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Autore: Hibei    27/01/2014    12 recensioni
cit/ «Non voglio comprare nessun biscotto, grazie».
«Che bell'accoglienza. Fai sempre così o oggi è il mio giorno fortunato?».
«Eh...?».
«Ti sembro un fottutissimo boy-scout per caso?».
Naruto lo squadrò da capo a piedi con un cipiglio irritato. Il fatto che Yuki non fosse in casa faceva da parafulmine a quel pezzo di ferro ambulante; se suo figlio avesse udito anche solo una sillaba di fottutissimo avrebbe annichilito quell'individuo e la sua bella faccia da schiaffi lì, sul pianerottolo, risparmiando alla donna delle pulizie quei cinque piani con ascensore fuori servizio solo per raccogliere i resti di quel... quel...!
«Chi cazzo sei allora?»
...Dopotutto Yuki in casa non c'era.
Il giovane moro gli scoccò un'occhiataccia, come se il suo non sapere chi fosse l'avesse offeso mortalmente. Fu poi come se provasse un'immensa fatica — e Naruto s'immaginò in sottofondo le trombe dell'Apocalisse — che lo sentì annunciare: «Il baby sitter».
[NaruSasu!]
Naruto ha 26 anni, padre di Yuki di 6. Per accudire il figlio, ha trascurato il lavoro e adesso non può più permetterselo. Cerca dunque un baby sitter e, su consiglio di Sakura, assume Sasuke.
Hope you enjoy it!
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha, Un po' tutti | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nessun contesto
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Hibei la fenice è risortaH. Sì, sono viva. Sì, non ci credo nemmeno io. Sì, HO LA FACCIA TOSTA DI TORNARE CON UNA NUOVA LONG QUANDO NE HO GIÀ UNA IN CORSO. AH AH AH AH AH... ah. Allora, no, devo dare qualche spiegazione perché è giusto. “In a smoke cloud” non l'ho dimenticata assolutamente, ma, c'è un ma, ho combinato un papocchio. Ricordate che avevo detto sarebbe stata più che una Bi-Shot, mh? Ecco, perfetto. La mia geniale botta d'inventiva mi ha stordita più di quanto dovesse, e sono arrivata al punto che avevo già il secondo — a quei tempi ancora considerato come l'ultimo — pronto ma non riadattabile per non essere considerato altrimenti se non come una conclusione. Quindi mi sono messa d'impegno e ho scritto due capitoli. A metà. E ho buttato giù qualche citazione futura su cui farò in modo di accampare i contesti al seguito. E ho scritto anche la prima, vera e propria scena lime/lemon. Che voi leggerete minimo otto capitoli più in là. In pratica non ho scritto il secondo capitolo, ma il... decimo?, che preso così singolarmente non ha senso, non segue un filo logico, e Naruto e Sasuke hanno già sviluppato più intesa di quanto io inizialmente non volessi concedergliene. Perciò per quella dovrete aspettare un po', perché ci tengo a fare le cose per benino e voglio non venir meno al mio sacro vincolo dell'angst SasuNaruSasu. y_y
Adesso passo a parlare di questa cosina qui. *gongola* 
Miei prodi lettori di EFP, che amo con tutto il cuore per continuare a seguirmi nonostante la mia assenza di mesi e mesi (vi faccio auguri di buon anno con quasi un mese di ritardo ma chissene!), non odiatemi. L'idea mi è venuta ascoltando mia nonna e mia zia sproloquiare su un argomento inerente a quello della storia che, da oggi, ne seguirà. Sicché ciò è avvenuto durante il mio periodo di convalescenza (sono molto più cagionevole di salute di quanto pensiate) e conseguentemente ero nel pieno della fase Che noia che barba che barba che noia, ho profanato il mio cervello della sua folgore — stile Percy Jackson — e iniziato a martellare i tasti come un'esagitata per scrivere questo primo, insignificante prologo. Dico insignificante perché a me sembra parecchio piccino, e non ho ancora sinceramente notato se il secondo e il terzo siano più lunghi o meno. Sì, contenti? Ho già scritto il seguito. Solo che mi affligge il dilemma: quando li posto? Ovviamente non tutti e tre oggi, che scherzate! Pensavo a qualcosa come un appuntamento settimanale, che so, domenica prossima ad esempio posterò il secondo, e quella a venire il terzo. Lo stesso sarà con l'altra long, non ci tengo a combinare macelli e ridurvi al punto che, dopo una considerevole distanza di tempo tra un aggiornamento e l'altro, vi siate scordati di cosa sia successo. A me è capitato ed è stato spiacevole. E poi, se li postassi in un unico colpo, ce l'avete un'idea di quanto dovrete aspettare per il quarto, vero? Ecco. Se invece pazientate per questa volta a settimana, nelle due che seguiranno avrò il tempo di portarmi abbastanza avanti — studio di recupero permettendo. 
