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Autore: _Luthien_    26/01/2014    3 recensioni
"Dire a Merry quello che provavo implicava la possibilità di perderlo.
Non dirlo significava mentire per tutta la vita.
Cosa dovevo scegliere?
Cosa dovevo fare?
Era l’eterno dilemma... scegliere il mio bene o il suo? Me o lui?"
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Merry, Pipino
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Scritta una vita fa per un Beta-Contest, ovvero un contest con l'obbligo della Beta (l'amata Med, nel mio caso).
 
 
E se l’amore che avevo non sa più il mio nome
 
 
 
 
 
Guardo verso la città.
È immensa, bellissima, esattamente come era rimasta impressa nella mia mente.
Sono passati anni da quando sono stato qui e non potrei mai dimenticarlo: era il giorno dell’incoronazione di Aragorn. Era il giorno in cui nacque Re Ellessar, il giorno in cui il mondo ricominciò a vivere, il giorno in cui tutti si inginocchiarono davanti a quattro hobbit.
Prima di quell’avventura eravamo a malapena conosciuti nel mondo.
Ora tutti ci stimano e ci rispettano.
Minas Tirith è ancora la stessa città; ci sono stati dei cambiamenti negli anni, naturalmente. Dopo il grande attacco degli eserciti di Sauron e la distruzione che ne conseguì, il popolo iniziò la ricostruzione.
Oggi la città è di nuovo splendente, bianca e rifulgente, degna capitale del Regno di Gondor, ma so che tra le mura, le case, i vicoli, il ricordo di ciò che è stato non svanirà.
Appoggiato al mio bastone, lentamente, abbandono il grande giardino da cui posso vedere tutto, fino all’orizzonte più lontano, e mi dirigo verso la mia stanza.
Io e Merry siamo arrivati qui circa un mese fa; siamo vecchi ormai, con i capelli bianchi e le schiene curve, fatichiamo a camminare a lungo. Alla Contea ci trovavamo spesso l’uno a casa dell’altro, parlando dei tempi passati, sorridendo delle avventure, dei guai, rimpiangendo e ricordando gli amici che sono morti o che non vediamo da tempo.
Quando abbiamo saputo che Aragorn stava per morire, abbiamo deciso di raggiungerlo qui.
Volevamo esserci.
Abbiamo entrambi dei figli, che hanno preso in mano le nostre case e si occupano delle nostre attività, quindi ci siamo detti: “Ehi, perché no? Siamo anche noi vicino alla fine, tanto vale che sia al fianco dell’uomo che ci ha insegnato così tanto”.
Quello che non mi aspettavo era che Merry morisse prima di me.
Non ne so il motivo, ma, nonostante io sia più giovane di qualche anno, sono sempre stato convinto che sarei stato il primo ad andarmene.
Forse perché ero quello più stupido, inutile e debole; forse perché non mi sono mai ritenuto molto importante e, di conseguenza, nemmeno la mia vita lo era. O forse, semplicemente, perché non riuscivo ad immaginarmi senza lui al mio fianco.
E invece è così che è andata.
Sono senza di lui.
E proprio perché lui non è più qui mi trovo davanti a queste pagine bianche con l’intenzione di raccontare la mia storia.
Durante gli ultimi anni, dalla fine della guerra, sono state scritte tante narrazioni sulle nostre gesta.
Su Aragorn, Frodo e Sam, su Gandalf, su tutti noi.
Ma nessuna di queste è la mia  storia perché nessuno ne è a conoscenza.
Non potevo scriverla prima, perché racconta di come Merry abbia distrutto parte della mia vita. Non potevo dirglielo, non se lo sarebbe mai perdonato.
Così, ora lui è morto ed io ho tenuto questo segreto per un lungo tempo. Mai era capitato che non gli dicessi qualcosa, ma era stata una decisione necessaria per la sua felicità.
La domanda, che mi pongo da allora e che mi porrò fino alla fine, è se io potrò mai perdonarmi di avergli mentito così a lungo.
Quando tornammo a casa, nessuno di noi era lo stesso Hobbit che era partito qualche mese prima.
Dovevamo tentare di ricostruirci, come tutti i popoli stavano cercando di fare con le loro città e le loro stesse vite.
Ma non era affatto facile.
Infatti, Frodo se ne andò qualche mese dopo il ritorno a casa; nonostante fosse più sereno che durante la guerra, c’era sempre un’ombra scura dietro ai suoi occhi e sapevo che non se ne sarebbe mai andata.
Ma dovevamo andare avanti.
In un modo o nell’altro, dovevamo trovare un modo per ricominciare a vivere, senza però dimenticare.
Lo facemmo.
Sam sposò Rosie Cotton, per la quale aveva una cotta stratosferica da sempre.
Mentre Merry, il mio compagno d’avventura, l’altra parte di me, il mio migliore amico chiese la mano di Estella.
*****
 
