Serie TV > The Mentalist
Ricorda la storia  |      
Autore: milano_me1997    26/01/2014    2 recensioni
"Teresa Lisbon si alzò, svogliatamente.
Spense la sua sveglia come tutte le mattine.
Si preparò. Indossava un chiodo nero e dei jeans blu.
Prima di uscire si guardò un secondo allo specchio. Si sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
Vedersi bionda la turbava."
Eh sì... Teresa Lisbon bionda. Come reagirà Jane?
Gradisco recensioni, anche cattive!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Jane/Lisbon
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Teresa Lisbon si alzò, svogliatamente.
Spense la sua sveglia come tutte le mattine. 
Si preparò. Indossava un chiodo nero e dei jeans blu.
Prima di uscire si guardò un secondo allo specchio. Si sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio. 
Vedersi bionda la turbava. Si rivide dal parrucchiere incerta sul da farsi. Per poi prendere la decisione sbagliata. O almeno questo si era detta dopo essersi vista allo specchio. Quella donna e le sue futili parole l'avevano completamente confusa.
  Bionda.
Si chiese come poter rendere quel suo cambiamento meno evidente. Magari con una coda di cavallo o altro. 
Scocciata si rese conto che l'unica cosa che poteva fare era assecondare le battute dei colleghi.
Mentre guidava verso il CBI il suo pensiero si rivolse a Patrick Jane. Chissà come avrebbe reagito il suo consulente? Sua moglie era bionda. 
Si dette della stupida per quel pensiero insensato e provò a concentrarsi su altro. Con pochi risultati. 
Quando si trovò in ascensore non provava altro che un forte sentimento di imbarazzo. 
All'improvviso le porte si aprirono. 
Risbgy guardò sconcertato il suo capo.
Tossì per darsi il tempo di pensare a cosa dire. 
Teresa alzò gli occhi e se ne andò lasciando spiazzato Wayne, che si guardò intorno in cerca di un aiuto. 
La poliziotta arrivò davanti al suo team. Van Pelt e Cho alle loro scrivanie e Jane seduto sul divano. 
Cho si girò verso di lei,ma come al solito non trasparì alcuna emozione. 
"Hai cambiato colore?"disse solo. Ma questo bastò a far avvampare le guancie del suo capo. 
Van Pelt alzò lo sguardo dal suo computer e fece un sorriso a 32 denti. 
"Stai benissimo "disse.
Teresa si sentì sollevata da questo complimento, anche se convinta fosse del tutto falso.
"Grazie" disse a bassa voce. 
Ma non badava per niente ai commenti dei suoi sottoposti.
Quella testa riccioluta che tanto amava non aveva dato segno di volersi voltare. 
"Jane?" disse dolcemente.
Questo si girò. Era come se non avesse sentito le voci degli altri. Come se il suo universo ovattato e il muro dentro cui viveva poteva essere abbattuto solo dalla sua voce.
Patrick sorrise guardandola negli occhi. Era la prima cosa che guardava in lei. Lo faceva per controllare che tutto andasse bene.
Notò successivamente il suo cambiamento. 
"Ti sei fatta bionda?" disse sgranando gli occhi. 
Van Pelt rise, mentre Cho si limitò a guardare Teresa. 
Lei sorrise. L'unico commento che davvero le interessasse era il suo. Non che non gli importasse niente di Van Pelt o degli altri. Ma con loro non c'era quello che provava per Jane. 
"Cavolo come siamo perpiscaci oggi" cercò di allentare la leggera tensione che era sbocciata sul viso di Jane ma non ci riuscì.
Lui la guardava. Beh non proprio lei. Guardava i suoi capelli. Quelle ciocche che si mischiavano tra loro dando l'impressione di una folta chioma perfetta. Teresa guardava i suoi occhi spostarsi da un filo dorato all'altro, cercando di capire cosa stesse pensando. 
Patrick, dal canto suo, non ne aveva idea. Perso tra quel colore così nuovo e strano, non elaborava neanche un vero pensiero. 
Fu un colpo di tosse, anche se non riuscì a capire di chi, a riportarlo alla realtà.  
Riposò lo sguardo negli occhi di Teresa e sorrise " per me sei bellissima mora" aggiunse.
Lei restò senza parole.
Patrick si voltò in cerca di qualcosa da fare per sentirsi meno stupido. Decise di prepararsi un tè e, picchiettando il dito indice sulle labbra, scomparve in pochi secondi. 
 
 
Rigsby si avvicino alle spalle di Jane, che stava versando l'acqua nella sua tazza. 