Vi do un approfondimento
insulso, che nell'intro ho usufruito di tutti e 200 i caratteri e non si capisce granché!: Naruto, s'è capito, è un 26enne, padre del piccolo Yuki, che qui vedremo ne ha appena compiuti 6. Il fatto che tra padre e pargolo vi sia una differenza tanto minima d'età non è dovuta affatto al caso e Nacchan non smaniava per diventare genitore appena uomo, ma non ve lo sto mica a dire ora il come mai di tutto ciò. Lo farò poi, nei testi futuri deheh. E state tranquilli, non è una Mpreg e Yuki non è stato né portato dalla cicogna né trovato sotto un cavolo! XD Anzi, penso che su questo punto lo capirete sin dall'inizio — altrimenti siete ancora intontiti dal sonno letargico (?) della domenica. ♥ 
Che po
i è da me pubblicare a quest'orario indecedente. 
Uzumaki-san, comunque, per prendersi cura del figlio, ha dovuto chiedere dei permessi a lavoro per poter stare con lui. Penso di aver reso i suoi capi anche troppo permissivi, non credo che oggi giorno ci sarebbe davvero qualcuno di tanto magnanimo, ma tant'è. Il tempo è scaduto: Naruto deve tornare a lavoro, a frequentare gli orari lavorativi come si deve. Il tutto è più che altro pensato perché Yuki ha iniziato il primo anno di elementari, quindi il biondo ha più disponibilità partecipative, ma come abituare un bambino al possibile rientro a casa senza il suo otou-san, dal quale mai è stato separato per così tanto tempo? Ecco che entra in scena Sasuke, spinto sul palco da una piccola pacca di Sakura, che ha proposto a Naruto di assumere lui come baby sitter e affidargli Yuki. Il giovane papà, fidandosi dell'amica, accetta, ma di questo “Sasuke” non sa nulla. Quando, difatti, gli si presenterà alla porta un diciottenne (AMO le differenze d'età, anche se non oltre i dieci anni, che qui sono otto. E il fatto che Sasuke sia più piccolo è un campo ancora incolto, non ho saputo resistere alla tentazione di vedere che frutti ne verranno fuor- bene basta giardinaggio.) dallo sguardo annoiato e il volto dai tratti più inusualmente delicati, di primo acchito, non lo riconoscerà.
Ovviamente il teme non si prodiga a tata perché gli va, ma anche questo lo vedrete poi. ~
AH. È mal
inconica perché sì, ma avrà toni molto più leggeri di quel che sembra, questo genere sarà presente solo a tratti e in modo discontinuo nei capitoli. Invece c'è Het per l'accenno  o approfondimento #nonlosoancora di altre coppie, Spoiler! perché potrei voler inserire personaggi e accennare a situazioni che, per chi non segue il manga, risultano ancora ignote.
Note più lunghe del capitolo: fatto 
Pr
ima di salutarvi e augurarvi una buona lettura, voglio dedicare questo ‘prologo’, definiamolo così, a _bittersweet_, che trova sempre il modo per esserci anche quando non l'ho accanto. Anche se è perfida e per Carnevale vuole confezionarsi un costume da marshmallow {Ti amo tantoh}. E voglio dedicarlo anche ad Allyn, che per certi versi mi ha dato l'ispirazione — inconsapevolmente, ma sì, hai contribuito! Ad esempio tutti quei riferimenti a Harry Potter... — per le idee future di questa fanfiction. E perché la adoro, non giriamoci intorno, e se ho preso la decisione di pubblicare è per il traguardo della centesima recensione, lasciata ad una sua storia, quindi sì, uno spazietto era d'obbligo e ci tenevo a ringraziarla genericamente, sperando di riuscirle (e riuscirvi) a strappare un sorriso anche con questa cosa qua. 
Bene, spero che AAA: Cercasi baby sitter! - Prenditi cura di me possa piacervi e prendervi come le altre storie passate, si accettano anche suggerimenti se voleste l'inserimento di qualcuno o qualcosa in particolare: una riga non la si nega a nessuno (filosoficamente parlando, ovvio che non mi limiterei ad una riga *adora spiegare l'ovvio*). 
Vado a piangere per lo pseudo-rapimento di Abel. L'esperienza seme è stata un passo troppo azzardato per un navigator. CAIN DOVE SEI. E per il capitolo 662 di Naruto.
L'avre
i dovuto dire che era uno spoiler per chiunque segue Starfighter? EH OH. LO SHOCK L'HO PRESO TUTTO D'UN COLPO, CHE VOLETE, DOVEVO SFOGARE DA QUALCHE PARTE. ç_ç
Un bacio, buona lettura e — penso/spero — , alla prossima domenica! ^^ 