È una giornata perfetta.
Il sole splende alto nel cielo,  solo qualche nuvola passeggera che di certo non disturberà la nostra giornata.
Appena ho aperto la finestra della mia stanza, ho sentito l’inconfondibile odore del fieno appena tagliato portato dal vento.
Tempo di fieno, quindi tra poco sarà tempo di uva e vino.
In sostanza, tempo di divertimenti per me e Merry.
Non che in  questi ultimi giorni il divertimento ci sia mancato, sia chiaro.
Certo, abbiamo passato parte della festa per il compleanno di Bilbo a lavare le stoviglie, ma, per l’erba pipa di Collevento, ne è valsa la pena! Quel fuoco d’artificio era spettacolare.
Ma si sa, noi siamo Merry e Pipino: non ci fermiamo mai.
C’è forse qualche piccolo ed innocuo scherzo che può essere fatto?
Ebbene, noi lo faremo.
C’è forse la possibilità di far arrabbiare qualcuno, ma in modo leggero, di quelle arrabbiature che si concludono con una risata  e un  boccale di birra?
Eccoci qui!
E anche oggi, ovviamente, abbiamo programmato la nostra. Niente di che, solo un piccolo furto nel campo di verdure del vecchio antipatico che sta verso il confine.
Prenderemo qualche rapa, qualche cavolo, magari un paio di patate... nulla più. Tanto ormai ci è abituato.
Ma, se devo essere onesto, oggi sono molto agitato.
Ho un segreto che ho tenuto nascosto persino a Merry. Noi ci siamo sempre detti tutto, qualunque cosa. Non siamo amici, siamo fratelli e mentirgli mi fa male, come se lo stessi tradendo.
Quindi ho deciso di confessare.
Penso di sapere come reagirà: si farà una grassa risata, mi prenderà in giro per un paio di giorni, facendo battutine maliziose; ma quando si renderà conto che sono serio in quello che dico sarà pronto a sostenermi e a capirmi.
È deciso: oggi mi toglierò questo peso dal cuore e non avrò più segreti con Merry.
*****
 
Poggio il pennino e mi stupisco di quanto abbia scritto. Non è che una pagina, ma non credevo di esserne davvero in grado.
Non sono come Bilbo o Frodo, non sono uno scrittore, però è evidente che il mio bisogno di raccontare una storia che probabilmente nessuno leggerà, è impellente.
Ricordo l’eccitazione e l’ansia di quel giorno.
Ricordo le parole che dicevo a me stesso per darmi coraggio.
Ricordo il sorriso strafottente del mio amico mentre fuma la pipa mattutina, appoggiato alla staccionata di casa mia.
Ricordo tutto, ogni singolo dettaglio.
*****
 
