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Autore: Bay24    23/01/2014    8 recensioni
E' il 10 aprile 1912 e Thad Harwood sta per salire sul nuovo transatlantico della White star line, il Titanic . Insieme a lui il suo signore Sebastian Smythe e la giovane moglie di lui, Lady Santana Lopez. Quel viaggio non è solo la luna di miele di Lord Sebastian e Lady Santana ma è anche il viaggio che separa Thad dalla sua nuova vita e libertà. Arrivato in America, infatti, dirà addio a Sebastian, suo amante segreto da anni ormai. La notte del 14 aprile però qualcosa di spaventoso succede e tutti gli equilibri che sembravano già prestabiliti subiscono una brusca metamorfosi.
Riuscirà il sogno di un amore a superare la forza del destino?
Genere: Angst, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Santana Lopez, Sebastian Smythe, Thad Harwood | Coppie: Blaine/Kurt, Santana/Sebastian, Sebastian/Thad
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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PICCOLA PREMESSA: La notte in cui il vero Titanic si inabissò finirono in acqua 1518 persone.  Più della metà dei passeggeri della nave.
Molte facevano parte  della seconda e della terza classe e dell'equipaggio, ma non solo.   
Il capitolo che segue è il mio personale racconto di quella notte.  Volutamente si concentra soprattutto sui protagonisti della mia storia, ma altrettanto volutamente riporta anche fatti realmente accaduti quella notte.
E' angst  gente, e  non fa sconti a nessuno. Siate preparati.
Perché questa è solo una storia, è vero. Ma il Titanic non lo è.
BUONA LETTURA! 


       
   


                                                                                            03. La notte delle lacrime.







Sebastian si sentiva strano.
Si muoveva come su di una nuvola. I rumori intorno a lui erano tutti ovattati e lontani. Le risate, gli uomini che chiedevano altro brandy al personale di bordo, le donne che cinguettavano spettegolando su quella o quell'altra donna uscita ancora in camicia da notte dalla cabina, mentre fuori al freddo altri uomini stavano preparando le scialuppe da mettere in acqua.

"Restate dentro. Per voi qui fuori è troppo freddo e rumoroso. Verremo a chiamarvi quando saremo pronti per farvi salire a bordo delle scialuppe" aveva detto uno di loro a Sebastian quando aveva cercato di far uscire Santana e Brittany per imbarcarle.

Si comportavano come se non ci fosse alcuna fretta. Come se ci fosse stato spazio per tutti.
Ma Sebastian sapeva che non era così.
E se lo sapeva lui dovevano ben saperlo anche loro, no? Eppure sembravano così calmi e composti. Al momento, almeno.

Per un attimo si ritrovò a pensare anche lui che non fosse così grave come aveva creduto. Ma no, non era possibile. Aveva visto la faccia di Kurt e sapeva cosa vi aveva scorto: terrore puro.

Anche Santana era calma. Se ne stava seduta su una panca a parlottare fitto con Brittany e di quando in quando le due donne si lasciavano scappare una risatina complice. Thad invece percepiva il suo umore, sentiva su di sé il suo spavento, anche se Sebastian faceva di tutto per tenerlo nascosto, e ne sembrava preoccupato.
Ancora non aveva avuto il coraggio di dirgli la verità, però. Ogni volta che Thad gli chiedeva: "Cosa succede, dimmelo" lui fuorviava il discorso spostandolo su argomenti più neutri.

Da quando Kurt lo aveva avvertito di sbrigarsi,  Sebastian non aveva fatto altro che mentire a Thad. Anche quando lo aveva trascinato con sé a cercare Santana, lo aveva fatto inventandogli che aveva bisogno di lui al suo fianco per calmare la donna in caso si fosse spaventata, visto che lui non era molto capace e Thad invece aveva una gentilezza innata che faceva subito tranquillizzare tutti.
L'atro lo aveva seguito di malavoglia dato che di sicuro il benessere di Santana non rientrava nelle sue priorità. Ma a ordine diretto non aveva detto di no.
Sebastian si odiava quando dava comandi a Thad come fosse un suo normalissimo dipendente e basta. Ma  non voleva lasciare il suo fianco  nemmeno per un minuto. Non voleva perderlo di vista. Non voleva rischiare di... Dio, era difficile persino da pensare.

Avevano trovato Santana nella cabina di Lady Pierce, come Sebastian si era aspettato, e quando le avevano detto cosa era successo, usando termini semplici e poco allarmisti, la donna si era detta certa che fosse solo uno scherzo. Quando però il personale della nave aveva bussato allo loro porta  per far indossare loro il salvagente e farli salire sul ponte, scocciata dal contrattempo,  aveva seguito Sebastian e Thad nel salone principale senza fare ulteriori storie.
Non sembrava molto più preoccupata di quanto lo sembrassero gli altri. Sebastian aveva sentito un gruppo di giovinetti addirittura dirsi certi che fosse  solo una stupida esercitazione. L'ombra dell’iceberg contro cui avevano impattato era ben visibile anche dagli oblò adesso che le luci del Titanic lo illuminavano, ma nessuno sembrava credere possibile che ne fosse uscito sconfitto il transatlantico.
Il Titanic era una nave inaffondabile. E loro erano tutti privilegiati. Tale sfortuna non era contemplata nel loro mondo.

Questa convinzione si era rafforzata quando la banda di Wallace Hartley era entrata nel salone centrale e aveva preso a suonare dando a tutti ancor di più l'idea che niente di grave stesse accadendo.
Sebastian aveva osservato Anderson  posizionarsi con tutti gli altri al suo posto e imbracciare il suo violino che aveva preso a suonare con brio. Non sembrava preoccupato, eppure nei suoi occhi non c'era la luce che Sebastian vi aveva sempre scorto.
Stava pensando a Kurt? Probabilmente.
A differenza di lui, a Blaine non era concesso restare vicino al suo uomo in quel momento, e Sebastian nemmeno voleva immaginare quanto fosse difficile per lui.  

Mezzora dopo, circa, da quando erano saliti nel salone, uno degli ufficiali venne a chiamarli chiedendo loro di procedere ordinatamente sul ponte per essere imbarcati. Il fumaiolo non mandava più quell'orribile suono che aveva imperversato per tutto il tempo delle manovre degli uomini di bordo sulle scialuppe e fuori, a parte il freddo, sembrava una normale serata come tante altre.
Si vedevano anche un po' di stelle.

"Per favore, per adesso chiediamo che solo donne e bambini si facciano avanti. Gli uomini saliranno su altre scialuppe a breve" disse uno degli ufficiali e la cosa fu accolta da un chiacchiericcio divertito da parte degli uomini che presero a far salire le loro dame a bordo con allegria, concedendosi scherzi come se nulla fosse.
Sebastian, che una cosa simile se l'era aspettata,  portò più avanti Lady Pierce perché fosse imbarcata insieme a Santana, che stava parlottando con uno degli altri ufficiali.  Thad era rimasto indietro per non intralciare il passaggio, ben sapendo che per lui su quella scialuppa non ci sarebbe stato posto neanche se fosse stata aperta  agli uomini.

"Brittany" disse a un tratto Santana tornando vicino a Sebastian. "La signora Brown dice che in queste scialuppe al momento c'è posto solo per i passeggeri di prima.  Perché non scendete di nuovo in cabina e  ve ne state per un po' davanti al fuoco? Sono certa che vi imbarcheranno a breve ma nel frattempo non dovreste stare fuori a prendere freddo. Siete delicata, e oggi fa molto freddo. Sebastian si occuperà di voi, vero caro?" chiese poi voltandosi verso il marito.

Lui non credeva che quella fosse una buona idea ma non aveva tenuto di conto, neanche aveva immaginato a dirla tutta, che gli ufficiali sarebbero stati così fiscali in un momento simile. Eppure li vedeva mandare via le dame di compagnia e le cameriere delle signore che imbarcavano.
Persino in un momento simile continuavano a seguire le loro sciocche regole.
"Sì, Lady Pierce, tornate in cabina. Verrò a chiamarvi non appena ci sarà una scialuppa per voi" disse quindi. In quel momento gli premeva far salire Santana su una di quelle barche per metterla in salvo. E di sicuro avrebbe fatto in modo che anche Brittany salisse su una scialuppa dopo.

La donna lo ringraziò e voltandosi si diresse di nuovo all'interno del Titanic. Era tranquilla e sembrava grata di non dover restare ancora tanto fuori al freddo.
Intanto Santana, dopo aver salutato Sebastian con un bacio casto sulle labbra, si fece aiutare da uno dei marinai a salire sulla scialuppa. Appariva ancora scocciata per quel contrattempo ma c'era anche una lieve nota divertita nei suoi occhi.

Sebastian sapeva che tutto quello stava diventando un’avventura per lei.
Avrebbe voluto avere quella stessa beata ignoranza anche lui.

