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Autore: LadyDenebola    24/01/2014    7 recensioni
Gli esuli di Erebor si arrangiano lavorando nelle città degli uomini. E, durante il lavoro, si può udire un canto risuonare oltre il rumore dei loro martelli.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Thorin Scudodiquercia
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sollevò lo sguardo.
Una vetta, all’orizzonte, le pendici seminascoste da un velo di nebbia.
Sarebbe stata identica a Erebor, se non fosse stato per le macchie di alberi che la ricoprivano – segno di vita.
Ma la sua Erebor era distante miglia e miglia, su a nord. E non la vedeva da anni, ormai.
Ma Thorin non aveva dimenticato com’era prima dell’arrivo del drago. La ricordava bella, rigogliosa e imponente, degna d’essere il settimo regno dei nani.
 
Thorin distolse gli occhi dalla montagna. Sentiva il cuore sanguinare, ma non poteva indugiare oltre.
Riprese il martello e lo calò con quanta forza aveva in corpo sulla spada che teneva ferma sull’incudine.
Il pesante tintinnio invase ben presto il retro della bottega ed echeggiò in tutta la stretta valle. Nessuno vi fece caso: quel nano venuto da lontano aveva già finito la sua breve pausa. Ma per Thorin era quasi un sollievo ascoltare quel rumore che gli invadeva ogni fibra.
Gli ricordava i giorni lontani in cui scendeva nelle forge a fabbricare magnifiche armi incastonate di pietre preziose.
Era così in ogni città o villaggio in cui giungeva. Con i superstiti di Erebor si arrangiava svolgendo quei lavori a cui i nani erano abituati.
Ogni volta, gli uomini che li incontravano rimanevano stupiti di fronte a quell’orda nanica, coi volti scuri e pronta a mettersi all’opera. E, ancor di più, si stupivano quando i nani intonavano i loro canti nella Lingua Corrente.
Canti strazianti che a volte accompagnavano il loro lavoro.
Al martello che s’abbatteva sull’incudine si univa allora un inno.

Era malinconico, all’inizio. Parlava di una montagna. Di una grandezza perduta.
E poi cresceva d’intensità, all’unisono col lavoro dei fabbri. E, fra un tintinnio e l’altro, si potevano distinguere chiaramente alcune parole. Una promessa.

Ritorneremo presto!

Il discorso che un re avrebbe tenuto ai suoi soldati alla vigilia di una guerra. Alla vigilia di una riconquista.
Thorin se lo ripeteva ogni giorno, ogni ora. E si riempiva d’orgoglio tutte le volte che lo sentiva uscire dalle labbra dei suoi congiunti. Allora, si diceva che c’era ancora speranza. Che, prima o poi, avrebbero fatto ritorno e si sarebbero ripresi quel che apparteneva loro.
Il futuro era oscuro: se guardava avanti a sé vedeva fiamme e morte. E in mezzo a esse, splendente come un faro rassicuratore, c'era lei. L’Arkengemma.
Quel che era stato rubato avrebbe fatto ritorno ai suoi legittimi proprietari.
Thorin avrebbe risollevato i suoi uomini e li avrebbe guidati attraverso l’oscurità e la desolazione che Smaug aveva portato su Erebor.
Avrebbero riacceso i fuochi della Montagna. Le sorgenti argentee sarebbero tornate a scorrere. E l’Arkengemma sarebbe tornata a splendere sul trono del Re sotto la Montagna.

Lontano laggiù, oltre i nebbiosi monti gelati.
 






Angolino dell'autrice:
Hola! Benritrovati a tutti/e! Innanzitutto, scusatemi per questa fanfic, ma non è colpa mia se sono facilmente impressionabile: in breve, ecco cosa succede ascoltando la colonna sonora de Un viaggio inaspettato. Per la precisione, mi sono rifatta nientemeno a The Lonely Mountain cantata da Neil Finn (in caso non fossi stata abbastanza chiara nella fanfic XD). Perciò, ho cercato di adattarla ai pensieri e ai sentimenti di tutti i nani scampati a Smaug, in primis a Thorin. Fatemi sapere cosa ne pensate del risultato! ^___^ Ps: i personaggi appartengono, naturalmente, a Tolkien. Anche stavolta, io mi limito a torturarli! ^__^
   
 
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