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Autore: jas_    22/01/2014    3 recensioni
La verità è che anche Leslie si è accorta che questa volta è diverso, che forse quella notte tra il due e tre gennaio (era già il tre quando ti ho visto per la prima volta) il fulmine giusto mi ha colpita, mandandomi fuori di testa più di quanto non fossi già. Forse ha capito che il fatto che parlassi di te nonostante le amnesie, i ricordi sfuocati e i dettagli mancanti, era sintomo di cambiamento.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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It’s a black top blur
But I’m pretty sure it ruled
 
 
 
Leslie me l’ha sempre detto che ho l’innamoramento facile, che perdo la testa per chiunque: alti, bassi, brutti, belli, simpatici, odiosi, nerd, mezzi teppistelli, spagnoli o inglesi.
È abituata ai miei commenti che passano dal “che figo” al “ma questo gnocco da dove salta fuori?” mentre scorriamo le foto delle feste su Facebook, nella speranza che quegli scatti in cui nessuno di noi era in grado di intendere e di volere ci facciano funzionare qualcosa nel cervello, immagini che pensavamo di aver dimenticato e che tassello dopo tassello ricompongono quel puzzle che ha perso pezzi a causa dell’alcol.
Scuoto la testa rassegnata quando arrivando alle foto di luglio 2013 non ho ancora scovato il tuo viso (ancora confuso nella mia mente).
«Non fa niente» mormoro, ma le parole tradiscono la delusione che si legge sul mio viso.
Leslie sospira e con un colpo secco chiude il portatile. «Ben presto t’innamorerai di qualcun altro» dice accennando un sorriso che dovrebbe essere rassicurante ma che in realtà esprime soltanto incertezza.
La verità è che anche Leslie si è accorta che questa volta è diverso, che forse quella notte tra il due e tre gennaio (era già il tre quando ti ho visto per la prima volta) il fulmine giusto mi ha colpita, mandandomi fuori di testa più di quanto non fossi già. Forse ha capito che il fatto che parlassi di te nonostante le amnesie, i ricordi sfuocati e i dettagli mancanti, era sintomo di cambiamento. Non sei stato l’unico ragazzo che ho conosciuto quella sera (e quella successiva quando tu, però, non c’eri) e forse è stato il fatto che quel venerdì sera, più affollato della sera precedente, abbia passato il tempo ad annoiarmi e ad osservare con speranza ed ansia ogni viso che incontravo, pregando non so quale dio che fossi tu, a far sorgere in Leslie qualche dubbio.
C’era un ragazzo del quale non ricordo il nome che era simpatico e aveva un accento adorabile. Indossava un maglioncino bordeaux ed i suoi occhi erano azzurri, non so dirti se parlasse più di te perché ad essere sincera di te ricordo ben poco, eppure mentre lui mi raccontava dell’università io avevo lo sguardo perso altrove, alla perenne ricerca di qualcosa che poi ho scoperto eri tu. Ogni minuto che passava la consapevolezza che non ti avrei più rivisto si faceva sempre più reale, i miei giri a vuoto nel locale in cui ti avevo visto la sera prima, seduto sui divanetti con un amico e alcune ragazze, sempre meno frequenti.
Non sapevo perché le mie amiche avessero scelto proprio quel posto, era il più vuoto tra la desolazione di quel giovedì sera, solo i cocktail offerti e il cameriere carino le avevano convinte a rimanere lì nonostante le uniche persone che ballassero in pista fossero proprio loro. Mi ero annoiata ben presto, la mia voglia di conoscere gente nuova e approfittare di quel piccolo pezzo di Spagna di fatto occupato dagli inglesi per imparare meglio la lingua aveva avuto la meglio. Avevo trascinato Jessie, più ubriaca di me, nel locale di fronte che pareva essere più affollato e ci avevo messo un minuto ad attraversare la pista un po’ più piena di quella che avevo appena lasciato, dieci secondi a decidere di sedermi da sola su quel divanetto (se fossi stata sobria non l’avrei mai fatto) e un istante a notarti.