Con un risolino gli diede una pacca sulle spalle.
Per tutta risposta Patrick lo guardò di sbieco.
Wayne allontanò la mano e se la mise tra i capelli. 
"Che hai da ridere?" disse il biondo. 
"Non ti facevo così negato con le donne" si pentì subito delle sue parole, ma ormai Patrick lo aveva sentito.
"Ah sì? Io almeno ho detto qualcosa"
"Ma come fai a..." Wayne non completò la domanda, perché conosceva bene le doti da mentalista di Jane.
Si guardo intorno con circospezione. Patrick alzò gli occhi. 
" Ehi Jane" disse poi a bassa voce " siamo amici no?"
Patrick rimase abbastanza spaesato da quella domanda.
Amici? Insomma. Sì immaginava di sì.
Ma era da molto che non considerava qualcuno suo amico.
Nella sua carriera di truffatore non ne aveva certo avuti molti. 
Wayne non lasciò tempo a Jane di rispondere alla sua domanda, che a dir la verità era retorica, e continuò "senti.. si vede che tu... e Lisbon...ecco"
Il consulente aggrottò la fronte cercando di capire cosa volesse dire. 
"Insomma..." 
Il discorso venne interrotto dall' avvicinarsi di Lisbon.
Questa guardò prima uno e poi l'altro.
"Ho interrotto qualcosa?" Disse pronta ad allontanarsi nel caso di una risposta affermativa. 
"Wayne stava cercando di dirmi qualcosa" disse a sua volta Jane.
La donna posò lo sguardo su Rigsby , che imbarazzato negò il fatto e si allontanò.
Prima di scomparire dalla vista del biondo, fece due gesti rivolti a lui, che Teresa non potè vedere. 
Un cuore e un dito indice rivolto verso di lei.
Jane, scosso, lasciò cadere la tazza.
Teresa imprecò e si lanciò a terra per raccoglierne i cocci. 
"Jane che diavolo combini? " 
Questo abbassò lo sguardo aspettandosi di vedere la faccia corrucciata della sua partner circondata da una cascata di capelli scuri. 
Scoppiò a ridere quando capì che non era così. 
Lei lo guardò confusa rialzandosi.
"Perché ti sei tinta i capelli ?" 
"Non ne ho idea, sono orribile" disse lei, aspettandosi che lui la contradicesse.
"Sì lo sei" disse ridendo. 
Di tutta risposta lei gli sferrò un pugno in pancia. 
Anche forte. 
"Oh mio dio scusa" sussurò vedendolo piegato in due dal dolore. 
"Perché? " aggiunse lui cercando di respirare. 
"Oh dio.. non lo so... mi dispiace tanto"
"Okay forse sei un po' permalosetta"
La bionda scoppiò a ridere nervosamente. Lui la guardò stupito. 
"Sai, Angela aveva il tuo stesso colore".
Lisbon pensò di poter svenire. Le faceva male anche solo sentire quel nome, e ricordarsi quando Jane fosse devoto alla sua defunta moglie. 
Fece un passo indietro, accorgendosi dell'eccessiva vicinanza che per loro era una cosa normale. 
Jane inclinò la testa guardandola. 
"Ho fatto qualcosa di male?" le disse facendo un passo verso di lei, ricercando di nuovo quella vicinanza. 
Lei scosse la testa, ma aveva ormai gli occhi lucidi. Si vergognò di se stessa e si chiese per quale motivo si stesse comportando così. 
Fece un altro passo indietro, si girò e si porto una mano alla fronte, mentre con l'altro braccio occupava la distanza fra lei e Jane, per controllare che non si avvicinasse di più.
"Lo sapevo sai? È la prima cosa che ho pensato. Mi sento stupida, io non avrei mai voluto ferirti,io..." disse quasi fra le lacrime. 
Patrick la osservava sorridendo. Adorava l'insicurezza che dimostrava solo con lui. Lasciava che lui abbattesse quella maschera che si era costruita per sembrare un capo severo e un poliziotta temibile. 
Ma Patrick sapeva che c'era di più in lei.
"Non dire stupidaggini" disse appoggiandole una mano sulla spalla.
"Oddio io... mi dispiace così tanto ..." le lacrime ormai le solcavano il viso. Profondamente imbarazzata per il suo comportamento scappò via da lui, lasciandolo solo ad ammettere che amava quella donna.
 
 
 Sola nel suo ufficio la mora-bionda ripensò alla sua giornata. Jane aveva risolto un caso in poche ore.
