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Autore: Cruel Heart    25/01/2014    2 recensioni
Caro Sk8er Boi_83,
ci siamo scambiati e-mails per…quanto?
Settimane? Mesi?
Beh, sinceramente… non m’importa molto.
Sei entrato nella mia vita, così come io sono entrata nella tua.
Hai scoperto un lato del mio carattere di cui neanche io ero a conoscenza, e mi hai fatto riscoprire le piccole ma fondamentali cose che il destino ci riserva.
Siamo stati fino ad ore inimmaginabili a parlare delle nostre vite, dei nostri problemi, di quello che vorremmo fare da grandi.
Ma sai qual è la cosa più buffa?
È che… non so neanche quale sia il tuo vero nome, non so come sia il tuo viso, di che colori siano i tuoi capelli, i tuoi occhi.
Dicono che i segreti, soprattutto quelli più inconfessabili, non debbano mai essere rivelati alle persone estranee. Ma so che tu non lo sei, per me.
Quindi, il mio segreto è questo: credo… credo… credo proprio di essermi innamorata di uno Sk8er.
[Fan Fiction ispirata al film “Cinderella Story”]
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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What goes around, comes around Chi la fa, laspetti.

 

Pov Evan

 

Trecentocinquantasette, trecentocinquantotto, trecentocinquantanove…

 

Stavo contando le innumerevoli mattonelle che distanziavano l’entrata della mensa dal bancone dove venivano serviti i “piatti”.

La fila era come al solito lunga… e straziante.

La noia, mentre aspettavi il tuo turno, ti opprimeva in modo disumano, ma, allo stesso tempo, non potevi distrarti un attimo che qualcuno ti fregava il posto.

Tenere a mente il numero delle mattonelle era un modo come un altro per sopravvivere al fastidio di muoversi un millimetro al minuto.

 

Mentre stavo avanzando con il mio conteggio, sentii un leggerissimo picchiettare sulla mia spalla destra.

 

“Ehm, ehi, potresti farmi prendere il tuo posto, per favore? Sai, com’è, sono in ritardo per le lezioni pomeridiane, e…”

 

Un ragazzo occhialuto e con in mano un pc cercava di attirare la mia attenzione.

Lo osservai per due secondi: capelli disordinati, occhiali spessi, camicia fuori dai jeans e aria di uno che aveva compiuto chissà quale sforzo per pronunciare una semplice frase.

Nella mia mente si compose un’unica parola. Sfigato.

 

La classica maschera di superiorità s’impossessò di me e del mio viso, che s’indurì.

 

“No, non lo so. E adesso, se vuoi scusarmi…”

Tornai a guardare dritto verso di me, ignorando l’espressione rassegata del quattrocchi.

Certo, avrei potuto farlo passare, ma Evan David Taubenfeld non si abbassava di certo a questi livelli di gentilezza.

 

Ero arrivato alla cinquecentotrentottesima, quando una voce stridula, quanto insistente, arrivò alle mie orecchie.

Anzi… più che arrivarci, le mandò direttamente K.O. per qualche secondo.

 

“Evaaaaan!”

 

Non ebbi nemmeno il tempo di girarmi, che mi ritrovai addosso, o meglio, sulle labbra, l’uragano Nicole.

La parola uragano le si addiceva particolarmente. I suoi occhi verdi erano sempre scocciati, come se tutto le dovesse essere dovuto, ma riusciva a sorprenderti nei momenti più inaspettati. O, la maggior parte delle volte, in quelli meno opportuni.

 

Sentii la sua lingua premere contro l’entrata della mia bocca, e acconsentii al suo gesto.

Le sue mani premevano sulle mie spalle, come per farmi abbassare e farmi arrivare alla sua stessa altezza, e fecero avvicinare la mia testa ancora di più alla sua.

Un’altra cosa: i baci con Nicole erano violenti. Nel vero senso della parola.   Mi ritrovavo sempre graffi e lividi sulle parti del corpo più inaspettate.

Di solito, tutto questo suo impeto mi eccitava. E lei lo sapeva benissimo.

 

Appena si staccò, si leccò leggermente il labbro superiore, per poi sorridere.

Qui c’era qualcosa che non andava.

 

“Beh, come è andata la giornata, amore?”

 

No, un attimo.

Come è andata la giornata?!

Ma soprattutto, amore?!

 

In questi mesi, stando con Nicole, avevo capito che per lei, per quanto baciasse bene e tutto il resto, interessarsi degli altri rappresentava una rarità.