Eri seduto di fronte a me, ridevi e sembravi divertirti con i tuoi amici, le luci erano soffuse ma a volte così accecanti che mi facevano girare la testa più del dovuto, però io l’avevo capito che eri carino. E quei due cocktail per inaugurare la serata, la sangria ed i chupito offerti avevano fatto il loro effetto perché prima che la mia mente comandasse il mio corpo, la mia mano (nell’esatto istante in cui tu mi avevi guardata) ti aveva fatto segno di venire da me. E sorprendentemente tu mi avevi sorriso e mi avevi fatto segno di aspettare, poi una ragazza ti aveva strattonato il braccio e tu eri tornato a dedicarle tutta la tua attenzione. Ti avevo osservato per non so quanto tempo, quando bevi perdi la cognizione del tempo, però poi mi sono alzata e sono tornata da Jessie, che mi aveva abbandonata subito, e dalle altre che non si erano nemmeno accorte della mia assenza.
Leslie aveva distolto lo sguardo dal cameriere e mi aveva osservata avvicinarmi incerta al bancone dove l’ennesimo chupito mi aspettava. Dovevo avere avuto uno sguardo distrutto perché lei si era avvicinata a me chiedendomi cosa fosse successo. Non c’era molto da raccontare, ti avevo visto e mi avevi colpita, poi però mi avevi illusa ed infine ignorata. Avrei dovuto capirlo che quello era soltanto il preambolo di ciò che sarebbe successo dopo eppure la mia testardaggine aveva avuto la meglio ed ero tornata di nuovo da te, trascinando Leslie per un braccio. Mi ero fermata in mezzo alla pista e ti avevo osservato. Eri nella stessa posizione in cui ti avevo lasciato, a fare le stesse cose che facevi quando ti avevo lasciato. Solo ora mi chiedo cosa devi aver pensato quando i tuoi occhi hanno incrociato i miei e ti sei accorto che ero immobile in mezzo alla gente che ballava ad osservarti. La mia mente era in blackout e si sa che il cuore a volte è stupido e un po’ masochista: ti avevo fatto di nuovo segno di avvicinarti (perché io di affrontare da sola tutta quella gente non ne avevo il coraggio) e tu di aspettare (lo stesso gesto di prima) poi però prima che io mi arrabbiassi e tornassi da dov'ero venuta, tu ti sei alzato e ti sei avvicinato a me. Eri alto, probabilmente sfiori il metro e ottanta, e mi sorridevi. Io ti guardavo incredula perché la mia mente annebbiata non riusciva a metabolizzare il fatto che fossi interessato a me (perché se no perché scomodarsi?). Ti ho chiesto come ti chiamavi, quanti anni avevi (fortunatamente eravamo coetanei) e di dov'eri. Gli attimi dopo sono spariti dalla mia mente, ho solo delle immagini confuse in testa (una mia dichiarazione, quelle tipiche degli ubriachi, e le mie labbra sulla tua guancia ruvida per la barba che ti stava crescendo). Tuttavia ho bene impresso nella mente il momento in cui, probabilmente di fronte ai miei atteggiamenti espliciti, tu mi hai detto di avere la ragazza. Il mio sorriso dev'essere scomparso, però sono certa che il mio cuore si è spezzato di fronte a quelle parole sincere. In quel momento mi sei venuto a piacere ancora di più, più dei miei innamoramenti flash, più del bagnino conosciuto a capodanno e del colombiano con cui avevo parlato quando ero ancora sobria. La tua ragazza è molto fortunata.
