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Autore: BBecks    26/01/2014    4 recensioni
Emma e Perrie.
Due persone con una vita completamente differente. L'unica cosa che le unisce è l'aspetto esteriore - si somigliano come due goccie d'acqua - e il fatto di trovarsi entrambe a Londra, nello stesso giorno, alla stessa ora.
Quel ritrovo casuale, cambierà la vità ad entrambe.
Dal capitolo uno:
[...]
Non finii la frase, poiché davanti a me trovai una ragazza, poco più alta di me, con lunghi capelli di una strana tonalità di viola e vestita in modo eccentrico. Non appena ci guardammo in faccia, lanciammo un urlo simultaneamente.
Mi trovavo faccia a faccia con una ragazza identica a me.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Perrie Edwards, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Time for the truth.                                                                                                                                                                          Perrie.
 
Il debole e regolare ticchettio dell’orologio da parete era l’unico rumore che proveniva dall’interno del piccolo negozio in cui lavoravo, e scandiva il lento ed estenuante scorrere del tempo facendomi innervosire. Sospirai rumorosamente per l’ennesima volta in quella giornata e poggiai i gomiti sul bancone, sorreggendo la testa con la mano destra e guardandomi attorno con aria annoiata. Attraverso le grandi vetrate – che Alison mi aveva obbligato a lucidare solo poche ore prima – sembrava che il tempo trascorresse molto più velocemente. Le persone camminavano freneticamente da una parte all’altra della grande via cittadina, chiacchierando, parlando al telefono, ascoltando la musica; insomma, occupando il tempo in maniera adeguata a differenza di me, bloccata in quelle quattro mura senza alcuna possibilità di uscita.
L’unica mia distrazione era poter osservare Aaron, posto solo qualche metro a distanza da me, che sistemava meticolosamente gli album nei rispettivi scaffali. Portava un paio di occhiali da vista dalla montatura nera e spessa, che gli donavano un’aria intelligente, rendendolo terribilmente sexy ai miei occhi.
All’improvviso il ragazzo alzò lo sguardo come se si fosse accorto che lo stavo osservando, incontrò i miei occhi e si aprì in un sorriso dolce e caloroso, che ebbe l’effetto di farmi provare più caldo di quanto già non avessi. Ricambiai con un sorriso incerto e alzai la mano per salutarlo, tornando alla mia occupazione e cercando di focalizzare la mia attenzione su qualcos’altro.
Mentre osservavo con aria assorta i poster appesi alla parete che ritraevano le più grandi band mai esistite, non mi accorsi che Aaron si era avvicinato a me con passo felpato, sventolandomi l’album di una vecchia band famosa davanti agli occhi «Probabilmente ascoltare musica ti sarà d’aiuto, almeno eviterai di addormentarti.» Disse mentre inseriva il nel  vecchio lettore cd ciò che aveva deciso di farmi ascoltare.
La mia risposta fu un semplice sorriso annoiato e grato allo stesso tempo. Mentre per tutto il negozio si diffondevano le prime note di una canzone famosa, Aaron si avvicinò a me, con un gesto veloce gli alzai gli occhiali che gli erano calati sul naso e mi ringraziò rubandomi un bacio fugace, poco prima che Alison ritornasse dal magazzino e ci lanciasse un’occhiata tutt’altro che rassicurante. La rossa mi raggiunse dietro il bancone e iniziò a sfogliare distrattamente una rivista trovata lì per caso, mentre io tornavo al mio passatempo preferito, guardare Aaron al lavoro, cercando di farmi notare il meno possibile dalla ragazza che avevo accanto.
Proprio nel momento in cui spostai lo sguardo per guardare l’ora, Aaron dall’altra parte del negozio, mi rivolse la parola. «Oh, guarda. Ho trovato l’album del gruppo di quella ragazza che ti somiglia tanto, Emma.» Disse, guardando la foto incuriosito e spostando lo sguardo su di me. I suoi occhi mi scrutavano e studiavano eccessivamente, così cercai di comportarmi come avrebbe fatto Emma. «Smettila Aaron, lo sai quanto mi da sui nervi quando mi mettono a confronto con quella tipa là.» Buttai lì a casaccio, notando quanto iniziassi a somigliare alla ragazza nel modo leggermente scorbutico di pormi. Ben fatto, mi dissi fiera, annuendo solennemente.
