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Autore: _Francesco_    23/01/2014    3 recensioni
"Un semplice incontro può stravolgere un'intera esistenza."
*
{9.989 A.C}
[...]Undici anni. Undici anni sono passati dall'inizio dell'interminabile guerra tra Atlantide e Mu.
Una guerra infinita,che porterà alla distruzione completa una mentre la gloria eterna attenderà l'altra.
Entrambe le parti sono distrutte,migliaia di persone morte,adesso rimane solo un modo per concludere la guerra: Due fra i più potenti eroi si scontreranno in un duello mortale. Uno solo sopravviverà,gloria eterna porterà al suo popolo,l'altro rimarrà sconfitto,schiavo perenne del nemico.

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Julian Hackett , semplice ed innocente ragazzino, ignaro dei suoi maestosi poteri. Scoprirà la sua vera natura, cambiando caratterialmente e fisicamente, diverrà un imperioso Ranger. Nascituro e combattente di Atlantide, metterà come posta la sua intera vita pur di difendere la sua patria.
Cyrus Hardey , orgoglioso, sgarbato ed autorevole, fiero della sua strabiliante forza fisica. Principe ereditario al trono di Hyades: capitale del potentissimo esercito di Mu, si allenerà fin dalla nascita per divenire il più grande Aviatore della storia del pianeta, irrompendo nelle vite dei cittadini di Atlantide come se fossero schiavi.
*
STORIA IN RIELABORAZIONE
Genere: Fantasy, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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PREMESSA.
Ho dovuto stravolgere tutta la storia, in quanto la precedente non mi ispirava totalmente.
Premetto che la nuova storia era indirizzata ad un fantasy, ma in questi giorni aggiornerò definitivamente i capitoli.
A presto. 

Francesco.

Capitolo 1


 
Una volta, Zhuang Zhou sognò di essere una farfalla. Era una farfalla che volteggiava liberamente, appagata della propria condizione. Non sapeva di essere Zhou. All’improvviso si svegliò e si accorse di essere Zhou, con la sua forma. Non poteva dire se Zhou avesse sognato di essere una farfalla, o se una farfalla stesse sognando di essere Zhou.
(Chuang-tzu, IV sec. a.c.)
 
 
Julian si svegliò di soprassalto.
Gli era parso di vedere una figura, una persona per la precisione.
L’immagine era durata solamente una manciata di secondi, prima che si svegliasse d’improvviso.
Era un primo piano, una ragazza.
 Per quello che ricordava, gli parve all’incirca della sua stessa età.
Occhi neri,neri più di qualunque altra cosa. Dentro quegli occhi pareva di vedere la disgrazia, la cattiveria, l’inferno.
Capelli neri come il buio. Neri da spaventarti.
Non si ricordava altro, per sua fortuna.
L’immagine fu talmente forte da svegliarlo d’improvviso e farlo sospirare.
 