Sono tornata da Leslie (che mi aveva abbandonata come Jessie, anche se mi ero trovata bene in tua compagnia) troppo euforica per averti parlato per dare la giusta importanza al fatto che tu fossi impegnato. Non ci ho dato peso, non do mai peso a queste cose e nella maggior parte dei casi sbaglio. Con te ho sbagliato. Avrei dovuto lasciarti andare e dimenticarti prima che l'alcol me lo facesse fare, invece sono tornata da te decisa a sapere il tuo cognome così da aggiungerti su Facebook (solo in quel momento ho capito l'utilità di quel social network), decisa a mantenere il tuo ricordo vivido nella mia mente ma i dopo sbornia non sono mai stati il mio forte perché insieme al mal di testa arrivano le amnesie e l'unica cosa di quella sera ad essere sparita dalla mia mente sei stato tu. Avrei potuto dimenticarmi di tutto il resto, poco mi sarebbe importato, ci ero abituata. Ma il fato è crudele, ora lo so, e la mattina successiva dopo averti sognato e dopo che la consapevolezza che non ti avrei più rivisto si è fatta viva dentro di me, mi sono resa conto che mi era stata tolta anche l'ultima cosa che mi legava a te: i ricordi. Le immagini erano state sostituite esclusivamente dai miei pensieri e da fatti poco importanti. Cosa può interessarmi ricordare di averti cercato di nuovo ed averti trovato solo, fuori dal locale, a fumare? Perché dovrebbe importarmi del sapore acre che ho sentito in gola quando ti ho chiesto una sigaretta che tu mi hai acceso perché io non fumo nemmeno, figuriamoci se riesco ad accendermi la paglia con la tua e non con un accendino. E abbiamo parlato, non ricordo bene di cosa, dell'Italia che tu non hai mai visitato e di Milano che non mi piace. Io che non riuscivo a spiegarti che a me le città grigie ed affollate non attirano e tu che sorridevi, probabilmente per il mio inglese pessimo e strascicato. Non so cos’altro ci siamo detti oltre alla mia confessione: “sei il ragazzo più bello che abbia mai visto su quest’isola” e alla mia richiesta (che assomigliava più a un ordine) di scrivermi il tuo nome e cognome sulle note del telefono, così che avrei potuto aggiungerti su Facebook. Il giorno dopo trovare ancora il tuo nome scritto alle 3.46 di mattina è stata la prova che il ragazzo che aveva occupato i miei sogni quella notte non era stato frutto della mia immaginazione ma era esistito realmente. Mi sono ritrovata a odiare i tuoi genitori per averti dato un nome così comune perché su quel social network che ho iniziato a detestare più di prima io non ti ho mai trovato. Ero senza peli sulla lingua quella sera, e nonostante le figuracce e le amnesie che avrei evitato se avessi deciso di non bere, sono contenta di averlo fatto se no dove avrei trovato il coraggio di parlarti? Ci siamo detti altre cose che probabilmente sono nascoste in parti inaccessibili della mia mente, non ho fatto in tempo a finire la tua sigaretta che una ragazza si è avvicinata a noi e si è presentata come “Sophie, la tua ragazza”. Quello me lo ricordo, così come mi ricordo l’ultimo tiro che hai dato alla tua sigaretta, le tue orecchie un po’ a sventola e la tua camicia a quadri. Mi ricordo anche quando mi hai detto che dovevi andare e mi hai salutata. Quella è stata l’ultima volta che ti ho visto, davvero.
 
 
 
Manca una settimana a Pasqua, nel resto d’Europa il caldo sta arrivando, ci si accontenta di un pomeriggio al parco senza giacca e del sole che splende nel cielo senza che i suoi raggi vengano oscurati da una nuvola. Io e Leslie invece siamo al mare, in costume, le spalle che scottano, i piedi affondati nella sabbia ed i libri che ci siamo portate appresso per studiare ancora chiusi.
«Mi trasferirei qua all’istante» mormora la mia amica, gli occhi chiusi ed un’espressione che più rilassata di così non si può.