Si prese la testa fra le mani e cominciò a ridere. Non poteva credere di essere scoppiata a piangere solo perché Patrick le aveva detto che aveva i capelli della tonalità di sua moglie. Una qualsiasi persona avrebbe reagito normalmente, ma lei no. Lei aveva smesso di essere una persona normale quando aveva incontrato il suo consulente. 
Non gli aveva parlato per tutto il giorno.
Si fece una coda per non avere più davanti agli occhi quella fastidiosa ciocca che le ricordava la sua stupidità.
Il vuoto che la circondava, che non faceva altro che far apparire i suoi pensieri rumorosi, venne rotto da due colpi alla porta. 
"Avanti" disse.
"Lisbon" la testa riccioluta di Jane fece capolino nella stanza ancor prima del suo corpo "posso entrare?"
Lei abbasso la matita che stava tamburellando sulla scrivania e fece un cenno di assenso.
Soddisfatto, Patrick entrò nella stanza.
Aveva pensato per tutto il giorno ai gesti di Wayne. Lo avevano turbato, ma solo perché li sapeva essere veri.
" Jane " iniziò lei " mi dispiace per stamattina"
Lui la zittì con un gesto della mano. Non voleva ancora che lei si richiudesse nella sua armatura. 
Voleva che la Teresa che amava stesse con lui ancora per un po'.
Lei sorrise, come se avesse intuito i suoi pensieri. In realtà, nella mente di Teresa, tutto stava accadendo tranne che pensare che il suo amore impossibile fosse ricambiato. 
Oh si, perché lei lo amava. Dal primo minuto.
"Non importa" disse lui " dispiace a me. In fondo non stai così male bionda"
Lei si illuminò " davvero?"
Patrick inclinò la testa di nuovo e arricciò il naso.
Lei rise.
" Il fatto è che tu sei mora" Lisbon lo guardò perplessa " insomma.. tu sei mora.. "
Ancora più perplessa, si adagiò sulla sua poltrona 
"Quello che voglio dire è che" le mani gli sudavano e non trovava le parole " è che tu sei mora,forte, dolce e bellissima. Ed è proprio così che mi piaci. " 
Teresa avvampò a quel complimento, ma cercò di contenersi. D'altronde era solo un mi piace tra amici no?
Patrick, le cui mani si muovevano nervosamente sui lati del panciotto, non era di questa idea.
" Oh beh grazie" disse lei.
"Mi piaci molto"
Lei continuava a respingere quel pensiero.
Ma lui la guardava con occhi così grandi e indigatori... probabilmente si aspettava un qualche tipo di risposta, ma l'unica cosa che lei riusciva a fare era cercare di convincersi che non avesse detto davvero quello. Non oggi almeno.
"Io...ecco...pensavo che fosse lo stesso per te".
 
1 parola, 1 sillaba, 2 lettere. Eppure fa così male.
Uscendo da quella stanza, il no gli risuonava in testa come un eco.
Lei aveva tentato di fermarlo, di spiegargli, ma lui no. Lui era semplicemente uscito dalla stanza appena aveva sentito. quell'orribile parola. 
Era uscito, lasciando Teresa sola. Non era arrabbiato con lei,moltissimo con se stesso invece. 
Corse su per le scale, chiudendo dietro le sue spalle la porta. 
Il respirare gli appariva difficile, come se il suo cuore non pompasse più sangue, ma dolore.
Un dolore insopportabile. 
"È la prima volta" si disse. 
Era la prima volta che una donna lo rifiutava.
Lui, con i suoi riccioli biondi e i modi spavaldi, era sicuro di riuscire a far breccia nel cuore di ogni donna se avesse voluto. Era così un tempo. Era stato così con Angela. 
Si buttò sul letto, smettendo di combattere contro quel suo dolore.
Chiuse gli occhi e si strinse con forza i capelli. 
Una lacrima scivolò dalle sue iridi azzurre bagnando il cuscino. 
Si stupì di questo. Non che non piangesse mai.
Lo faceva spesso,ma nessuno lo sapeva. Piangeva da solo, nessuno doveva saperlo.
Piangeva quando pensava alla sua bambina Charlotte, la rivedeva nascere, crescere e giocare. La sentiva dirgli he gli voleva bene.
Piangeva quando rivedeva il suo corpicino rovinato dai tagli provocati dalla mente malata di John il rosso. Piangeva quando capiva che era sua la colpa. Colpa della sua fame di denaro e di gloria. Ma quella lacrima era diversa. Era per Teresa. Per il rifiuto che aveva appena avuto. 