Julian aprì lentamente e paurosamente gli occhi.
Il cuore gli martellava nel petto.
Un sentimento di paura si dilatò nel corpo del ragazzo.
Alla sola vista di quella faccia, di quel primo piano, fece spaventare Julian come difficilmente poteva succedere.
Sperò che fosse solo un incubo;allora, sempre in preda al panico più totale, alzò la mano verso il comodino soprastante e prese il telefono.
Lo accese e controllò l’ora.
Le tre e undici minuti.
Era ancora notte fonda.
Decise di rimettersi a dormire e di cancellare completamente dalla mente quell’immagine apparsa un minuto prima.
Il destino però non volle così.
Chiuse gli occhi e si addormentò.
Qualcuno, evidentemente non voleva farlo dormire stanotte.
La stessa identica immagine gli si ripresentò davanti.
Riuscì a fissarla solamente per pochissimi secondi.
Tutto pareva identico all’incubo precedente, fino a quando non sentì una voce.
- Sto arrivando.-
Una voce femminile cupa, cattiva e minacciosa.
Prima ancora che Julian potesse pensare, agì il suo cervello per lui.
Un grido di paura gli uscì dalla bocca prima ancora che potesse tentare di fermarlo.
Aprì gli occhi.
Adesso capì di essere completamente in preda alla paura più totale.
La stanza era buia, la porta d’entrata socchiusa.
Il silenzio era mortale.
Sentì il sangue scorrergli nelle vene ed il cuore premergli fortissimo sul petto.
Tentò di alzarsi, voleva andare da sua madre, voleva cercare una qualunque compagnia. Tentò di alzarsi, ma si bloccò subito.
Aveva paura persino di appoggiare i piedi per terra, aveva paura che superando la porta, la ragazza dell’incubo potesse apparirgli davanti ed ucciderlo senza pietà.
Non passò minimamente nella testa di Julian l’idea di potersi difendere, gli tremavano le braccia e le gambe dalla paura, e poi non sapeva come difendersi.
Decise di fare una cosa che avrebbe potuto tranquillizzarlo:Accendere la luce.
Si voltò all’indietro verso il muro e gli prese il panico.
Si rigirò nuovamente verso la porta per paura che potesse arrivare qualcuno.
Niente, silenzio.
Velocissimamente, premette il pulsante per accendere la luce.
La luce non si accese.
Lo premette di nuovo, sperando di aver sbagliato, ma niente. Il pulsante non funzionava.
La luce rimase spenta, regnava il buio.
Adesso pensò di poter morire dalla stessa paura.
Non sapeva cosa fare, voleva andare da sua madre, ma allo stesso tempo temeva ad attraversare la porta.
Il telefono.
Poteva essere una fonte di luce, minore, ma sempre luce.
Lo prese con la mano destra, la sinistra era sotto la coperta.
Spento.
Il telefono si era spento dal nulla, senza un apparente motivo.
Era sottocarica, vi era il filo collegato.
Non era possibile.
Pensò e sperò di essere in un sogno.
Tutto questo non poteva essere reale.
Non bastò per tranquillizzarlo.
Furono momenti di paura totale, dove rimase immobile a fissare la porta d’ingresso, per quei momenti, momenti che si trasformarono in minuti, minuti che divennero ore.
Julian non seppe dire quanto tempo passò, seppe solo che il sonno stava riprendendo il sopravvento, sembrava tutto finito, pareva solo di essere stato vittima di un bruttissimo incubo, ma qualcosa lo fece ricredere.
Una voce, una voce femminile. La stessa della precedente.
- Julian! –
Era una pronuncia sottovoce, tanto da sembrare che volesse farsi sentire solamente da lui e non da nessun altro.
Era lì, era in casa.
Non poteva essere possibile.
Era rimasto sveglio tutta la notte, non aveva sentito un minimo rumore, solo adesso, quella voce.
Adesso non sapeva che fare.
Julian arrivò al punto di volersi uccidere da solo per non soffrire una volta che lei lo avrebbe trovato, ma non sapeva come uccidersi.
Allora, in mezzo alla paura più totale, decise di aspettare che il destino facesse la propria mossa.
Nel frattempo, si accorse di essere tutto sudato, dalla testa ai piedi.
Il panico lo aveva completamente distrutto.
Silenzio.
Silenzio più totale.
Nessuna voce
Niente.
Passarono minuti, forse ancora delle ore, fino a quando non sorse il sole.
 