Stiamo camminando ormai da un po’, ma non ho ancora avuto il coraggio di emettere una sola sillaba al riguardo.
Merry sembra allegro come sempre, baldanzoso, senza pensieri, come se per lui la vita fosse fatta solo dei nostri scherzi e delle nostre bravate.
Ma c’è più di questo, amico mio.
Ora basta, lo fermo e glielo dico! Per la miseria, sono un Tuc, non posso essere così vigliacco.
“Oh, eccoci finalmente! Dai, Pipino, muoviti. Sai che quello ormai ha sviluppato un fiuto speciale  per quanto ci riguarda: tempo cinque minuti e sarà fuori con la mannaia pronto a scannarci. Tieni, prendi questi cavoli....oh, e anche queste carote non sono male!”
“Senti, Merry, io... io devo dirti una cosa. È molto importante per me, quindi per favore, ascoltami e non fare battute stupide. È una cosa seria.”
Il mio amico si ferma per un attimo con in mano un paio di patate e mi guarda con un’espressione confusa. Per circa un minuto non dice nulla, dopodiché scoppia a ridere.
“Per tutta la famiglia Brandibuck, ci sono quasi cascato! Sei davvero un ottimo attore, amico, dovremmo sfruttare questa tua qualità! Qualcosa di serio... tu! Ma dai!”
“No, seriamente... non sto scherzando, devo dirti...”
“Non ora, o quello ci fa a fette! Dai, raccogliamo ancora qualcosa e andiamocene.”
“MERIADOC BRANDIBUCK, ORA TU TI FERMI E MI STAI A SENTIRE!”
Merry mi guarda, palesemente sconvolto.
Mi aveva sentito urlare poche volte in quegli anni, ma mai era stato contro di lui.
Non ne avevo mai avuto motivo, ma in questo momento voglio davvero che mi ascolti... devo dirglielo, non posso più tenerlo nascosto. 
Merry si avvicina a me, mi pone le mani sulle spalle e mi guarda fisso negli occhi.
“Pipino, amico mio, scusami. Sono stato stupido poco fa, mi dispiace. Qualunque cosa sia, sai che io sono sempre qui per te. Non so cosa tu mi debba dire o quale sia il problema, io sono qui, d’accordo?”
Annuisco, incapace di pronunciare una parola; sapevo di poter contare su di lui, ma ciò che ha detto mi ha colpito nel profondo. Era qualcosa di ovvio, normale per noi, tuttavia non l’avevo mai realizzato pienamente.
Merry ci sarebbe sempre stato per me. Non avremmo mai litigato, non per davvero, non ci saremmo mai traditi o separati. Saremmo rimasti amici fino alla morte e nulla si sarebbe mai potuto mettere tra di noi.
“Ora, ho capito che quello che devi dirmi è molto importante, ma vedo laggiù una affilatissima falce pronta a distruggerci per questo piccolo ed innocuo furto. Quindi ecco il piano: CORRI!”
Io e il mio amico iniziamo a correre a perdifiato; praticamente voliamo.
Corriamo, ma allo stesso tempo cerchiamo di non perdere le verdure che ci siamo guadagnati.
Mi volto indietro per guardare la distanza tra noi e il contadino quando... SBAM!
Mi ritrovo con il sedere per terra e una bella botta sulla fronte... alzo gli occhi e mi trovo davanti davanti a me ci sono i nostri due amici, Frodo e Sam.
È strano vederli qui; non sono di certo i tipi che combinano guai come noi.
Non abbiamo molto tempo per le spiegazioni prima che le urla del contadino ci raggiungano, così ci diamo rapidamente alla fuga.
*****
 
Non racconterò qui tutto ciò che accadde da quel momento; Frodo ha narrato questa storia molto meglio di quanto potrei mai fare io.
Sorrido al ricordo: eravamo giovani, spensierati, la nostra più grande preoccupazione era quella di avere una mezza pinta di birra a cena.
Non avevamo idea di quello che sarebbe successo nei mesi successivi, di quanto quelle avventure e quelle tragedie ci avrebbero cambiato nel profondo.
Abbiamo visto il Male.
Non quello semplice, di due persone che si fanno un dispetto o si insultano, non quello di un ladro che deruba un oste, o quello di un figlio che inganna la propria famiglia.
Abbiamo visto il Male vero, quello che vuole e che può distruggere ogni cosa bella del creato.
Abbiamo capito, con il terrore nel cuore, che se noi non ce l’avessimo fatta tutto il mondo sarebbe andato in rovina.
Non si può restare le stesse persone che si era dopo una cosa del genere.
Nessuno di noi lo è rimasto; ma credo che in realtà nessuno si sia accorto di quanto io fossi cambiato. E, allo stesso tempo, di come fossi rimasto la stessa persona fedele e leale che ero un tempo.
*****
 
