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Autore: Demian    07/06/2008    7 recensioni
Itachi, fuggito dal Villaggio della Foglia dopo aver massacrato il proprio clan, si scontra con il suo futuro compagno, Kisame.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akatsuki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pioggia.

Nascosto sotto un tetto di foglie, guardai di nuovo il cielo plumbeo e gonfio di minacce. Era così da tre giorni. Questo stato di cose mi infastidiva. Avevo passato il confine la notte scorsa, ma sapevo bene che tutte le squadre erano state sguinzagliate per il Paese, impegnate a cercarmi. Ciononostante, non trovavo la forza di rimettermi in cammino, non in quel momento. La pioggia ha sempre avuto la facoltà di deprimermi, fin da ragazzo. Mi avvolsi nel mantello. Avevo ancora un'ora, al massimo due per riposare. Dopo avrei dovuto muovermi.

Quando mi rimisi in cammino, aveva appena spiovuto. Contavo di attraversare il fiume prima del tramonto. Da lì, non sapevo ancora dove mi sarei diretto. Qualche tuono echeggiava ancora, simile alla lontana collera che mi inseguiva. Guardavo spesso alle mie spalle, poichè da lì mi aspettavo di scorgere il nemico. Invece, fu proprio davanti ai miei occhi.

Al centro del ponte, un uomo bloccava completamente il passaggio. Era seduto a gambe incrociate, placido, come se fosse nel suo pieno diritto stare lì. Davanti a lui era posato quello che pareva un enorme tronco divelto. Solo quando fui più vicino, mi accorsi che si trattava di uno spadone. Un enorme spadone fasciato. Il tizio portava un coprifronte scheggiato: riconobbi il simbolo della Nebbia. Mi sorrise, poi accennò con noncuranza al terreno alle sue spalle. "Vuoi passare?" domandò, beffardo. Non risposi. Questo parve soddisfarlo. "Bene" disse alzandosi, e sollevando con straordinaria naturalezza la sua arma: "Per passare, devi scavalcarmi. Questo è il mio allenamento". Sembrava uno di quei bambini che, per gioco, danno la caccia alle lucertole per staccare loro le zampe o la coda. Capii che sarebbe stato inutile articolare anche un solo monosillabo con lui. Rimase immobile, mantenendo lo spadone leggermente sollevato da terra, fischiettando. Io dovevo passare quel ponte. Avrei fatto la prima mossa.

In quel momento un lampo scarlatto mi perforò le tempie. Mi chinai leggermente, soffocando un gemito. Dannazione. Da quella notte, gli occhi mi bruciavano di continuo. Non avrei potuto usarli, non ancora. Non avrei potuto usarli per un bel pezzo, se continuava così. Mi massaggiai delicatamente la palpebra, finchè la fitta svanì. Il tizio era ancora lì, nella stessa posizione in cui l'avevo lasciato. Avrebbe potuto mozzarmi la testa pochi secondi prima, ma non l'aveva fatto. Decisi che avrei ricambiato la sua cortesia. "E sia" dissi. Affondai il braccio nel mantello, e una luce argentata sfolgorò sul pontile. "Mi affiderò alla spada". Mi guardo un'altra volta, con somma felicità. Poi scattò.

 

  
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