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Autore: Blackbird_    23/01/2014    5 recensioni
Dov'è il problema se dieci delle tue vecchie cotte entrano tutte insieme nel bar a Londra di tua proprietà e attendono che tu li serva? Nessuno, apparentemente.
Nessuno, finché una voce misteriosa ti da un ultimatum: scegliere marito, fra loro, in base all'ordinazione che effettuerà al bar. Bel dilemma, no?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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Ordinazioni al bar come scarpette di cristallo


C’era una volta, tanto tempo fa, in un paese lontano lontano, un bel principe, ricco e potente, che scelse la propria moglie in base al numero del suo piede e a come calzava una scomodissima scarpetta di cristallo.
E poi ci sono io, in una terra con un nome e in un'epoca decisamente catastrofica, che dovrò scegliere mio marito in base all'ordinazione che effettuerà al bar.
Strano, vero? Assurdo, direi io. Ma andiamo per gradi.
C'è un bar, in un viale trafficato di Londra. Un po' generica come indicazione, ma tengo alla mia privacy. Il bar, comunque, si chiama Little Things. È uno di quei classici caffè letterari che vanno tanto di moda nei film e nei libri. Sono disponibili decine di bevande diverse, tanti infusi, una montagna di dolci e di cupcakes, un posto al caldo e tranquillo ed un'infinità di libri meravigliosi. L'arredamento è semplice, essenziale, così come genuine sono le emozioni che si provano entrando qui dentro. Se state sognando ad occhi aperti di venire a passare un po' di tempo qui dentro vi ringrazio e vi accolgo a braccia aperte. Già, perché questo bar l'ho aperto io, in società con una mia cara amica che ha avuto la brillante idea di seguirmi in questa pazza idea di una vita londinese.
Essendo una delle proprietarie del posto, ovviamente è mio compito passare qui dentro più tempo di quanto i miei nervi me lo permettano. Ma questa è un'altra storia.
C'è poi il giorno in cui l'assurda proposta si fa avanti. Scegliere il marito in base all'ordinazione, ricordate? È un giorno come un altro. Il mese è indefinito, tanto a Londra piove sempre e comunque, e il giorno è decisamente irrilevante. Fatto sta che è un giorno feriale come tanti. Gli uomini d'affari hanno preso un caffè e sono corsi via, le donne affaccendate di mille cose hanno avuto giusto il tempo di prendere un pasticcino con le amiche e gli studenti sono passati a prendere la merenda per il break di metà mattina. Fino all'ora di pranzo il locale è sempre abbastanza desolato, salvo qualche ragazzo che ha marinato la scuola o qualche signora di mezza età che ha deciso di concedersi un po' di relax. Quello è il momento in cui mi avvantaggio col lavoro: pulisco le ultime tazzine, dispongo i muffin in modo da mostrare il loro lato più appetibile, controllo le scorte in magazzino e così via.
E proprio in magazzino mi trovavo, lontana dalla sala, quando accadde l'imprevisto. Più imprevisto di un elefante che inizia a svolazzare in un tendone da circo durante uno spettacolo di pagliacci. Ok, no. Forse Dumbo non lo batte nessuno. Fatto sta che mi raggiunge Elaine, una delle cameriere, e mi informa dell'arrivo di una decina di nuovi clienti. Corro in sala insieme a lei, ben consapevole della sua incapacità cronica nel servire più di un tavolo per volta. Sì, probabilmente dovremmo licenziarla, ma siamo davvero troppo buone per farlo, perciò ce la teniamo e ci limitiamo a recuperare ai suoi danni e alle sue mancanze. Ma questo, di nuovo, non c'entra granché con la mia storia, perciò lasciamo stare.
Torniamo a noi, e a me che corro in sala. La sorpresa iniziale è vedere, all'incirca, dieci ragazzi, ognuno seduto ad un tavolo singolo, leggere il menù. Nessuna divisa, nessuna squadra di calcio: ognuno di loro è solo e attende di essere servito. La sorpresa si moltiplica, poi, quando riesco a mettere a fuoco ognuno di loro. Sì, sono un po' miope e particolarmente lenta a realizzare le cose, ma questi sono dettagli. Fatto sta che, osservandoli uno ad uno, mi rendo conto che quelli lì non siano ragazzi normali, bensì tutte mie vecchie cotte. Sì, ho sempre avuto l'innamoramento facile, se è questo che vi state domandando.