A un tratto uno degli uomini, Jonhs si chiamava se non ricordava male, uno degli inservienti addetto al suo piano comunque, gli si avvicinò con fare sospetto e, tirandolo da una parte, gli disse:  "Hummel si trova nel lato est, vicino alla poppa. Dice che c'è una scialuppa per voi e un certo Harwood da quella parte, se vi dirigete lì."
Sebastian lo ringraziò tirando fuori dal panciotto qualche dollaro. Persino in quel momento la sua educazione vinceva su tutto.

Voltandosi verso il punto dove aveva lasciato Thad ad attendere gli si avvicinò per riferirgli la notizia. Thad però non la accolse come si era aspettato che avrebbe fatto.
"Dovresti dirigerti lì e salire su quella scialuppa, allora" disse infatti con tono nervoso. Appariva preoccupato e ansioso mentre si guardava intorno, e  Sebastian temeva che stesse cominciando a capire quello che stava succedendo e come stavano davvero le cose.

"Noi. Noi saliremo su quella scialuppa. Hummel ha un posto anche per te" precisò.
Era lui che lo aveva obbligato a salire su quella nave per paura di perderlo. Era lui che lo aveva obbligato a seguirlo in quella luna di miele. Per niente al mondo lo avrebbe lasciato da solo là sopra, anche se Kurt gli avesse assicurato di trovare un posto per lui in un’ altra scialuppa subito dopo.

"Io non scendo, Sebastian. Non adesso almeno" lo freddò però Thad prendendo a dirigersi verso il ponte A, che era dalla parte opposta rispetto a dove si trovava Kurt.

"Che intendi dire?" gli chiese Sebastian seguendolo.

"Dio, volevo aspettare che fossi salito su una delle scialuppe per fare qualcosa. Essere certo che non avresti avuto idee stupide, tipo seguirmi."

"Seguirti dove?" gli chiese ancora Sebastian prendendolo per un polso e fermando la sua fuga.

Thad si voltò verso di lui e dopo aver sospirato pesantemente disse: "Ho sentito uno degli uomini dire che hanno chiuso i cancelli di terza per impedire a quella gente di venire su. Questa nave sta per affondare e sì, lo so, perché non sono uno stupido e ho capito le parole di Hummel anche se tu fai di tutto per tenermi all'oscuro. Ti rendi conto? Persino in questo momento sono attaccati alle loro sciocche regole e le loro classi. Ma lo squarcio riguarda zone della nave che comprendono i ponti di terza e laggiù  adesso deve essere un inferno.  Devo scendere e aiutare quella gente, Sebastian. Ho sicuramente tempo prima che cominciano a imbarcare quelli di seconda classe, e là sotto ci sono i miei amici ."

"Di chi stai parlando?"

"Danny e Raul. E Fabrizio" rispose Thad con tono esasperato e Sebastian capì.  Oh, giusto. I suoi cari amici. Il suo caro Fabrizio.

Un rabbia improvvisa montò dentro di lui e prima che se lo potesse impedire quella rabbia divenne paura e la paura, parole. "Sei innamorato di quel ragazzo, Thad?" chiese con enfasi.

"Oh Dio! Non ci credo" sussurrò Thad cercando di liberarsi dalla presa dell'altro ma Sebastian non intendeva lasciarlo andare.

"Mi stai dicendo che vuoi sacrificare la tua salvezza per lui. Perciò rispondi" esclamò poi con durezza.

"No, non lo amo va bene? E' solo un amico. Un buon amico. Io amo te, stupido presuntuoso. E adesso lasciami" urlò Thad attirando l'attenzione di alcuni uomini che stavano passando lì vicino per dirigersi verso altre scialuppe e riuscendo a liberarsi dalla stretta di Sebastian. "Non è il momento di essere gelosi" sentenziò poi con tono più pacato.
Aveva ragione, Sebastian lo sapeva bene, ma era stato più forte di lui. Lui possedeva case, poderi, fabbriche, compagnie, addirittura negozi e ristoranti. Ma era Thad  il suo bene più prezioso. L'unico che davvero gli premesse possedere.

E non era neanche possesso.
Era bisogno. Puro e semplice bisogno.

Aveva paura di vederlo andare via. Aveva paura che altri uomini vedessero quello che aveva visto lui, innamorandosene perdutamente. Ancora di più temeva che lo stesso Thad avrebbe presto scoperto di aver diritto ad avere molto di più di quello che Sebastian poteva offrirgli.
E quella sera doveva separarsi da lui lasciandolo su quella nave? Non poteva farlo. Thad non poteva chiederglielo.

A un tratto l'altro prese la sua mano e la strinse forte tra le sue. Era l'unico contatto che fosse loro concesso in quel momento su quel ponte, lo sapeva, ma quella stretta gli stava trasmettendo tutto l'amore dell'altro lo stesso. "Sali su quella scialuppa, Sebastian. Ti prego, io starò bene" gli sussurrò poi Thad, e detto questo lasciò la presa sulla sua mano e corse via.

Sebastian lo osservò per alcuni secondi rimanendo immobile. Ma nemmeno per un attimo pensò di fare quello che Thad gli aveva chiesto.
Aveva fatto una promessa anzitutto a se stesso. Non sarebbe sceso da quella nave senza Thad.
E l'avrebbe mantenuta, pensò correndogli dietro.





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Thomas Andrews, progettista del Titanic e suo passeggero, aveva fatto dei calcoli dopo l'impatto con l'iceberg, durante i quali era venuto fuori che non solo il Titanic era destinato ad affondare ma che  la nave ci avrebbe messo due ore al massimo a inabissarsi.
I calcoli si rivelarono esatti.

Mezzora dopo l'impatto, quando ormai i passeggeri erano stati tutti svegliati e gli ufficiali Murdoch e Wilde avevano  già messo al lavoro i loro uomini sulle scialuppe, la nave aveva già imbarcato acqua sufficiente a causarne la progressiva, anche se ancora non evidente, inclinazione dal lato della prua.

Le paratie stagne continuavano incessantemente a espellere acqua ma non abbastanza velocemente per evitare che  vari scompartimenti venissero  allagati.  Mentre questo succedeva, la nave soccombeva al peso dell'acqua al suo interno.

L'equipaggio sapeva che bisognava assolutamente evitare di diffondere il panico per quanto al momento la situazione non sembrasse ancora pericolosa. L'unica cosa fuori posto infatti era il terribile sibilo del vapore che fuoriusciva dai fumaioli, attivati onde impedire lo scoppio delle caldaie contenute negli scompartimenti già allagati, che comunque ben presto fu ridotto.  Così faceva di tutto per dare l'impressione che niente di grave stesse per succedere.

I passeggeri comunque non stavano capendo. Nemmeno immaginavano il grave disastro a cui stavano andando incontro. Non indossavano i salvagente anche se era stato richiesto loro di farlo, e molti perdevano tempo a  giocare con i pezzi dell'iceberg che si trovavano sul ponte di prua, o a cercarne di "carini"da usare  come souvenir, o canzonavano chi indossava il salvagente e mostrava segni di ansia.

Quando l'orchestra verso le 24.20 si posizionò nel salone di prima classe per suonare, molti di loro si misero addirittura a ballare con il proprio marito o la propria   moglie.
 
La prima scialuppa fu calata in mare quasi  un’ora dopo l'impatto, e cioè alle 00.40. Aveva solo 28 persone a bordo per una capacità di 65 passeggeri. Poco dopo ne fu calata un’altra che al suo interno aveva solo 12 persone.
Gli ufficiali, preoccupati che le scialuppe non reggessero il peso, le mandavano in acqua praticamente vuote, sprecandone così quasi  la metà.

Era solo l'inizio di quella che sarebbe stata una vera tragedia.




                                                                                                           XXXXX




Thad era nervoso.
Non aveva preventivato che Sebastian lo seguisse  e si sentiva un idiota totale per questo. Conosceva l'uomo, sapeva che se si metteva in testa qualcosa nessuno poteva fargli cambiare idea e, per qualche motivo, adesso aveva deciso  di non lasciare la nave se  non quando Thad fosse   salito con lui su una scialuppa.
Era una responsabilità enorme per Thad.

Eppure anche quello che stava facendo era importante e andava fatto e non poteva semplicemente ignorare tutto  per assicurarsi che Sebastian si mettesse in salvo.
Al tempo stesso, lui non poteva mettersi in salvo se prima non sapeva che anche Fabrizio e gli altri avrebbero avuto almeno una chance per farlo.
Non capiva il senso del resto: perché chiudere i cancelli di terza? Perché condannare volutamente quegli uomini a rischiare la vita?

Fino a quel momento  però non erano stati molto fortunati.
Avevano già trovato due cancelli che conducevano al ponte di terza classe ed erano entrambi chiusi con guardie e addetti della nave a tenerli d'occhio. Thad aveva cercato di parlare con loro e quando questo non era stato sufficiente anche Sebastian si era fatto avanti forte del suo buon nome, ma nessuno aveva dato loro ascolto.