Julian guardò la finestra e vide il sole, quel sole che per lui rappresentava salvezza, emettere i suoi primi deboli raggi.
Decise che era il momento di alzarsi, ormai era venuta la luce e non aveva più paura della ragazza dell’incubo.
Prese il telefono e controllò l’ora.
Vide che era ancora presto, ma non voleva dormire, anche perché non ci sarebbe riuscito.
Così si alzò dal letto.
Si incamminò verso la cucina, dove si sarebbe preparato la colazione.
I suoi genitori a quanto pare dormivano ancora.
Mentre camminava, cercava di distogliere il pensiero dall’incubo della notte precedente, ma non ci riusciva.
L’immagine di quella ragazza gli si presentava sempre davanti alla mente.
Julian arrivò in cucina, si preparò la colazione e mangiò.
La casa era ancora deserta e silenziosa, visto che i suoi genitori ancora dormivano e lui questa mattina doveva aspettarli per partire verso Salax, la città dove viveva sua nonna, e Julian sarebbe andato a vivere con lei.
Salax era una città più tranquilla di Tyre, le leggi imposte dai Cowboy erano minori e la pressione imposta per serietà e puntualità era decisamente scarsa. Nonostante avesse sul confine nord est la Foresta Nera, la città pareva anche più sicura agli attacchi nemici. La nuova cittadina era a qualche ora di viaggio in carrozza da Tyre.
Julian aveva deciso di trasferirsi a Salax in quanto nel paese attuale era sempre preso in giro dai ragazzi della sua età e totalmente inconsiderato da niente e nessuno.
Alcuni lo prendevano in giro perché a Julian piaceva molto leggere libri di fantascienza ed inventare storie, spesso aveva provato a scrivere racconti, anche solo per sfogarsi o per svuotare la fantasia che aveva dentro.
Il ragazzo non si vergognava minimante di questo, e ne parlava apertamente con tutti e tutto e in ogni situazione, cercava sempre di metterci in mezzo l’argomento libri.
Lui viveva la sua vita attraverso i libri, erano il suo passatempo, il suo divertimento, erano tutta la sua vita. A Julian non piacevano i passatempi comuni che i ragazzi frequentavano. Molti anche in tenera età già bevevano e si ubriacavano, ma a Julian questo non piaceva. Anche perché al compimento dei diciotto anni sarebbe iniziato il periodo militare fino a tempo indeterminato, per tutti, nessuno escluso. Quindi rovinarsi il fegato per passare il tempo non sembrava la cosa più giusta.
La vita di Julian, qua a Tyre, era diventata monotona e sempre più depressa, e lui non voleva diventare depresso, almeno non per colpa di qualche ragazzino stupido che lo prendeva in giro.
Allora aveva deciso.
Doveva iniziare quest’anno il periodo di istruzione strategica in guerra, che sarebbe durata per due anni, fino al compimento dei diciotto. E aveva deciso di iniziare il corso lontano da questo paese che per lui era un inferno, aveva deciso di ricominciare da zero, di farsi una nuova vita, se ci sarebbe riuscito.
I suoi genitori inizialmente non erano d’accordo, ma dopo che il figlio ha insistito fortemente per volere questo fatto, hanno concordato; seppure con molto dispiacere.
I genitori di Julian, Edgar, il padre e Susan, la madre, erano le uniche due persone al mondo che volevano bene al povero ragazzo.