Ma tutti insieme lì, manco si fossero messi d'accordo? Vi chiederete ancora. Bene, questa è una domanda che mi sono posta anch'io. L'assurdità della situazione, però, mi ha portata a non ricevere risposta da me stessa. Anche perché, francamente, ho dieci tavoli da servire e non posso di certo rimuginare troppo sui bizzarri scherzi che il Destino mi gioca.
Mi precipito di nuovo in magazzino dove, testa bacata, ho scordato il grembiule e il taccuino per le ordinazioni, senza però non prima aver proibito ad Elaine di servire anche uno solo di quei tavoli: non mi sarei di certo mai privata del gusto di parlare con ciascuno di loro, considerando che, soprattutto, con alcuni non avevo mai scambiato nemmeno due parole.
"Stai attenta" mi avverte una strana voce, proveniente chissà dove dalle scatole disposte ordinatamente sugli scaffali del magazzino. E dato che io ho sempre detestato essere avvisata per qualcosa senza motivo, e dato che sono abbastanza psicolabile da non preoccuparmi dell'assenza di un interlocutore, decido di sfidare quella voce chiedendo "Perché?". Ora, di fronte al mio dilemma, mi pento di aver fatto troppo la sfrontata con quella voce misteriosa -che fosse il tè a parlarmi? O forse la cioccolata?- ma, davvero, rispondere sembrava una idea così geniale. Comunque, senza spaventarsi del mio quesito la voce mi risponde, possente "L'uomo che effettuerà l'ordinazione migliore, diverrà tuo marito".
Non ci fa una piega, no? Una voce misteriosa mi parla, mi impone un matrimonio forzato ed io entro nel panico perché, insomma, non sono decisamente pronta per il grande passo. Con un semi sconosciuto, poi? In ogni caso, so di finire abbastanza bene, dato che io, le mie cotte, me le sono sempre scelte ottime.
Torno in sala, con un'ansia incredibile che mi attanaglia lo stomaco. Perché, francamente, la scelta sarebbe difficile, ma di sicuro il mio buon giudizio sarebbe migliore di un'ordinazione al bar. Fidarmi di un ragazzo è l'ultima delle mie priorità, perché i ragazzi sono stupidi e perché, mi ci gioco la testa, alla fine il migliore sarà anche quello meno appetibile.
Torno in sala, con ancora la voce che mi rimbomba nelle orecchie, e sistemo Elaine dietro al bancone, da dove eseguirà gli ordini che prenderò. Prendo un grosso respiro e mi avvio verso il primo tavolo.
L'ho già detto che tengo molto alla mia privacy, vero? Bene. Per questo motivo non utilizzerò i veri nomi di quei dieci, ma dei soprannomi che, col tempo, ho affibbiato loro.
Insomma, comincio dal primo, quello col tavolo più lontano dal bancone. Per mia conoscenza ha più di quarant'anni ma, francamente, riesce a confondersi molto bene fra il gruppo di ventenni presente nel bar. Per semplificarmi la vita segno sul taccuino DivaH, modo in cui continuerò a chiamarlo anche per il resto del resoconto. È bello, bellissimo, ma questo sicuramente lo dirò per ogni cliente. Mi fissa coi suoi occhi incredibilmente azzurri e fa swissh coi suoi capelli lunghi e con lo shatush per ammaliarmi, riuscendoci al cento per cento. Sfido chiunque a non rimanere incantato dalla sua bellezza, uomo o donna che sia. In ogni caso, per quanto sia uno dei migliori, lì dentro, spero comunque che la sua ordinazione non sia buona. Non posso decidere io per loro, ma almeno posso sperare in un loro fallimento. Sei una pazza, mi direte voi, ad augurarti che una simile bellezza non ti sposi. La verità è che la DivaH, in quanto tale, è anche un gran puttano (oops, si possono dire le parolacce?) ed io, la moglie perennemente cornuta, non la voglio fare.
"Benvenuto al Little Things, è pronto per ordinare?" incrocio le dita dietro alla schiena, sperando di non essere vista. "Sì. Dunque ordino dei pancakes vegani ed un bicchiere di latte di soia con cacao amaro biologico, grazie". Ma che schifo di roba si mangia, questo qui? Con la penna segno tutto per poi disegnare una grossa X vicino al nome. "Le porto anche un libro?" "Qualcosa di Bukowski, scegli tu, è indifferente". Mangia da schifo e legge libri espliciti. Ok, la DivaH è ufficialmente fuori dalla competizione. Meno uno, ne restano solo nove. L'ansia, nemmeno a dirlo, sale in modo esponenziale. 
