espressione quasi dolce – ma dolce non è un aggettivo che può associare spesso a Damon. A volte lo ha visto dolce, certo (ha visto qualche sguardo lanciato ad Elena e un paio di incurvamenti di labbra che non potevano essere definiti nemmeno sorrisi), ma non più di qualche attimo ormai perso –, ma siccome dopotutto non si tratta di qualcun altro, in quella nebbia assonnata Alaric pensa che sia solamente preoccupato per l'incolumità del suo copriletto. Forse.
Una notte qualsiasi, una notte come tante - conversazioni fra ubriachi e malintesi.
Genere: Comico, Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alaric Saltzman, Damon Salvatore, Elena Gilbert
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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N/A - Note dell'Autrice - Premessa

Buonsalve, lettrici!
Che vi posso dire: sono emozionata XD E' la prima volta che scrivo Dalaric, e il terrore di essere finita OOC è persistente - per non parlare del fatto che tutta la cosa è completamente nonsense...
Ma mi mancano troppo, è inutile, e alla fine ci sono caduta - qualcuna mi ha messo la pulce nell'orecchio, eh? <3
Credo che tutto questo si possa ambientare in un ipotetico Missing Moment della terza stagione ù.ù
Siete naturalmente autorizzate a tirarmi quello che volete, se sono andata OOC anche solo la metà di quanto penso >.<

A presto,
la vostra Soqquadro

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Di malintesi e conversazioni notturne

Ad Asterion, perché se non fosse stato per la sua velatissima spinta non avrei mai fatto una cosa simile ♥



«Sei ubriaco.» accusatorio, Rick borbotta nella sua direzione, sbandando un poco verso destra – il suo fiato forma nuvolette bianche quando espira, strizzando le palpebre contro la luce pur soffusa dei lampioni.

Damon ridacchia appena, continuando a camminare – lui non ha problemi di equilibrio – senza preoccuparsi particolarmente dell'andatura ondeggiante dell'altro o del suo avvicinarsi progressivo al bordo del marciapiede – potrebbe anche passeggiare in prossimità di una curva della strada, vestito di nero, e non se ne curerebbe ugualmente: la brava gente di Mystic Falls ha un coprifuoco biologico, e quei pochi che escono dal Grill a quell'ora di notte sono, solitamente, messi peggio di loro. O comunque abbastanza ubriachi da dover essere buttati fuori a calci e lasciati a prendersi una polmonite sul cemento, quando Donovan non ha voglia di chiamare un taxi – non che succeda spesso, è troppo compassionevole per lasciare al freddo e al gelo quei poveretti.
Ma, se anche ci fosse motivo di preoccuparsi, Damon sa benissimo di essere più veloce e più reattivo di qualsiasi auto – anche da ubriaco. Ubriaco, poi.

«Io, confronto a te, sono sobrio.» alza teatralmente gli occhi al cielo, tirandogli una spallata scherzosa che rischia di farlo finire per terra – sarà anche un cacciatore allenato, ma è umano e ha troppo alcol in corpo per poter pensare di rimanere in piedi, sia anche sotto un assalto leggero e, soprattutto, giocoso.

Ride più apertamente quando, cercando di ricambiare il favore, Alaric gli si getta contro – o almeno crede di farlo, visto che lo manca considerevolmente.
L'uomo bofonchia una qualche maledizione poco convinta, tornando più o meno dritto.

Subito dopo, una smorfia tragicomica gli deforma i lineamenti – si porta una mano alla bocca e arranca malfermo verso l'altro, mormorando l'ovvio.

«Credo di star per vomitare.» niente di che, in realtà – routine. Damon si esibisce in un piccolo mugugno scontento, sospirando e scostandosi appena.
«Evita di farlo addosso a me; c'è un cespuglio proprio di fianco a te.»

