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Autore: cljffvord    24/01/2014    9 recensioni
«Sono Justin…Ma non sono una persona normale, anche se sei nuova mi dovresti conoscere, tutti mi conoscono anche se non mi hanno mai trovato e mai lo faranno.»
Genere: Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jeremy Bieber, Justin Bieber, Pattie Malette, Ryan Butler
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 31
 
Debby’s Point Of View.
 
«Cosa?!» sbottò sporgendosi verso di me. Sapeva che non gli sarebbe piaciuto saperlo.
 
Sospirai e mi guardai attorno per controllare che James non fosse già di ritorno «Devo andare a casa sua, prometto che non mi succederà nulla.» risposi intrecciando le mie dita con le sue appoggiate sul bancone che ci divideva.

«Vengo con voi.» affermò levandosi il grembiule da attorno ai fianchi e gettandolo sul bancone. Annuii e mi diressi all’uscita del locale fermandomi lì vicino. Justin mi raggiunse. Mi cinse la vita con il suo braccio sinistro e fece incontrare le nostre labbra per una frazione di secondo. Si allontanò, avvicinandosi alla macchina mentre mi sorrideva.
 
«Andiamo?» mi chiese James da dietro. Mi prese per il polso e mi portò fino alla sua macchina. Il SUV nero.


Arrivammo davanti a casa sua in meno di un’ora. La discoteca non era molto distante da dove abitava. Cominciai a sentire l’agitazioni pulsarmi nelle vene e la paura impossessarsi della mia mente.
E se non ce l’avessi fatta?
 
E se mi avesse scoperto?
 
Cosa ne sarebbe stato di me?
 
Deglutii cercando di non farmi sentire e tantomeno vedere da James. Entrammo in casa e subito i miei occhi presero mille direzioni in cerca di qualcosa che poteva condurmi al foglio. Nulla. 

«Devo andare in bagno.» mormorai voltandomi verso di lui e mordendomi il labbro inferiore.
 
«Ultima porta a destra.» mi indicò indicando con il mento il piano superiore e il lungo corridoio. Gli sorrisi e salii le scale. Accelerai il passo quando fui vicino alla porta. Mi chiusi dentro a chiave e appoggiai la schiena cercando di calmarmi. Chiamai Justin per avvisarlo che andava tutto bene.
 
«Justin?» risposi appena sentii gli squilli terminare.
 
«Piccola?» chiese.
 
«Sì, sono io.» lo rassicurai. Lui liberò un sospiro di sollievo.
 
«Stai bene?» chiese sempre preoccupato.
 
«Sì, benissimo.» risposi sorridendo per la sua preoccupazione. Un altro sospiro liberò le sue labbra. Ridacchiai leggermente non volendo farmi sentire da James.


«Prendi quel fottuto foglio e torniamo a casa, non riesco a non pensare che tu sei in quella casa con quel figlio di p-»
 
«Justin, sta calmo, adesso vado.» lo fermai prima che potesse proseguire. Per fortuna non bestemmiava. Chiusi la chiamata dopo un suo ‘va bene’ ed aprii leggermente la porta. Riuscii a intravedere l’interno della camera di James. Mi tolsi le scarpe e in punta di piedi uscì dal bagno.


Entrai nella camera da letto e cominciai a frugare dappertutto. Mi stesi a pancia in giù e controllai sotto il letto.
 
Niente.
 
Mi rialzai e aprii tutti i cassetti dei comodini ai lati del letto.
 
Niente se non una miriade di boxer e preservativi. Chiusi di scatto il cassetto disgustata provocando un tonfo che rimbombò per tutta la camera.
 
«Cosa è stato?» gridò James dal piano inferiore.


«Niente!» risposi frettolosamente avvicinandomi all’armadio. Niente neanche lì. Sbuffai. Avevo perso le speranze, non sapevo più dove cercarlo. Guardai l’anta dell’armadio. Mi accorsi che delle macchie scure ricoprivano la superficie. Alzai lo sguardo e lo spostai sulla lampada. Rimasi sbalordita. Il foglio era lì. Ma che nascondiglio era?
 
Mi avvicinai al letto, ma fui trascinata contro qualcuno e qualcosa di freddo toccarmi la tempia.
 
«Cosa ci fai qui dentro?» chiese James più arrabbiato che mai.
 
Cazzo.


Non risposi e deglutii rumorosamente cercando di calmarmi senza successo.
 
Sogghignò «Debby Owens in camera mia, questa sì che è una sorpresa.» disse per poi scoppiare a ridere. Non parlai di nuovo.
 