«Hai ragione. In effetti non vi assomigliate affatto.» Disse il ragazzo, cercando probabilmente di ottenere il mio consenso e facendomi ridere sotto i baffi. Il mio sorriso divertito si spense quando spostando il mio sguardo notai Alison che mi stava fissando con un espressione tutt’altro che divertita o minimamente serena. Inizialmente mi chiesi cosa avessi fatto di male per meritarmi il suo famoso sguardo inceneritore. Ricambiai con sguardo con espressione confusa, finché lei non mi prese bruscamente per un braccio, portandomi accanto a uno dei tanti scaffali del negozio, non prima di aver detto ad alta voce e in modo eccessivamente stucchevole perché potesse essere considerato credibile un: «Vieni un attimo Emma, ho bisogno di parlarti di una cosa urgente.»
«Cosa ho fatto stavolta?» Le chiesi ancora prima di essere attaccata.
«Cosa non hai fatto vorresti dire» rispose lei prontamente. «Ti avevo esplicitamente chiesto.» Si certamente, chiesto, pensai alzando mentalmente gli occhi al cielo. «Di raccontare la verità ad Aaron, Perrie! Avresti dovuto farlo giorni fa. Ora capisco perché sembrate ancora una coppia felice e nauseante. Perché non l’hai fatto?» Domandò, puntandomi gli occhi verdissimi addosso.
Mi grattai la nuca, incerta su come rispondere. «Be’, diciamo che… diciamo che stavo aspettando il momento adatto. Non posso mica andare da lui e dirgli “senti Aaron, devi sapere che ti ho mentito spudoratamente su chi sono, niente rancori, vero?” non mi perdonerebbe mai, e tu lo sai. Devo essere un minimo preparata alla sua reazione, non trovi?»
Alison rimase qualche secondo in silenzio, come a valutare le mie parole. «Non lo so Perrie, credo che tu debba raccontare tutto ad Aaron, e smetterla di continuare a perdere tempo. Non sarà mai il momento adatto.»
Improvvisamente sentimmo una voce maschile alle nostre spalle, che mi fece rabbrividire e per un secondo mandò in panico anche la rossa davanti a me. «Raccontarmi che cosa?» Chiese Aaron, spostando lo sguardo incuriosito da una all’altra, in attesa di una risposta. Sentii Alison imprecare a bassa voce, mentre cercavo di trovare una risposta abbastanza intelligente e soprattutto credibile. Peccato che la mia capacità di pensiero sembrava essersi dissolta nei secondi precedenti.
Stavo per aprire bocca quando sentii il tipico tintinnio della porta d’ingresso del negozio che si apriva. Tutti e tre ci girammo sorpresi, sembrava che i clienti scarseggiassero nel periodo estivo. Nessuno dei tre sembrava volersi muovere dalla propria posizione e andare dal cliente, che nel frattempo aveva iniziato a guardarsi attorno, finché Alison non spinse con decisione Aaron di peso verso la ragazza, costringendolo a lasciare la nostra conversazione in sospeso.
Mi aspettai un’imminente ramanzina mentre il moro era occupato con il cliente, ma ciò che invece la rossa mi disse fu totalmente diverso e soprattutto inaspettato. «Hai ragione Perrie, non possiamo dirglielo ora, non in questo modo. Anche perché dovrai essere tu a farlo, non appena avrai messo insieme qualcosa di intelligente da dire ad Aaron. Non sarà affatto facile…» Disse più a sé stessa che a me, come se fosse realmente preoccupata di come potesse reagire il ragazzo quando gli avessi rivelato tutto. Il suo comportamento non fece altro che mandarmi ancora più in panico, facendomi desiderare di scappare da quella seconda vita così, senza preavviso. Come potevo raccontargli tutto cercando comunque di mantenere quel rapporto di fiducia che dovrebbe esserci in ogni coppia?
La fiducia sta alla base di ogni relazione, mi dissi, quindi un rapporto iniziato senza di essa non poteva che finire male.
Rimasi in silenzio per qualche secondo, mentre osservavo Aaron che con un sorriso professionale ma sincero allo stesso tempo dipinto in volto, aiutava la cliente nella scelta dell’album. Intanto mi chiedevo quale sarebbe stato il modo migliore per confessargli tutto, evitando di farlo soffrire più del necessario.
Non lo trovai.
Il resto delle ore in negozio passarono stranamente veloci, mentre nella mia mente prendeva lentamente forma il discorso che avrei fatto ad Aaron alla fine del turno di lavoro. Gli avrei detto tutto, sperando che mi perdonasse. Nel frattempo cercavo anche di evitarlo, con la paura che mi chiedesse spiegazioni. Sapevo che non era il giusto comportamento, ma avevo paura. Ero terrorizzata all’idea di parlare con lui in quel momento, o anche solo di incrociare il suo sguardo. Quando la cliente era uscita dopo l’acquisto, avevo deciso di perdermi tra gli scaffali colmi di album, sperando che Aaron non si chiedesse dov’ero finita. Nel frattempo pensavo, mi creavo un discorso che fosse il più chiaro, convincente e non lo ferisse, non troppo almeno.
Verso le cinque e mezza Alison se ne andò, lasciando me e Aaron, completamente da soli, non prima di avermi ulteriormente spinto a parlare con il ragazzo. Mentre riponevo in ordine gli album, notai Aaron che si allontanava. Tirai un sospiro di sollievo, sapevo che nascondermi non era esattamente la cosa giusta da fare, ma in quel momento ero troppo agitata per pensare a cosa era giusto e cosa sbagliato. Tornò dopo qualche minuto, ma feci finta di non essermene resa conto.