"Perché fanno questo?" aveva chiesto a un certo punto esasperato Thad a Sebastian mentre cercavano di raggiungere l'ennesimo cancello.

"Immagino siano stati ordini del capitano" tergiversò Sebastian che continuava  a seguirlo senza protestare più di tanto.
 
"Smith mi era sembrato un uomo più umano di così" lo accusò Thad, la voce resa acuta da una rabbia quasi incontenibile.
Aveva visto i volti dei passeggeri di terza al di là di quei cancelli. La paura che si mischiava alla speranza che fosse finalmente  giunto qualcuno che avrebbe dato loro la possibilità di salvarsi.  Thad si era sentito male nello scoprire che non poteva fare nulla invece.

"Lo è. Perlomeno la sua lunga carriera suggerisce questo,  ma stavolta non credo dipenda solo da lui. Ci sono più di 2000 passeggeri su questa nave. Se li facesse salire tutti insieme sarebbe il caos e l'equipaggio non potrebbe aiutare nessuno." Disse Sebastian, ma Thad capì che mentiva perché non lo guardava in viso mentre parlava bensì un po' ovunque. E Sebastian lo faceva solo quando gli diceva bugie. Lo aveva fatto anche quando gli aveva detto che avrebbe dovuto sposare Lady Lopez ma che per loro nulla sarebbe cambiato. Ben sapendo che invece tutto sarebbe cambiato.

E stava per chiedere cosa gli stava nascondendo quando Thad avvistò un altro cancello che conduceva alla terza classe e vi  corse incontro. A differenza degli altri non c'era nessuno davanti  a questo però, e la cosa risultava strana.
Ma poco male perché come gli altri anche questo era chiuso.

A un tratto la rabbia che Thad sentiva dentro esplose. Si avventò sul cancello cercando di aprirlo mentre urlava improperi di ogni tipo.
Non aveva ancora visto né Fabrizio né gli altri e cominciava ad esserne preoccupato.
E non era solo quello. Perché più tempo lui passava su quella nave, più ce ne passava Sebastian e quel senso di terrore stava ancora attanagliando il suo cuore.

Sebastian svelto lo prese per le spalle cercando di calmarlo e Thad si voltò spingendolo lontano con forza.
"Cosa diavolo ci fai ancora qui tu? Sali sulla tua scialuppa e vattene!" inveì contro di lui cieco di rabbia.

"Non posso, Thad. E anche se potessi non lo farei. Non ti lascerei qui" ripeté Sebastian e Thad cominciava a non poterne più. Non intendeva suicidarsi e sarebbe sicuramente salito su una scialuppa quando fosse toccato ai passeggeri di seconda classe. Perché Sebastian ne era spaventato quindi?
"Cosa è che non mi dici?" chiese così Thad quasi urlando perché anche quella situazione con Sebastian lo stava innervosendo.
 
L'altro però cominciò a scuotere la testa come se non intendesse rispondere a quello e  gli fece segno di continuare a camminare. "Ci saranno altri cancelli più avanti  se vuoi controllarli. Sbrighiamoci."

"Sebastian, non mi muovo se non mi dici cosa ti prende" disse ancora Thad ormai convinto che fosse successo qualcosa di grave.

A quella domanda Sebastian si fermò e si portò le mani alla testa come se provasse un grosso dolore e chiudendo gli occhi rispose: "Non ci sono abbastanza scialuppe, Thad."

"Cosa, cosa vuol dire questo?" sussurrò Thad che davvero non afferrava il senso di quelle parole. Che voleva dire che non c'erano abbastanza scialuppe? Santo Dio, quella nave era il nuovo gigante dell'oceano, la nave più lussuosa creata fino a quel momento, una nave che conteneva una palestra, un caffè, un ristorante, una chiesa  e le cabine tra le più grandi e lussuose mai viste… e non aveva scialuppe sufficienti per salvare i suoi passeggeri? Era assurdo.

"Kurt me lo ha detto quando mi ha fatto fare il giro turistico della nave" precisò allora Sebastian come leggendo il suo stupore nel suo viso. "Le scialuppe avrebbero dovuto essere 36 ma la White Star ha richiesto la rimozione di 16 di esse perché rovinavano l'estetica del ponte, e adesso ne restano solo poco più della metà. Non possono salvare tutti Thad, credo sia per questo che hanno chiuso i cancelli di terza. Credo che li stiano volutamente sacrificando. Ed è... terribile."

E lo era, lo era veramente.  Non solo per quello che le parole di Sebastian implicavano per i suoi amici, ma anche e soprattutto per quello che significavano per lo stesso Sebastian.
"Mi stai dicendo che neanche tu... potrai salire su una scialuppa se... se quando saliremo non...." ma Thad non continuò la frase mentre un’enorme bolla di spavento esplodeva dentro di lui, immobilizzandolo. Non aveva mai contemplato l'idea che Sebastian non si salvasse. Aveva sospettato che potesse succedere a lui, certo, ma non a Sebastian. Ed era tremendo sapere che l'unica possibilità di mettersi in salvo che forse aveva avuto era stata accantonata per seguire lui.

"Penso che Kurt mi darà una mano, ma non è sicuro, no" rispose comunque Sebastian, risultando più calmo di quanto lo stesso Thad si sentisse in quel momento.

"Perché mi sei venuto dietro?"

"Lo sai perché. Pensi davvero che avrei potuto lasciarti qui sapendo quello che so, Thad? Voglio che tu sia con me quando salirò sulla scialuppa. Non ti lascio qui. "

"Allora perché non me lo hai detto subito, perché non mi hai impedito di fare lo stupido?"

"Perché ti saresti sentito in colpa dopo. Diavolo, io stesso mi sento in colpa dopo aver visto le facce di quelle persone. Il tuo lato compassionevole e altruista è ciò che di te più amo e non potrei mai farti una colpa di aver voluto provare a salvare i tuoi amici, Thad. "

"Ma tu stai rischiando per questo, e io non posso accettarlo, Sebastian. Non avrei mai voluto questo e se lo avessi saputo sarei salito su quella scialuppa subito, pur di sapere che anche tu eri in salvo."

Sebastian si lasciò andare a una risatina triste a quelle parole e poi sussurrò: "Sembra che non riesca ad essere egoista quando dovrei esserlo, eh? Scelgo sempre il momento sbagliato."

"Oh Sebastian" disse Thad e poi si avvicinò a lui per poterlo abbracciare. Fu in quella posizione, stretto al corpo caldo e forte dell'altro che chiese: "Il Titanic affonderà davvero, eh?"
Era una domanda che gli girava in testa dal momento dell’impatto con l'iceberg. Benché avesse sentito Hummel infatti, un piccolo dubbio lo aveva avuto vedendo come si comportava l'equipaggio della nave. Tranquillo, estremamente tranquillo. Troppo per un rischio elevato come quello.

"Sì, hai sentito Kurt: niente lo potrà impedire" gli rispose Sebastian ricambiando quell'abbraccio con trasporto.

"Dovremo uscire di qui" sentenziò così Thad staccandosi da lui.

"Non vuoi più cercare i tuoi amici?"

"Non se tu rischi..." cominciò a dire Thad, ma Sebastian lo interruppe posando un dito dolcemente sulle sue labbra.
"Sono i tuoi amici. E non ti perdoneresti se li abbandonassi qui,  e io non perdonerei me stesso se te lo lasciassi fare. Siamo insieme Thad ed è questo quello che conta, e  fino a che lo resteremo io non avrò paura. Andiamo?" chiese poi porgendogli la mano che Thad con un sorriso prese subito tra le sue.

Sebastian non poteva sapere allora, sepolto dentro lo scheletro della nave, quello che la gente fuori stava cominciando appena  a capire.
Il Titanic stava affondando davvero molto rapidamente. Troppo, per una nave di quella stazza.

Mentre Thad e Sebastian riprendevano, mano nella mano, a cercare i cancelli che conducevano in terza, la prua si stava lentamente  inabissando e l'oceano invadeva sempre più scompartimenti.
Dal cancello davanti a cui erano appena stati, presto prese a uscire molta acqua che si riversò anche in quei corridoi salendo sempre di più. Il motivo per cui nessuno era stato lì davanti infatti, era che quella zona della nave era già perduta.
Lo scheletro di ferro del Titanic, che soccombeva sotto il peso della marea sempre più crescente, mandava il suo lamento ovunque ed era terribile.  

Thad e Sebastian trovarono Fabrizio e gli altri davanti al quarto cancello, e stavolta a differenza delle altre,  Sebastian riuscì a farsi ascoltare dall'agitata  guardia e a farglielo aprire.
Lui e Thad poi cominciarono a guidare i pochi passeggeri che erano stati davanti a quel uscita in quel dedalo di corridoi. Thad li conosceva un po' meglio, ma era comunque difficoltoso destreggiarsi.
Senza l'ausilio degli ascensori che ormai non scendevano e salivano più e con le poche vie di accesso alla prima classe e ai ponti lasciate aperte risultò un lavoro complicato e assai difficile, anzi.
Fecero molti giri e molti risultarono a vuoto e una volta si ritrovarono in una zona completamente allagata tanto che dovettero tornare indietro.