Adesso, era costretto ad andare a vivere dalla nonna che non aveva mai conosciuto, non sapeva se era antipatica e cattiva o magari gentile e simpatica, però aveva deciso di rischiare, di vivere così si era stancato, questa non era vita.
Julian era oggetto di prese in giro e di sfogo per tutti.
Ogni cosa, qualunque cosa facesse, veniva sempre e comunque criticato dalla massa e sfruttato dai bulli per fare brutte cose.
Ma Julian aveva una cosa che nessun altro ragazzo al mondo aveva.
Aveva due occhi da far invidia a tutti, due splendidi e unici occhi viola.
Due occhi che nessun altro essere vivente al mondo poteva nemmeno minimante sperare di avere.
Nessuno spiega come fosse accaduto questo fenomeno, il ragazzo era stato più volte sottoposto a visite da vari medici in città, ma nessuno sapeva spiegare.
La maggior parte delle volte dicevano soltanto:
- E’ una cosa strana,ma non così tanto. Noi abbiamo gli occhi marroni, verdi o azzurri, mentre lui li ha viola.
Era una cosa scientificamente impossibile, in quanto nessuno dei parenti aveva avuto occhi come i suoi, e se vogliamo seguire la genetica, la cosa risulta impossibile.
L’unica spiegazione sarebbe quella che un parente lontanissimo di cui non abbiamo ricordi scritti, avrebbe avuto occhi come i suoi, e che la fortuna sia arrivata a lui adesso, saltando varie generazioni.
Julian non aveva mai pensato a questo fatto come un fatto strano e magari positivo, anzi si era abituato a pensare che fosse solamente sfortuna, come gli avevano ormai fatto pensare i ragazzi del proprio paese.
< Invidia> pensava a volte, ma poi si ricredeva nella realtà dura e crudele.
Per il resto Julian, statisticamente era un ragazzo di quindici anni, quasi sedici, come tanti altri, ma in realtà era un bellissimo ragazzo, ma incompreso da tutti :
Alto all’incirca un metro e sessantacinque, capelli biondi, biondi come la sabbia, lucenti come il sole. Era un ragazzo piuttosto snello, ma robusto quanto bastava.
Una corporatura media, ideale.
Si vestiva molto spesso bene, andava a scuola quasi sempre con camicia a quadri verdi e neri, il classico vestito degli abitanti di Tyre, solo che non tutti potevano permetterselo, e questo era anche un altro motivo per cui la maggior parte dei ragazzi lo prendeva in giro. Solitamente indossava poi un paio di Jeans bianchi, bianchi da far invidia a chiunque. Pochi ragazzi potevano vantare di avere lo stile di Julian.
La maggior parte dei ragazzi, in realtà era invidiosa di Julian, e per non farlo vedere, lo deridevano e lo prendevano in giro, ma lui era un ragazzo dal cuore d’oro e parecchio timido, un ragazzo che non farebbe del male a niente e nessuno.
Per questo, nonostante molti lo prendessero in giro, lui lasciava perdere e faceva finta di non sentire.
Molte ragazze, vedeva che lo squadravano da testa a piedi, e che restavano incantate, ma poi non facevano altro che unirsi al gruppetto dei bulli prendendolo in giro, o cose simili.
Ma a Julian non interessava più niente di loro adesso, adesso sarebbe andato via.
Aveva deciso che si sarebbe approcciato in modo diverso all’ambiente che doveva conoscere.
Sperava di fare nuove amicizie, amicizie con cui avrebbe trascorso il resto della vita.
Le prese in giro dovevano finire, la brutta vita doveva finire.
Adesso sarebbe dovuta arrivare la bella vita, il divertimento.
 