«Dov’è il tuo ragazzo?» chiese. Udii il ‘clic’ della pistola.
 
«Non ho un ragazzo.» negai agitandomi tra le sue braccia.


«E che mi dici di Justin?» chiese divertito.
 
«Non ci siamo più visti da quando se n’è andato.» mentii.
 
Rise «Davvero? Non eravate voi quei piccioncini sulla spiaggia?» rispose divertito. Ci aveva spiati.
 
«No, ti sbagli.» risposi mentendo di nuovo.
 
«Allora non si arrabbierà se ti uccido.» disse facendo scattare di nuovo la pistola. Clic. Era la fine. Non avrei mai pensato che sarei morta così. Per uno stupido foglio di una stupida società e delle sue stupide regole.
 
Addio mamma, addio papà, addio Justin. Addio a tutto e tutti.


Udii lo sparo, ma non sentii alcun dolore. Sentii solo che la presa di James si allentava. Mi voltai. James era a terra sanguinante, la pistola vicino all’armadio, davanti a me. Dietro James vidi lui. Con ancora la pistola puntata verso il corpo del ragazzo a terra. Gli tremavano leggermente le mani e lo sguardo era schifato, pieno di ira.
 
«Justin.» mormorai senza voce. Alzò i suoi occhi azzurri per incontrare i miei. Deglutii. I miei occhi cominciarono a pizzicare e tutta la paura che avevo era sparita improvvisamente. Scavalcai James che era ancora a terra e continuava a gemere di dolore. 

Uscii dalla stanza e recuperai le mie scarpe dal bagno. Uscii e trovai un’ambulanza lì vicino. Probabilmente avevano sentito lo sparo o qualcuno l’ha chiamata.
 
Un volontario si avvicinò a me «Sta bene signorina?» mi chiese preoccupato. Mi coprì con una coperta grigia e mi fece avvicinare al veicolo. Mi sedetti dove le porte erano aperte.
 
«C’è ancora qualcuno dentro?» mi chiese sempre lo stesso uomo di prima.
 
«Sì. Due ragazzi.» mormorai mentre tremavo. Ero appena scappata dalla morte.

Certi penseranno che è una cosa davvero forte, ma non è così. In queste situazioni perdi ogni speranza. Non sai mai quando ti sparerà. Lo farà quando ti sarai calmato e di sicuro hai rassicurato te stesso che non ti farà nulla e invece…
 
Per ora il mio unico pensiero era Justin.
 
 
Justin’s Point Of View.
 
«Ci si rivede.» disse James ancora a terra.
 
«Cosa le hai fatto?» chiese chinandomi e afferrandolo per la camicia sporca di sangue.


Tossì «Fidati, non le ho fatto niente.» rispose ridendo «Se avessi potuto me la sarei scopata e poi l’avrei lasciata in mezzo alla strada da brava puttana che si rispetti.» aggiunse ridendo più forte.
 
Aveva superato ogni limite. Poteva dire qualsiasi cosa gli passava per il cervello sul mio conto. Ma non doveva toccare Debby. Era una delle cose che non sopportavo.
 
Gli tirai un pugno sulla gote destra e lo lasciai cadere a terra. Gemette ancora di dolore. Era caduto proprio sulla ferita che gli avevo provocato. Non sapevo quante avrebbe resistito dato che la ferita era sulla schiena, vicino ai polmoni. 

Lo sentii ridere un’altra volta prima di tirargli un calcio nello stomaco. Doveva solo soffrire. Nascosi la pistola nella tasca del pantalone e piegai il foglio infilando, anche quest’ultimo, nella tasca dei pantaloni.
 
Mi dileguai dalla camera, sicuro di aver lasciato James a terra da solo. Recuperai le chiavi della macchina che avevo lasciato sul tavolo, poi mi avvicinai alla porta per aprirla, ma era chiusa. Diedi qualche spallata, ma rimaneva sempre bloccata. 


«Dove credi di andare?» chiese ironico James alle mie spalle.
 
Sparò e mi sfiorò la spalla. Mi voltai pronto per colpirlo, ma lui fu più veloce e mi prese per il collo schiacciandomi contro la porta. Le sue dita premevano poco sotto il mio orecchio. Gli afferrai il polso per cercare di allentare la presa.
 
Non me lo ricordavo così forte. Mi teneva su usando una sola mano. Con l’altra libera estrasse dalla tasca un coltello che portò vicino al mio fianco. Sentii la punta dell’arma entrare con una lentezza estenuante dentro la pelle. Contrassi la mascella reprimendo un grido. Non avrei mai voluto che lui capisse cosa stavo provando in quel momento.