Tutte le ragazze di questo maledettissimo campus pensavano solo a se stesse, ai loro smalti e ai loro coloratissimi pon pon, e Nicole non costituiva di certo l’eccezione alla regola.

Non era colpa sua.

Più imbarazzato, che veramente interessato a darle una risposta, dissi:”Tutto bene, credo.” Non le chiedere il motivo, comportati normalmente, come se niente fosse… “Perché?”

 

Mi morsi ferocemente la lingua, sentendo affluire un po’ di sangue.

Adesso Nicole sarebbe partita con la solita solfa del “siamo una coppia, è normale preoccuparsi tra fidanzati”.

Anche se poi, in realtà, la parte dell’ascoltatore preoccupato la facevo sempre e solo io.

Ma perché non riuscivo mai a stare zitto, quando dovevo?

 

Nei suoi occhi passò un breve lampo di rabbia.

Poi, un sorriso, tanto breve quanto incredibilmente falso, le si dipinse sul viso.

Mi prese il braccio e si alzò sulle punte, invitandomi automaticamente ad abbassarmi per porgerle l’orecchio.

Mi mordicchiò il lobo davanti a tutti, e deglutii, tra lo stupore più totale.

 

Poi, con voce suadente, mi sussurrò:”La vedi quella stronzetta del secondo anno che ci guarda stralunata? Beh, lei credeva che noi due non stessimo veramente insieme, e così gliel’ho mostrato direttamente.”

 

Si staccò da me, ed effettivamente, andando un po’ più in là con la visuale, vidi una ragazza dai capelli rossi. Appena incrociò il mio sguardo, abbassò improvvisamente gli occhi sulle sue scarpe.

 

Non sapevo se alzarle la mano in segno di saluto, giusto per toglierla dall’imbarazzo, o se trasformare il mio viso in una smorfia disgustata per quello che Nicole aveva appena fatto.

 

Non scelsi nessuna delle due. Me ne stetti così, impalato e con i pugni serrati sui fianchi, mentre aspettavo una qualsiasi reazione del mondo esterno.

Pensandoci, un scusa o un mi dispiace di averti usato non sarebbe stato male. Affatto.

 

E invece, come se non si fosse resa conto di niente, mi diede un buffetto sulla guancia, e mi congedò con un “Ciao, ci vediamo più tardi.”

 

Quando sussurrai un flebile ciao, lei era già scomparsa dietro le grandi vetrate che davano l’accesso al cortile del campus.

 

Ero così preso da ciò che era successo, che non riuscivo più a ricordarmi cosa stessi facendo prima.

 

Ah, sì…

 

Mi girai, per riprendere la posizione che avevo tenuto prima dell’interruzione di Nicole.

Ma… non mi ero minimamente reso conto che la fila fosse avanzata, e anche di molto. Ero completamente uscito fuori da essa.

 

Strinsi ancora di più i pugni, arrabbiato.

Avevo fatto tanta fatica, per niente.

Uscii fuori, per andare a casa. Ero stanco di stare lì.

L’ultima cosa che vidi, prima di oltrepassare le grandi vetrate, fu il vassoio pieno di cibo di un ragazzo, che mi sorrideva trionfante.

Era il quattrocchi di poco prima.

 

***

Stavo tornando a casa, a piedi.

Il mio alloggio era relativamente vicino, per cui non sentii la necessità di prendere la macchina per camminare 10 minuti a piedi.

 

Cosa c’è di più bello di una passeggiata tranquilla, mentre i tuoi pensieri ti sommergono?

Un fulmine improvviso si stagliò nel cielo, con tutto il suo splendore e il suo fragore.

 

Una passeggiata tranquilla sotto la pioggia, ovviamente.

Abbassai la testa, guardando dritto la punta delle mie converse, e infilai le mani nella tasca della felpa.

Sentii i rumori delle scarpe di un paio di ragazzi che incrociai durante il tragitto: centravano in pieno le pozzanghere appena formate.

Coglievo anche i loro respiri affannosi, dovuti al freddo portato dalla pioggia inaspettata.

Quasi tutti, quando alzavo gli occhi per guardarli in volto, mi guardavano straniti, come se fossi pazzo.

Probabilmente era perché non mi stavo proteggendo con un ombrello, o perché non avevo tirato su neanche il cappuccio della mia felpa.