Porto l'ordine ad Elaine, che esegue silenziosamente, e raggiungo il secondo cliente.
Lo chiamiamo Totò, giusto per fare prima. La prima cosa che noto è la sua tunica nera e il suo colletto nero. S'è fatto prete, in tutto il tempo che non ci siamo visti? Wow. Questo bello non è di certo: da piccola avevo decisamente dei gusti di merda. Ma, insomma, la mia prima real crush non può di certo mancare. Ma no, non può vincere lui sennò sarei costretta a farmi suora e la vita religiosa, di certo, non è mai stata la mia vocazione. E poi quello non sarebbe stato un vero matrimonio, quindi non può contare, giusto. "Zitta e prendi l'ordinazione" mi ordina la voce misteriosa, che evidentemente sa leggere la mia mente e mi segue pure. Dovrei denunciarla per stalking, ma poi la polizia mi chiuderebbe in un ospedale psichiatrico e, sinceramente, preferisco evitare.
"Benvenuto al Little Things, è pronto per ordinare?" domando, speranzosa. "Sì, certo. Gradirei avere un po' di pane con la vostra marmellata d'uva e, se possibile, un po' di vino rosso della casa". Vino di prima mattina? Pane e marmellata d'uva? Anche il suo nome viene prontamente cancellato da una X enorme. "Le porto un libro?" chiedo, sollevata dall'eliminazione appena avvenuta. "Oh, no grazie. Ne ho già uno io" risponde quello, tirando fuori un libro con un crocifisso in copertina. È proprio un prete.
Non indago oltre e raggiungo Elaine che, nel frattempo, ha già servito la DivaH. Le consegno il nuovo ordine e raggiungo il terzo tavolo.
Il terzo tavolo è occupato da un tipo che sembra un barbone. Ha i capelli lunghi e sporchi, la barba incolta, gli occhi spenti. Quando ero cotta di lui era il cantante di una famosa band del mio paese, ma, evidentemente, le cose non gli erano andate bene. Per quanto da adolescente lo trovassi il massimo della bellezza, ora è decisamente un rottame da buttare. Per non parlare, poi, che sia già sposato. Ok che la monogamia non è il mio forte, ma credo che ci siano dei riscontri legali negativi a sposare un uomo già sposato, o sbaglio? Ma se alla voce non interessa che io mi sposi con un prete, sicuramente se ne frega anche di un matrimonio poligamo. "Infatti" mi rimbomba in testa. Ecco, appunto.
"Benvenuto al Little Things, è pronto per ordinare?" "Brioche e cappuccino!" urla, come preso da un raptus, e si alza per iniziare a ballare una canzone che, a quanto pare, ha il titolo uguale all'ordinazione appena effettuata. Faccio per eliminare con una X anche Foppa, nome con cui l'ho messo in lista, ma una voce dirompente mi grida in un orecchio "Non barare". "Ma è un barbone pazzo, non posso sposarlo!" penso, evitando di insultare il cliente ad alta voce. Tanto la voce mi sa leggere nel pensiero, no? "Ma l'ordinazione è accettabile, quindi devi lasciarlo in lista" mi spiega le regole la voce, di nuovo calma, ed io, mogia, aggiungo una V al lato del nome. "Per quanto riguarda il libro?" chiedo, sconsolata, sperando che almeno con quello io venga costretta a rendere una X quella V che mi osserva minacciosa. Sì, le lettere mi fissano, d'accordo? Non ricevo risposta perché quello è ancora occupato a cantare una canzone che fa "sole, mare, amore è questa canzone che fa tarin tun ta, tarin tun ta"
Come sempre vado da Elaine, le consegno l'ordine premurandomi di avvertirla di stare attenta a quel pazzo furioso, e raggiungo un altro tavolo, immaginando la mia pessima vita in compagnia di Foppa.
