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Autore: elyforgotten    26/01/2014    10 recensioni
Questa è una one shot su Davina e Marcel. Vicende tratte dall'1x11 di The Originals. SPOILER.
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Dal capitolo:
Il corpo di Davina, come quello delle altre giovani, rimaneva immobile e freddo, ghermito dalla morte e lo sarebbe stato per sempre.
A quella orribile e devastante deduzione Marcel sentì una stilettata al centro del petto, così violenta e implacabile tale da rovesciargli il cuore a terra, vicino al corpo senza vita della sua Davina.
Genere: Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Posso paragonarti a un giorno d’estate?

 

Marcel Gerard si era sempre ritenuto un combattente, un forte guerriero che aveva combattuto fin dalla tenera età per non farsi sottomettere da un padre crudele. Il suo nome proveniva appunto da Marte, il dio della guerra. Per più di 200 anni aveva mantenuto una linea di vita severa, a volte crudele, dritta e senza curve che prevedevano qualche sbandamento originato da sentimenti.

I sentimenti rendono deboli, é da sciocchi. Così gli aveva insegnato Klaus Mikaelson.  Un guerriero non si sarebbe mai concesso a simili cedimenti. Non avrebbe mai permesso al sentimento di scalfire la corazza di durezza e aggressività che deve portare. E tuttavia non esiste uomo, vampiro o umano che sia, che nella sua vita non si lasci piegare al sentimento d'amore. E non vi è più dignità in una simile sconfitta.

Quel sbandamento aveva il nome di Davina, una piccola creatura che aveva causato un tumulto tale nel suo animo da cambiargli l'esistenza, sconvolgendogliene le leggi. E mentre ora la teneva stretta, al riparo dalla tempesta e sul punto di perderla, gli venne proprio in mente la prima notte in cui l'aveva incontrata, anche’essa devastata da una tempesta di morte, urla e sangue. E in mezzo a quella tempesta, un fulmine aveva squarciato il cielo e aveva illuminato lei.

Marcel non l'avrebbe mai dimenticata: così piccola ma con una tale forza e disperazione nel dibattersi contro i suoi aguzzini. Nell'udire i suoi implori disperati, le sue preghiere e le sue lacrime, qualcosa si era messo nel suo cuore ritenuto morto ed aveva agito, senza pensarci due volte se non con l'unico pensiero che quella bambina non avrebbe subìto ciò che aveva subìto lui.

Aveva squarciato la gola con ferocia a chi voleva farle del male, scaraventava in aria chi gli faceva ricordare quei momenti umani troppo crudeli e chi stava compiendo quella blasfemia. Dopo l'esecuzione si era avvicinato alla ragazzina ancora piangente. Sembrava un povero cucciolo smarrito, una piccola principessa vestita di bianco che si era resa conto amaramente quanto quel mondo non fosse il regno delle fiabe.

Senza tentennamenti l'aveva attirata a sé, proteggendola e facendole da scudo.

"Ci penso io a te, ci penso io a te."

E Davina si era lasciata andare a lui, istintivamente, con ancora le lacrime agli occhi, il profumo dei fiori e l'odore acre del sangue che alleggiavano nell'aria. Non le importava che quell'uomo fosse un vampiro, un mostro. Nella sua mente lui era il suo eroe.

 

E Marcel non avrebbe vanificato la fiducia e l'affetto che Davina gli portava; avrebbe combattuto per lei, per salvarla come quella notte. Glielo aveva giurato.

Marcel ironicamente si chiese da quando era diventato un uomo d'onore ma forse tutto ciò era dipeso da cosa Davina simboleggiava per lui. Chi l'avrebbe mai detto che uno come lui, il forte, sfrontato e ambizioso Marcel si sarebbe affezionato a una piccola umana, una strega con enormi poteri, e che avrebbe vissuto con lei una quotidianità che non aveva mai avuto con nessun altro in 200 anni: la parte più importante e piena della sua vita.