Forse a loro pareva una reazione strana, ma a me piaceva camminare sotto la pioggia.

Sentire l’odore di umido e di terra bagnata confondersi con l’asfalto, percepire quelle mille goccioline che si addentravano nei ciuffi dei miei capelli… mi rendeva più consapevole del mondo intorno a me.

Non volevo far sparire quella sensazione di consapevolezza, per cui avevo preferito non mettere barriere tra me e la pioggia. Un sonetto, che avevo studiato tanto tempo prima, ma che continuavo ad amare, mi ritornò in mente.

 

Tu dici che ami la pioggia,
ma quando piove apri l'ombrello.
Tu dici che ami il sole,
ma quando splende cerchi l'ombra.
Tu dici che ami il vento,
ma quando tira chiudi la porta.
Per questo ho paura, quando dici che mi ami.

 

 

Sorrisi, e vidi che il fiato emesso si trasformava in una piccola nuvoletta grigiastra.

Era incredibile come Shakespeare riuscisse a fare un ritratto completo dell’ipocrisia, pur utilizzando delle frasi banalissime.

Forse, dopotutto, il suo genio stava proprio in questo.

 

Una volta arrivato a casa, mi preparai un bel sandwich con ketchup e hamburger, giusto per compensare ciò che non avevo mangiato in mensa.

Presi il piatto con il panino e accesi il computer.

Un po’ di svago ci voleva.

Diedi un morso e aspettai il caricamento.

Devo decisamente cambiare computer, pensai. Questo va peggio di una tartaruga incidentata.

Due panini e cinque minuti dopo, riuscii finalmente ad andare su internet e a controllare la mia vita “sociale”.

Mi connessi all’ “UCLA network”, il social - network interno al campus, e cominciai a vedere i vari messaggi che mi erano arrivati.

Ce n’era uno di Jace e uno di Simon, i miei due migliori amici.

 

J: Brutto stronzo, vedi di buttare fuori quelle chiappe pelose dal tuo appartamento e di venire in un locale fuori città, altrimenti non rivedrai più la luce del sole.

 

S: Ehi amico, come va? Io e Jace abbiamo scoperto un locale niente male. Vieni a farci compagnia.

 

Feci una smorfia, nel leggerne il contenuto.

Io e le mie chiappe pelose rimaniamo qui, grazie per la non molto allettante proposta.

Copiai il messaggio e lo incollai ad entrambi.

Era incredibile come quei due, dai caratteri completamente diversi, andassero d’accordo.

Si divertivano a farmi ubriacare nei posti più strani e disparati.

Nella mia mente ho un’immagine di me e Jace che ballavamo, ubriachi, sul bancone da bar di un locale, con soltanto i pantaloni addosso.

Rabbrividii al ricordo.

 

Entrai nella home, e vidi un po’ dei nuovi iscritti.

Si trattavano per lo più di ragazze – i ragazzi erano troppo impegnati a ubriacarsi, come ho detto prima.–

A ogni loro foto che vedevo, e a ogni loro profilo che visitavo, mi deprimevo sempre di più.

Sembravano tutte fatte con lo stampino.

Gli stessi racconti – dare loro il nome di libri sarebbe stato davvero troppo –, gli stessi interessi – piastra e smalto spiccavano particolarmente –, e neanche l’ombra di una misera frase che potessero descrivere il loro carattere.

Non era possibile.

 

Mi infilai una mano tra i capelli, nervoso, e provai l’irresistibile impulso di spegnere il computer.

Poi, però, mi bloccai.

I miei occhi avevano notato una citazione molto interessante, che apparteneva ad una ragazza appena iscritta.

 

Nascondi chi sono, e aiutami a trovare la maschera più adatta alle mie intenzioni.

 

Mmh, La Dodicesima Notte.

Sorrisi tra me e me. Il buon vecchio William colpisce ancora.

 

***

 

Pov Avril

 

Lessi il nome del mittente sul piccolo rettangolino lampeggiante: Sk8er Boi_83.

Che strano, non conoscevo nessuno a cui piacessero gli skate.

Devo verificare se Gabriel abbia in mente qualcosa, pensai. Poteva sempre essere opera sua.

Aprii il messaggio, e ne lessi curiosa il contenuto.

 

"Ama, ama follemente, ama più che puoi e se ti dicono che è peccato ama il tuo peccato e sarai innocente."

Conosci questa citazione?