Siamo seduti al pub di sempre; siamo a casa, a Hobbiville.
Abbiamo davanti il nostro solito boccale di birra, la gente intorno a noi chiacchera, canta, c’è la solita confusione.
Siamo a casa. È tutto finito.
Io, Merry, Frodo e Sam siamo seduti tutti insieme, allo stesso tavolo e a malapena riusciamo a guardarci negli occhi.
Siamo a casa, ma nulla sembra davvero finito.
Il mio amico Merry sostiene che l’avventura, l’adrenalina, la paura, il senso di sconfitta e di perdita con il tempo diventeranno un ricordo.
Mi sono sempre fidato del suo giudizio, soprattutto in questi ultimi mesi, ma ora ho paura che abbia torto.
Se non riusciamo a parlarne tra noi, se non riusciamo a tirare fuori tutto quello che pensiamo e proviamo, se non riusciamo a raccontarci gli incubi che ci perseguitano la notte, come potremmo tornare alla vita di sempre?
Frodo ci abbandona, si scusa dicendo che è stanco e ha bisogno di dormire. Nessuno di noi apre bocca, a parte un semplice e corale “buonanotte”.
Dopo qualche attimo di silenzio, con grande sorpresa da parte mia e di Merry, Sam si alza deciso e va al bancone a parlare con Rosie Cotton. Non ne aveva mai avuto il coraggio prima, arrossiva al solo sentire il suo nome. È evidente che, per quanto abbia sofferto nel viaggio fino al Monte Fato, tutta questa storia gli abbia dimostrato di possedere un coraggio che non credeva di avere.
Io e Merry ci guardiamo con il nostro tipico ghigno; era tanto che le mie labbra non assumevano questa forma e ne sono felice.
Forse, oltre il fatto che siamo a casa, le cose davvero torneranno come prima; forse lui ha ragione, ci vuole solo del tempo.
Mi viene improvvisamente in mente che non ho mai terminato quella discussione iniziata mesi fa nel campo del vecchio contadino.
Durante la guerra non avevo di certo smesso di pensarci; era stato nella mia mente per tutto il tempo, senza però mai trovare il tempo di parlare; nessun momento era adatto, non quando non sapevamo nemmeno se saremmo sopravvissuti.
Ma l’abbiamo fatto, siamo a casa. 
Quindi mi decido: ora è tempo.
“Senti, Merry, probabilmente non te lo ricordi ma quel giorno, quando incontrammo Sam e Frodo nel campo...”
“Aspetta un attimo. Prima io. È una cosa importante, questa sembra la serata dei grandi annunci. Non l’ho ancora detto a nessuno, ovviamente, tu devi essere il primo a venirlo a sapere.”
“Ah, va bene... dimmi pure.”
“Ho chiesto la mano di Estella e lei ha accettato. Ci sposiamo tra un paio di mesi. So che sembra un’assurdità, qualcosa campato per aria e improvviso, ma lei mi è sempre piaciuta. Dopo tutto quello che abbiamo passato, ho capito che non possiamo più continuare ad essere i due buffoni che vanno in giro a combinare guai. Siamo cresciuti, amico mio. È ora di comportarsi come adulti.”
Non so cosa dirgli.
Non so che espressione si dipinge sul mio volto.
Sono sconvolto dalla notizia.
Merry si sposa... il mio migliore amico si sposa.
Vedo che mi guarda, titubante e un po’ sorpreso, sembra quasi ferito; aspetta speranzoso che io alzi il boccale in onore del suo futuro matrimonio. Non posso deluderlo, quindi mi stampo in faccia un perfetto sorriso felice, lo abbraccio forte e mi congratulo con lui, dicendogli che Estella è perfetta.
Merry mi crede; sono davvero un bravo attore.
Non può sapere cosa sta accadendo all’interno del mio cuore.
Non può sentire il suono provocato dalla sua frantumazione.
Non può vedere il sangue che cola dalla ferita che mi ha inferto con il suo annuncio.
Non può sapere.
Quello che devo decidere ora è se dirglielo o no. 
Quello che devo decidere ora è se ha il diritto di sapere.
*****
 
Fisso il foglio, interrompendo la scrittura, sopraffatto dai ricordi.
Il sorriso di Merry mentre mi dice che si sposa, i miei dubbi, il mio dolore.
Ricordo che i giorni che seguirono furono per me un tormento.
Dirglielo o non dirglielo?
Avevo persino fatto una lista dei pro e dei contro, cosa assolutamente non da me, ma l’avevo gettata nel fuoco del camino appena finito di scriverla.
Quel foglio era frutto della razionalità, dettato dalla mia mente; il mio dilemma era puramente emotivo, governato dai sentimenti del mio cuore.
Dire a Merry quello che provavo implicava la possibilità di perderlo.
Non dirlo significava mentire per tutta la vita.
Cosa dovevo scegliere?
Cosa dovevo fare?
Era l’eterno dilemma... scegliere il mio bene o il suo? Me o lui?
Passai giorni sdraiato sul letto a pensare; Merry arrivò ad ipotizzare che fossi malato.
Mi dispiaceva per lui, continuare a nascondere la verità mi faceva sentire sporco. Ma non avevo ancora deciso cosa fare, come comportarmi.
Poi, fu come una folgorazione.
Davvero avevo avuto così tanti dubbi?
Davvero avevo esitato così a lungo?
Ero stato stupido, la risposta al dilemma era ovvio.
*****
 