Quando riuscirono a salire in prima classe fu considerevolmente più facile da lì uscire poi sui ponti.
Ma quando ci arrivarono si trovarono davanti a uno spettacolo che non si erano aspettati.

Lì fuori adesso era il caos.





                                                                                                               XXXX





Alle 1.30, quasi due ore dopo la collisione, il Titanic aveva imbarcato almeno 25 milioni di litri d'acqua e la prua era già completamente sommersa, mentre la poppa restava fuori dall'acqua  continuando pericolosamente a inclinarsi verso il cielo.
Era chiaro per tutti ormai quello che sarebbe successo, e il panico era ovunque.

I passeggeri si erano riversati fuori sui ponti in cerca della salvezza che solo una scialuppa avrebbe potuto dare loro.
Purtroppo però le scialuppe non erano sufficienti, e gli ufficiali dovevano ricorrere a misure drastiche per impedire che la gente le assaltasse causandone anche il rovesciamento.
Molti colpi furono sparati in aria quella notte.

I passeggeri di terza classe, prima rinchiusi da cancelli e dopo, quando questi furono aperti, in difficoltà nel trovare la strada per il ponte di prima dato che non era mai stato concesso loro di salirvi e non era previsto che ciò fosse fatto, a parte che per i passaggi usati dal personale di bordo,  uscirono sul ponte solo quando per loro trovare la salvezza  era ormai impossibile.

Nonostante il terrore e il caos, gli ufficiali continuavano senza sosta a imbarcare gente e a mandare segnali con i razzi per le navi chiamate in soccorso e a cercare gente in giro per la nave a cui far indossare i salvagente.

Eppure lo stesso non avrebbero potuto fare nulla di più di ciò che avevano  già fatto.
Che non era abbastanza.

Non  ci sarebbe stata salvezza per tutti  quella notte.
Non poteva esserci.

Molti lo avevano sempre saputo. Per tutti gli altri cominciava ad essere dolorosamente chiaro.





                                                                                                              XXXXX




Bruce Ismay, amministratore delegato della White Star Line, colui che aveva dato il nome al Titanic e che aveva  imposto l'accensione degli ultimi motori nonostante l'avviso iceberg diramato, non si diede molto da fare la notte tra il 14 e il 15 aprile 1912.
Cominciò ad aiutare la gente a salire a bordo delle scialuppe, ma quando il caos imperversò fu uno dei primi ad abbandonare il suo posto per mettersi in salvo.
E questo ben prima che le cose divenissero tragiche.
Più dell'iceberg che squarciò il Titanic  con una pressione di 958 kg/cm2 causandone il repentino affondamento, fu Ismay a causare la morte dei suoi passeggeri.
E tutto per arrivare prima del previsto in America.
Gustave le Bon diceva: "Ciò che facciamo per orgoglio è spesso superiore a quello che completiamo per dovere."
Il Titanic non sarebbe mai arrivato in America. E la storia  avrebbe ribattezzato Bruce Ismay, Brute ossia Bestia.
Ma poco male. Ogni uomo in fondo è causa del proprio destino.



Brittany Pierce non era una vera lady.
Aveva ottenuto il titolo solo quando Lady Lopez per simpatia verso la madre, nobile decaduta, l'aveva scelta come dama di compagnia della sua figlia maggiore, Santana. Le era piaciuta quella vita, per un po'. I vestiti di classe, i balli, le cene con persone importanti, i viaggi. Erano tutto quello che per molto tempo aveva guardato con invidia senza potervi accedere.  Ma poi aveva avuto tutto e aveva scoperto che quella vita le stava stretta. Che la trovava noiosa, ripetitiva.
Lei era uno spirito più semplice, e sognava la libertà.
Aveva sperato che con il matrimonio di lady Santana sarebbe stata più libera, ma la donna sembrava avere più bisogno di  prima di lei e l'aveva anche costretta a quel viaggio e a una vita ancor più rigida visto il cognome importante di cui era portatrice adesso.
Quando era scesa nella sua cabina dietro invito di Lady Santana, non c'era stato terrore nel suo cuore. Lady Pierce ne sapeva ben poco di navi e tutti i suoi pensieri erano occupati dal fatto che aveva deciso, arrivata in America, di accettare la proposta di matrimonio del vecchio amico di suo padre. Era davvero un uomo vecchio per lei ed era solo un banchiere noioso, è vero, ma la ragazza provava affetto per lui e pensava che le avrebbe dato la vita che sognava, e tutta la libertà che anelava.
Non lo aveva ancora detto a Santana, che era quasi un’amica per lei, ma solo perché aveva deciso di farlo quando il fidanzamento sarebbe stato reso ufficiale.
Quando si distese sul letto lo fece solo per riposarsi un po'. In attesa che Lord Smythe la venisse a chiamare pensò che sarebbe stato saggio recuperare un po' di ore di sonno.
Il ponte dove si trovava la sua cabina era praticamente vuoto ormai e nessuno la disturbò.
Quando cominciarono le urla, e il rumore dei razzi, e gli stessi suoni che produceva la nave che si stava piano piano spaccando e riempiendo d'acqua Brittany non si accorse di nulla.
L'acqua era già  filtrata dalla porta  e l'aveva  trovata così, addormentata e serena.
E così serena se l'era  portata via.



Il capitano John Smith,  aveva continuato ad aiutare  ad imbarcare gente sulle scialuppe fino a che era stato possibile farlo. Quando  era sparito lo aveva fatto  liberando i suoi uomini dal loro lavoro con la frase: "Salvatevi, se potete."
Era chiaro che lui non lo avrebbe fatto. Un capitano, un vero capitano, resta a bordo della nave fino a che c'è anche un solo uomo sopra di essa. Questo gli era stato insegnato, e questo aveva fatto durante tutta la sua carriera e i molti problemi che aveva affrontato con successo in marina.
Stavolta era diverso. Lo aveva saputo fin dall'inizio. Aveva saputo  fin dall'inizio che non avrebbe mai  e poi mai potuto far abbandonare la nave a tutti gli uomini che vi erano sopra e spontaneamente aveva deciso di restare a bordo fino alla fine.
Quello sarebbe stato il suo ultimo viaggio. Smith era già in pensione quando aveva accettato di condurre il Titanic nel suo viaggio inaugurale.
E adesso era diventato letteralmente il suo ultimo viaggio.
Nessuno vide dove si diresse e nessuno lo vide più dopo.
Certo era che  tutti sapevano che anche questa volta John Smith non avrebbe lasciato la sua nave.
Perché  era un capitano e un vero gentiluomo.
Lo sarebbe stato fino all'ultimo.



Thomas Andrews, dal canto suo, trascorse le ultime ore della sua vita cercando di rassicurare i passeggeri e il personale di bordo incitandoli a indossare i salvagente benché lui stesso non ne indossasse uno. A un certo punto anche lui aveva capito che non avrebbe mai lasciato quella nave.
Ma in un certo senso pensava che dovesse essere così.
Lui aveva creato il Titanic, lui non aveva lottato per renderlo ancora più sicuro di quanto fosse. E lui avrebbe dovuto portare con sé la colpa dell'accaduto.
Andrews decise di non fare nemmeno un tentativo di salvarsi quindi, e di restare con la sua creatura fino all'ultimo.
Un cameriere, dopo, disse di averlo visto nel salone del ristorante intento a fissare un quadro. Disse che gli aveva chiesto se non intendeva salvarsi e per tutta risposta Andrews gli diede il  salvagente che portava con sé  vedendo che il cameriere non ne aveva uno.
"Dai il buon esempio. Quando finiranno in acqua questi saranno utili" gli disse con voce spenta per poi tornare a fissare il quadro. Quando il cameriere corse via, l'uomo era ancora lì.
Ci sono uomini che fuggono via dalle loro responsabilità. Ce ne sono altri che  semplicemente, restano ad affrontarle e  scelgono   il loro  destino.
E Andrews aveva scelto il suo.