Marcel col suo orgoglio da guerriero e fermezza da re non avrebbe mai premeditato ciò eppure sentiva che era questo... sentiva che era amore quello che aveva iniziato a provare verso Davina, con ogni sua intensa, pura e disarmante sfumatura.

Non era l'amore che provavi verso una fidanzata o un’amante, no di certo.

Lui l’amava come la figlia che non potrà mai avere, la sorella che non ha mai avuto, come l’amica più vicina che potrà mai incontrare. La sua anima gemella che il destino aveva tessuto per lui.

Per questo la prospettiva di perderla lo annientava come nessun’altra sconfitta di potere avrebbe potuto fare. Era troppo importante per lui: lei che con la sua innocenza aveva sfondato la sua armatura di guerriero, facendolo comunque restare sempre il suo fedele guardiano..

Il suo cuore era in pena per le sorti di Davina, la mente era un groviglio di pensieri che andavano tutti a formulare un modo qualunque per salvarla dalla morte; non importava chi ci avrebbe rimesso o se gli Originali non erano d'accordo. Mentalmente li stava mandando tutti al diavolo.

"Non lascerai che mi facciano del male?" gli chiese la voce tenera e spaventata di Davina, simile a quella di un cucciolo.

Marcel la strinse, rincuorandola: "No, non lascerò che ti facciano del male."

Non erano necessari soprannomi sdolcinati tra loro due, come tesoro o amore. Si dimostravano l'affetto in semplici gesti reali, come l'abbraccio tragico col quale Davina strinse a sé Marcel, lo stesso col quale si era abbandonata a lui mesi prima.

 

Marcel non seppe quante volte aveva maledetto il mondo, il destino, digrignato tra i denti bestemmie contro quel bastardo di Klaus e le streghe negli attimi dopo in cui Davina era drasticamente peggiorata.

Aveva vomitato acqua, stava per autoconsumarsi e non poter far nulla lo rendeva così ansioso, come se quella appesa al sottile filo della morte non fosse la vita Davina ma la sua.

Aveva poi dovuto arrendersi alla realtà dei fatti: il raccolto doveva svolgersi.

E per Marcel quella era la sua più grande sconfitta, la cicatrice che rimarrà per sempre visibile sulla sua pelle, indelebile.

 

Fuori pareva esserci il diluvio, Marcel stringeva ancora a sé Davina, riscaldando quel piccolo corpo con una coperta. Nel vibrante silenzio si avvertiva la triste sentenza che sarebbe sopraggiunta entro poco, una condanna che spaventava entrambi.

Pur di non pensarci e placare il suo cuore in pena, Marcel giocherellava con alcune ciocche dei capelli castani della ragazza, trovando un di armonia in quel semplice gesto.

Ad un tratto Davina disse:

"Marcel, é tutto ok." E gli sorrise come se stesse lei sorreggendo lui fuori da quel vortice di tormento.

Così piccola ma anche così coraggiosa e tenace.

"No, ho fallito con te." rispose Marcel duramente, prendendosela con se stesso. Aveva giurato di combattere per lei e ora consciamente la stava riportando dritta da chi mesi prima voleva ucciderla. Strinse di nuovo i denti.

Davina però non gliene faceva una colpa, era la scelta più giusta da intraprendere e ormai aveva smesso di scaraventarlo da una parete all'altra o accusarlo di averla solo usata durante la sua guerra. Aveva capito senza dubbi o resistenze quanto lei contasse per lui e non c'era gioia più grande, anche se stava per andare incontro alla morte.

Per questo lo rincuorava, gli parlava dolcemente e gli sorrideva cercando di non piangere.

Quel sorriso tenero sembrò allungarsi verso Marcel, fino a toccargli il cuore, crepando la pietra col quale era stato forgiato per secoli.

"Ho avuto tanto. Ho avuto Monique, ho avuto Tim. Ho avuto qualcuno che ha combattuto per me dal primo momento in cui mi ha incontrata." disse la sua voce toccante, in grado di far commuovere anche l'animo più crudele.