Ho preso la mia decisione.
È stato difficile, doloroso, mi ha spezzato il cuore ma ho deciso.
E una volta che Peregrino Tuc ha preso una decisione non la cambia.
So di trovare Merry al pub, soprattutto ora che nella sua vita è tornata a brillare una scintilla di felicità.
Ed eccolo, infatti, circondato da una dozzina di altri hobbit che gli offrono da bere per festeggiare la notizia, ormai ufficiale, delle nozze.
Mi vede tra la folla e, con una scusa banale, abbandona i compagni di bevute per venire da me.
Mi guarda con un espressione interrogativa dipinta sul volto, ma incredibilmente felice di vedermi. Tra noi è sempre stato così, fin da bambini.
Anche quando eravamo piccoli e i nostri genitori ci costringevano a stare in casa come punizione per qualche marachella, il momento in cui ci rivedevamo era sempre magico.
Come se non ci fossimo mai lasciati.
Ci sediamo  ad un tavolo lontano dal rumore degli altri avventori ubriachi e il mio amico non fa domande; sa che, se ho voglia di parlare, lo farò senza bisogno di essere spinto a farlo.
Aspetto qualche minuto perché non so da dove cominciare e il mio cuore vacilla nella sua decisione; fortunatamente la guerra ha smorzato la mia impulsività, rendendomi più razionale e deciso.
“Mi dispiace. Io...”
“Ehi, dai, non importa, in fondo...”
“No, per favore, non interrompermi. Fammi parlare fino alla fine.”
Merry annuisce, intimorito ma anche curioso.
“Mi dispiace. Mi dispiace di non aver reagito come ti aspettavi quando mi hai detto del matrimonio con Estella. Mi dispiace di essere sparito negli ultimi giorni e di non aver festeggiato con te. Mi dispiace di essere stato un migliore amico così pessimo.
Mi dispiace di un sacco di cose, Merry, ma non è ora il momento di elencarle tutte o rischi di arrivare tardi al tuo matrimonio, anche se mancano ancora sei settimane.
Il punto è che ho avuto paura. Siamo sempre stati io e te, Merry e Pipino, ed ora tu ti sposi. Insomma, è normale, fa parte della vita, ma ho paura che lei ti porterà via da me. Diventerai marito e poi sicuramente padre. Avrai mille cose da fare, sarai sempre occupato e non avrai più tempo da dedicarmi. So che è una paura stupida e irrazionale, ma non posso fare a meno di averla.
Non temere, me la farò passare.
Ma la sostanza principale di tutto questo discorso è che sono qui adesso. Sono qui, e sono pronto a fare qualunque cosa tu voglia. Ovviamente della festa pre-nozze me ne occupo io, e su questo non si discute. Andrò a fare le commissioni che servono, ti impedirò di scappare cinque minuti prima dell’inizio della cerimonia, perché sappiamo entrambi che sarai tentato di farlo.
Insomma farò tutto, qualunque cosa.
Merry, tu sei il mio migliore amico. Anzi, no, sei di più. Sei mio fratello.
Sono e sarò sempre qui.”
Mi guarda, passandosi una mano sugli occhi, fingendo che gli sia entrata della polvere. So che si è commosso e cerca di nasconderlo: tipico di lui.
Si riprende in fretta: “Ehi amico, lo so. Per me è lo stesso. Fratelli, sempre e per sempre. Nessuno mi porterà mai via da te.”
Nonostante questa frase, le sue lacrime trattenute e il suo enorme sorriso, non posso fare a meno di sentirmi un po’ in colpa.
Perché, alla fine, ho scelto di mentire.
*****
 
