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Autore: crige    23/01/2014    6 recensioni
Un dolore soppresso per troppo tempo.
Una maschera ben indossata, della quale Pirandello andrebbe molto fiero.
Un incontro che cambia due vite.
Se anche voi alla domanda "come stai", rispondete con un "bene" che cela tutto un mondo, dietro di sé, bhè questa storia potrebbe piacerti.
Tratto da una storia vera.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E' facile parlare di Amore.
E' semplice dire qualche parolina dolce.
E' estremamente una via agile, lo stare bene.

Insomma, quanti di voi alla domanda "come stai?" hanno risposto con un "bene"?!
E quanti di voi, lo pensavano davvero?
Scommetto che, adesso, tutti alzerete la mano.

Semplicemente perchè stare bene, è la risposta più semplice.
Spiegare cosa realmente abbiamo dentro, a qualcuno, non ci aggrada.
Perchè in fondo sappiamo che nessuno potrà mai capire.

Sono tutti bravi a dire "tranquillo, passerà".
Sono tutti bravi a dare consigli non sentiti e sussurrare parole di circostanza.
Certo, qualcuno che sentirà i nostri sfoghi, ci sarà sempre.
Ma ci sarà mai qualcuno che li ascolterà?
Fra il sentire e lo ascoltare, non c'è poi così poca differenza.

                                            *********
                                            

Quella mattina c'era qualcosa di diverso.
Un non so ché nell' aria, che preannunciava novità.
Sentivo che non sarebbe stata monotona.

La notte precedente, come ogni santa volta, la passai rigirandomi tra le lenzuola.
Mi rigiravo e rigiravo, escogitando un piano per saltare ogni possibile interrogazione del giorno successivo.
Quando la ebbi trovata, finalmente mi addormentai.
Ancora, però, non mi spiego come la notte i tuoi piani sembrino geniali e il mattino seguente prendi a testate il muro, dandoti della cogliona.
Come è possibile?
Ad ogni modo, ciò è irrilevante.

Andai a scuola, dirigendomi con passo funebre.
Testa china, sguardo rivolto alla punta delle mie scarpe, cappuccio della felpa sulla testa.
Una volta seduta al mio banco, sospirai.

-Cate!- una gomitata mi arrivò dritta sullo sterno -si può sapere a che cavolo stai pensando?-

Ecco, ci risiamo.
Come ogni volta che leggo troppo, finisco a narrare la mia giornata, come in un libro.
Verbi al passato e uso di un linguaggio ricercato.
Oh, bhé, almeno uno ci prova.

-Stavo, ehm, pensando all' intervallo- rispondo distrattamente, tornando al presente.

-Auguri, allora!- dice, sarcastica, la mia compagna di banco -manco è iniziata la prima ora!-

-Dettagli- dico, saccente -che è che abbiamo?-

-Matematica!-

-Oh porco il clero!- esclamo, lasciando andare una testata sul banco -se mi chiama sono fottuta-

-Come sempre- ridacchia, girandosi per parlare con Marika e Antonella.

-Simo, affogati!- le faccio una linguaccia, per poi immegermi sul quaderno di matematica.

Era meglio se continuavo a fantasticare come in un libro.
Il presente fa schifo.
La matematica fa schifo.
La ragioneria mi da il volta stomaco.
Ho scelto questa scuola, solo per il sabato di festa.

-Buon giorno, ragazzi!-

Ecco che entra la prof. Feri.
Una donna di mezza età inoltrata.
Capelli neri a caschetto, sicuramente tinti.
Trucco pesante a Battona.
Gonna nera a vita alta e camicia bianca quasi trasparente, che lascia intravedere il reggiseno nero che indossa.
La solita troia.

-Bene, oggi avevo detto che avrei interrogato- sorride, battendo le mani -qualche volontario?-

-pfff- sbuffo, sottovoce -è come se qualcuno si offrisse di andare al patibolo- sussurro a Simona, facendola ridere.

-Shhh- le tappo la bocca prontamente, soffocando le sue risa -o quella stronza ci chiama alla lavagna!-
 
All' assenza di risposta, la suddetta stronza, apre il registro.
Scorre l' indice sull' elenco dei nomi.
Prego in tutte le lingue del mondo che non mi chiami.
Fa che non mi chiami.
Fa che non mi chiami.
Fa che non mi...