«Ho fatto qualcosa di sbagliato?» Mi domandò improvvisamente Aaron, spezzando quell’opprimente silenzio che si era creato. Alzai la testa di scatto, incontrando il suo sguardo. Gli occhi verdi brillavano nonostante la luce tenue che illuminava la stanza, oppure era solamente una mia impressione. Inizialmente non risposi, non sapevo cosa dire. «Se è così, mi dispiace tanto, qualunque cosa sia.»
Non sei tu quello che si deve scusare, ma io. Pensai, alzandomi e avvicinandomi a lui, che era posto accanto al bancone. Mi avvicinai quel tanto che bastava per poterlo toccare e gli carezzai la guancia con la mano fredda, che lo fece fremere. Quando arrivò il momento di parlare con lui cercai di infondermi tutto il coraggio possibile, dicendomi che prima o poi mi avrebbe perdonato. Almeno speravo. «Tu non hai fatto assolutamente, la colpa è mia. Io... devo parlarti. Di una cosa piuttosto importante.» Gli dissi, cercando di mantenere un tono calmo e distaccato.
Sugli occhi di Aaron passò un lampo di sorpresa, ma in pochi secondi ritornò alla sua espressione iniziale, distogliendo però lo sguardo da me. «Oh, certo. Fammi sistemare un attimo in magazzino, possiamo parlare mentre ti riaccompagno a casa.» Annuii, ma lui non poté vederlo perché si era già allontanato.
I minuti che precedevano la chiusura del negozio furono in assoluto i più lunghi della mia vita. Aaron sembrava essere scomparso da quando poco prima si era intrufolato nel magazzino. Decisi di uscire sulla strada, stranamente il rumore delle macchine che sfrecciavano e il venticello fresco che soffiava, avevano la capacità di tranquillizzarmi, almeno in parte.
«Andiamo?» Sentii dire da una voce maschile alle mie spalle. Mi girai verso il ragazzo e annuii lentamente, aspettando di incamminarmi accanto a lui.
I primi minuti li passammo avvolti in un silenzio opprimente. Le luci dei lampioni era l’unica cosa che illuminava le strade cittadine, creando un effetto allungato alle nostre ombre. Ogni tanto lanciavo quasi involontariamente un’occhiata al moro, come se aspettassi di sentirlo dire qualcosa, anche solo un incitamento ad iniziare il discorso. Così non fu. «Ti starai chiedendo cos’abbia di così importante da dirti.» Iniziai, rendendomi conto di quanto stessi tergiversando. Il motivo era semplice: non ero pronta per lanciare la bomba.
«Sì insomma, è da questo pomeriggio che ti comporti in modo strano, e non capisco cosa possa essere successo. Non lo capisco davvero.»
«In realtà questa cosa è iniziata da molto prima, solo che non ho mai trovato il momento giusto per dirt...» Il mio discorso fu improvvisamente bloccato da un telefono che suonava, il mio. Il volume della suoneria era alto e fastidioso, e si impose contro la nostra volontà. Guardai il display e vidi che era Emma. Decisi di ignorare la chiamata senza tanti complimenti. L’avrei richiamata più tardi.
Rimisi il cellulare in tasca, dopodiché tornai a guardare Aaron. «Stavo dicendo che...» Qualche secondo dopo il cellulare ricominciò a squillare insistente. Infastidita lo presi e feci per spegnerlo, ma Aaron mi bloccò.
«Deve essere importante, forse è meglio se rispondi.» Disse, annuendo lentamente.
Premetti il tasto di risposta allontanandomi di qualche metro da lui, decisa a gridare a Emma il mio fastidio per ciò che aveva appena interrotto, di nuovo. «Cosa cavolo ti prende, Emma?» Sibilai, mantenendo comunque un tono di voce basso.
«Perrie! Grazie al cielo hai risposto. C’è un enorme problema da risolvere, devi raggiungermi il prima possibile. Ti prego.» Disse, lasciandomi sorpresa dal tono affrettato con cui pronunciò quelle parole. Sembrava davvero allarmata. Cosa poteva essere successo, stavolta?
 
 
 
 
 Spazio autrice:

Non ci crederete mai, ma sono tornata. Dopo mesi e mesi, e mesi. Cavoli, chi l'avrebbe mai detto che ci avrei impiegato così tanto per un capitolo di (semi)passaggio? Sono stata assorbita talmente tanto dalla scuola che non ho avuto tempo per scrivere, anche durante le vacanze di Natale. Ma ora eccomi qui, sono ufficialmente tornata. Magari questo non è il capitolo bellissimo e interessantissimo che vi aspettavate, ma c'è un ma: dal prossimo capitolo in poi succederanno mooolte cose. Davvero poco piacevoli. Qualcuno scoprirà la vera identità delle ragazze, e... non vi dico nient'altro. Cosa succederà? Perrie dirà tutto ad Aaron? Cosa pensate che stia accadendo a Emma? Si sistemerà tutto? Lo scoprirete, presto. Becks.
 
 
 
 
  
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