Oggi, dopo una quantità spropositata di anni, sono ancora convinto che la scelta che feci allora sia stata quella giusta.
La verità, nuda e cruda, avrebbe distrutto tutto.
Sfoglio il mio racconto.
Non sono molte pagine, ma in fondo non sono fatte per essere lette da qualcuno.
Ho semplicemente sentito il bisogno di scriverlo, di renderlo reale, non solo di continuare a ripeterlo nella mia testa.
Sono passati circa una decina di giorni dalla morte di Merry.
Non so spiegare il perché, ma solo ora che sono vicino alla conclusione di questa storia mi rendo conto che lui non c’è più.
Che non rivedrò più il suo sorriso, il suono della sua risata, la sua voce resa leggermente stonata a causa dell’alcool mentre canta qualche stupida canzone di paese, ballando sul tavolo. Con me al suo fianco, ovviamente.
Il mio migliore amico non c’è più.
Sento che lo raggiungerò presto, prestissimo e questo mi dà coraggio.
Non potrei vivere a lungo senza di lui.
Ma prima di andarmene a mia volta, prima di abbandonare questo mondo, ormai di nuovo felice, devo dire la verità.
Prendo il pennino in mano, però mi rendo conto che scrivere la conclusione su un foglio non è la cosa giusta da fare.
Questo è un segreto che ho nascosto a lui ed è a lui che devo dirlo.
Raccolgo i miei fogli e li infilo nella bisaccia.
Esco dalle mie stanze e mi dirigo verso quelle di Aragorn.
È tempo di salutarci.
È doloroso, difficile, straziante, ma sappiamo che non avremmo potuto avere una vita ed una fine migliore.
Sono poche le parole che ci scambiamo.
È più che altro un breve incontro fatto di sguardi, di sensazioni, di sentimenti chiari, anche se non espressi in modo diretto; non abbiamo bisogno di parlare, sappiamo capirci senza discorsi.
Ci salutiamo senza dirci addio perché sappiamo che ci ritroveremo dall’altra parte, qualunque cosa ci sia.
Prima o poi la Compagnia sarà di nuovo insieme.
Con passo lento e strascicato di un uomo stanco che sta compiendo il suo ultimo viaggio vado al sepolcro di Merry.
La sua bara è bellissima, degna di lui.
È di pietra, in modo che possa durare nel tempo, ma ricoperta da uno strato di legno, così che possa ricordare la Contea.
Sulla superficie sono incise poche cose caratteristiche: boccali di birra, pipe, la sua armatura e i nomi dei suoi più cari amici.
Potrebbe sembrare il sepolcro di un sempliciotto, qualcuno potrebbe perfino pensare che sia una presa in giro, ma non lo è.
Merry era così: sempre allegro, pronto a risollevare il morale agli altri, ma serio e responsabile quando era necessario esserlo. Era un combattente.
E così ho voluto che fosse la sua bara.
Mi siedo ai piedi di quella scatola di pietra che contiene il corpo del mio amico.
È tempo di dire la verità.
“Ehi, Merry. Come te la passi? Sono sicuro che stai meglio di me. Ti immagino in un enorme campo di verdure e funghi, giovane come una volta a caccia delle migliori prelibatezze. Ma immagino che tu ti stia annoiando, tutto solo; non temere, arriverò presto.”
Faccio una pausa, prendendo fiato. Nonostante io sappia che mi unirò a lui, mi manca. Parlare ad una tomba non è come parlare a lui. Mi manca vedere il suo volto di fronte al mio.
“Ricordi quel giorno di tanti anni fa, quando dovevo dirti una cosa importante? Non te l’ho mai detto. Durante la guerra non c’è mai stata l’occasione giusta e poi tu mi annunciasti del matrimonio.
Non ero molto felice all’inizio, rammenti?
Ti dissi che era per la paura che lei ti portasse via da me; non era completamente una bugia, ad essere onesti, avevo davvero paura che ci avrebbe separati.
Ma non era quello il vero motivo per cui non ero felice.
La ragione reale, quella che mi portò a comportarmi come un’idiota, te la volevo dire quel giorno, al campo del vecchio contadino, prima di incontrare Frodo e Sam, prima che la guerra ci trascinasse nella mischia dei suoi orrori.
Quello che volevo dirti è che ero innamorato di Estella da sempre.
Che fin da giovanissimi la guardavo senza farmi notare ogni volta che passava, che abbassavo lo sguardo quando la vedevo perché credevo di non essere abbastanza per lei.
Durante tutta la guerra, non abbandonai il pensiero di Estella, il mio sentimento non diminuì ma fu reso ancora più forte dalla lontananza.
Una volta tornati, volevo parlarle, dirle tutto però aspettai, perché non mi sembrava il momento giusto, perché pensavo che tutti noi avessimo bisogno di tempo per riabituarci alla vita.
Mi precedesti, dicendomi che l’avresti sposata.
Ecco perché non fui felice quella sera.
Ecco perché passai i giorni seguenti chiuso in casa, senza volerti vedere.
Dovevo decidere cosa fare: dirti la verità e rischiare di perdere la tua amicizia per sempre oppure lasciare che tu la sposassi e fossi felice.
Sapevo che, se ti avessi detto dei miei sentimenti per lei, tu ti saresti tirato indietro. Avevamo promesso che nulla si sarebbe frapposto tra noi.
Ma cosa avremmo guadagnato? Nessuno di noi due avrebbe avuto la donna che amava, nessuno di noi due sarebbe stato felice.
Così ti mentii e ti prego di perdonarmi per questo.
Non me ne pento.
Con lei sei diventato l’uomo migliore che saresti mai potuto essere; era decisamente la donna giusta per te, e i tuoi figli sono meravigliosi.
Non prenderla male, non pensare che io sia stato infelice, che mi sia sacrificato per te.
La mia vita con Diamante è stata bella. Certo, non l’amavo, non all’inizio, ma con il tempo imparai a farlo, a modo mio.
Non era lo stesso con il quale tu amavi Estella, o con il quale l’avrei amata io se fosse stata mia, ma sono stato felice.
I miei figli sono il mio orgoglio e sono felice della vita che ho avuto, perché tu ne eri parte.
Arrivato a oggi, con tutti questi anni e queste avventure sulle spalle, so con assoluta certezza, che la decisione che presi allora fu giusta.
Dovevo scegliere tra la tua felicità e la mia.
Ti dirò, in realtà, non è stato troppo difficile: tu sei sempre venuto prima di qualunque cosa.”
Inspiro a lungo e poi lascio che il fiato esca lentamente dalla mia bocca.
Sono stanco.
Mi asciugo le lacrime che mi sono scivolate lungo le guance senza che io potessi controllarle. Sono le lacrime più vere che io abbia mai versato; le sento come incise nella pelle del mio viso, come a formare un’altra scia di rughe nel mio volto ormai vecchio.
Sono giunto alla fine, ho detto tutto.
Non ho più nulla da fare in questo mondo.
Se fossi saggio, farei chiamare qualcuno perché mi aiuti a tornare in camera, dove mi addormenterei per sempre.
Ma si sa, sono io, l’idiota di un Tuc, e non sono saggio.
Quindi resto qui, chiudo gli occhi e ti raggiungo, già vicino a te, sapendo che mi stai aspettando e che tutto sarà come è sempre stato.
Io e te.
Merry e Pipino.
Sempre.