P.s. Perdonate OOC e error
i indubbiamente presenti, ma sono le 00:19, attualmente, e per il secondo punto potrò provvedere solo in giornata, con una rilettura. Per il primo, beh, è per forza degli eventi.
P.p.s. Sasuke non è un tappo. È Naruto che lo sminuisce perché gli sta sul trespolo già a prima vista. XD






 
~ Capitolo 01. ~

Quando il dovere chiama: rispondi e riaggancia!





Erano passati quattro anni. Millequattrocentosessanta giorni. Ore, minuti, secondi, scanditi in un tempo controllato con ossessione maniacale. Vita trascorsa, momenti passati, segnati da una x rossa sul calendario.
Ogni giorno, incessantemente, da quel 2 Gennaio 2010, tagliato di netto da due rette incidenti. 

Era una mattina di quelle, che non ti danno la voglia di alzarti, che per quanto il sole provi a svegliarti, superando le difese delle tapparelle, fallisce e si arrende.

Era una di quelle mattine, ed era un giorno pari. 20. 20 come gli anni che aveva quando la sua vita delineò una curva non prevista sulla sua tabella di marcia.

Una curva dai corti capelli neri, un po' ribelli, occhi azzurri come il cielo d'estate, piccole mani, pelle candida come la neve da cui derivava il suo nome, Yuki.

Quattro, indimenticabili anni che Naruto aveva dedicato, anima e corpo, al proprio figlio, affinché crescesse al sicuro, lontano dal peso della solitudine e dalle calunnie della gente. Sebbene si sentisse ancora così terribilmente inadeguato, nelle veci di genitore, troppo inesperto per occuparsi di una creatura così piccola che aveva bisogno di così tanto, di un amore che lui, da solo, non era in grado di donargli. 

Per quanto volesse, per quanto provasse, il cuore di Yuki restava solcato da indelebili falle. Tuttavia, il bambino non sembrava far mai pesare alcuna mancanza al suo otou-san, di nessun tipo. Sorrideva sempre, ogni giorno, purché stesse insieme al suo papà, diceva, era felice.

Ma la pacchia era durata fin troppo e Naruto lo sapeva: da quando Yuki aveva iniziato a frequentare la scuola elementare — non senza una considerevole retrosia — trascorreva la metà della giornata da solo, in casa, ad oziare, facendo zapping, o usciva un po', andava a trovare Sakura in ospedale nella pausa delle undici, passava da Ino e comprava dei fiori. Perfino il chioschetto di Teuchi rientrava fra le sue tappe, ogni giorno, da sempre. Un tipo abitudinario, che si sentiva a casa anche quando non lo era, se ripercorreva i medesimi passi. Adesso, però, quella routine andava stroncata, e ad infliggerle il primo colpo era stata la voce del suo capo, che lo aveva chiamato qualche qualche giorno prima: «Sei un bravo dipendente, ma non abbiamo bisogno di qualcuno che lavora la metà, quando là fuori c'è gente che si farebbe in quattro pur di stare qui dentro tutto il giorno» e benché non fosse poi così lontano dalla realtà, il biondo non poté trattenersi dallo storcere il naso per quella che gli parve un po' un'esagerazione. «Siamo stati clementi, ti abbiamo dato il tempo di adattarti, di crescere tuo figlio senza lasciarlo solo. Ma...» breve pausa, seguita da un sospiro. «Uzumaki. Non possiamo più continuare a stare su questa giostra, il giro è finito».