Marcel socchiuse gli occhi e sospirò, non riuscendo a tollerare quel devastante peso che si sentiva all'altezza del cuore.

"Ah Davina..." La voce di Marcel lasciò la sua gola con molte difficoltà, imprigionata dal furente battito che aveva iniziato a risentire dentro di sé, dovuto a quei dolorosi attimi.

"Molte persone non hanno tutto questo anche se vivono cent'anni." Finì di dire lei col cuore in mano.

Marcel strinse le palpebre, sopportando la sofferenza che stava per emergere. Le strinse di più, perché non voleva che Davina si accorgesse dell'insolito velo liquido che gli stava bagnando gli occhi.

Per far finta di nulla e non appesantire ulteriormente quella situazione, Marcel alzò la testa per deporle un bacio sulla fronte, racchiudendo in quel contatto tutto il suo affetto e tormento. Due sentimenti che non l'avevano mai colpito così intensamente.

Davina gli si strinse di più, come a cercare un riparo dalla tempesta.

E Marcel sentì di nuovo il calore di Davina scavare una breccia nelle pareti indurite della sua anima, sbriciolando i suoi sforzi di mantenerla retta.

Posso paragonarti a un giorno d’estate?

Sì era questo per lui, Davina. Gli dava la gioia di un giorno d’estate che non ha nulla a che vedere col gelo e il buio dell’inverno. Un’estate breve ma calda, indimenticabile.

L’amore non subisce le leggi del tempo, ignora la ragione. Un attimo può valere l’eternità. L’eternità può vivere dentro un attimo.

L’eternità per Marcel Gerard poteva tutta concentrarsi nel momento in cui Davina Claire era entrata nella sua vita, come un fulmine a ciel sereno. Due identici e tortuosi destini che si univano irrimediabilmente.

Ormai era facile pensare che non sarebbe stato più lo stesso continuare l’eternità senza pensare a lei.

Difficile però era farne i conti, rendersi conto che presto quel sogno d'estate sarebbe stato annientato da una tempesta e le speranze di gioia subito appassite

I due si strinsero di più, facendo combaciare i loro cuori in tumulto. Mentre una lacrima, sfuggita al controllo, scendeva sui capelli della ragazza, morendo in essi.

"Marcel sono pronta."

Il vampiro assentì severamente, cercando di non badare al battito frenetico che il suo cuore assunse non appena quell'affermazione gli portò alle mente ciò che di terribile sarebbe accaduto entro poco.

Cercò con tutte le sue forze di mantenersi retto come sempre e si alzò. Prima che la prendesse in braccio, Davina tuttavia gli prese la mano. Lui la guardò confuso.

"Mi terrai tu?" domandò in un sussurro flebile.

Marcel allora le sorrise: "Sì, ti terrò io." le rispose accarezzandole delicato i capelli e prendendola alla fine in braccio.

Andando incontro verso il loro destino.

 

Giunsero al cimitero, gli altri li stavano già aspettando e il fuoco divampava dietro di loro. Marcel sentiva il suo calore asfissiante eppure un gelo primitivo gli stava invadendo le vene, implacabile. Continuò comunque a camminare, rispettando la scelta della ragazza che aveva tra le braccia e che si teneva a lui come se fosse la sua roccia.

La depose infine a terra, Davina coraggiosamente andò davanti a Sophie Deveraux, pronta a ciò che l’attendeva. La pioggia malefica le bagnava i capelli, il cuore batteva velocissimo,  il freddo la faceva tremare ma non si sarebbe tirata indietro.

Marcel era sempre dietro di lei, non allontanandosi mai.

“Credi nel rito del raccolto?”

Dopo un attimo di tentennamento, Davina rispose: “Ci credo.” E la sua era più che una speranza, la stessa che aveva Marcel.