«Se continui andrai nella merda.» affermai guardandolo mentre sul suo sguardo apparve un sorriso divertito.
 
«Non importa.» rispose alzando le spalle. Spinse il coltello più a fondo «Ci sarai anche tu.» sorrise.
 
Il mio petto si alzava e si abbassava molto velocemente. Sentii che James si era fermato. Ne approfittai per tirargli un calcio nel basso ventre. Si accasciò a terra rannicchiato su sé stesso mentre mi sfilai il coltello dal fianco. La mia camicia era ormai diventata rossa. Lasciai cadere il coltello e, barcollante uscii da quella casa.

Debby si fece strada tra la folla con la coperta grigia sulle spalle. Zoppicai, tenendomi il fianco, verso di lei. si avvicinò di corsa e mi afferrò il viso tenendolo tra le sue mani. I suoi occhi cominciarono a diventare lucidi. Mi abbracciò e gemetti silenziosamente. Ricambiai l’abbraccio avvolgendo il braccio libero attorno alla sua vita.
 
«Stai bene?» mi sussurrò. Le risposi con un flebile ‘sì’. Mi allontanò da lei e cominciai ad avere le vertigini. La testa mi faceva male e girava tantissimo. Mi aggrappai a lei prima di cadere in ginocchio davanti a lei. mi sdraiai del tutto, sulla schiena. Debby al mio fianco mi scuoteva e mi implorava di tenere gli occhi aperti e di non lasciarla. 


Contro la mia volontà i miei occhi si serrarono, lasciandomi andare in un sonno profondo dove forse non mi sarei mai svegliato mai più. Il nero accompagnava il tutto.
 
Non avrei più visto la luce, i miei genitori, Jazzy e Jaxon. Debby. Che ne sarebbe stato di lei? avrebbe mai accettato la mia morte?
 
Non avrei più rivisto il suo viso. I suoi occhi che mi guardavano come avevo sempre desiderato. I suoi capelli così morbidi con cui adoravo giocare, attorcigliandomeli tra le dita. Le sue labbra che avevo desiderato sfiorare dal primo momento che l’ho vista. E poi il suo corpo. Qualcosa di assolutamente impossibile resistere, ma che non volevo avere, almeno non per ora.
 
Mi teneva compagnia quando ero solo, triste, arrabbiato o stressato. Nessuno sa quanto lei sia davvero importante per me. Nemmeno lei. Vorrei solo che suo padre non mi odiasse.
 
Quando la notte era con me, io restavo sveglio fino a tardi ad osservarla mentre dormiva. Era una delle cose più belle che qualcuno potesse donarmi. Mi sentivo davvero una persona qualunque quando ero con lei. 

Potevo davvero dirle tutto. Era come una migliore amica, sorella e ragazza. Mi fidavo tantissimo di lei. E’ vero, non ci siamo ancora detti ‘ti amo’, ma aspettavo un’occasione molto importante. Volevo che il nostro primo ‘ti amo’  fosse qualcosa di indimenticabile, qualcosa che rimarrà per sempre.
 
Questi sono stati i due mesi più belli di tutta la mia vita. Lei è stata un dono del cielo. Il più bel regalo che qualcuno potesse farmi.
 
E ora era qui, davanti a me che mi implorava di svegliarmi, di non lasciarla sola, di non andarmene. Diceva che aveva bisogno di me, perché io ero tutto per lei.
 
Avrei voluto risponderle, ma non avevo forze né energie. Avrei voluto chiederle di sposarmi, di diventare mia moglie. Saremmo andati a vivere da soli, con i nostri figli. Avremmo trascorso tutta la nostra vita insieme, per sempre fino alla morte. Avrei voluto vedere i nostri figli crescere e imparare. Proprio come noi. Io e lei. 
 
La amo tantissimo e ora lo so per certo. Ma non riuscirò mai a dirglielo. E la cosa mi uccide. 

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here i aaaaam.
ok, mi volete di nuovo morta, lo so, lo so.
sono tremendamente dispiaciuta per questo ritardo enorme, ma oltre agli impegni e alla scuola, ci si mette pure la fantasia che comincia a scarseggiare.
questo capitolo è un po' drammatico, soprattutto la fine...
che dite, ce la farà Justin?
non vi anticipo nulla. 
chiedo solo un favore. 
come ben sapete sono poco esperta per quanto riguarda questo sito quindi vi chiedo di aiutarmi in una cosa: mi potreste spiegare come si fa a cliccare su una parola e poi ti appare una foto?
non so se mi sono spiegata...
comunque, ci si vede al prossimo capitolo!
kiss kiss

shedreamsbieber

 
  
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