Siamo arrivate in mattinata, siamo ancora fresche e ci stiamo riposando in vista della serata che ci spetta: non vediamo Jessie e Margareth da quattro mesi ormai. Non vedo te da quattro mesi ma i pochi ricordi che mi rimangono sono sempre più sfuocati, le amnesie sono finite, i dettagli che mancano ora sono dovuti alle dimenticanze del tempo. Il tuo pensiero è sempre meno frequente ma nel profondo del mio cuore so che ci sei sempre perché mi ritrovo a cercarti in ogni sorriso (simile a quello di Zac Efron) che vedo, in ogni inglese che sento, in ogni persona alta che noto.
«Stasera andiamo là?» mormoro senza bisogno di specificare dove, so che Leslie ha capito.
«Ovvio, dove potremmo andare se no? È l’unico posto in cui c’è un po’ di vita» spiega. Poi apre gli occhi e fa leva sui gomiti per alzarsi leggermente. «Però non andremo al Big Apple» specifica, e nonostante le lenti a specchio dei suoi Ray-Ban riesco ad immaginare lo sguardo che ci sta dietro.
«Perché dovremmo andarci scusa, quando il locale di fronte ci fa ubriacare con sette euro e chupito offerti?» ribatto convincente, abbassando lo sguardo sullo smalto rovinato delle mie unghie.
Leslie sospira. «Hai ragione» dice poi, e sembra che sia cascata in pieno nel mio giochetto ma so che non è così, sta semplicemente lasciando perdere. «Ho sete. Andiamo a prenderci qualcosa da bere?» chiede poi, mettendosi seduta.
Sorrido e la imito, improvvisamente estasiata dalla sua proposta. «Dici che torneremo in spiaggia?» le domando, nascondendo un sorriso estasiato.
Leslie scuote la testa, io scoppio a ridere. Raccogliamo velocemente le poche cose che ci siamo portate appresso, indossiamo la canottiera e ci dirigiamo a piedi nudi verso il chiosco sul lungomare, dove si ricordano ancora di noi.
«Due Mojito!» ordina con entusiasmo Leslie, rivolgendo un occhiolino al cameriere ispanico, carino ma un po’ troppo vecchio per noi.
«Non cambierai mai» mormoro scuotendo la testa.
La mia amica si stringe nelle spalle, per niente infastidita dalle mie parole. «Siamo in vacanza, cosa ti aspetti che faccia? Che pensi all’altro cameriere che ho rimorchiato a gennaio come tu pensi a John?»
«Joe» la correggo, innervosita dal suo comportamento. «E non sto pensando a lui, ma indipendentemente da ciò non mi metto a flirtare con un uomo che è più probabile vada con mia mamma che con me!» sbotto seccata, senza fare caso al cameriere, l’oggetto delle nostre discussioni, che ci porta le ordinazioni accompagnate da qualche snack tipico dell’happy hour.
«Fa’ come vuoi, ma sappi che non ho intenzione di guardarti mentre ti deprimi» ribatte Leslie, portandosi una sigaretta alle labbra.
«Ti sembra che io mi sia depressa in questi ultimi mesi?»
«No, ma non metto in dubbio che questo posto ti ricordi Josh e che quindi ti metta tristezza» spiega Leslie, sprigionando una nuvola di fumo nell’aria.
Non le rispondo, ho il bicchiere di Mojito in mano e la cannuccia che penzola, ma sono troppo concentrata a guardare un ragazzo esageratamente alto che si è appena avvicinato al bancone del bar.
«Ehi! Come mai non mi hai corretto il nome del tuo amato?» continua Leslie. Si volta a guardarmi ed aggrotta le sopracciglia prima di seguire il mio sguardo ed accorgersi del tizio su cui la mia attenzione è focalizzata. Anche lei sembra confusa quanto me, rimaniamo in silenzio guardarlo prendere una bottiglietta d’acqua in mano e pagare.
«Dici che…» mormora lei, quasi impaurita della risposta che potrei darle.