Margareth   Brown aveva un suo credo.
Nata in una famiglia di poveri immigrati irlandesi, aveva lavorato come sarta e commessa ed era diventata ricca solo quando suo marito era diventato padrone di una miniera e aveva fondato  una sua società.
Era stata baciata dalla fortuna che le aveva cambiato la vita dandole forse di più di quanto meritasse.
E Molly, come tutti la chiamavano, era convinta che un uomo  dovesse anche dire grazie per la sua fortuna.
Così, attiva in vari campi umanitari, Molly cercava di rendere al mondo un po' di quella fortuna che costeggiava la sua vita.
Quando salì sulla scialuppa era ben conscia di essere ancora una volta tra i fortunati e chiese agli ufficiali di continuare a caricare gente ripetendo incessantemente che c'era posto, c'era ancora posto.
Lo fece fino a quando un  mozzo, spaventato,   la obbligò a sedersi e a chiudere il becco o l'avrebbe gettata di sotto creando ancora più spazio.
Non dimenticò di essere tra i fortunati nemmeno mentre la scialuppa si allontanava dal Titanic e dalle sue urla sempre più forti.
Più tardi avrebbe avuto modo di usare quella forza che l'aveva sempre contraddistinta in vita,  e la storia le avrebbe dato un grande ruolo in quella tragedia, un ruolo  che lei  avrebbe portato a termine in modo egregio.
Ma non avrebbe mai e poi dimenticato quanto fosse stata fortunata quella notte.



Robert William Daniel, passeggero di prima classe, dopo aver affidato la famiglia alla cure degli ufficiali che li misero in salvo su una scialuppa,  sfidò la furia dell'acqua gelida e scese fino al ponte inferiore allagato solo per poter liberare il suo bulldog Rigel dalle gabbie in cui era rinchiuso.  
Già che era lì, liberò anche tutti gli altri piccoli animali rinchiusi -terrier, pechinesi, volpini e chow wow - affinché potessero avere una chance di salvarsi.
Amava gli animali Daniel, e quando il suo compito fu assolto cercò di tornare sul ponte principale. Non gli fu possibile, però. L'acqua aveva ormai invaso tutta la zona e non vi era più alcuna via di uscita per lui.
Mentre l'acqua saliva inesorabilmente inghiottendolo Daniel pensò che forse qualcuno di quegli  animali grazie a lui si sarebbe ricongiunto con il suo padrone. Era un buon pensiero da concedersi in un momento simile.
Rigel  dal canto suo, restò al fianco del padrone fino a quando questi non morì. Dopo, restò semplicemente ad aspettare che  l'oceano  inghiottisse anche lui.



John Jacob Astor aveva sempre scelto il suo destino e anche quella notte lo fece. Scelse il suo destino e fece  quello che doveva. Era riuscito a far salire la sua giovane moglie su una delle scialuppe, e anche se il posto accanto a lei gli era stato rifiutato, non si era demoralizzato.
Suo figlio sarebbe vissuto. Nulla contava di più.
L'ultima cosa che Astor fece poco prima di scendere di nuovo nel salone principale e aspettare lì la morte fu osservare il cielo stellato sopra la sua testa  e pregare che fosse   un bambino sano, forte e coraggioso. Un uomo o una donna che avrebbe portato conforto alla madre.
Qualcuno in grado di fare le sue scelte come aveva sempre saputo fare il padre.  Senza paura. Senza rimpianti.



Ida Straus non era nessuno. Solo una donna innamorata che aveva vissuto tutta la vita con suo marito Isidor fino a creare con lui un piccolo impero con i loro magazzini Macy's. Avevano avuto 8 figli, molti nipotini. Avevano avuto una vita grande.
Quando le fu offerto un posto su una scialuppa, posto suo di diritto proprio in virtù del suo ruolo di passeggera donna della prima classe,  si rifiutò di prenderlo per restare accanto al marito.
"Come abbiamo vissuto insieme, moriremo insieme "esclamò la donna per giustificare il suo rifiuto.
Quando l'ufficiale disse che forse visto l'eta dell'uomo anche lui sarebbe potuto salire a bordo con la donna, l'uomo rifiutò gentilmente a sua volta per lasciare   il proprio posto alla loro cameriera che, altrimenti, non si sarebbe salvata.
Senza paura, o rimpianto, anche Ida e Isidor fecero  la loro  scelta quella notte.
Dimostrando nella tragedia che ancora una volta l'amore era  più forte della paura.




                                                                                                               XXXXX




La musica aveva uno strano potere.
Blaine Anderson ne era sempre stato convinto. Fin da quando, da bambino, aveva scoperto il potere terapeutico di un piano suonato nel cuore della notte. O quello di un violino lasciato libero di esprimere la propria magia attraverso le sue mani.

Mentre le urla intorno a lui si susseguivano, mentre i passeggeri gli correvano intorno  cercando di salvarsi e lui tentava di mantenere il ritmo nonostante le spinte che riceveva, pensava che ce l'avesse persino in quel momento.
La nave si stava inclinando pericolosamente e lui e gli altri membri della banda dovevano tenersi vicini  l'uno all'altro  per evitare di cadere mentre continuavano a suonare, ma nella musica Blaine si sentiva in pace. Persino in quel momento in cui aveva già capito cosa gli sarebbe successo.

Non ci sarebbe stata salvezza per lui. Non era previsto che ci fosse, e non poteva esserci.
Non era nato tra i prescelti, e a bordo di quella nave nemmeno quelli che lo erano sempre stati sembravano destinati ad avere poi tanta più fortuna di lui.

Kurt gli aveva parlato della nave, e Blaine sapeva che le scialuppe non bastavano. Sapeva che non ce ne sarebbe stata una per lui. Sapeva che non c'era  mai stata.
Quando il capitano aveva chiesto loro di suonare per evitare che le persone fossero colte dal panico, quando aveva stretto loro la mano e li aveva ringraziati per il lavoro svolto fino a quel momento, augurando loro  buona fortuna, lo sapeva  non ci sarebbe stata chance per loro? Blaine credeva di sì.
Dal canto suo, lui lo aveva saputo nell'attimo stesso in cui con gli altri otto membri della sua banda si era messo a suonare in mezzo a quel ponte.
Ma non si era tirato indietro.

E dopo, quando nessuno li ascoltava ormai più, sapeva che aveva continuato a farlo come gli altri solo perché...

La musica è magia.
Chiunque dovrebbe poterla sentire poco prima di morire.

Lui in questo era stato fortunato. Come lo era stato nell'incontrare Kurt, nel poter avere modo di amarlo. Amarlo davvero con tutto se stesso. E lo aveva fatto. Lo aveva fatto fino all'ultimo.
Forse adesso non ci sarebbe stato posto in paradiso per lui, come diceva la Bibbia, a causa del suo peccato, ma a Blaine non interessava. Non si pentiva di aver amato un altro uomo, e ancor meno si pentiva del fatto che questi fosse stato Kurt. Avrebbe peccato in quel modo per molto ancora se gli fosse stato permesso.
E di questo ringraziava Dio, se un Dio c'era.

Avrebbe solo voluto vederlo un’ultima volta per  dargli un bacio, e questo era il suo unico rimpianto.  Ma Kurt era chissà dove, a cercare di salvare quante più persone possibili e forse, se fosse stato fortunato, lui ce l'avrebbe fatta alla fine. Si sarebbe salvato.
Dio, Blaine lo sperava con tutto se stesso.

Così suonò, suonò mettendo in quella musica tutto il suo amore. Sperava che dovunque si trovasse ora, Kurt riuscisse a sentirla e a capire che nelle note di "Nearer, My God, to Thee " c'era un messaggio per lui, la preghiera di Blaine per lui.  Che quello era il suo modo di dirgli: "Ciao, amore."
Non addio. Non gli avrebbe mai detto addio.

Quando la musica finì, e stavolta per davvero, e l'acqua arrivò a lambirgli i piedi, Blaine registrò a malapena, il capo della banda Wallace Hartley, che diceva con enfasi: "E' stato un onore suonare con voi stasera, signori".   

Wallace aveva 33 anni. Tutto il resto della banda - tranne Blaine che ne aveva 27- arrivava a malapena ai 20 anni. Erano ragazzi che sognavano una vita migliore di giorno e che di notte rincorrevano le gonne delle giovani cameriere a bordo, in attesa della propria occasione per vivere una vita più appagante e completa, ragazzi che non pensavano a cose come la morte, ma solo a come sarebbe stato per loro il nuovo giorno. Eppure nessuno di loro si era tirato indietro per cercare una chance, e tutti erano rimasti lì a suonare fino alla fine.
Sì, come aveva detto Wallace, era stato un onore suonare con loro quella sera.

Dopo, quando cominciò a lottare con la forza dell'acqua fredda che lo stava inghiottendo, Blaine disse con rimpianto addio al  violino che gli aveva regalato sua nonna Anne e lo affidò all'inclemenza dell'acqua, mentre lui cominciava a nuotare cercando di allontanarsi il più possibile dal risucchio della nave che stava affondando. Ed era difficile, così difficile.

 Nella sua mente non c'era nulla, solo lo spazio per pensare:  "Kurt, ti amo Kurt."

Non ci fu terrore per lui.
Blaine Anderson era un uomo che aveva peccato in vita sua di troppo amore, se questo era poi davvero un peccato. Ma quando arrivò il freddo, per lui ci fu solo pace.
E la speranza che Kurt si sarebbe salvato.

Dopo restò solo il freddo. Solo tanto freddo.