Sebbene sia totalmente disperata, però, quando mi fermo davanti al tavolo di Pesce mi auguro davvero con tutto il cuore che la sua ordinazione non sia migliore di quella di Foppa. La cosa dovrebbe dirvela lunga sul nuovo cliente che sono intenta a servire. Tralasciamo il fatto che, da quando lo conosco, non sia cambiato di una virgola. Tralasciamo il fatto che il suo cervello sembri ancora quello del tredicenne che conobbi allo skate park. Tralasciamo il fatto che sia ancora più basso di me nonostante abbia passato l'età dello sviluppo da un bel pezzo. Credo sia abbastanza chiaro: da adolescente mi sceglievo davvero delle pessime cotte. Ora capisco perché le mie amiche mi guardavano schifata ogni volta che parlavo di qualcuno. Ma ok, tralasciamo anche questo. Pesce è tutto un tralasciare.
"Benvenuto al Little Things, è pronto per ordinare?" "Allora, prendo un succo di limone e dei biscotti agli agrumi". Grazie al cielo la richiesta ottima dei biscotti viene annullata dall'assurdità del succo richiesto. "E che libro le porto?" "No, nessun libro. Io non leggo".
questa batosta è il motivo perfetto per depennare, fortunatamente, anche Pesce dalla mia assurda lista di pretendenti. Tiro un sospiro di sollievo, tralascio Pesce ancora una volta, e me ne torno al bancone per consegnare ad Elaine la nuova ordinazione.
Quando raggiungo il quinto tavolo, vengo ammaliata dal sorriso incredibilmente perfetto della Capra. I suoi occhi azzurrissimi, anche più chiari di quelli della DivaH, mi scrutano dalla testa ai piedi, mettendomi in soggezione. Finalmente si torna a ragionare, questo sì che è un gran figo. Di certo non mi dispiacerebbe affatto sposarmi con lui, all'apparenza non ha mai avuto nessun difetto.
"Benvenuto al Little Things, è pronto per ordinare?" sorrido speranzosa, pregando con tutto il cuore che faccia una buona ordinazione. "Prendo un muffin al cioccolato fondente con un'aggiunta di gelato alla banana, è possibile?" "Certo" appunto tutto sul taccuino. Il muffin è una scelta più che ottima, ma il gelato... Stendiamo un velo pietoso. Prego quindi per la scelta di un buon libro. "Da leggere prendo Soffocare di Palahiuk, lo avete?" "Sicuro" annuisco, mettendo una V vicino al nome. Perché il gusto del gelato è uno schifo, ma almeno legge libri colti e impegnati. Sembra uno scemo, a guardarlo così, ma è più intelligente di quanto sembri. E non potrei essere più contenta di segnarlo come papabile futuro marito.
Consegno il tutto ad Elaine che inizia ad eseguire con impegno il mio ordine, poi me ne torno verso il sesto tavolo. È incredibile con quanta velocità io stia eseguendo il mio lavoro. Sono davvero una professionista, questo non me lo dite? E sono anche molto modesta, se è quello che vi state chiedendo.
Quando arrivo al tavolo tornerei volentieri indietro, lasciando il lavoro ad Elaine, per una volta, ma ormai il danno è fatto e tocca a me interagire con l'idiota che mi si para davanti. E non lo dico tanto per dire, ma ho impiegato mesi per abituarmi all'idea di non dover parlare con Sole, e ora l'idea di doverlo fare di nuovo mi dà sui nervi. "Ma non è mai stata una mia cotta!" inveisco contro la voce che "Oops, non ci crede nessuno!" ridacchia alle mie spalle e nella mia testa. Se solo avesse un corpo, probabilmente strozzerei quella voce maledetta.
"Benvenuto al Little Things, è pronto per ordinare?" "Allora prendo una coppa al triplo cioccolato fondente con panna, un frullato alla fragola, un muffin alla vaniglia con topping alla nocciola e un panino con hamburger, pancetta, formaggio, insalata, pomodori, olive, mais, peperoni e melanzane, se possibile sia con ketchup che con maionese. E anche una porzione di patatine fritte con salsa rosa, grazie". Segno tutto ad una velocità impressionante, trovando giusto il tempo per alzare gli occhi e sospirare, ringraziando il cielo di poter eliminare dalla lista quel soggetto assurdo, noto anche come pozzo senza fondo. "Libro?" "Mh, sì. Qualcosa di storico ce l'avete? Tipo il ciclo arturiano" "Certo" e per fortuna che quello che ha deciso di mangiare mi faccia schifo, perché se fosse stata solo una questione di libri ora vicino al suo nome ci sarebbe una V. È invece con grande soddisfazione che scarabocchio una X veloce e corro a portare l'ordinazione alla mia collega.