-Baldi!- cazzo!

Sospiro, alzandomi dal mio posto.
Passo tra le file dei banchi, dove ogni mio compagno mi fa le condoglianze.
Alzo la testa, affrontando la morte senza paura.
No, ok, sono fottuta.

-Bene, Caterina- si rivolge a me, sorridendo -dimmi, come si trova il dominio di una funzione?-

-Ah, se non lo sa lei!- rispondo, con un' alzata di spalle.

-Io lo so, ma lo sto chiedendo a te!- si altera, leggermente.

-Allora mi sa che casca male!-

-Baldi!- sbotta, battendo una mano sul ripiano della cattedra -vuole che le metta 3???-

-Bhé, almeno non mi rovina la media!-

-FUORI!- urla, indicandomi la porta.

Mi dirigo verso l' uscita.
Le mani incrociate dietro la nuca.
Il passo più lento possibile.

-Vuole un caffè?- le domando, sorridendo, prima di chiudere la porta.

Sbuffando vado verso le macchinette.
Vi trovo una ragazza, intenta a scegliersi la merenda.
La scruto.

Alta, capelli castani mossi.
Jeans e felpa.
Occhiali da vista neri.
Un bel culo.

-Miiiii!- sbuffa, lanciando una manata sul vetro che separa dalle merendine -mi ha inculato i soldi!-

Un classico.
Questi dispositivi rubano più soldi che altro.
Secondo me è tutto un piano della preside, per raccatare un po' di grana.

-Aspetta, ti aiuto- le sorrido, superandola.

Inizio a tirare spallate contro la macchinetta.
Ne bastano tre, per far scendere il pacchetto di patatine selezionato dalla malcapitata e pure una cioccolata in omaggio.
Mi abbasso, recuperando entrambi.

-Et voilà!- esclamo, porgendole il suo spuntino.

-Ehi! Grazie!- esordisce, aprendosi in un enorme sorriso.

-E' un piacere!- le faccio un cenno di saluto, voltandole le spalle.

Esco fuori sulle scale antincendio.
Mi siedo, accendendomi una sigaretta.
Tiro giusto due boccate, prima di essere raggiunta dalla ragazza di poco prima.

Si siede accanto a me.
Apre il pacchetto di patatine, iniziando a mangiare distrattamente.
Mi sento il suo sguardo addosso.

-In che classe sei?- domanda, all' improvviso.

-5° A-

-Io in 3° A!- dice, euforica -come ti chiami?-

-Caterina-

-Io Rosemary!- mi giro nella sua direzione, perdendomi nel suo sorriso.

Non mi ritengo una persona timida e introversa.
Non sono asociale o cose simili.
Ma credo sia spontaneo chiedermi: che cazzo vuole, questa?

-Si parla di te, a scuola- m' informa -si dice che sarai la prossima rappresentante d' istituto-

-Davvero? Bhé, dipende tutto se mi candiderò o meno. Sono impegnata, ultimamente-

-Capisco-

Restiamo per un po' in silenzio.
Ma non un silenzio imbrarazzente, ingombrante.
No, è un silenzio armonioso, che infonde tranquillità.

Vi è mai capitato di conoscere una persona e sentire che c'è un qualche legame, senza capire come o cosa?
Di sentire che è impossibile che non nasca un' amicizia?
Bhé se durante i momenti di silenzio, non vi sentite in imbarazzo, sappiate che siete già a un buon punto.

-Ho sentito, sai?- abbassa lo sguardo -ti faccio le mie condoglianze-

-Grazie- mormoro, sorpresa.


                                                  **********
                                                  
                                                  
Lo sapevano tutti a scuola, ormai. 
Era una tipa abbastanza conosciuta e la voce si è espansa subito. 
Non so neanche perché le avevo fatto le condoglianze.
Voglio dire, mi dispiace davvero, ma abbiamo parlato pochi minuti fa e io mi prendo questa confidenza?
Sulla sua faccia noto un’espressione strana, spero sia sorpresa e non fastidio.

