Assenze
Una volta
lui l’ha studiata quella legge di Dirac…
com’è che diceva? Se due sistemi che interagiscono
fra loro per un determinato
periodo di tempo vengono separati, diventano, in qualche modo, un unico
sistema, non potendo più essere considerati come due
differenti.
E, se lui fosse uno di quelli
maledettamente poetici
e filosofici, in grado di ammaliare una donna mediante le parole, state
certi
che l’avrebbe
già pensato o detto.
Ma no, non lo è,
dunque lui ed Elena non sono ancora
un tutt’uno, non sono ancora legati da qualcosa di
indistruttibile: lei è a due
passi da Damon che ride ad una squallida battuta del biondo, con le
gambe
incrociate sulla sedia e gli occhi lucidi per il troppo alcool nel suo
corpo,
mentre due occhi così azzurri e così liquidi sono
intenti ad osservarla, a
scrutarla e farle capire che lui è lì, anche se
lo ignora.
«Viva
la vida!»
esclama Caroline alzando un bicchiere pieno d’alcool
adornato, sul bordo, con
una fettina di limone. Elena, al suo fianco, scuote la testa,
perché nonostante
abbia bevuto qualcosina
–ah,
qualcosina è un eufemismo, ma... come dire…
è quella che ha ingerito meno alcolici-
è ancora lucida.
«Viva
la vida un
corno, Barbie» ribatte aspramente il ragazzo dagli occhi blu.
Caroline si
stringe al suo fidanzato, non prima di alzare delicatamente il dito
medio e dedicare
a Damon quel gesto.
Sono tutti in un bar nella
periferia di Barcellona,
odono esclusivamente discorsi rapidissimi in spagnolo e comprendono
circa un
quarto delle parole pronunciate, per non parlare di Elena e Cami, le
sole che
riescono a biascicare qualche parola in questa lingua affascinante
quanto
complessa.
Scoppiano
in una risata generale, ma Damon lo sa, è colpa del liquido
che scorre nelle loro
vene, che disintegra ogni briciolo di dignità ed elimina
ogni freno posto da
loro in precedenza.
«Scusala fratello
– Stefan ride chiudendo un attimo le palpebre – non
ha imparato dal migliore a
reggere un paio di bicchieri…» detto questo, due
paia di occhi si posano su
Damon –quelli di Elena e Jeremy-, le restanti sulla coppietta
che adesso si
scambia effusioni.
«Dio, quanto
diabete!» Nadia spalanca le braccia per
enfatizzare al meglio il suo concetto, Elena però la blocca
e la corregge
sorridendo apertamente.
«Prova così,
magari ti danno retta: “Por Dios, pobre
mi diabetes!” » allora alza la voce con un sorriso
sulle labbra, poi ride e
assottiglia lo sguardo nell’istante preciso in cui la sua
risata si fa più
forte, più acuta, ma più violenta per la
sanità di Damon.
Sono solo un gruppo di amici e
fratelli, qualche
coppia stabile o non, e disastri costantemente all’orizzonte.
Spesso le loro
urla possiedono apparentemente un’accezione negativa,
però sono urla di risate,
di amici e di persone che, tutto sommato, si voglion bene. E poi
sembrano degli
adolescenti, con Damon che litiga con Care, Nadia che prova qualcosa
per Matt,
Cami e Klaus e la loro “amicizia” che si protrae da
un tempo infinito anche se
è palese l’interesse sentimentale e
l’attrazione reciproca. Poi c’è Bonnie,
c’è
Jeremy e una marea di cuori infranti.
Damon non saprebbe dove
collocarsi, se fra “gli ex
che si odiano” e “gli ex adesso amici”.
Probabilmente la sua categoria è “ho
mandato tutto all’aria con Elena e questo è
sufficiente”.
Non si tratta di un tradimento,
di un’idiozia: Damon
ha comunque tradito sé stesso e rimane un idiota. Ma dai,
aprir bocca senza una
ragione e dirle “Non sono un tipo da sentimenti…
non ti direi mai ti amo
perché non ti amerei mai” è
proprio da stronzi, e lui sì che lo è.
«La vida
va
avanti» esordisce Elena rivolgendo a Damon
un’occhiata carica di rancore.
«Sei tu che resti
indietro»
E dopo averle detto quello, Damon
la fece piangere,
sapete? Lei che si tratteneva dal farlo e puntava lo sguardo sulla
punta delle
scarpe, improvvisamente così interessanti. Lei che
sì, invece, lo amava. Lei
che sì, glielo aveva detto. Lei che non gli ha mai
più rivolto la parola, dopo
un discorso in grado di seccar la gola e raggelare il sangue nelle vene.