Tre minuti più tardi, Rick è ancora piegato in due dai conati – Damon sa solo che non gli manca, decisamente non gli manca, il dover rigettare dopo una sbronza – e il vampiro è appena dietro di lui, che aspetta.
Non gli si avvicina di più – semplicemente attende che finisca di tossire e che si tiri in piedi, prima di fargli un cenno e ricominciare a camminare.

«Stasera andiamo alla pensione – casa tua è dall'altra parte della città e io non ho intenzione di portarti a spalle, quando crollerai definitivamente.»

 

Quando Damon tira fuori le chiavi dalla tasca del giubbotto, armeggiando con una sola mano – l'altro braccio è attorno alla vita di Alaric, che gli grava addosso a peso morto, lasciandosi sostenere pressoché completamente – e aprendo a fatica la porta, si sono già attirati addosso almeno una decina di minacce di querela per schiamazzi notturni.

L'umano biascica una protesta mentre l'altro lo trascina sgraziatamente attraverso il salone, sbuffando improperi e agguantando una bottiglia di bourbon quando passano accanto al carrello degli alcolici – Rick sarà anche ubriaco fradicio, ma lui non ha sicuramente finito di bere.

Iniziano a salire le scale e dopo un paio di gradini già rischiano di ruzzolare, sbilanciati da quello strano abbraccio – Damon riprende l'equilibrio appena in tempo, evitando a entrambi la caduta.
Soffia una frecciatina spazientita, quando Alaric dà una risatina intrisa d'alcol e barcolla leggermente, rendendogli ancora più difficoltoso il compito di convincerlo a salire.

«Forza, Rick, il servizio taxi sta per chiudere i battenti. Se non ti muovi ti lascio a dormire sulle scale – e non avrò rimorsi a romperti il collo, di nuovo, se vomiti sul parquet.» il borbottio sconnesso del compagno, confuso e quasi di sottofondo, si fa un pochino più comprensibile – evidentemente sta sforzandosi di parlare chiaramente.

Rick non è particolarmente divertente, da ubriaco – anche se a volte dà davvero il meglio di sé. È più uno di quelli che ti ritrovi a portare praticamente di peso al piano superiore di casa tua alle tre di notte, mentre bisbigliano frasi senza senso e ti fanno scuotere la testa in un gesto di abitudinaria accettazione.

Infatti.

Se c'è una cosa che non vuole ammettere, è che le sue notti non avrebbero molto senso se non ci fosse Alaric da riportare a casa, possibilmente evitando di evocare involontariamente il fantasma di Jenna – perché anche se i guai nuotano, perdere conoscenza per qualche ora è comunque preferibile al vuoto straziante e al dolore e allo squarcio che lo sa, lo vede (lo capisce, soprattutto) gli lacera l'anima.

È un esperto di ferite aperte, Damon – perché impegnarsi a non farlo pensare a Jenna, in effetti, comporta anche il tenere lontana la mente da occhi castani e labbra carnose e pelle serica. E rifiuti netti.

«Dove stiamo andando?» gli dedica un ghigno maliziosamente perfido, trascinandolo per gli ultimi gradini e avviandosi per il corridoio, fino a fermarsi davanti ad una porta sconosciuta.

«In via del tutto eccezionale, in camera mia.» annuncia orgogliosamente, spalancando il battente ed entrando.

Rick sembra riprendere improvvisamente un minimo di lucidità – sgrana gli occhi e boccheggia, vagamente sconvolto, mentre si avvicinano al letto.

«Damon, io non sono omosessuale – non sono interessato a nessun tipo di contatto di quel genere...» non che Damon Salvatore gli avesse mai dato l'idea di essere omosessuale, in realtà, ma – no, davvero.

Damon sorride di taglio, un sorriso divertito e complice – gli occhi gli brillano, dispettosi. Non rinuncia mai a prenderlo in giro, nemmeno quando è così ubriaco da faticare a reggersi in piedi e non ha esattamente sotto controllo pensieri né lingua.

Rick non se la prende – del resto, sa che non lo fa con cattiveria. Sdrammatizza, sdrammatizza e basta, perché ha imparato che è un ottimo modo per difendersi.