Li avevo visti insieme, qualche volta.
C’era qualcosa di speciale tra loro, era visibile a chilometri di distanza.
A volte lui è venuto a prenderla a scuola e ogni volta che succedeva lei cambiava. 
In meglio, ovviamente.
Era come se per quell’istante in cui lo vedeva, togliesse la sua corazza. 

Mi sono chiesta spesso chi fosse per lei.
Avevo escluso subito l’ipotesi che tra loro ci potesse essere una relazione perché era chiaro che era affetto.
Un affetto…fraterno. 
Questo mi fece credere infatti che fosse suo fratello. 

Era un bel ragazzo e sembrava sempre gioioso e sorridente, o forse è perché l’avevo sempre visto nell’istante in cui abbracciava lei. 
Il ragazzo era abbastanza giovane, questo era evidente, ma sembrava un Uomo che ha collezionato diverse esperienze e che conosce il mondo quasi più di un adulto. 
Cioè, questa è l’idea che mi dava. 
Solo adesso sono venuta a sapere che in realtà, era suo cugino.

Sì, lo ammetto, la conoscevo già. 
Il fatto che io le abbia chiesto nome e classe non vuol dire che io non conoscessi già le risposte. 
Era un modo per parlare, cosa che avrei voluto fare da molto.
E’ dal primo anno che questa ragazza mi incuriosisce.
Andava in terza e già allora la sua figura ha suscitato in me interesse. 

Io sono quasi invisibile.
Voglio dire, se ci fosse un muro poco più basso di un metro e ottanta e fossimo tutti messi in fila lì dietro evidentemente sarei una delle poche ragazze ad essere visibile dall’altro lato.
Ma qui parliamo dell’ambito scolastico. 
Io ero invisibile agli occhi di tutti. 

Lei, invece, nonostante fosse solo al terzo anno, era abbastanza “popolare”. 
C’era chi ne parlava bene ma anche chi ne parlava male. 
Io, dalle voci che mi sono arrivate, sapevo che amava il rugby e che la scuola era il suo ultimo pensiero. 
Ciò di cui sono veramente sicura è il fatto che non sia un’idiota. 

L’ho vista spesso, per i fatti suoi, con un libro tra le mani. 
Non lo leggeva semplicemente, lo stava facendo suo, era come se fosse in un altro mondo, o almeno è questo che penso ogni volta che vedo quella scena. 

La osservo da un po’, ad essere sincera. 
Non dico che credevo alle voci che dicevano che fosse una stronza, ma di certo non mi aspettavo che mi aiutasse e mi parlasse, soprattutto oggi.

Siamo ancora in silenzio, dopo la sua risposta. 
Dovrei dire qualcosa, ma non so cosa. 
Ho paura di sbagliare a parlare. 
Quando sono agitata straparlo o dico cose senza senso. 
Anche se siamo in silenzio, però, so quasi per certo che non vuole che io vada via. 
Se l’ho osservata bene in questi anni, so che me l’avrebbe già detto se avesse voluto stare per i fatti suoi e senza nessuno tra i piedi.

Sta ancora fumando. 
E’ pensierosa. 
Il suo sguardo è perso nel vuoto. 
Sono quasi sicura di sapere a cosa, a chi, sta pensando.

Quelle sue due fessure, adesso impenetrabili, sono rivolte verso un punto indefinito. 
E’ più frequente vederla con lo sguardo cupo che con il suo naturale smeraldo.
Adesso, però, di quel fantastico colore rimane poco. 
I suoi occhi sono rossi e palesemente stanchi, non l’avevo mai vista così.

-e...come stai?- mi esce spontaneo, domandarglielo.

Si volta verso di me.
Mi scruta.
Si prende qualche secondo, prima di parlare.

-Bene-

-E questa è la verità, o la risposta che dai a tutti?- 

Rimane di stucco.
Vi è sorpresa nei suoi occhi.
Forse non si aspettava quella risposta.
Bhè, non me l' aspettavo neanche io.