Quando si decise ad alzarsi, molte lacrime avevano solcato il suo viso, e molte altre aveva ancora da versare, ma si convinse a smettere. 
 
Teresa Lisbon, nel suo ufficio, non aveva fatto un passo. Era ferma immobile.
No. No. No. Lo aveva detto davvero.
Ma perché? Cercava di darsi una risposta da quasi un'ora. 
Alla fine la aveva trovata, per quanto stupida questa potesse essere. Paura. Era sempre la risposta giusta quando si parlava di lei.
Di cosa? Difficile a dirsi. Di amare? Forse. Lei non aveva mai amato davvero. Non ne era capace. 
E Jane aveva bisogno di una donna che lo sapesse amare.
C'era un'altra cosa. Ma era strana forse? E se Jane avesse rivisto nei suoi capelli biondi sua moglie? Questo dubbio teneva a terra Teresa, come una zavorra.
Ma allora perché ? Perché aveva scelto quel giorno? 
Teresa respirava. O almeno così pareva. Il suo diaframma si alzava e si abbassava ad un ritmo esagerato, ed uno scambio costante di ossigeno e di anidride carbonica avveniva nei suoi polmoni. 
Ma lei non ci faceva caso. Non faceva caso a niente. Non al rumore di una nocca contro il vetro della porta, non al rumore omogeneo delle lancette del suo orologio da polso, non al tono lievemente preoccupato con cui Cho la chiamava al dì fuori della porta da almeno 10 minuti.
 
 
Stanco di aspettare, il coreano stava prendendo in considerazione l'idea di buttare giù la porta, ma fu Jane a fermarlo.
Gli si avvicinò e disse a bassa voce di lasciare perdere. Lui si girò di scatto, pronto a non mostrare un minimo di emozione. 
Ma non potè trattenersi. Un'ombra di stupore gli si posò sul viso.
Patrick aveva gli occhi gonfi e le guancie rosse. Segni evidenti di un pianto. 
Kimball si ricompose e annuì allontanandosi. 
Jane lo seguì e andò a sdraiarsi sul divano sotto gli occhi stupiti del team.
Tutti lo avevano visto, ma a lui non interessava più nulla.
Fu la dolce Grace la prima ad alzarsi. Con un movimento repentino della sedia si avvicinò al divano. 
"Jane" disse piano. Poi lanciò un'occhiataccia agli altri due. 
"Che c'è? " disse lui.
Aveva un cuscino sul viso, certo di non saper resistere alla tentazione di piangere ancora. Era come un bambino. Un bambino innamorato. 
"Stai bene? "
"No"
"Che succede?" la piccola figura di Lisbon fece capolino nella stanza, lasciando tutti spiazzati.
Van Pelt, Risbgy e Cho si erano accorti che i due non si erano parlati tutto il giorno, eppure si aspettavano che fosse lei a consolare Jane. D'altronde era sempre stato così.  
Invece non fece niente. Non si accorse di niente in realtà. 
Di Patrick vedeva solo la nuca e il cuscino che gli copriva il viso.
"Va tutto bene?" Insistette.
Non seppero che rispondere. Se Jane stava male lei era sempre la prima a saperlo e se non lo sapeva probabilmente c'era un motivo. 
 Fu Wayne, nella sua dolce innocenza, a sbagliare. 
"Jane non sta bene" disse.
Stupore. Fu l'emozione che si dipinse sul volto dell'agente quando Lisbon si allontanò. 
Non aveva detto una parola, non si era accertata delle condizioni del suo partner. Aveva semplicemente chiuso gli occhi e messo un piede davanti all'altro. Aveva già su il suo chiodo e così si diresse verso l'ascensore. 
Questo fu quello che videro tutti, ma nessuno la vide davvero. 
Lei soffriva. Terribilmente. Nessuno poteva vederla. 
Essere la causa di quella frase non poteva che essere l'ultima goccia di quella giornata. 
Jane non vide. Ma sentì. 
Non letteralmente. Lisbon non aveva fatto nessun rumore andandosene. Tutti noi avremmo pensato che fosse ancora lì. 
Ma un innamorato, anche se ceco o sordo, sa sempre se la persona che ama è lì con lui. Nessuno potrà mai spiegarlo. 
Eppure lui sentì che se ne era andata. E inizio a piangere.
Gli altri furono colti alla sprovvista. Van Pelt aveva visto piangere una volta Jane. E si rese conto subito che quel pianto era diversa. 