Meno quattro, l'ansia è sempre più alta. "Ma stai zitta, mica ti ci devi sposare con questa gente" "Voce... Fuck off, ok?". E voi non iniziate a prendermi per pazza, sareste agitati anche voi all'idea di dover sposare qualcuno su due piedi. Soprattutto se, fin'ora, i soggetti in lista sono un barbone pazzo che ora ha afferrato Elaine per ballare insieme la sua stupida canzone su una brioche ed un cappuccino e l'altro è uno strafigo che non vi sarà mai fedele perché troppo bello per una persona così mediocre come la sottoscritta.
Raggiungo il settimo tavolo, dove è seduto Colibrì. Sì, lo so, è un soprannome di merda perché questo me lo sono inventato sul momento. È sempre stato così lontanamente impossibile fino a quel momento che non mi sono mai nemmeno impegnata a trovargli un soprannome, fino ad ora. Eccone un altro, comunque, a cui affibbiare l'ormai abusato aggettivo 'bello'. Lo distolgo dai suoi pensieri, avvicinandomi. Forse è una mia impressione, ma sta fissando insistentemente la DivaH che sta trangugiando a gran bocconi i suoi pancakes.
"Benvenuto al Little Things, è pronto per ordinare?" "Certo, love. Prendo un tè Earl Gray e un paio di biscottini al burro d'accompagnamento. Puoi portarmi anche del latte per macchiare il tè, per cortesia?". Annuisco, mentre vicino al suo nome non solo metto un'enorme V, ma anche un cuoricino colorato. Sarà difficile battere la sua ordinazione, e già mi figuro con un bouquet di fiori d'arancio sull'altare. Tatattatà, tatattatà. "Ti porto anche un libro?" "Oh, sì, grazie. Harry Potter e il prigioniero di Azkaban, se possibile". La marcia nuziale si fa sempre più forte. Tatattatà, tatattatà. Così forte da assordarmi. Noto poi, ancora una volta, l'occhiata languida in direzione della DivaH e, finalmente, realizzo. "Holy Shit" urlo, dirigendomi verso il bancone. È gay, gay, gay... Maledettamente gay! Non voglio sposare un gay! Cioè, sia chiaro: li adoro. Scrivo e leggo storie slash, le coppie più belle che conosco sono gay e, insomma, sono la cosa più bella del mondo ma no, decisamente non posso sposarmi con uno di loro. Credo che il perché sia abbastanza evidente: non voglio essere parte di una coppia di coniugi frustrati che non possono avere ciò che vogliono se non con persone al di fuori della coppia. La conclusione è sempre quella: corna. "Non può essere lui" grido alla voce che "Continua e non lamentarti, le regole sono regole". Qualcuno si sta divertendo ad uccidermi lentamente, perché le regole di questo stupido gioco mi sembrano sempre più assurde. E poi è una mia impressione o escono fuori man mano che gioco? Qui a barare c'è solo una persona o, se preferite, solo una voce.
Raggiungo il terzultimo concorrente di quest'assurdo quiz. Vaniglio, così l'ho sempre chiamato. Stavolta, di certo, non farò un'eccezione. È praticamente l'anello che congiunge i miei gusti di merda adolescenziali e quelli bellissimi attuali. Ma, a questo punto, mi accontenterei anche del Gobbo di Notre Dame pur di non dovermi accasare con una checca come quella che sta ancora mangiando la DivaH con gli occhi.
"Benvenuto al Little Things, è pronto per ordinare?" "Fate anche cocktails?". Andiamo bene, ecco un altro che si da all'alcool fin di prima mattina. "Sì, certo" "Allora prendo un Angelo azzurro e dei salatini d'accompagnamento". Eccone un altro depennato dalla lista, maledizione. "Libro?" "La biografia di Steve Jobs, grazie". Alcolizzato e ostentante ricchezza. Addio Vaniglio, ti ho voluto bene. Il tuo bel culetto sodo e palestrato mi mancherà. Sì, gli fissavo sempre il culo e no, non sono una maniaca. Se lo vedeste dal vivo capireste.
Mancano solo due clienti e io già mi vedo sposata e tradita con un uomo. Come sarà infelice il mio futuro, non trovate anche voi? Come sempre lascio l'incarico ad Elaine di eseguire il tutto e raggiungo il penultimo tavolo, quello sistemato più vicino alle finestre.