-Sai..- inizia, tornando a guardare in un punto indefinito -sono stanca. Sono stanca delle belle parole di tutti.
Sono stanca dei soliti "io ci sono, se vuoi" o dei "passerà". Perchè non è così! Non è vero un cazzo!- sospira, gettando il mozzicone della sigaretta, in terra -che ne sanno tutti di cosa si prova? Molti neanche lo conoscevano! Non sanno cosa c'era! Pensa che qualcuno mi ha anche detto "era solo tuo cugino". Che cazzo vuol dire? Si quantifica il bene che si prova verso qualcuno solo in base al grado di parentela?- ringhia, tirando un pugno al suolo -tutti mi chiedono come sto, aspettandosi che io risponda, solo per avere l' esclusiva! Mi sono rotta le palle! Parlano come se lo conoscessero! Ma non è così!- 

-E com'è?- chiedo, colpita dalle sue parole.

-Lui era speciale- mormora, tornando a guardarmi -se n'è fregato del posto in banca che aveva, per andare in Africa ad aiutare la gente del posto ad imparare come sfruttare al meglio i loro terreni! Non guadagnava molto, ma non gli importava! Lui era felice lì. Giocava a calcio con quelle persone. Rideva e scherzava con loro. Lui era un esempio, è un esempio-

-Sembrava davvero fantastico-

-Lo era- annuisce -non si può stare meglio. Si, il dolore prima o poi si farà da parte, ma non se ne andrà mai. E piano piano il ricordo del suo viso, sbiadisce. Il suono della sua risata non è più nella tua memoria. La sua voce, non te la ricordi più e allora inizia tutto da capo..-

-So cosa vuol dire- dico, abbassando la testa -e non lo dico così per dire. Anche io ho perso qualcuno al quale tenevo molto e so come ci si sente-

Alzo di nuovo lo sguardo, trovando il suo.
Trovo una luce nei suoi occhi, che prima non c'era.
All' improvviso sorride, per poi voltare il capo dall' altra parte.

Cala di nuovo il silenzio.
Ma questa volta sembra essere un silenzio di rflessione.
Silenzio che serve per assimilare tutte le parole, apprese negli ultimi minuti.

Silenzio che aiuta a capire.
Che unisce.
Che ti rende partecipe di qualcosa che prima non era tuo.

-Allora, secchioncella, sei ancora qui? Non rientri in classe?- mi dice all’improvviso bloccando i miei pensieri.

-Io..veramente.. Hey! Non sono una secchioncella!- mi fingo offesa non sapendo cos’altro rispondere.

-Ah no? Bhè sembrerebbe proprio di sì. Mi sembra anche di avere intravisto una tua foto nel giornalino scolastico per la vittoria delle olimpiadi matematiche!- Continua con fare ironico.

-Hey, quella volta sono stata incastrata dalla prof e poi non sono una secchiona, tengo alla pagella, tutto qui.- Rispondo prontamente un po’ infastidita.

-Calmati, piccolina.- mi sbeffeggia ridendo.

-Non sono piccola!-

-In effetti..non hai tanto torto. Sei piccola solo d’età!- continua a prendermi in giro.

-Ti facevo più simpatica, sai?- dico con fare saccente.

-Avrai sentito delle voci false!- esclama. –Cos’altro hai sentito sul mio conto?-

-Che sei una giocatrice di rugby. – rispondo di getto, pentendomene in seguito. 

Mi crederà una stalker.
Potrebbe pensare che io sia interessata a lei, cazzo!
Non sono sicura del suo orientamento sessuale.
Voglio dire, so che non devi avere per forza i capelli corti per essere interessata al sesso femminile, è uno stereotipo come tutti gli altri. 
Ma i suoi bellissimi capelli lunghi e castani non erano il motivo della mia dubbiosità. 
Mi sembra stesse con un ragazzo, forse della nostra stessa scuola.

-E a te piace il rugby?-

-Bhè, non è che io sappia molto al riguardo! Ok, forse so soltanto che durante la partita giocano due squadre e che si gioca con una palla ovale!- dico, con un po’ di vergogna.

-Tutti qui? Devi per forza venire a vedere una partita. Il rugby è molto più di questo! Il rugby è vita. La squadra è una seconda famiglia.- risponde di getto, trasmettendomi tutte le emozioni che sta provando lei. –Domenica, 14:30. Hai da fare?-

-Io..no, perché?- rispondo sorpresa.