Il tempismo vien dopo: Damon
capisce cosa sia l’amore
il secondo successivo a quello in cui lei lo manda a quel paese e
chiude i
rapporti con lui.
«Ordiniamo
qualcos’altro?» esordisce Jeremy
sorridendo e fermando lo scorrere lento delle lunghe occhiate fra Damon
e sua
sorella. Il Salvatore biascica un ‘fate
come volete’ ed Elena ricambia il sorriso annuendo,
e Damon si blocca: è
così bella, dio se lo è, i capelli, le labbra,
gli occhi, gli zigomi, il naso,
le guance rosse, le mani, il collo su cui amava lasciare segn-
«Eh?»
Stefan rotea gli occhi al cielo.
«E’ tutto okay?» e
nel ripronunciare queste parole muove il capo in direzione della mora
dalla
pelle olivastra. Il grande fra i due si lascia andare ad un lungo
sospiro, non
togliendole gli occhi di dosso, come tra l’altro non ha fatto
per tutta la
serata.
«Sì,
certo» sbuffa poco dopo, incrociando le gambe e
giocando con le proprie mani.
«Già»
risponde Stefan, poco convinto. «E dovrei
crederti perché…? Mhm?»
…Appunto. Damon scocca
la lingua sul palato,
passandosi poi una mano fra i capelli corti, fra le ciocche corvine con
cui lei
amava giocare quando la baciava, di getto, colpendola, stupendola,
facendola
sorridere ed innamorare mentre anche lui lo faceva, inconsapevolmente.
«Sai che sono un
coglione…»
Stefan annuisce con nonchalance,
al che Damon stringe
la mascella e continua il suo discorso.
«Potrei essermene
pentito» mormora vago, facendo
spalancare appena gli occhi grandi e verdi del piccolo, che adesso
ridacchia, e
si passa la lingua sulle labbra.
«Aspettavo con ansia
questo giorno» sputacchia
divertito, scuotendo il capo.
Damon inclina la testa,
guardandolo con curiosità. «Il
giorno in cui ti…»
«Mi
sarei…» Damon muove una mano, per fargli
intendere che beh, ha capito: il giorno in cui si sarebbe--
«Cosa?»
domanda Stefan ridendo.
«Lo sai»
arriccia il naso, prima di afferrare un
bicchiere di birra.
Stefan aggrotta le sopracciglia.
«Non penso di aver
capito…» ma il suo sorriso furbo fa più
che intendere che invece, sì, ha
capito.
«Andiamo!»
«Non lo so
proprio!»
«Innamorato»
Stefan poggia una mano sulla
bocca, iniziando a
tossire mentre tutti, preoccupati, si voltano verso i due fratelli.
Caroline
gli poggia una mano sulla fronte, allontanandogli il bicchiere
d’acqua che
aveva in mano.
«Ehi ehi ehi
– Stefan?»
Damon gli batte amichevolmente
una mano sulla schiena.
«Sta’ un
po’ fermo! E’ il mio ragazzo!» ribatte la
bionda piccata, parlottando
con Stefan e
sorridendo quando lui sembra essersi ripreso.
«Ma che hai fatto?
» chiede sinceramente sorpreso
Jeremy, e Klaus –che ha osservato la scena con uno strano
divertimento addosso-
scoppia a ridere, scusandosi appena per la sua reazione.
«E’
l’aria di Barcellona, suppongo» risponde un forte
accento britannico al giovane.
Jeremy –e i suoi occhi
da cucciolo di cane dolce ed al
contempo bastonato- si posano sulla
figura di Damon, adesso piegata a metà e con il volto vicino
a quello del
fratello.
«Riprenditi,
insolente» sputa fintamente rabbioso
questa parole, lasciando che la dolce risata del piccolo si propaghi
nelle sue
orecchie.
«Non me
l’aspettavo» insorge occhi-verdi,
mentre uno strano luccichio negli occhi di questo
spinge Damon a corrugare la fronte ed osservare Elena che, colta sul
fatto ad
ammirare bellamente occhi-blu,
adesso
finge di ascoltare attentamente la conversazione fra Nadia e Cami.
Damon schiocca la lingua sul
palato, si inumidisce le
labbra e sposta lo sguardo sulla figura splendida di Rebekah, appena
tornata
dalla toilette.
«Hai fatto le tue
cose?» domanda divertito Matt.