Julian, dopo aver fatto colazione, si stese sul divano vicino al tavolo, prese il libro che attualmente stava leggendo, e iniziò a leggere.
Lesse per circa trenta minuti, dopo di che si svegliò sua madre.
Sua madre fu sorpresa che, al risveglio Julian fosse già alzato dal letto.
Susan spalancò gli occhi e fece qualche smorfia strana prima di parlare:
- Che ci fai già sveglio Julian? Mi aspettavo dormissi ancora, sono appena le sette..-
Che cosa doveva fare adesso Julian? Mentire o dirgli la verità? Gli doveva dire che aveva avuto un incubo e che questa notte forse c’è stato veramente qualcuno in casa loro?
Diceva sempre la verità ai genitori, nel bene o nel male, per cui decise di farlo anche stavolta, nonostante sua madre lo potrebbe prendere per pazzo o per matto da legare.
Ci pensò un po’, poi chiuse il libro dopo aver piegato la pagina a cui era arrivato, che gli cascò l’occhio, era la trecentoundici.
Al vedere quel numero gli prese un colpo, stanotte le tre e undici e adesso la pagina trecentoundici.. che cosa significava?
Decise di rispondere a sua madre, magari sapeva qualcosa.
- Mamma..ho avuto un incubo stanotte.-
Al sentire queste parole sua madre si spaventò.
Strano, perché di solito non succedeva mai, invece stavolta si spaventò, lo vide dagli occhi e dall’improvvisa faccia che fece.
- Che genere di incubo? – rispose lei tutta affrettata.
Julian fece un sospiro e poi iniziò a raccontare, gli raccontò tutto dell’incubo, dall’inizio alla fine, e del pensiero che secondo lui c’era veramente qualcuno in casa, ieri notte.
Dopo che ebbe finito di spiegare, aspettò in silenzio la risposta di sua madre, che invece, se ne restò in silenzio impalata per qualche secondo.
Alla fine si decise a parlare, ma la sua non fu una risposta alla storia di Julian, bensì un affermazione.
- Vado a svegliare Edgar, ci aspetta un viaggio lungo ed è meglio partire al più presto. –
Detto questo, si voltò senza aggiungere altro, ed andò a svegliare il padre di Julian.
A Julian pareva strana tutta questa cosa, dall’incubo a adesso sua madre che rispondeva in quel modo.
C’era qualcosa di strano sotto, ne era più che sicuro.
Mentre aspettava, si mise a leggere ancora il suo libro, ma prima ancora che potesse leggere, sentì la voce di sua madre che parlava probabilmente con suo padre.
- Edgar dobbiamo dirglielo! Non possiamo lasciarlo nell’oscurità totale per il resto della sua vita..non sappiamo a che cosa lo condurrà.
Suo padre rispose. La sua voce era ancora addormentata, si sentiva bene che era in tono debole e calmo.
- Non possiamo, Susan. Per quanto sia di nostro volere accennargli qualcosa, ci è proibito dalle Antiche Leggi. E sai cosa succede se non le rispettiamo?
Nessuno dei due rispose, vide sua madre avvicinarsi alla porta della camera.
Lei vide il figlio che la osservava con uno sguardo perplesso.
Invece di parlare e dirgli qualcosa, chiuse la porta e Julian non vide e sentì più niente di quello che si dissero i due.
Julian era molto preoccupato, non sapeva minimamente il significato di quelle parole e non sapeva come reagire. Per questo fece finta di niente.
“La verità verrà a galla” pensò.
Passò molto tempo, non seppe dire quanto con precisione, ma molto.
Dopo di che uscirono dalla camera entrambi insieme e dissero a Julian di prepararsi, in quanto sarebbero partiti adesso.
Julian annuì senza rispondere, andò nella sua camera e prese i vestiti che aveva lasciato fuori dalla valigia per indossarli questa mattina.
Pantaloni lunghi Jeans, neri scuri. Camicia a quadratini blu e bianchi e giacchetto.
Si aggiustò i suoi capelli biondi, uno sguardo allo specchio e pronto a partire.
Prese la valigia e tutte le cose che doveva portare via, uscì da quella che fino ad oggi era la sua casa, e salì in macchina.
Si mise nel posto dietro sulla destra.
Davanti c’erano i suoi genitori.
Inizialmente il viaggio fu silenzioso, poi fu suo padre a parlare.
- Allora, sono le otto precise, penso che quindi per le due di pomeriggio dovremmo essere arrivati, se non prima.- 
Nessuno dei due rispose.
Fu un viaggio silenzioso, i tre si scambiarono qualche parola di rado, ma senza mai sviluppare un discorso completo.
Passarono i minuti, passarono le ore.
 