                                                                                                              XXXXX




Kurt stava correndo più veloce che poteva.
Avvolgeva corde, liberava le scialuppe dai  propri cardini, urlava cercando di farsi sentire sopra il rumore delle grida e dei rotori che tiravano già le scialuppe dai propri alloggi.
Non c'era tempo, non c'era più tempo.

Non stavano salvando abbastanza persone, non stavano facendo abbastanza in fretta.  Qualcuno aveva fatto uscire le prime sei scialuppe quasi vuote e adesso avrebbero potuto salvare ancora meno persone del previsto.
Non avrebbero potuto in ogni caso salvarle tutte, ma Kurt ci aveva sperato. Ci aveva sperato che sarebbe andata meglio di come stava andando.

Sapeva che dopo qualcuno avrebbe guardato a quella tragedia e avrebbe trovato mille dettagli di cui accusare i marinai di stazza su quella nave. E sarebbe stato facile per loro parlare di ordine e  efficienza. Ma lui era lì, fianco a fianco di quegli uomini, e non aveva proprio nulla di cui accusarli.
Non erano precisi e perfetti? Avevano commesso errori? Sì. Ma  stavano per morire. E lo sapevano. Senza ombra di dubbio. Gli era concesso essere spaventati e caotici. Gli era concesso essere poco precisi e forse troppo frettolosi.  Eppure non stavano mollando, anche se il capitano aveva dato loro il via libera dal loro ruolo, ma  continuavano a svolgere il loro lavoro seppur con il terrore nel cuore.
E forse non erano precisi, perfetti, e marinai integerrimi, ma in quel momento erano di sicuro uomini, uomini che stavano portando a termine il loro compito nel modo migliore possibile.

Quando l'ultima scialuppa fu posizionata, Kurt cominciò a far salire le persone che aveva vicino. Né lui né gli altri  badavano più  a se erano di prima classe, solo donne o bambini o che altro. Le facevano salire sopra e basta.
Avrebbero dovuto farlo subito probabilmente. Non avrebbero potuto salvarli tutti  in ogni modo e non dipendeva  dal loro lavoro o dalla loro efficienza, ma avrebbero dovuto fin da subito cercare di salvarne il più possibile. Sì,  Kurt era fiero di tutti gli uomini che erano vicini a lui in quel momento. Non riteneva di poter giudicare nemmeno  Murdoch che si diceva si fosse sparato un colpo in testa dopo aver ucciso un passeggero nella foga di non far scatenare il panico. Semplicemente era impossibile. Stavano agendo in una situazione in cui non potevano vincere.  Ma non si fermavano. Anzi, molti ufficiali stavano gettando in mare cose che secondo loro avrebbero potuto aiutare i passeggeri finiti in acqua e quelli che di sicuro ci sarebbero finiti poi a restare fuori dall'acqua gelida il più possibile in attesa dei soccorsi. Kurt non poteva che essere fiero di questo.

Era fiero anche di Blaine che dall'altra parte della nave stava ancora suonando. Lo sentiva, al di sopra delle urla e di tutto il rumore.  Lo sentiva.
Lo sentì anche quando suonò quella canzone, quella che suonava sempre per lui al piano della tenuta quando erano ragazzini che avevano appena scoperto di amarsi, quando cercavano di convincersi che Dio non avrebbe chiuso le porta del paradiso in faccia a qualcuno in grado di provare un simile sentimento di amore.  
Percepì il suo ciao in quelle parole. Non addio, perché Blaine non gli avrebbe mai detto addio, ma ciao.

E per un attimo un’immensa rabbia montò in lui. Avrebbe voluto che Blaine andasse a cercare la sua fortuna, la sua chance di salvarsi, invece di stare lì a suonare per gente che nemmeno lo ascoltava. Lui sapeva che non avrebbe lasciato quella nave fino a che non lo avesse fatto l'ultima scialuppa, ma avrebbe voluto che Blaine non si arrendesse subito in quel modo. Ma fu solo un attimo. Blaine in realtà non aveva avuto scelta e così nemmeno Kurt si sarebbe concesso di averla.
Senza Blaine non poteva.

Dopo ci furono solo le lacrime che gli appannavano la vista mentre prendeva le persone senza nemmeno guardarle in volto e le faceva salire alla svelta sulla scialuppa.
"Ti amo Blaine, ti amo" ripeteva incessantemente la sua mente.

Quando l'acqua prese a invadere il ponte  qualcuno cominciò a urlare: "I tiranti, tagliate i tiranti! Non c'è tempo per calarla." Kurt svelto fece uscire il coltellino di ordinanza  dalla tasca della giacca e si avventò su una corda per tagliarla. Le urla intorno a lui triplicarono piene di terrore fino a coprire anche il suono della musica suonata da Blaine e tutta la sua attenzione fu presa dall'acqua  che inesorabile saliva sempre di più.

In quell'attimo Kurt pensò al volto delle sue bambine. Pensò che avrebbe voluto rivederle. Dire loro tutte quelle cose che ancora non era riuscito a dir loro. Baciarle. Stringerle a sé.
Pensò che avrebbe voluto avere la possibilità di dir loro che non importava chi sarebbero state  e chi avrebbero preferito amare. Lui le avrebbe sempre accettate e amate. Sempre. E non avrebbe mai chiesto di loro di fingersi diverse da ciò che erano.

L'ultima cosa che sentì Kurt  quella notte, fu il rumore di uno dei fumaioli del Titanic posti sopra di lui,  che sotto il peso della forza dell'acqua, si staccava dai propri tiranti  per venire giù.
Proprio addosso a lui.





                                                                                                               XXXX




Poco dopo le  2.00 l'ufficiale Lightoller disse ai suoi uomini che dovevano liberare il battello pieghevole B dai propri tiranti. Era  l'ultimo rimasto a loro disposizione.
Circa un centinaio di persone si radunarono lì intorno, e fra loro vi erano anche tutti i macchinisti che avevano lavorato fino all'ultimo alle pompe per cercare di rallentare l'affondamento.
Nessuno di loro si sarebbe salvato, però.  Nessuno.

Lightoller fu costretto a formare una catena umana con le persone che erano riuscite a salire sul battello con lui per evitare che  quelli rimasti sulla nave facessero rovesciare l'imbarcazione nel tentativo di salire a bordo.

E su tutto vegliava ancora l'ombra dell'iceberg  dal quale non erano riusciti ad allontanarsi poi molto quando i motori erano stati arrestati,  che se ne stava lì  a osservarli come una gigantesca sentinella che si faceva beffa dei loro sforzi e della loro paura.

Quando Lightoller riuscì ad allontanarsi dal Titanic, circa 1400 persone rimasero a bordo.
Sebastian e Thad erano tra questi.




                                                                                                          XXXXXX





Procedevano a fatica adesso.
La gente si stava raggruppando tutta verso la poppa e cercare di raggiungerla era difficoltoso.
La nave si stava inclinando, la prua ormai era del tutto sommersa dall'acqua  e raggiungere la poppa equivaleva a restare fuori dall'acqua  gelida e  tutti quelli rimasti sulla nave - che erano davvero tantissimi, Dio! Tantissimi - stavano cercando di raggiungerla.

Sebastian si muoveva dietro a Thad, lasciava che fosse lui a guidarlo, perché Thad  conosceva quei ponti meglio di lui, tenendosi aggrappato alla sua mano.

C'erano gruppi di persone in ginocchio davanti a due preti che stavano pregando ad alta voce, altri che se ne stavano in angoli in attesa di chissà cosa, altri ancora che continuavano a correre senza una meta precisa, preda del più totale panico.

Thad invece si sentiva in colpa.
Si sentiva in colpa per aver costretto Sebastian a restare sulla nave troppo a lungo  facendogli perdere così anche la sua possibilità di salvarsi.  Quando erano saliti non erano riusciti a trovare Kurt in quel caos infatti, e di scialuppe non vi era più ombra.  Se solo avesse saputo prima che non c'erano abbastanza imbarcazioni per salvarsi, se solo Sebastian glielo avesse detto, lo avrebbe seguito subito e solo per essere certo che si mettesse in salvo.
Non gli importava molto di cosa sarebbe successo a lui in quel momento. Voleva solo essere certo che Sebastian si mettesse in salvo.

Quando raggiunsero le scalinate che portavano alla poppa, furono costretti a rallentare  perché la gente le aveva invase per salire  e stavano procedendo davvero lentamente.
Sebastian si avvicinò ancora di più a Thad fino ad essere praticamente attaccato al suo corpo ma nessuno badava a loro o trovava strano tale atteggiamento in quel momento. Avevano altro a cui pensare del resto.