«Così mi uccidi, Van Helsing – senza neanche bisogno di un paletto!» il moro si porta la mano libera al petto – stringe ancora il collo della bottiglia di liquore –, in un gesto intriso di teatralità. «Ma, del resto, non sei decisamente il mio tipo.» continua con finta rassegnazione, guidando entrambi a sedersi sul bordo del letto. Appoggia la bottiglia di bourbon a terra, lanciandogli uno sguardo mentre si rialza, piazzandosi di fronte a lui.

Alaric alza lo sguardo, confuso – forse sarà l'alcol o forse semplicemente un doppiosenso che di involontario non ha nulla. Conoscendo Damon, è probabile.

«Hai un tipo?» sono proprio di quelle conversazioni che possono venire fuori solo alle tre di notte, dopo un numero indefinito di bicchieri di superalcolici vari, mentre quello che è a tutti gli effetti il tuo migliore amico ti aiuta a spogliarti – in questo momento puzzi, Rick, mi rifiuto di farti dormire nel mio letto con quei vestiti addosso – e ti sistema sotto le coperte di un letto dal materasso così morbido e comodo e gigantesco.

Se si trattasse di qualcun altro, direbbe che dipinta in viso ha un'espressione quasi dolce – ma dolce non è un aggettivo che può associare spesso a Damon. A volte lo ha visto dolce, certo (ha visto qualche sguardo lanciato ad Elena e un paio di incurvamenti di labbra che non potevano essere definiti nemmeno sorrisi), ma non più di qualche attimo ormai perso –, ma siccome dopotutto non si tratta di qualcun altro, in quella nebbia assonnata Alaric pensa che sia solamente preoccupato per l'incolumità del suo copriletto. Forse.

Comunque, ignora la sua domanda e si limita a voltarsi, dirigendosi verso il bagno, la bottiglia che gli dondola fra le dita, recuperata dal pavimento.

Prima di scivolare in un sonno profondo, pesante – indotto dalla combinazione di alcol e problemi da dimenticare – , biascica qualcosa di quasi incomprensibile. Damon capisce perfettamente, però.

«Grazie.» non ricorda dove, ma una volta ha letto che i folletti irlandesi non devono essere ringraziati, altrimenti potrebbero offendersi e ritirare il dono che in precedenza hanno offerto – ricorda però che aveva pensato che lo stesso ragionamento poteva funzionare benissimo anche con Damon. Non lo dava a vedere, quando faceva qualcosa di buono – qualcosa di umano –, e se qualcuno dava segno di essersene accorto, era sempre lì pronto a negare.
Alaric capisce che di lui si fida veramente – si fida abbastanza da non riprendersi quella scintilla di sé –, anche se di nuovo non gli risponde.

Potrebbe giurare di averlo visto sorridere.

 

Il mattino dopo, Rick si sveglia con il capo pesante – Dio, vorrebbe staccarselo dal collo; per un attimo si chiede se Stefan faccia servizio a domicilio, ma si pente immediatamente del pensiero e relega il pessimo umorismo in un angolo ancora mezzo addormentato della sua mente –, la lingua impastata e il sapore del vomito che gli avvelena la bocca.

Poetico.

Si tira a sedere, faticosamente, tentando di ignorare il cerchio alla testa, registrando distrattamente la sensazione di un braccio attorno alla vita e la carezza di lenzuola di seta sulle gambe.

E il fatto che questa non è assolutamente camera sua – in casa sua non ci sono né pannelli di legno scuro alle pareti né, tanto meno, lenzuola di seta.

Quando si volta verso l'altro lato del letto sconosciuto, quasi si strozza con la sua stessa saliva – e il campanello d'allarme che gli grida in testa (“Devi ricordare cos'è successo ieri sera, devi ricordare cos'è successo ieri sera, devi ricordare cos'è successo ieri sera!”) si fa improvvisamente degno di attenzione.