«Sei squallido,
quarterback. E per giunta ubriaco.»
ma lei ride e Nadia anche ma questa si incupisce, nessuno ad eccezione
di occhi-blu sembra notarlo. E un
po’ si
intenerisce, perché Nadia le ricorda tanto qualcuno
– a proposito, non è ancora
sicuro di sapere chi- ed è così giovane ed
è già a conoscenza di quel tanto noto
amore non corrisposto, provato da Elena tempo fa e da Damon adesso
– ma Elena
l’ha già dimenticato?
Deglutisce amaramente al solo
pensiero, lui non
sarebbe mai in grado di farlo, neanche con la compagnia di Alaric e
qualche
bottiglia di Bourbon fra le sue mani – semplicemente
è colpa di Elena, così
difficile da dimenticare, e forse anche sua, in fondo, che si
è innamorato come
uno stupido idiota, neanche fosse un liceale a-
«Siete tutti ubriachi
marci!» urla a gran voce Matt,
seguito poi da un sacrosanto silenzio. Elena lo guarda, abbassa gli
occhi da
cerbiatta e poi li chiude, prima di scoppiare a ridere fragorosamente e
dar
inizio alle risate collettive. Damon no, invece. Perché
– insomma, come può
ridere se può invece contemplare il suo amore in tutta la
sua bellezza? C’è il
suo sorriso, la sua voce, gli occhi a due fessure, le rughette formate sotto gli occhi,
le mani sempre calde
e la canotta nera così aderente e così
provocante, seppure semplice e Damon non
può proprio-
«Lo stai facendo di
nuovo» bisbiglia Stefan
divertito.
«La stai ammirando in
tutta la sua bellezza… un’altra
volta.» spiega poi, alzando le sopracciglia e sospirando.
Damon. È. Fottuto.
«Già»
biascica poi, prima di bere altri drink freddi,
da far ghiacciare la spina dorsale. Arriccia il naso e stringe le
labbra in una
smorfia quando vede Klaus avvicinarsi a lei come non dovrebbe.
È come se si
accendesse un campanello d’allarme, un qualcuno-si-sta-avvicinando-e-non-dovrebbe-perché-tu-la-ami.
Le sussurra qualcosa
all’orecchio e lei ride e Damon
si agita, esattamente come qualcosa all’altezza dello
stomaco. All’improvviso
non ha più fame, più sete, più sonno,
più freddo, più caldo, più voglia di
andarsene. I suoi pensieri si sono trasformati in un susseguirsi di vomitovomitovomito e chiudi
gli occhi, magari è solo frutto della
tua fervida immaginazione.
E li chiude.
E li riapre.
E Klaus è ancora ad
una schifosa distanza da lei.
Si alza senza troppa gentilezza e
si allontana dal
tavolo bianco, dalle risate troppo acute e dagli sguardi che non
avrebbe voluto
intercettare. Sfreccia fuori dal locale, mentre l’aria
umidiccia di Barcellona
si appiccica senza troppi giri di parole sulla sua pelle, e lui
è quasi
disgustato.
Ma perché,
perché? Perché, è tutto quello che si
chiede.
Un mezzo sorriso goffo si piazza
sulla sua bocca
quando ricorda uno dei loro primi appuntamenti, le risate di lei
causate solo
ed esclusivamente da lui e la sua stupidità a livelli
esorbitanti per non
essersi accorto sin da subito che lei era quella giusta.
Dio, dio,
dio!, che vita di mer-
«Ehi» e non
può fare a meno di pensare che non può
neanche pensare ed insultarsi tranquillamente, e probabilmente
è anche una
buona cosa.
Nadia indossa un vestito nero che
le arriva a metà
coscia, dei sandali dello stesso colore e sorride così
tristemente che Damon
capisce.
Schiude le labbra e Nadia prende
un respiro profondo.
«Mi ricordi molto
me» dice, senza ricambiare qualcosa
di inutile.
Lei sembra curiosa, adesso,
inclina il capo e chiede
silenziosamente di più.
«Tu» esclama,
indicandola con il mento «Non smetti di
lottare, vuoi attirare la sua attenzione e dimostrargli il tuo amore.
Ma sei
terribilmente ed inevitabilmente…»
«…Stanca»
conclude al suo posto. Damon la guarda, per
qualche attimo, poi annuisce.
Ride, e «Si nota
tanto?» chiede, incrociando le
braccia e con un tono di voce che Damon collega a quello di una
bambina.
Scrolla le spalle.
«Probabilmente se
n’è accorto anche lui»
sdrammatizza, Nadia sorride titubante, non convinta se è un
bene o un male.