"Se restiamo il più a lungo possibile sulla nave dopo ci basterà raggiungere a nuoto una delle scialuppe vicine e saremo in salvo, vedrai" ripeté Thad per l'ennesima volta. Aveva perso il conto di quante volte aveva detto quella frase cercando di convincere più se stesso che Sebastian. Sapeva che la temperatura dell'acqua era di 0 gradi e che lì dentro le persone avrebbero potuto sopravvivere al massimo 10 minuti. Solo 20 se riuscivano a continuare a muoversi.

"Volevi lasciarmi, vero?" chiese a un tratto Sebastian cambiando  del tutto discorso, direttamente nel suo orecchio, e Thad si voltò verso di lui per quanto la gente pressata su quelle scale e addosso a loro gli consentiva di fare.

"Cosa?"chiese stupito.

"Per favore, Thad, dimmelo. Almeno adesso sii sincero con me, ti prego" uggiolò Sebastian e a Thad si spezzò il cuore.

Sebastian aveva avuto la salvezza sicura nel palmo della mano ed era rimasto su quella nave per lui. Essere onesto era il minimo che Thad poteva fare per lui adesso.
"Sì, volevo lasciarti" disse perciò, e subito afferrò anche l'altra mano di Sebastian e la strinse insieme all'altra sopra il suo busto di modo da impedirgli di allontanarsi da lui.
"Non pensavo che avrei potuto sopportare di dividerti con lei" continuò poi procedendo ancora lentamente e portandosi dietro Sebastian che stava cercando, probabilmente per rabbia, di far sì che Thad lasciasse le sue mani. Non con molta convinzione comunque, per fortuna. "Ma stasera,  quando mi hai detto quelle cose in cabina ho cominciato a credere che forse ce l'avrei potuta fare. Che se voleva dire restare con te, avere il tuo amore, forse avrei potuto sopportare anche il dolore di dividerti con qualcun'altro."

"Il tuo forse non è incoraggiante" protestò Sebastian alzando un po' la voce per farsi udire sopra gli schiamazzi della gente che avevano intorno.

Thad arrivò in cima alle scalinate e poi trascinò di lato Sebastian, perché aveva bisogno di un momento solo loro, un momento in cui spiegarsi e farsi capire anche in quel disastro. E voleva guardare negli occhi l'altro mentre lo faceva.
"Lo so. Ma non  conta. Perché questa sera, quando tu mi hai detto delle scialuppe, quando ho capito che esisteva la possibilità che ti perdessi per sempre, è stato tutto chiaro per me. Io ti amo, Sebastian. Non ho amato mai nessuno più di quanto ami te, nemmeno me stesso. E non importa quanto dovrò soffrire o lottare pur di starti vicino. Non farlo mi farebbe soffrire solo il doppio. Tu sei come l'aria per me. E quando saremo fuori da questo inferno, se tu vorrai io continuerò ad essere il tuo servo di giorno e il tuo amante di notte. Tutto quello che vuoi, pur di non perderti. Pur di non provare più la paura che sto sentendo in questo momento."

Sebastian sorrise teneramente a quelle parole e portando una mano ad accarezzare il volto di Thad, disse: "No, non voglio questo." Una frase che spiazzò un po' l'altro.
 
"E cosa, allora?"

"Voglio che tu ti senta a tuo agio. Voglio che tu sia felice del tuo ruolo. Voglio che tu abbia la certezza che se anche non posso urlarlo al mondo, io è te che amo. E quando tutto questo sarò finito, se tu vorrai andare io ti lascerò libero di farlo."

"Ma io voglio restare con te."

"E allora lo farai, ma solo perché tu avrai deciso di farlo." Sentenziò Sebastian e Thad lo attirò in un abbraccio, felice.

"Mi stai lasciando libero?"gli chiese sussurrando direttamente nel suo orecchio.

"Ti sto lasciando libero di amarmi da pari, se è questo quello che vuoi, ma amami, Thad. Per il tempo che ci resta, fallo, ti supplico"rispose Sebastian con amore e Thad lo strinse ancora di più a se.

In tutti quei mesi aveva creduto che fosse la libertà quella che anelava, ma in realtà era solo la libertà dal suo ruolo di servo. Voleva essere in grado di amare Sebastian da pari, e nulla più.
Sperava solo di non averlo scoperto troppo tardi.

La gente intorno a loro continuava a incitarsi a sbrigarsi, e a muoversi verso poppa e nessuno prestava attenzione a quei due ragazzi stretti l'uno all'altro nei pressi di quella scalinata che si stava inclinando sempre di più.

Quando Thad si staccò da lui, Sebastian gli sorrise di nuovo.
"Cerchiamo di restare su questa nave il più a lungo possibile, va bene?"disse poi.

"D'accordo" gli rispose Thad.

I due si presero di nuovo per mano e uniti in quel modo ricominciarono a  salire verso la poppa.
Non sapevano cosa avrebbe riservato per loro il futuro.
Ma avevano ancora una speranza e tutta l'intenzione di lottare per diffenderla.

E il loro amore.
Avevano ancora  il loro amore.




                                                                                                    XXXXXX




Verso le 2.10 la poppa del Titanic si sollevò al punto di formare un angolo di 30° con la superficie del mare, stagliandosi contro il cielo stellato.  La forza terrificante generata dall'emergere dello scafo provocò il lento schiacciamento della chiglia e la dilatazione delle sovrastrutture, che portarono lo scafo quasi al punto di rottura.
La ciminiera di prua si staccò, mentre l'acqua ruppe i vetri della cupola e inondò lo scalone riversandosi nella nave.
Alle 2.15 il circuito elettrico dell'intero scafo sì interruppe all'improvviso gettando il Titanic nel buio più nero.
Dopo cominciò l'ultima parte di quell' inferno.




                                                                                                        XXXXX




Santana non sapeva più che cosa stava guardando. Non sapeva che cosa stava sentendo.
Tranne per il fatto che... lo sapeva. Lo sapeva fin troppo bene, ed era tremendo.

La scialuppa sopra cui si trovava era ferma nell'immobilità dell'oceano nero che la circondava. L'aria le si addensava davanti al viso e le sue mani erano fredde, quasi congelate, nonostante il manicotto che si era portata dietro.

E le urla... quelle non smettevano.
Erano lontano, eppure ovunque.

Santana osservava impietrita il Titanic che, rimasto al buio, si alzava, lasciando fuori dall'acqua solo la poppa, e continuava a sentire quelle urla, a vedere persone che si gettavano in acqua, altre che venivano risucchiate dai finestrini ormai esplosi della nave stessa e riportate al suo interno.
Un gigante che si stava accartocciando su se stesso.

C'erano delle persone che si agitavano nell'acqua lì vicino, persone che erano cadute o si erano gettate dalla nave prima che si innalzasse.
Ma la cosa peggiore era il riverbero del rumore metallico dei corpi che, per la posizione della nave, venivano spediti contro le sue parti  metalliche.
Santana avrebbe voluto tapparsi le orecchie per tagliare fuori quei suoni e distogliere lo sguardo per non assistere a quell’ inferno ma non poteva, attratta e al tempo stessa respinta da tutto quel dolore.

Qualcuno vicino a  lei continuava a dire: "Oh mio Dio, oh mio Dio" senza sosta ma tutto il resto era silenzio.
Tranne che per le urla.

Non aveva capito. Lei non aveva capito che la situazione fosse così grave. E aveva lasciato là sopra Sebastian, e aveva fatto in modo che Brittany tornasse in cabina credendo che sarebbe stata al sicuro.
E adesso non poteva far altro che sperare che fossero tutti in salvo su una delle altre scialuppe.

Prima che il ponte fosse completamente sommerso, il Titanic s'innalzò verticalmente per tutta la sua lunghezza e, forse per 5 minuti,  almeno 150 piedi della nave di alzarono   sopra il livello del mare, diretti contro il cielo.
A un tratto uno strano rumore coprì tutto e osservando il punto in cui la nave si era inabissata, Santana vide che la chiglia si stava spaccando in due probabilmente per il peso della stessa poppa rimasta fuori dall'acqua. Quando lo fece, la parte posteriore del imbarcazione piombò con velocità di nuovo sul letto dell'acqua.

Le urla si triplicarono, allora.
E Santana sperò per un attimo che sarebbe finita. Ma dopo qualche secondo la nave si alzò di nuovo inesorabilmente seguendo la prua inabissata. L'acqua era penetrata all'interno della crepa di spezzamento e stava velocizzando  l'affondamento del troncone di prua infatti, consentendo alla poppa di rialzarsi perpendicolarmente.
Solo che stavolta non si fermò quando fu  in verticale e cominciò presto a inabissarsi del tutto a sua volta.
Non ci mise molto a sparire dai loro occhi. Il mare inghiottì il gigante che era stato il Titanic nel giro di pochi minuti.

Erano le 2.20 della notte del 15 aprile 1912.





Le urla intorno continuarono dopo, ma non per molto tempo. Non quanto Santana si era aspettata che avrebbero fatto.
Divvennero via via più deboli con il trascorrere dei minuti.
L'acqua era gelida, lo sapeva. E quanto poteva un corpo sopravvivere immerso  in quelle temperature?