Quando ormai mancava poco all’arrivo a destinazione, sua madre dette informazioni sulla sua nuova casa a Julian.
- Allora Julian, Da oggi vivrai con tua nonna, come hai scelto.
Tua nonna, Lucinda, ha sessantadue anni e vive con la figlia del fratello di suo cugino.-
Julian non capì cosa significasse l’ultima frase e rispose.
- Eh? –
Poi scoppiò a ridere. Anche sua madre rise, e contagiò anche suo padre.
Quello fu l’unico momento di gioia in macchia durante tutto il viaggio.
Il resto tutto cupo, buio. Da dopo la storia dell’incubo Edgar e Susan erano cambiati.
Sua madre tentò di rispiegargli.
- Allora ci provo con calma a spiegartelo.
Tua nonna Lucinda ha un cugino, Thomas.
Thomas non ha avuto figli né mogli nel corso della sua breve vita, solamente un fratello, Simon.
Simon ha avuto una figlia con Zoe, che è morta durante il parto. La figlia si chiama Arianna. Adesso hai capito?-
Disse sua madre, col sorriso sulle labbra.
Julian aveva capito, solo che gli restava una sola perplessità.
- Perché Arianna vive con Lucinda e non con la sua famiglia?-
Susan si fece improvvisamente seria, tolse il sorriso sulle labbra che aveva fino ad adesso.
- Dopo che morì Zoe dopo il parto, Simon cadde in una depressione bruttissima, non uscì più di casa e non parlava con nessuno, solo con suo fratello Thomas.
La figlia Arianna, risentì di tutto questo, e crebbe con la depressione fin da molto piccola, non parlava mai, e questo gli è rimasto anche adesso.
Poi accadde la tragedia.
Simon era a lavoro, e chiese a suo fratello Thomas se gli faceva il piacere di andare a prendere Arianna all’asilo.
L’asilo è qualche kilometro vicino al paese.
Così Thomas accettò e andò a prenderla con la macchina.
Durante il viaggio di ritorno successe quello che non sarebbe mai dovuto accadere.
Una questione di precedenze, un pirata della strada. (A mezzogiorno era già ubriaco marcio, come hanno dimostrato i test avvenuti in successione.)
Il pirata non rispettò uno stop ed andò a sbattere dritto contro la macchina di Thomas.
Lo scontro doveva avvenire frontale, e lì avrebbero rischiato la vita entrambi.
Ma Thomas fece un gesto eroico che gli costò la vita.
Non appena capì cosa stava per succedere, in una frazione di secondo girò completamente lo sterzo verso la parte dell’autista, ovvero lui.
La macchina colpì solamente la parte sinistra.
Thomas fece da scudo ad Arianna, gli si buttò sopra coprendola totalmente.
Lei rimase illesa, lui morì sul colpo.
Ritrovarono qualche minuto dopo il corpo di Thomas morto sul momento sopra ad Arianna senza nemmeno un graffio, che piangeva dalla paura.
Gli salvò la vita, facendosi prendere la sua.
Non appena Simon seppe l’accaduto perse il cervello.
Non poteva supportare di vivere senza la sua adorata moglie Zoe e senza l’unica persona che gli era rimasta, Thomas.
Il giorno successivo all’incidente, dopo che Arianna fu stata dimessa dall’ospedale senza nemmeno un minimo sbuccio, Simon lasciò un biglietto sul tavolo della cucina.
Le parole scritte sono sconosciute a noi, le sa solo tua nonna.
Tutto quello che sappiamo adesso è che Simon scomparve, nessuno ritrovò il suo corpo. Non sappiamo ancora se è vivo o morto.
Tua nonna Lucinda si prese cura di Arianna.
Fino ad oggi.-
 
A Julian scese una lacrimuccia.
Una storia tristissima.
Si sviluppò una specie di dialogo successivo, fino a quando non chiese un’ altra cosa importante.
- Ma Lucinda non ha avuto un marito, e figli?- Julian era perplesso.
- Tua nonna è piena di misteri, figliolo. Non ne sappiamo niente. –
Fu suo padre a rispondergli, fino ad adesso si era astenuto dal discorso.
- Invece Arianna com’è adesso?-
Domandò Julian, in fondo doveva passarci il resto della vita insieme, voleva saperlo.
Non ebbe risposta, bensì un affermazione di sua madre.
- Siamo arrivati, finalmente! – esclamò sua madre, a cui era finalmente tornato il sorriso.
  
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