Di fianco a lui, addormentato e mugugnante e decisamente nudo, c'è Damon.

Oh, sì, deve assolutamente ricordare cos'è successo ieri sera.

 

Dieci minuti più tardi, il mal di testa è ancora lì, le tempie che pulsano e la luce che sembra troppo forte – ma è un po' più sveglio, almeno, mentre qualche goccia d'acqua gli scivola ancora lungo la schiena.

Damon deve averlo sentito, perché quando rientra in quella che è indubbiamente la sua stanza, è già sveglio – lo fissa da un nido di coperte (non è nudo, in realtà, se un paio di boxer neri possono essere definiti abiti), un sorrisetto strano che gli deforma il volto in una smorfia.

Alaric si schiarisce la voce, l'imbarazzo che si fa strada nel petto – quella faccia non è proprio un ottimo inizio, lo sa. Al momento ha qualche vago flash di conversazioni non esattamente promettenti.
Inizia con una domanda innocua.

«Quanto ho bevuto?» Damon lo asseconda, ghignando, mentre gira attorno al discorso.
«Abbastanza da rimanere praticamente mezzo sbronzo fino a stasera, più o meno.» il sogghigno si fa più largo, mentre Rick si avvicina al lato destro del letto e si siede, il materasso ancora caldo nonostante si sia alzato da un po'.

Inspira profondamente – via il dente, via il dolore. Al massimo non riuscirà a guardarlo in faccia per gli anni a seguire, niente di così catastrofico.

«E tu- cioè, noi...» quando il vampiro inarca un sopracciglio in una posa che dice tutto quello che deve sapere, Alaric espira pesantemente.
Rimangono così per qualche secondo – che si trasforma in qualche minuto.

Quando alza nuovamente gli occhi, ciò che vede insinua ragionevoli dubbi sulla serietà dell'altro.

Damon contrae l'angolo destro della bocca, tentando disperatamente di non scoppiare a ridere – fallisce.

La sua risata profonda risuona nella camera – e pizzica il cervello di Rick in modo tutt'altro che piacevole, ma non importa –, contagiosa.

Borbotta un “idiota” sottovoce, prima di tirargli un pugno sulla spalla – piuttosto forte, anche, ma Damon non dà segno di accorgersene. Perché probabilmente gli ha fatto il solletico – e provare a rimanere seriamente arrabbiato per almeno una mezz'ora.
Poi, lancia un'occhiata all'uomo piegato in due dall'ilarità, di fianco a lui, e tutti i buoni propositi vengono soffocati da una ridacchiante allegria.

Sembrano due bambini – non che importi, a nessuno dei due.

Tutto ciò, comunque, viene interrotto dal rumore della porta che si apre – entrambi si voltano verso la soglia, sorprendendo un'Elena sconvolta a far capolino dall'uscio.

La ragazza balbetta qualcosa d'indefinito nella loro direzione prima di arrossire furiosamente e scappare verso le scale – la situazione in effetti può sembrare compromettente, a un occhio esterno.
Damon sembra tentato di ricominciare a ridere, ma poi sospira e si alza, avviandosi verso la porta.

«Solo per questa volta, puoi prendere qualcosa dal mio armadio – vado a spiegare al mio tipo il perché di tutto questo, prima che si lasci prendere da una crisi isterica perché “Dio, non ci posso credere! Abbi un po' di pudore, almeno!”. Come se non fosse lei che è entrata senza bussare, oltretutto.» sbuffa, raggiungendo la soglia e appoggiandosi appena allo stipite, scrutando con sguardo attento lo spiraglio di corridoio che si intravede.

Ha ancora solamente i boxer, addosso – non può voler andare così.
O forse sì.

«Praticamente nudo?» la domanda non lo fa nemmeno girare ma, anche così, Alaric sa che sta sorridendo, gli occhi che scintillano di malizia mentre si avvia fuori.

«Ovviamente.»

   
 
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