Sophie avvicinò il pugnale alla gola di Davina, come per prepararla. Quest’ultima restò col fiato sospeso, il battito accelerato all’inverosimile ma lei immobile come una salma. Marcel invece fissava duro quel pugnale, come se fosse lo stesso che stava per catapultarsi sul suo cuore, squarciandolo.

E tutto avvenne in un secondo: Sophie tagliò la gola di Davina, la giovane emise solo un piccolo gemito mentre l’ombra della morte arrivava su di lei, sul punto di ghiacciarla.

Davina cadde all’indietro, nell’oblio, ma Marcel la prese.

<< Ti tengo io, ti tengo io. >> Pensò lui dolorosamente, tenendola stretta a sé per non lasciarla sola nemmeno in quei momenti fatali.

Davina era ancora vigile, gli occhi aperti su cui presto sarebbe sceso il manto della morte a spegnerli crudelmente. E quegli occhi erano puntati su di lui, come se volesse imprimersi l’immagine del suo viso per rendere più sopportabili quegli attimi, per farsi accompagnare da lui anche in quel cammino.

Il sangue defluiva effimero lungo la sua gola, bagnandole le vesti insieme alla pioggia. Era una ferita orribile ma non di più di quella che Marcel aveva riportato due secondi prima: anche il suo cuore perdeva sangue, piccole gocce ma dolorose come acido.

E Davina Claire, la piccola Davina, la persona più importante per lui, si spense tra le sue braccia, rannicchiata su di lui come un cucciolo che si vuol riparare dalla pioggia sotto un grande albero.

E i muscoli di Marcel Gerard parvero essersi paralizzati nel stringerla.

 

Venne poi svolta la mietitura. Come accordato le giovani prescelte, tra cui la stessa Davina, dovevano risorgere grazie alla magia degli Anziani.

Tutti rimanevano in attesa, col fiato sospeso e i cuori furenti e palpitanti, anche se poteva essere impossibile visto che la maggior parte erano vampiri. Eppure era proprio così.

Marcel non dava segni di ansia o di qualsiasi altra emozione. Era immobile come una statua, apparentemente calmo e attendeva il ritorno di Davina, il momento in cui avrebbe potuto riabbracciarla.

Sophie emise le parole di rito. “Fate risorgere le Prescelte.”

Attesero alcuni secondi in totale silenzio. Nulla, solo il vento che soffiava era l’unica cosa viva in quel cimitero.

Marcel rifilò un’occhiata dura a Sophie, come per ordinarle di fare ciò che aveva promesso se non voleva che fosse lui questa volta a scatenare l’inferno in terra.

La strega deglutì a forza, non riuscendo nemmeno lei a capire perché le ragazze non si svegliassero.

“Fate risorgere le Prescelte!” affermò con più energia.

Ancora niente, la tensione cresceva in maniera disumana rischiando di soffocarli.

Ma il corpo di Davina, come quello delle altre giovani, rimaneva immobile e freddo, ghermito dalla morte e lo sarebbe stato per sempre.

A quella orribile e devastante deduzione Marcel sentì una stilettata al centro del petto, così violenta e implacabile tale da rovesciargli il cuore a terra, vicino al corpo senza vita della sua Davina.

Non emise comunque fiato, quel guerriero non esternò in alcun modo ciò che provava interiormente come se avesse il potere di annientarlo.

Capendo che era tutto inutile e impossibile, dopo l’ennesima implorazione, anche Sophie si accosciò a terra, piangendo calde e disperata lacrime per non essere riuscita nel suo intento di riavere la nipote.

E quel pianto, le facce smarrite degli Originali, furono come un coltello che tranciava le ultime speranze di Marcel. 

Era tutto finito, l’aveva persa.

L’ennesima stilettata lo colpì ma parve non sentirla, troppo preso dal rendersi conto dell’ingiusta e incancellabile realtà.