Angolo mio, di me: dunque…ammettetelo..-avete pensato fosse una Merry/Pipino, vero? E, per una volta, non è colpa mia. La storia è uscita così, da sola, senza che io lo volessi. Potrebbe essere una caratteristica strana, ma a me è piaciuta. Spero anche a voi. Detto ciò, concludo sul serio.
Passiamo alla parte seria.
È facile infatti scrivere di personaggi che amiamo o odiamo e nascondere i nostri sentimenti fingendo che siano i loro. Le nostre parole sono i loro dialoghi, le nostre speranze sono le loro, i nostri sogni diventano condivisi. Ma nelle note dell’autore (autrice, in questo caso) sono io a parlare.
Vorrei intanto dire perchè, tra i millemila personaggi del mondo di Tolkien, ho scelto Pipino Tuc. Pipino è, a mio parere, il più sottovalutato; è l’idiota che capita lì per caso, che è lì perchè segue il suo amico Merry, che si sente sempre fuori posto. Ma è anche quello che davanti a Denethor di Gondor, davanti ad uno di quei personaggi che tutti odiano, si prende delle responsabilità che nemmeno sono sue. Si assume un compito per fare in modo che quell’uomo posso trovare in lui, il capro espiatorio per il suo dolore.
Per quanto riguarda l’impostazione del racconto, ho voluto alternare i momenti del passato (quelli in corviso) e quelli del presente. Questa scelta è derivata dal fatto che volevo rendere noto il cambiamento di Pipino; dal ragazzo che era, all’uomo che è.

Quando la trama mi è venuta in mente ho subito temuto che fosse banale; non ho ricevuto un’illuminazione divina, nè una soluzione, quindi spero solo che non sia noiosa o scontata.
  
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