«Non lo so» rispondo senza nemmeno rendermene conto. Appoggio il bicchiere sul tavolo e in quell’istante il ragazzo si guarda in giro, finendo per incrociare il mio sguardo. Mi sembra di stare rivivendo il passato, in condizioni differenti. Sei tu. Il mio cuore ha un sussulto e sento lo stomaco in subbuglio, questa volta le sensazioni non sono annebbiate dall’alcol e non ho il coraggio di farti segno di avvicinarti a me così che possa parlarti. L’unica cosa che riesco a fare è stare immobile e guardarti, ma sembra che anche tu non voglia muoverti nonostante i tuoi amici ti stiano chiamando. Fai loro segno di aspettare, lo stesso gesto che hai fatto a me quella sera, e poi ti avvicini tranquillo.
«Ciao Leah» mi saluti. E ti ricordi il mio nome. Mentre mi sorridi (il tuo sorriso assomiglia davvero a quello di Zac Efron) io non faccio altro che pensare al fatto che ti ricordi come mi chiamo e senza che me ne renda conto anche le mie labbra si dischiudono in un sorriso.
«Ciao» rispondo, e il tuo sguardo si fa un po’ più confuso. Cominci a titubare di me, non sai se sono io che non ricordo il tuo nome o se sei tu che mi hai scambiata per qualcun altro.
«Non pensavo ti avrei mai rivisto» riesco a mormorare dopo un po’, e probabilmente tu non rivedi la ragazza spavalda e coraggiosa che hai conosciuto quella sera in quella in preda all’ansia che ti sta davanti.
«Nemmeno io» rispondi invece, rincuorato dal fatto che io mi ricordi di te. «Sei qua in vacanza?»
Annuisco. «Tu?»
«Anch’io, sono qua con alcuni amici…» spieghi, e vorrei chiederti dov’è Sophie, la tua ragazza. Se non è venuta con te oppure se vi siete lasciati. E sono egoista, lo so, ma spero che la seconda opzione sia quella giusta.
«Joe!»
I tuoi amici ti chiamano di nuovo ma tu li ignori e mi sorridi nervoso, lo stesso sorriso che ricordo mi rivolgesti quando ti dissi che eri il ragazzo più bello che avessi mai visto.
«Esci stasera?» mi domandi, e non c’è tempo per la paura o per le esitazioni.
E io non ho voglia di fare la preziosa e di contenere l’entusiasmo perché di tempo n’è passato fin troppo e ora non ne ho da perdere.
«Sì» rispondo, ignorando i piani che già avevo con Leslie e le altre.
«Ci vediamo al Big Apple?» domandi, mentre le grida dei tuoi amici si fanno sempre più insistenti e dannazione! Ma non capiscono che qui sta succedendo qualcosa d’importante? Penso io, più infastidita di te per il loro atteggiamento.
«Certo, ci vediamo dopo.»
Mi rivolgi un ultimo sorriso prima di voltarmi le spalle e andartene, il problema è che io il sorriso invece non l’ho mai perso per un istante e le guance iniziano a farmi male.
«Ti sei fatta un lifting?» commenta Leslie acida, bevendo il suo cocktail, ma capisco che infondo è contenta per me e lo dimostra a modo suo.
Non le do retta, ti osservo fino a quando non sparisci tra la gente. Quel giorno non indossi una camicia a quadri ma una canottiera bianca e un costume verde. Le tue orecchie sono meno a sventola di quanto ricordassi e la tua pelle chiara è coperta da alcune lentiggini che al buio non avevo notato. Non ho fatto in tempo a guardare le tue mani perché troppo concentrata sui tuoi occhi, di un colore particolare tra il verde e il marrone, ma non è un problema, perché ti rivedrò. Nonostante le amnesie ci siamo ritrovati.






È la prima originale che posto, questa sezione mi è completamente nuova e sinceramente non volevo nemmeno pubblicare questa one shot che racconta troppo di me. Poi mi sono detta: "ma tanto chi capirà quanto di me c'è qui dentro?" e allora eccomi qua! Non credo sia la mia creazione migliore, l'ho scritta più per sfogo che per altro, ma perché non condividerla? Magari a qualcuno piace :)
Jas


 


 
   
 
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