Il vento dell’addio passò tra loro, lo prosciugò dentro e gli tolse le radici del suo affetto, lasciando solamente un vuoto e arido deserto. A questi però sopraggiunse poi la rabbia quando Marcel alzò lo sguardo, inquadrando Klaus Mikaelson, colui che aveva la colpa di tutto ciò.

Sebbene interiormente Marcel sapeva che la colpa era esclusivamente la sua. Aveva fallito.

Solo il silenzio però fu testimone del suo dolore, nessun grido. Anche se il dolore certe volte grida più forte di ogni altra voce.

 

Marcel se ne andò, fuggì verso il suo rifugio per cercare distruzione, per placare ciò sentiva nel rompere ogni cosa che aveva attorno. Ringhi di rabbia gli fuoriuscivano dalle labbra.

All’improvviso apparve Klaus, il quale cercò di calmarlo.

E subito Marcel gli fu addosso, lo colpevolizzò apertamente così non si sarebbe focalizzato sul proprio dolore che lo annientava. Ma più Klaus parlava, più Marcel si faceva assillare dalla dura realtà.

La sofferenza infine sgorgò, implacabile:

“Non m’importa dei vampiri! Lei è morta!” gridò con tutta la voce e il dolore che possedeva. La collera nei pugni, la disperazione sulle labbra.

Agì d’istinto, voleva combattere contro chiunque, sfogare la sua perdita nella violenza come era solito fare. Saltò addosso a Klaus in un balzo furente ma l’Originario lo bloccò, fissandolo negli occhi.

L’ultima cosa che Marcel si sarebbe mai aspettato era di ricevere un forte, sincero e voluto abbraccio da Klaus.

“Mi dispiace.”

E quel guerriero dopo un’iniziale reticenza, si arrese. Tutte le lacrime nascoste per orgoglio scesero, divorandogli la pelle del viso e scatenando sussulti disperati al suo corpo. Non combatté questa volta, si lasciò semplicemente dominare da qualcosa di più forte, che credeva di non possedere e che solo Davina era riuscita a risvegliare in lui: l’umanità.

 

 

 

Marcel non era riuscito a chiudere occhio, era stata una notte infernale. Le lacrime l’avevano prosciugato ma testardamente deciso di rialzarsi come sempre e di non farsi abbattere.

Avrebbe sempre sofferto per la perdita di Davina, non sarebbe mai riuscito a riempire il buco che aveva nell’anima, ma si disse che prima o poi bisogna andare avanti. Magari in nome della vendetta, era un ottimo rimedio contro la sofferenza.

Stava camminando lungo la navata della chiesa, un tempo rifugio di Davina. Salì gli scalini, cercando di mantenersi eretto e far finta di non sentire quei pesi asfissianti ai piedi ad ogni passo. Forse vedere la dimora di Davina sarebbe valso come l’ennesima pugnalata, un vortice di ricordi troppo dolorosi da rimembrare ora con la ferita ancora fresca.

Ma Marcel aveva deciso così e non sarebbe retrocesso sulle sue intenzioni.

Passò davanti alla porta semiaperta e quando gli occhi si inoltrarono dentro la camera, un sorriso nostalgico venne disegnato sulle sue labbra. Il cuore ormai spaccato e a cui credeva di non poter più donare sentimenti, si riempì di tristezza e amarezza.

Poteva avvertire nell’aria la risata cristallina e innocente di Davina, i suoi passi delicati lungo le assi di legno. Poteva vederla, angelica mentre dipingeva, i suoi occhi vispi che si bloccavano sorpresi e imbarazzati quando si accorgeva che lui la spiava da dietro la porta durante i suoi lavori.

I ricordi morirono quando Marcel fece un sospiro e decise di non farsi sommergere dall’onda del rimpianto. Non poteva, non sarebbe stato da lui.

Fece alcuni passi dentro la stanza semi oscurata. Aveva odore di chiuso, di certo nessun altro sarebbe venuto a viverci. Quel posto sarebbe stato abbandonato per sempre, proprio come le sue speranze.

