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Autore: Atarassia_    26/01/2014    3 recensioni
to hunt hunted/hunted {v.} 1 cacciare; andare a caccia 2 essere alla ricerca di ; dare la caccia a.
Hunt. Caccia. Ricerca.
Perchè in fondo nella vita siamo tutti alla ricerca di qualcosa. Rincorriamo un oggetto, un sogno, un amore, un desiderio, noi stessi.
Protendiamo tutti verso un qualcosa che potremmo anche non raggiungere mai, ma l'attrazione che tutto ciò comporta è troppo forte per essere soffocata.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: Gender Bender
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The hunt
Prologo
 
People talk about the guy
that is waiting on a girl. 
There are no holes in his shoes ,
but a big hole in his world .
 
(The man who can’t be moved - The Script)


 
Le dita affusolate accarezzano il legno frastagliato del tavolino, le gambe distese e una mano aggrappata alla vecchia sedia. Davanti a lui l’ennesimo bicchiere di birra vuoto e una sedia incustodita.
È solo per l’ennesima volta, ma è ostinato a rimanere là perché, lui lo sa, molto presto quella sedia non sarà più disoccupata.
Harry questo lo sa, ne è certo e sorride timidamente. Getta un’occhiata fuori dal locale dove la pioggia viene giù inesorabile. Scruta gli angoli della strada, i volti dei passanti, l’avanzare della gente e aspetta pazientemente.
La mano si stacca tremante dal legno accanto alla sua gamba e si rifugia nella tasca della giacca per trovare conforto. Trattiene il respiro per poi tranquillizzarsi quando le sue dita sfiorano il cartonato oramai consumato e sbiadito della foto.
Della sua foto. Di lei. Di lei che è sua e basta. Di lei che, lui lo sa, sta per arrivare. E sorride fremendo e freme sorridendo.
Si agita sul posto e raddrizza la schiena guardandosi intorno. Fa un cenno con la mano e il cameriere intuisce che deve portargli un altro bicchiere, di nuovo.
Afferra con sicurezza il quarto o il settimo, nemmeno lui lo sa, boccale e il liquido ambrato inonda la sua bocca. Il sapore è confortante e per un attimo lava via tutti i pensieri, tutte le illusioni.
Ma è solo un attimo, un istante così passeggero che sembra non essere mai esistito. E i pensieri tornano e con questi le emozioni, il tremolio delle gambe contro la struttura del tavolino, lo stomaco in subbuglio e la lingua impastata.
Tornano i pensieri e nella sua testa non c’è spazio per nient’altro. Lui diventa di nuovo il burattino e lei il burattinaio, i fili lo tengono stretto e dettano i movimenti che lui, impotente, deve assecondare.
La testa gira e le palpebre si fanno sempre più pesanti. Le immagini scorrono sfocate davanti ai suoi occhi. Le luci soffuse del locale gli danno un’aria tormentata, i bagliori dei fulmini illuminano il suo sguardo perso.
Il brusio della gente giunge poco distinto alle sue orecchie e, mentre tutt’intorno c’è vita, lui aspetta. Sfila con delicatezza la foto dalla tasca facendo molta attenzione a non rovinarla ulteriormente e resta in silenzio a contemplarla.
Gli occhi inseguono avidi i tratti di quel viso, la linea arricciata delle labbra e l’espressione sorpresa degli occhi. Le dita  scorrono rapide e bramose sulla superficie liscia della foto e, per un banale istante, si illude di potere risentire nuovamente la pelle liscia e di intrecciare le dita con quelle minute e fredde di lei.
Sospira distratto nei suoi pensieri, poi inarca un sopracciglio e si  lascia andare ad una risata isterica. Una risata vuota, che non lascia alcuna traccia di un possibile sorriso sul suo volto. Il tizio del tavolo accanto lo guarda stranito o forse scioccato ma, in entrambi i casi, non avrebbe alcun torto. Sembra pazzo, folle. Si muove a scatti, mormora incessantemente parole senza senso con voce impastata, si graffia con le unghie la pelle della mano, si aggrappa con violenza al manico del boccale di birra.
Quell’attesa paziente si trasforma in agonia, i ricordi diventano incubi. Un singhiozzo graffia la sua gola, gli occhi sorpresi si guardano intorno fissando tutto e niente. La gente mormora, ride, balla, litiga, vive.
Lui invece non può fare altro che innervosirsi e avvertire, per l’ennesima volta, il cameriere che nemmeno quella pinta è stata sufficiente e che ne serve un'altra.
Porta la fotografia alle labbra e la sfiora dolcemente.
–Frida...- il suo è un sussurro spezzato, un grido muto nei confronti di quell’amara tortura. Il suo fiato caldo si infrange contro il cartoncino ed è sicuro di poterne sentire l’odore della birra.
All’improvviso, come se fosse un ladro, si guarda intorno furtivo e si muove silenzioso assicurandosi di non essere visto da nessuno. Nasconde la foto nella tasca della giacca e si affretta a chiuderne la cerniera per impedire a qualcuno di rubare il suo tesoro.
Rabbrividisce non appena il suo corpo viene a contatto con una folata di aria fredda. In lontananza il tonfo della porta attutito dal vociare della gente.