Eppure, questa volta, fu Risbgy a capire per primo. Perché in realtà, era stato lui la causa.
Cho si accorse di questo e si girò verso il collega. 
"Che hai fatto?" gli chiese asciutto. 
"Niente" balbettò lui sotto pressione.
Jane se ne era ormai andato, diretto da qualche parte. Neanche lui sapeva dove. 
"Avanti" lo pregò Grace. Incapace di resistere alla sua amata, Wayne si decise a parlare. " Ecco... io... ho fatto due gesti a Jane oggi"
Il volto di Cho lo esortò a ripeterli.
Rimasero tutti senza parole. Non per il fatto che quei gesti fossero veri, anzi, lo sapevano da tempo, ma ora, quello che avevano visto, sembrava la conseguenza di un rifiuto. Ed era molto strano. Avrebbero tutti detto che fosse Lisbon quella più innamorata. Ma allora perché rifiutarlo?
La domanda non trovò risposta, così ognuno tornò alle sue occupazioni.
 
Lisbon era arrivata al piano terra. La campanella dell'ascensore aveva suonato e le porte si erano aperte. 
Sgranò gli occhi quando vide il volto del suo consulente. 
Fece per uscire, quando lui le prese le spalle per fermarla.
Confusa e preoccupata, il cuore le batteva a mille.
"Perché? " disse Jane
"Perché cosa?" balbettò lei cercando di liberarsi dalla presa. 
" Perché no?"
Jane pendeva dalle sue labbra. Era stanco.
Teresa stava ancora lottando. Aveva le mani intorno ai suoi polsi , cercando di spostare le sue braccia.
"Lasciami" urlò. 
Lui sbattè le palpebre, colto alla sprovvista. 
Allentò la presa e fu l'occasione della donna di sgusciare via.
Lui la rincorse. Il vento gelido aveva sfiorato il viso di tutte e due quando lei si girò. 
Piangeva. 
Patrick si fermò a cinque passi da lei.
"Perché non sono quella giusta" 
"Io ti amo"
" Io no! Io non so amare nessuno! " le parole pronunciate ad alta voce non fecero altro che alimentare il pianto. E la voglia di correre tra le braccia del suo amato. 
Un passo. 
"Sì che sai amare. Molto più di me"
"E fra una settimana non ti piacerò più! " esclamò. 
Un altro passo.
"È di questo che hai paura? "
Teresa annuì scossa.
Un altro passo. 
"Lisbon...cioè Teresa... io ti amo. Indipendentemente dal colore dei tuoi capelli." disse
"Smettila! "
Un altro passo. 
"Di fare cosa? "
"Di illudermi! Di dirmi che mi ami!"
"Non ti sto mentendo"
Ormai erano vicinissimi. Lei piangeva disperata.
Poi si abbandonò pian piano al petto del suo partner. Quando appoggiò la testa sentì il suo cuore battere frenetico. Rise. 
Lui le accarezzo i capelli. 
" E se io mi facessi moro?" Le sussurò ad un orecchio. 
Come da un sogno,Teresa si risvegliò. O meglio, si addormentò, lasciando che la sua armatura si richiudesse. 
Forse il tono di voce di Jane, oppure l'accorgersi dell'estrema vicinanza dei loro due corpi, spinse la donna ad allontanarsi.
" ti prego non farlo! Non avere paura! " esclamò lui guardando le sue spalle. 
Ma per lei era tardi. Il luccichio di speranza e d'amore nei suoi occhi smeraldo aveva lasciato il posto ad un freddo. sentimento di indifferenza.
"Io non ti farò soffrire. Lo giuro" disse ancora seguendola.
"Sì invece. Lo fai sempre. Non fai altro!"
L'uomo viene colpito da quelle parole come da uno schiaffo. 
Era davvero così? Forse sì. Quante volte l'aveva fatta soffrire, senza pensare alle conseguenze dei suoi gesti. Ma neanche questo era del tutto vero. Lui pensava sempre a lei. Ogni istante della sua triste vita. 
Eppure non era abbastanza. Lui non era abbastanza. Lei meritava di meglio. Anzi, lei meritava il meglio. 
Pochi passi più avanti Lisbon stava lottando con se stessa. E stava perdendo. 
Una parte di lei voleva correre ad abbracciare e baciare il suo consulente, mentre l'altra la teneva forte i piedi inchiodati a terra.