-Perché, secchioncella, io e la mia squadra abbiamo una partita da vincere e pensavo che se volessi per un paio d’ore lasciare da parte i libri e immergerti nel mondo del rugby, potresti venire a fare il tifo per la mia squadra.- Afferma convinta.

-Ok, ci sarò allora!- Rispondo aprendomi in un sorriso.

Mi alzo.
Mi scuoto i pantaloni, liberandoli dalla polvere.
Torno a guardarla.

-Bhè, allora...ciao-

-Ciao- ricambia il saluto, sorridendo.

-Ehi!- mi richiama, prima che rientrassi -grazie-

-Per cosa?- chiedo.

-Per aver ascoltato-

Annuisco solamente.
Poi mi volto, entrando.
Una volta dentro, sospiro.


Dopo sono tornata in classe. 
Non potevo rimanere un secondo di più accanto a lei. 
Adesso la situazione è cambiata, sono sempre più interessata a lei.
Voglio dire, non è successo niente di che alla fine, no?
Intanto quell’invito mi ha decisamente spiazzata, emozionata e..intimorita.


Da quel giorno le cose sono andate meglio. 
Il nostro rapporto si rafforzava sempre di più. 
Non potevo definire quello che c'era tra noi come semplice “amicizia”. 
In realtà, forse, avevamo entrambe paura di definirlo per quello che era realmente.

Solo dopo, abbiamo dato un nome a ciò che c’era tra noi. 
Era semplicemente Amore. 
Solo dopo che entrambe abbiamo capito quanto fosse bello stare con l’altra, vederla sorridere. 
Che bastava il sorriso dell’altra per riscaldare il nostro cuore. 
Solo allora abbiamo capito di essere una cosa sola, di amarci.


                                                   **********
                                                   
C'è chi dice che parlare con uno sconosciuto è più facile.
Esso non può giudicarti per quello che eri o che sei.
Può solo esprimere un parere su ciò che tu gli dici in quel momento.

E' facile aprirsi con qualcuno che non sa niente di te.
Non sa i tuoi difetti.
Non sa i tuoi errori passati.
Ma soprattutto, sarà sincero.

Sarà sincero perchè non ti conosce.
Non gliene frega niente di ferirti.
Non gli importa se ti fa del male con le sue parole.
Sarà sincero perchè non ci guadagnerebbe niente, mentendoti.

La verità è che dovremmo trovare più spesso il coraggio di dire tutto.
Di non limitarci solo ad un "bene".
Ma di andare in fondo, di scavare a fondo.

Tenersi tutto dentro, non serve.
Prima o poi scoppierai.
Prima o poi crollerai.
Te la prenderai con chi hai intorno, con chi non c'entra niente.
Con il risultato di stare peggio.

La prossima volta che qualcuno ti chiede "come stai'".
La prossima volta che qualcuno sembra veramente interessato alla tua risposta, parla.
Parla e butta fuori tutto.
Parla, fatti ascoltare, urla a gran voce ciò che ti tieni dentro da troppo tempo.
Perchè si, il dolore non se ne va, ma ricordati che ci sarà sempre qualcuno disposto a dividerlo con te.


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 ANGOLO DELL' AUTRICE:

Buona sera ^^

Adesso vi spiegherò, in breve, il perchè di questa storia.
Prima di qualsiasi altra cosa, non è tutto inventato.
Non scenderò nei particolari, vi dico solo che io sono quella che rispondeva e, spesso ancora, con un "bene".
Un bene che ad un certo punto, mi ha soffocato.
Ma invece che parlarne con uno sconosciuto, l';ho scritto.
Quindi, si ecco, questa storia è una parte di me.
La mia ragazza mi ha aiutato a scriverla.
Ha scritto un buon pezzo di ciò e io non ci ho messo proprio mano.
Chissà se riuscirete a capire qual'è il pezzo in questione.

Bene, se avete domande o quant' altro, lasciate un commento o scrivetemi pure un messaggio privato.
Buona notte a tutti ^^
Un bacio.
Crige.

Ps: un grazie speciale a te che hai deciso di condividere con me, questo dolore.

 
 
  
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