Si avvicinò a un tavolo sopra cui c’erano rimasti alcuni disegni di Davina. Casualmente li sfogliò con un gesto della mano, come se così potesse sentirla ancora vicina a sé. Dipingere era sempre stato l’hobby preferito della piccola strega, la sua più grande passione. Era come una parte di lei.

Ad un tratto, mentre sfogliava i fogli, Marcel si accorse di una cosa. Ciò che aveva ora in mano era un dipinto che non aveva mai visto. E raffigurava lui.

Marcel trattenne il respiro in gola, un soffio agonico direttamente dal cuore.

Era bellissimo, il più bel disegno che avesse mai visto.

C’era lui, ritratto alla perfezione come se la disegnatrice non avesse mai potuto dimenticare il suo volto. E lui teneva abbracciata a sé una figura che pigramente stava seduta, come un padre che abbraccia la figlia. E quella piccola figura era Davina.

Marcel serrò il viso, trattenendo le emozioni derivanti da quel disegno che gli scombussolavano nuovamente l’animo. Cercò di trattenere anche i muscoli della mano perché non voleva assolutamente rovinare un’opera di Davina.

Quel disegno trasmetteva intensità, emozioni pure e genuine. Era reale. Come ogni loro abbraccio che li aveva resi protagonisti, come ogni vitale sensazione umana che Davina gli trasmetteva.

Fece un grosso sospiro e poi prese una decisione. Chiamò di fretta alcuni suoi scagnozzi per un nuovo lavoro.

 

La camera venne ordinata e lustrata magistralmente. Le serrande della finestra questa volta erano aperte e da essa filtrava la luce del sole, che illuminava i disegni di Davina deposti sui cavalletti da terra. (*)

Quello più in mostra era il disegno che lei segretamente aveva fatto per lui.

Marcel non avrebbe mai permesso che quel posto andasse in rovina, che quei disegni venissero coperti di polvere o che l’oscurità prendesse il sopravvento. Lei l’avrebbe ricordata così, per sempre. Non avrebbe mai permesso che la luce dei ricordi si spegnesse o che lei perdesse significato.

Era un modo per onorare la sua memoria. A quella donna-bambina che aveva rivoluzionato la sua vita, che gli aveva portato la pace in una vita di guerra, la luce nell’oscurità.

D’altronde si può rinunciare in maniera definitiva a tutto ciò che ti fa sorridere, sognare e vivere veramente? Pur sapendo che è inutile? No, nessuno rinuncerebbe. E allora non dovevano chiederlo a Marcel Gerard.

Per lui, Davina era davvero un giorno d’estate. E la sua luce non si sarebbe mai spenta, questo si promise. Avrebbe continuato ad illuminare quella stanza, quei ritratti e soprattutto l’angolo più buio del suo cuore.

Da lì non se ne sarebbe mai andata.

 

FINE.

Questo piccolo esperimento è nato dall’ultima puntata trasmessa di The Originals e non sono riuscita a non commuovermi per Marcel e Davina. Personalmente non ho mai amato Marcel, né mi stava a cuore, ma in questo episodio mi ha talmente emozionato che non potevo scrivere del suo forte legame con Davina. Insomma li adoravo (spero si sia capito come padre-figlia, fratello-sorella. XD) e spero davvero che Davina ritorni.

Perdonatemi se vi ho depressi ancor di più con questa OS, d’altronde è la mia specialità XD.

Ogni commento o aiuto è ben accetto J

Sottolineo che il titolo e le frasi del capitolo “Posso paragonarti a un giorno d’estate” sono di Shakespeare. Eh già, perché non rendere più drammatica possibile questa one shot? xD

Se non avete capito i cavalletti da terra sono questi -à http://www.bellearti.it/142-144-large/Cassetta-Cavalletto-da-terra-Mabef-M-22-in-legno-con-di.jpg

Che dire… grazie a chi leggerà e recensirà J Spero comunque che questo obbrobrio vi sia piaciuto.

Alla prossima ^^

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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