Era pentita delle sue parole, ma non più di tanto. D'altronde era la verità. Lei soffriva sempre quando pensava a lui. E quando lo desiderava. E quando lo vedeva. Lui non faceva altro che farla soffrire. 
Si girò. Ma Jane non era più lì.
 
Aprì gli occhi.
Teresa, davanti a lui, aveva una mano sul suo petto. Aggrottò le sopracciglia un attimo. 
Notò poi che la donna si stava alzando. Non che fosse seduta. Piegata. Su di lui.
Scombussulato e molto assonnato giunse comunque alla sua conclusione. Lo aveva appena baciato! 
Balzò seduto alla velocità della luce e lei fece un passo indietro spaventata. 
"Teresa! " disse " che ore sono?"
"Io-io..credo le 3" gli disse lei.
"Che fai al CBI a quest'ora?" 
"Volevo..." non terminò la frase.
"Volevi?" la incalzò lui.
"Nulla"
"Vieni qui in piena notte per nulla?"
Lei sbuffò. Era venuta perché aveva vinto la sua parte razionale. Voleva baciare e innamorarsi perdutamente di lui. E quando lo vide ,sdraiato nel delizioso mondo di Orfeo, non riuscì a trattenersi. Ma ora dire tutto a parole era molto difficile. 
Lui, con i boccoli disordinati e le palpebre pesanti per il sonno,si alzò. 
La guardò negli occhi. Le mise le mani sulla vita e si avvicinò. 
Le mille emozioni che stavano provando rendevano tutto così complicato. 
"Che fai?" Disse lei in un sussuro. 
"Shh" la zittì lui.
La baciò dolcemente. Labbra contro labbra. Niente di più di quello che aveva appena fatto lei.
Poi si allontanò di qualche millimetro,respirando con affanno. 
Lei riaprì gli occhi. 
Si perse nell'oceano di quelli del suo amato e si avvicinò ancora al suo viso .
"Che fai?" chiese .
"Shh" lo zittì lei.
E lo baciò.
 Travolta dalla passione di un bacio aspettato per anni, gli mise le braccia intorno al collo e si strinse a lui il più possibile, vivendolo.
Approfondirono il bacio. 
Avevano entrambi gli occhi chiusi. Un colpo di tosse li costrinse ad aprirli. E ad allontanarsi.
Respiravano faticosamente e si guardavano negli occhi quando la voce di Wayne li raggiunse. 
"Ci hanno chiamato per un caso" disse molto imbarazzato.
"Vai avanti" rispose Teresa senza voltarsi.
Poi sorrise a Patrick. 
Lui staccò le mani dai suoi fianchi e si allontanò con il viso tra le mani. Lei lo guardò turbata. Era stato bellissimo. Cosa non andava? 
"Jane" disse posandogli una mano sulla spalla. 
Lui non disse una parola. 
Lei si morse un labbro.
"Non hai paura?" Disse lui dopo qualche tempo. 
"No"
"Ti farò soffrire lo sai"
"E io ti sparerò"
Lui rise.
Si presero per mano. Ma il mignolo di lei si posò sulla vera e subito ritrasse la mano.
Lui la guardò stupito. 
Poi si guardò la mano e un piccolo "oh" si disperse nell'aria. 
"Potresti.." 
Jane rimase ferito da quelle parole. Certo amava Teresa, e quel bacio era stato meraviglioso. Ma amava anche sua moglie.
"Non riesco" sussurò piano guardandosi la fede.
Poi rivolse uno sguardo alla sua partner. Uno sguardo che implorava aiuto.
Lei lo guardò per qualche secondo, per essere sicura delle sue intenzioni. Poi gli prese la mano.
Piano e delicatamente gli sfilò la fede. Patrick seguiva con gli occhi ogni suo gesto. 
Teresa aveva in mano la vera e la scrutava. Non sapeva dove metterla. E lesse il nome inciso al suo intento. Angela.
La appoggiò sulla scrivania di Van Pelt e tornò a guardare Jane.
"Allora?" 
"Dillo avanti" disse lui. 
La donna respirò tre volte. 
"No" disse poi. 
Non soddisfatto da quella risposta, il consulente incrociò le braccia al petto. 
"Ti amo" le disse. 
Lei sapeva cosa doveva dire. Ma non riusciva a farlo. Semplicemente perché aveva paura che non fosse vero. Cosa vuol dire amare qualcuno poi?
"Avanti" disse "che ho sonno"
"Ti amo" riuscì a dire. 
La baciò. 
 
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > The Mentalist / Vai alla pagina dell'autore: milano_me1997