Sbuffa sonoramente, alzando il capo verso l’alto ed
osservando il cielo scuro
ma pieno di stelle, puro come non ricorda di aver mai visto.
«Per quanto mi riguarda
– scrolla le spalle – non
credo di interessargli. Però la tua situazione è
sicuramente più disastrosa»
Damon si acciglia, chiedendosi
perché lui non possa
essere quello squallido quarterback ed amare una come Nadia, piuttosto
che
continuare a flirtare spudoratamente con Rebekah o piuttosto che essere
lui, ed
avere un disordine mentale e sentimentale.
«Che
c’è? – incontra il suo sguardo
– E’ palese il
tuo interessamento per Elena. E a dire il vero non sono sicura che sia
solo una
stupida cotta…» lascia la frase in sospeso,
perché lui ha afferrato il concetto
e perché si sente così nudo e vulnerabile di
fronte a quella donna che gli
ricorda tantissimo se stesso – ora l’ha capito.
L’aria è
frizzante, gli prude il naso e non sa cosa
risponderle: non è mai stato uno di tante parole,
soprattutto gentili, e gli
era capitato solo una volta di sentirsi così, con Elena, ma
è stato davvero
molto tempo fa.
Quindi sorride, infila le mani
nelle tasche dei
pantaloni che gli arrivano al ginocchio e si lascia andare ad un
sospiro
pesante.
«…E’
complicato, mhm? Non è così?» lo esorta
lei, con
una ciocca di capelli che finisce sugli occhi. Scuote dunque il capo e
la passa
delicatamente dietro l’orecchio.
«Lo
è»
«Non si riduce sempre
tutto all’amore di una donna?»
E Damon sta per risponderle, ha
già aperto bocca e
quasi trovato le parole, ma Caroline
sono-bionda-pazza-e-la-tua-futura-cognata,
suo fratello, Bonnie e Jeremy escono dal locale, borse e cellulari fra
le mani.
Corruga la fronte:
«Dove andate?»
«Sono le tre, Damon
– esclama stanco il piccolo
Gilbert – tra qualche ora abbiamo i soliti impegni.»
«Università,
lavoro – Bonnie alza le spalle – Ma è
stata una bellissima serata» conclude sorridendo apertamente.
Caroline arriccia le labbra.
«Lo è stata –- tranne
per te, s’intende, uomo di ghiaccio.»
Damon si lascia andare ad una
leggera risata, volta
il capo a sinistra, poi si passa la lingua sulle labbra.
«Ti chiamo
io» asserisce Stefan in direzione del
fratello, qualche attimo prima di stringere la sua mano con quella
della sua
fidanzata, la bionda a cui Damon vuole comunque bene. Tutti salutano
lui e
Nadia con un rapido gesto dei loro arti superiori accompagnati da
qualche
‘hasta la vista’, ‘besos’,
‘ciao’ pronunciati davvero male.
«Forse è
meglio andare – sussurra Nadia – prima che
perda il passaggio per casa» ridacchia mentre Damon
è sicuro che lei abbia
bevuto troppo, spinta da quella estroversione con cui non ha quasi mai
visto a
che fare.
Annuisce con il capo ed assieme
tornano dentro,
incontrando Klaus a braccetto con Cami e Rebekah avvinghiata a Matt.
«Uno, due, tre,
quattro… e cinque, c’è posto anche
per me in macchina!» Nadia conta indicando i suoi amici con
le dita, terminando
con l’indice sul proprio petto. Sorride a Damon,
abbracciandolo e mormorando al
suo orecchio “Non fartela scappare”.
Damon non capisce subito, ma fa
qualche conto ed
arriva a quota nove, poi c’è lui, dieci, ed Elena,
undici. E… oh, sembra
proprio che dovranno parlare.
Si dileguano tutti lasciando solo lui e qualche altra persona ubriaca
marcia
nel bar. Potrebbe andarsene, vero, ma è un gentiluomo, vero,
e non vuole che
Elena torni a casa sola, soprattutto perché non ha un
passaggio, verissimo.
La vede che si volta verso di
lui, poi sgrana gli
occhi e schiude le labbra.
«Sono andati via mentre
eri in bagno.»
Lei sorride appena, imbarazzata e
turbata al
contempo.
«Be’…
grazie» assottiglia lo sguardo e non è sicura
delle parole appena pronunciate, ma è anche vero che lei non
è più sicura di
cosa dire e cosa fare quando c’è Damon.
Lui sorride di rimando,
mordendosi l’interno guancia
ed aspettando semplicemente.
«Aspetti qualcuno?