Si accascia con il busto sul tavolino e chiude gli occhi isolandosi dal resto del mondo. Quando li riapre nella sua visuale c’è la nuova ordinazione portata dal cameriere che se ne va scuotendo la testa.
Con i capelli arruffati e gli occhi arrossati scola anche quella birra, ma la sua bevuta viene interrotta da qualcuno che con forza gli sottrae il boccale. Un rivolo del liquido ambrato gli imbratta tutto il mento infrangendosi poi sul pullover grigio.
-Harold!- il suo nome gli giunge quasi indistinto alle orecchie e prova a ribellarsi a quell’interruzione per riappropriarsi di quanto gli appartiene. Però i suoi sensi sono allentati, così non riesce ad imporre una resistenza adeguata e non ci vuole molto per fermarlo.
Harry socchiude gli occhi e si lascia andare contro lo schienale della sedia, rassegnato. La testa gli si fa improvvisamente pesante e arriva a posarla contro qualcuno al suo fianco.
-Ed, aiutami.- la voce soffocata di Lana lo fa sussultare e si aggrappa con tutto il suo peso al braccio di lei che, avendo una corporatura fragile, traballa e, colta di sorpresa, quasi perde l’equilibrio.
Delle mani più forti subito lo afferrano per le spalle e lo sollevano.
-Guarda come ti sei ridotto, di nuovo!- esclama Ed affaticato mentre si fa passare un braccio di Harry dietro il collo. Muovono i primi passi molto lentamente, ma non fanno nemmeno in tempo a superare il primo tavolino che perdono l’equilibrio e cadono rovesciando una sedia e attirando molti sguardi su di loro.
Harry geme quando la sua guancia cozza contro lo spigolo di una panca e con molta difficoltà tenta di portare una mano sulla parte di viso lesa ma, i suoi, sono tentativi vani perché prima si afferra il naso e poi tasta il petto di qualcun’altro.
-Che combini Harold?- Ed lo richiama e tenta di spingerlo via per potersi rialzare, ma Harry si aggrappa a lui come un koala perché ha bisogno di calore umano.
Ha bisogno che qualcuno gli stia accanto, che lo protegga e gli sussurri ripetutamente che va tutto bene. Ha bisogno che qualcuno gli afferri la mano e gli indichi la via da seguire perché teme di aver perso il senno, di essere diventato folle.
-Idioti! Ci guardano tutti.- Lana imbarazzata tenta di aiutarli come può e li sgrida anche se, oramai loro lo hanno imparato, la sua voce adirata nasconde un profondo affetto.
Con movimenti goffi e imprecazioni mal trattenute i tre riescono ad uscire dal locale e vengono subito assaliti dall’aria fredda di Birmingham. Harry con uno scatto rabbioso si districa dalla presa di Ed che non può fare a meno di lasciarlo per assecondarne la mente malata.
Incurante dei richiami dei due amici alle sue spalle, Harold avanza lungo la piazzola barcollando e, mentre la pioggia si infrange sul suo volto e penetra fin sotto i vesti, lui incespica sui suoi stessi piedi e finisce a terra, di nuovo.
Si sbuccia le mani a contatto con il pavimento e rimane disteso a boccheggiare cercando di ispirare quanta più aria possibile. Il freddo gli penetra fin dentro le ossa e ha la testa confusa, dolorante, tra le nuvole. Le mani insanguinate tremano e le labbra screpolate si muovono chiamando lei in sussurri spezzati.
E l’aria si riempie di miliardi di “Frida” sussurrati al vento mentre l’anima di lui chiede aiuto, implora in silenzio di essere salvata.
-Harold.- lo richiama più dolcemente Lana dinanzi a quella scena. Lo accarezza con fare materno e gli scosta i capelli bagnati dalla fronte. Aiutata da Ed, la ragazza lo solleva delicatamente da terra mentre, come da copione, lui piange istericamente. I due si commuovono alla visione di quell’essere folle che è diventato Harry.
Harry e il suo essere masochista, menefreghista e testardo. Harry che non si arrende, che non accetta che tutto sia finito così.




 
Questa è la mia prima mini long e molto probabilmente è anche l'unica che riuscirò a finire in un tempo molto breve, infatti, l'ho quasi completata del tutto, manca solo l'epilogo. Detto questo, tornando alla storia, è venuta fuori così, senza molte preoccupazioni, ho semplicemente lasciato che le dita scorressero senza sosta sulla tastiera.
Avrei dovuto consegnarla ad una pagina per un concorso, ma sono troppo sbadata e non mi sono accorta di aver superato la data prevista per la consegna, così ho deciso di publicarla qui, ma pensavo comunque di darvi le indicazioni che avevo ricevuto per il concorso. Allora, dovevo basarmi su una canzone dei The Script "The man who can't be moved", c'è una special guest Ed Sheeran e un AU: 
Genderswap!
Non voglio annoiarvi ulteriormente, quindi lascio a voi i commenti. Vi ringrazio in anticipo per essere passato e spero che vogliate lasciare un commento. Ringrazio inoltre lilac_ per il fantastico banner.
Con affetto,
Atarassia_

 
 



 
   
 
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