Santana pensò che dovevano fare qualcosa. Che forse avrebbero dovuto tornare indietro con le scialuppe per aiutarli. E a un tratto una delle altre donne espresse chiaramente ad alta voce il suo pensiero. Santana sentì uno dei marinai  risponderle urlando che non potevano farlo, che sarebbe stato pericoloso e avrebbero imbarcato solo acqua. Ma la donna non smise di dire che era loro dovere.

 "Sono i vostri mariti e figli quelli. Che cosa vi prende donne, possiamo farlo, possiamo fargli posto." Diceva la donna con enfasi. E solo quando anche le altre cominciarono ad appoggiarla allora uno degli ufficiali disse che era vero e si prodigò per far si di svuotare una delle scialuppe trasferendo il loro contenuto in una di quelle semivuote per tornare indietro.

Quando lo fecero Santana sperò che fossero in tempo. Sperò che qualcuno li avrebbe perdonati per non aver agito, per aver aspettato.

Non si sentiva più nulla però, ormai.
Non un urlo. Non un’invocazione.

C'era solo silenzio intorno.
Solo il suono del mare.

E poi solo lacrime.
Solo... il niente.


Erano le 4.45 del 15 aprile 1912.
1518 persone erano finite in acqua quando il Titanic si era inabissato. Le scialuppe avrebbero potuto ospitarne altre 500 ma solo una di loro tornò indietro, quasi due ore dopo.

Una su venti.

60 passeggeri riuscirono a raggiungere a nuoto le scialuppe vicine dopo l'inabissamento  del Titanic e solo 6  persone furono salvate dalle acque, ancora vive, dall'unica scialuppa tornata indietro.

66 su 1518.

Ora dimmi: come puoi perdonare questo?









L'angolo della pirla che scrive ‘sta roba:
ç_ç e ancora ç_ç

Ed è tutto qui, lo vedete. Che fine hanno fatto Blaine e Kurt credo sia chiaro, come per Brittany.  E Thad e Sebastian? Lo saprete nell'epilogo. Per ora solo Santana è sicuramente salva e mi spiace se ciò delude molti di voi ma dovevo essere il più onesta con la vera storia del Titanic e una donna nella posizione di Santana sarebbe stata OVVIAMENTE salvata subito.

E quando vi sarete ripresi se volete leggere qui sotto vi spiego alcune cose tecniche che sono diverse dal film  e perché.

- L'iceberg che colpì il vero Titanic non era grosso come quello del film e non era bianco (quelli sono ghiacci dell'equatore). Era a dire il vero più basso, con i bordi frastagliati e cosiddetto nero (iceberg artico che era poi la zona dove si trovavano), praticamente impossibile da vedere di notte. In ogni caso nel film durante l'affondamento non vi è più traccia di quel gigante e visto che la nave non poteva essersene distanziata molto dopo l'arresto dei motori questo è un errore di Cameron. In questa ff Kurt dice di vederlo solo perché  la nave è ancora vicina appunto e con le sue luci accese (fino a che esse rimasero tali almeno) l'iceberg era più che visibile come si evince dagli stessi racconti di alcuni sopravvissuti. Ho pensato che inserire questo dettaglio fosse fondamentale visto che esso era la causa del loro disastro, e trovo assurdo che nessuno ci pensasse nei momenti in cui stavano affondando.
- Fu il capitano Smith a insistere che venissero salvate prima donne e bambini, non uno dei suoi ufficiali. L'uomo sapeva che la nave non aveva la quantità necessaria di scialuppe e credeva che salvare loro fosse più importante. Non parlò della terza classe nello specifico e anzi furono i suoi uomini e seguire il protocollo non ufficiale  e a tenere chiusi i cancelli per permettere a quelli di prima classe di salvarsi per primi. Certi protocolli furono aboliti solo dopo questo disastro infatti.  Il protocollo ufficiale ovviamente diceva solo di salvare per primi  i passeggeri di prima classe, poi quelli di seconda e infine quelli di terza. In poche parole, più che seguire il protocollo, che dava comunque modo anche alla terza classe di salvarsi se ovviamente le scialuppe fossero state sufficienti, l'equipaggio del Titanic operò una vera e proprio scelta che portò alla morte quasi tutti i passeggeri di quella classe. Quando Smith lo seppe ovviamente fece aprire subito i cancelli. Le parole: "Dategli la possibilità di salvarsi. Sarà Dio  a scegliere, non spetta a noi" che Cameron per metà usa anche nel film ma facendole dire a un passeggero di terza classe, in realtà furono sue. Non so perché Cameron abbia voluto mostrare Smith come un debole. Non lo fu. Fu un grande capitano e in quell'occasione lo fu più che mai. Purtroppo aprire i cancelli non aiutò i passeggeri di terza. Come racconto qui per la disposizione della nave per loro fu davvero difficoltoso raggiungere i ponti di prima, e quando ci riuscirono era ormai troppo tardi. Anche per questo le vittime sono prevalentemente di terza classe.
- Allo stesso modo Cameron fa apparire anche Molly Brown come una debole nel film. La Brown era però una grandissima donna. Lo era stata prima del Titanic e lo divenne ancora di più dopo.  L'unica scialuppa che tornò indietro fu proprio la sua e  lo fece  perché Molly  insisté che ciò fosse fatto. E non fu facile. Ci mise ore per spuntarla. Fu lei stessa a restare a comando della scialuppa in cui  furono trasferiti i passeggeri per svuotare quella che poi effettivamente tornò indietro. La storia l'ha ribattezzata "l'inaffondabile Molly Brow" per un motivo che di nuovo nel film Cameron non mostra. Non so perché. La donna che Santana sente litigare con gli ufficiali in questa storia comunque è lei, perché vi sia chiaro.
- Resto vaga sulle sorti di Murdoch perché non è certo che sia lui l'ufficiale che si è sparato in testa dopo aver colpito alcuni passeggeri che stavano cercando di scavalcarne altri per salire sulle scialuppe. Alcuni superstiti dissero che questo era successo, altri asserirono che a sparare furono altri ufficiali e altri ancora dissero di averlo visto lottare in mare con gli altri dopo l'inabissamento del Titanic. Il suo corpo non fu tra quelli  recuperati perciò non ci sono certezze. Murdoch fu colpevole della manovra che fece affondare il Titanic e forse molti hanno voluto romanzare la sua fine dandogli un intimo senso di colpa che lo portò al suicido. E' sicuro che se invece di virare avessero centrato l'iceberg con la punta della prua, la nave avrebbe resistito alla collisione e non avrebbe imbarcato acqua, ma  non penso gli si possa fare una colpa di questo. L'iceberg, proprio perché non come appare nel film ma più nascosto diciamo,  fu visibile solo all'ultimo e lui dovette pensare molto in fretta. Di sicuro se sul ponte ci fosse stato il capitano Smith, con tutta la sua esperienza, ciò non sarebbe successo ma di questo non è colpevole Murdoch. In effetti solo Ismay quando comandò l'accensione anche degli ultimi motori pur avendo ricevuto l'avviso iceberg lo fu. Di sicuro la ridotta velocità della nave avrebbe aiutato e evitare l'iceberg e comunque avrebbe portato meno danni alla nave. Purtroppo però la velocità era molto elevata. E lui fu tra i primi a scendere dalla nave e mettersi in salvo. L' UNICO tra i lavoratori della White Star Line presenti a bordo a farlo. Anche il progettista del Titanic infatti, Thomas Andrews,  rimase a bordo per aiutare i passeggeri  e morì quella notte.
I personaggi su cui mi soffermo e di cui vi racconto la morte o la salvezza, tranne ovviamente, Kurt, Blaine, Brittany, Santana, E Robert William Daniel sono personaggi davvero imbarcati sul Titanic. Daniel era a sua volta davvero passeggero della nave, passeggero di prima ma il cui corpo non fu mai ritrovato e non si sa come sia morto.  Si dice che sia morto come vi narro ma non vi sono prove di questo. Anche il cane Rigel assume diverse identità. Per alcuni è  un terrier salvato dalla Carpatia, per altri un bulldog che morì con il suo padrone. Nessuna di queste storie ha però dei reali riscontri. A me è piaciuta la storia e scoperto che sul Titanic c'erano davvero tantissimi animali e che solo 3 di essi si salvarono ho voluto inserire quel pezzettino. Non è storia però, per cui non prendetelo per vero.

Ora vi rimando all'epilogo. Ci sono ancora delle cosine da dire. Ma vi avverto... sarò onesta con questa ff. Niente finali in cui la gente trova una bolla d'aria calda che li salva dal morire ad esempio. (Chiedete alla mia beta o a mia madre. Solo loro trovano film simili mi sa) Avete voluto conoscere la mia fine, e non sarà facile.

Alla prossima(ossia Lunedì 27 gennaio)
Baci Bay24
  
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