Nadia, forse?» chiede lei con un
pizzico di quella che al Salvatore sembra pura gelosia. Lui deglutisce,
scuotendo il capo.
Sarebbe
bello
se solo fosse vero…
«E’ tornata a
casa con gli altri. Hai… Vuoi un
passaggio?» mormora velocemente, spostando lo sguardo dagli
occhi profondi al
nulla indefinito dietro lei, in un veloce e continuo ping pong che la
distrae e
lo fa apparire come un pazzo innamorato quale in realtà
è. Dio, pensa, sono un
rammollito…
«Oh –
sussurra. Sbatte le ciglia un paio di volte –
io credevo che… - si inumidisce le labbra- niente, lascia
stare.»
«D’accordo»
e mentre pronuncia queste due parole è
abbastanza convinto che qualcosa sia crollato e il loro rapporto abbia
sul
serio preso due strade opposte.
Elena lo guarda, sta per urlargli
qualcosa contro ma
quello che Damon riesce ad udire è un flebile:
«Portami a casa, Damon.»
E lui vorrebbe parlare
dell’assenza della mora che lo
ha asfissiato, di quando trascorrevano giorni e giorni assieme e adesso
la sua
vita è così bianca e vuota che si soffoca, del
dolore che la loro rottura gli
ha provocato perché non riesce a convivere con la sua
assenza. La sua intera
vita è costellata di assenze, ma lui non riesce a far
combaciare le proprie
esigenze con una realtà che gli sta troppo stretta.
Le sorride e le infonde quello
che le ha sempre ed
inconsapevolmente dato: calore, sicurezza.
Ad Elena manca lui ed anche
molto, ma le sue mani
sempre fredde e le dita affusolate con quel bizzarro anello di famiglia
sicuramente di più, poi quando le incastravano, e non
c’erano più spazi, solo
una strana perfezione, un completo incastro. Ad Elena manca
ciò che quel gesto
comportava, semplice amore e puro affetto, protezione ed un insolito
senso di
sicurezza che riusciva a darle pace e ossigeno.
«Non ho mai voluto
ferirti.» insorge poco dopo,
quando stanno entrambi per entrare in macchina.
«E’ comunque
successo ed io sono andata avanti. –
deglutisce – non devi fartene una colpa…
è normale… dico, ehm, non ricambiare
sai… ma è tutto okay, adesso.»
«Non intendevo quello
che ho detto, tempo fa. Io
avrei potuto benissimo innamorarmi di te.»
«E’ tutto
okay, Damon, mettiamoci una pietra sopra.»
è quasi una supplica quella di Elena, che indossa la cintura
di sicurezza e
guarda sempre di fronte a sé, senza mai voltarsi verso
ciò che più le manca.
E se lui non la smette, potrebbe
scoppiare a piangere
per la tensione ed il dolore che continua comunque a provocarle.
«L’ho
fatto.»
Elena stringe le labbra.
«L’ho fatto,
Elena, quando tu sei andata via.»
«Portami a casa,
Damon.»
Scrolla le spalle, stringe il
manubrio.
«Mi sono realmente
innamorato di te.»
Elena trattiene il respiro per
qualche secondo,
sbatte le palpebre tre volte e stringe convulsamente le mani a pugno,
facendo
diventare le nocche quasi bianche. Sta cercando di respirare.
«Andiamo a casa, Damon.
Andiamo a casa»
Lui aggrotta le sopracciglia ma
sa che qualcosa sta
cambiando. Casa?
«Portami a casa tua,
Damon. Quella dove il freezer
non funziona, dove la tv della cucina è in bianco e nero,
quella dal tappeto
rosso scuro e dalle nostre foto. Portami a casa nostra, Damon. Voglio
tornarci.»
Elena sente che potrebbe vomitare
l’anima per
l’alcool e per le sue stesse parole, per l’ansia e
per casa loro.
«Non ha mai smesso di essere anche la tua casa.»
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Non c’è molto da dire, se non un auguri, tvd family – fandom! Spero non siate rimaste troppo deluse dall’episodio. Nel complesso a me è piaciuto, nonostante alcune piccole cose che mi hanno un po’ fatto arricciare il naso. Questa era una delle oneshot che avevo iniziato tempo fa ed ho terminato oggi. Ne ho un’altra e la posterò più avanti. Penso sappiate della mia pausa dallo scrivere le long – l’ho scritto praticamente in ogni spazio autore precedente – quindi… okay. Spero vi piaccia, sono più di tremilacento parole! Sarebbe bello leggere qualche parere! :)
un
abbraccio forte