 

Mi ci volle poco per riconoscere quale fosse l'origine della frase ma, nonostante questo, aggrottai le sopracciglia, sorpresa. Non mi aspettavo certo un inizio di conversazione come quello, e da un completo sconosciuto, oltre tutto. Decisi di non espormi troppo, nella risposta. Insomma, poteva sempre essere un serial killer o uno stalker!

 

"Ho il mantello della notte che mi nasconde… però, se non mi ami, fai pure che mi trovino. Sarebbe meglio morire per mano loro che continuare a vivere senza il tuo amore…"

Romeo + Juliet, film del 1996. Certo che lo conosco.

 

E poi, Leonardo DiCaprio è un gran figo in quel film, pensai, con la bava alla bocca.

 

Qualche secondo dopo, arrivò la risposta da parte del misterioso interlocutore.

 

Certo, scommetto che lo conosci solo perché ci ha recitato DiCaprio.

 

Sbattei gli occhi, stupefatta, e rilessi due volte la frase, per essere sicura di aver capito bene. Iniziai a mordicchiarmi il labbro inferiore, come facevo sempre quando mi ritrovavo in difficoltà.

 

Non è vero!

 

Però, purtroppo, mi pentii un secondo dopo di aver risposto così. Mettersi sulla difensiva non era mai buona cosa, per chi si ritrovava ad essere attaccato.

L'attacco è sempre la miglior difesa, pensai.

 

Comunque... sei un'appassionata di Shakespeare? Perché dal tuo profilo non sembra...

 

Questa volta avvampai, totalmente e coscientemente arrabbiata, e puntai gli occhi dritti sullo schermo.

 

Senti, tutto quello che so è che, per un qualsiasi motivo, non mi devo certo giustificare con te. Non solo ho avuto la cortesia di rispondere ad un perfetto sconosciuto -arrogante, per giunta-, ma anche la pazienza di non mandarti a quel paese solo per avermi dato indirettamente dell'ignorante, quando mi hai chiesto se conoscessi o no quella citazione. E poi, sei davvero un gran maleducato. Non sai iniziare una conversazione civile con un misero "ciao."?

 

E già, le ovaie avevano incominciato a girarmi.

 

Ciao. Allora?

 

Alzai gli occhi al cielo, scocciata. Era incredibile constatare quanta arroganza potesse trapelare da una sola frase. Non volevo farlo, ma tanto ormai niente di quella conversazione assurda aveva senso, per cui... risposi.

 

Beh... non saprei come esprimermi, esattamente. Lui non può e non deve essere descritto come "una persona che ammiro" o come "il mio autore preferito". No, è una classificazione troppo limitata. Shakespeare, per me, era semplicemente un uomo, punto e basta. Un uomo come tanti, che però ha saputo andare oltre i confini della sua epoca e che creava emozioni che gli altri non potevano neanche immaginare. Al suo tempo, non aveva nè gloria, nè tantomeno soldi, che potessero sostenerlo. Era un uomo ordinario, ed è questo ciò che ai miei occhi lo rende magnifico.

 

Ci mise un po’ di più a rispondere, questa volta.

 

"Mi accadeva spesso di non riuscire a prender sonno, nel rincasare dopo lo spettacolo o le prove. Per ottenere qualcosa, bisogna prima imparare ad entusiasmarsi e a stupire"

Questa è una citazione di Mejerchol'd, invece. Era uno dei più grandi studiosi del teatro ottocentesco, e considerava Shakespeare quasi alla stregua di una divinità. Non era il solo, a quanto pare...

 

Vuoi dire che sbaglio ad ammirare una persona ammirata, a sua volta, da altri miliardi di persone?

 

No. Voglio dire che, fatta eccezione per l'arroganza e per il penoso sarcasmo - che qualche rarissima volta, purtroppo, mi capita di fare -, abbiamo qualcos'altro in comune.

 

[continua…]

***

Eeeeeeh, salve a tutti!

Scusate se ci ho messo tanto ad aggiornare, ma questo capitolo l’ho scritto davvero con il cuore.

Spero che vi sia piaciuto.

Ed ora… #spammoment

1. Rinnovo il mio invito ad askarmi ---> http://ask.fm/ShiningBlackStar

2. Vi consiglio questa versione un po’ più rock di I’m With You, scoperta per caso. Me ne sono già innamorata. --->  http://www.youtube.com/watch?v=XglNufVTvRo  

Bene, ci vediamo al prossimo capitolo!

Evaporo.

Cruel Heart.

   
 
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