Il sole illumina il viso da cucciolo di colui che, ovviamente, d'ora in poi chiamerò Puppy Face. No, non ha una faccia da cane, ma i suoi occhi sono così dolci ed innocenti che ti vien voglia di spupazzarlo da mattina a sera. O di abbracciarlo tanto forte da toglierti il fiato per il resto della tua vita. Ti prego, Puppy Face, se dovessi sposare te sarei probabilmente la persona più felice di questa terra.
"Benvenuto al Little Things, è pronto per ordinare?". Quello sorride al nome del locale ed inizia a canticchiare sottovoce una melodia totalmente familiare. "Un caffè americano e gelato alla nocciola". Nocciola, come i suoi occhi. "Però devo chiederti una cortesia: potresti portarmi una forchetta da dessert anziché un cucchiaino?". Annuisco, ridendo sotto i baffi per quella richiesta tanto assurda e segno una V vicino al suo nome. "Libro?" "No, grazie. Ho già quello che mi serve" risponde indicando un tablet poggiato sul tavolo. Faccio cadere lo sguardo sullo schermo e quello che posso notare è una sfilza di titoli di Fan Fiction, con quadratini rossi al lato, sistemate in una pagina internet che conosco fin troppo bene. Ridacchio ancora un po' e mi allontano a grandi passi. Chi l'avrebbe mai detto che Puppy Face è un fanboy di prima categoria, tanto da leggere tutte fan fiction su di lui? Dovrò avvertire gli utenti di Tumblr. Nonostante ciò le storie ci piacciono, quindi pollice in su per un altro pretendente. Anche se, fin'ora, nessuno ha ancora battuto Colibrì. Dio, che soprannome orrendo che gli ho dato.
Dopo aver spiegato la questione del cucchiaio ad una divertitissima Elaine, raggiungo l'ultimo tavolo. E che Batman me la mandi buona. Sì, sono così blasfema da invocare Batman nel momento del bisogno, problemi?
Arrivo zompettante... No, ok, la realtà è che mi trascino pesantemente come se fossi uno zombie. Quindi ricominciamo. Arrivo trascinandomi all'ultimo tavolo, dove Cane mi ha atteso per tutto questo tempo. Mi gela col suo sguardo color verde salvia -perché verde e basta è troppo riduttivo per descrivere quegli occhi- e mi sorride appena, facendomi sciogliere. Pregate tutti insieme che il suo ordine sia il migliore, altrimenti mi ammazzo qui prima ancora di arrivare all'altare.
"Benvenuto al Little Things, è pronto per ordinare?" "Una cioccolata calda senza panna ed una fetta di cheesecake alla Nutella, per favore". Annuisco e segno tutto mentre scarabocchio un cuoricino vicino al suo nome. Colibrì ha trovato un degno avversario. "Da leggere I fiori del male di Baudelaire, grazie". Segno tutto mentre esulto dentro me stessa e corro, stavolta per davvero, da Elaine. Le lascio l'ordine e mi fiondo in magazzino per la scelta finale.
È peggio del confessionale del Grande Fratello, questo buco pieno di scaffali. Scorro lo sguardo sul taccuino. In pole position se la giocano Colibrì e Cane, seguiti a ruota da Puppy Face, da Foppa ed infine da Capra.
"Spicciati a decidere, non abbiamo tanto tempo" "Stà zitta, voce, qui è del mio futuro che si sta parlando" "E capirai..." "Hey!" "Sbrigati e basta"
Ora capite perché sto seriamente invidiando il principe e la sua scarpetta? Tanto per cominciare non ha una voce che lo assilla costringendolo a sbrigarsi, e poi il suo metodo è sicuramente infallibile, al contrario del mio.
La scelta è ardua, perché ognuno di loro sarà la mia gioia e la mia distruzione. Ognuno di loro non sarà mai il marito perfetto, fondamentalmente perché la perfezione non esiste e perché nessuno mi sopporterebbe mai come moglie.
Se qualcuno è così misericordioso da essersi mosso a compassione dopo aver ascoltato il mio racconto, per favore, mi dia un po' di sostegno. Sapete dove trovarmi: rinchiusa, come una pazza, nel retro del mio locale. Non avrò detto il nome della via ma se cercate su Google Maps 'Little Things Londra' troverete tutte le coordinate giuste per raggiungermi. Non ho bisogno di troppe cose. Mi accontento di una presa di corrente per attaccare la mia lampadina per farla accendere.
O, in alternativa, di una scarpetta di cristallo.
   
 
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