Naruto non capì perché dovesse parlare per metafore, quando era chiaro che quello fosse un O torni adesso o non tornare affatto. Un ultimatum fin troppo sconveniente, ma d'altro canto che poteva fare? Doveva tornare in ufficio, anche se questo significava lasciare Yuki solo, anche se questo significava rivedere...

«Potete concedermi il tempo di trovare qualcuno che possa prendersi cura di mio figlio mentre non ci sono?» quasi sembrò stesse implorando; se il suo capo fosse stato lì, nei suoi pensieri, avrebbe capito che quel tono sofferente non era dovuto al timore di perdere il lavoro.

L'uomo dall'altro capo del telefono tacque, come per far intendere all'altro che ci stesse pensando su. Ottenne niente più che un poco esaustivo «Essia», diretto e conciso. «Ma non aspetterò in eterno, Uzumaki. E fidati: più vizi tuo figlio adesso, più sarà difficile imporsi dopo».

Gli stava dando dello smidollato?

Borbottò qualcosa simile ad un grazie, fortuna sempre volendo che non fossero l'uno dinanzi l'altro, altrimenti quella singola parola sarebbe rantolata via dalle sue labbra in un proiettile di saliva, proprio lì, su quel viso odioso del suo datore di lavoro.

Ripose il telefono in tasca, lasciandosi andare ad un respiro profondo. 

Doveva trovare qualcuno. Immediatamente.

Ma chi? A chi poteva rivolgersi? Non di certo al primo numero che gli avrebbe ispirato fiducia sugli annunci dei giornali. Possibile che nessuno dei suoi conoscenti potesse dargli una mano?

Camminando sconsolato, di ritorno a casa, lanciò un'occhiata all'orologio che teneva al polso un uomo passatogli di fianco, apparentemente d'affari e parecchio illustre, come dava a vedere il suo abbigliamento elegante e la borsa da lavoro che portava dietro con sé: le undici meno un quarto. Avrebbe fatto in tempo a fare una visitina a Sakura durante la sua pausa, chissà che non sarebbe riuscita a rallegrarlo almeno un po' con le sue sfuriate dopo aver avuto a che fare con un paziente poco collaborativo.

Sotto lo sguardo torvo dell'individuo dalla capigliatura cinerea, impegnato a fulminarlo con le iridi color carbone come se non ci fosse un domani, che lo aveva per giunta colto in flagrante col collo allungato che nemmanco uno struzzo poteva guardarlo senza batter ciglio, si dirisse verso la direzione opposta, canticchiando un motivetto stonato.




«Quel... quel brutto-».
«Ti trovo in forma, Sakura-chan!».

Dovette ricorrere ai suoi riflessi di sportivo mancato al liceo per schivare il pugno rotante della sua amica, la migliore sin dai tempi dell'infanzia, in piena crisi nevrotica.

Da copione, insomma.

«Splendida forma un accidente!» sbraitò la giovane dai capelli rosa, avanzando a passo di marcia per i corridoi della struttura ospedaliera, spalancando ogni singola finestra che le capitasse a tiro quasi si sentisse soffocare da tutto quel bianco e tanto di medicinali.

Farle notare che non era proprio un atteggiamento consono alla sua posizione — sia locativa che nella società —, sperando di non incorrere nella sua ira, era una visione troppo ottimistica per essere analizzata con razionalità.

Glielo avevo detto che non era un mestiere che faceva per lei.

E non perché Sakura mancasse di dedizione, no, perché nella medicina metteva il cuore, prima negli studi così come ora nel lavoro. Ma, come detto prima, l'ospedale è un regno infido, e non mancava giorno in cui il medico non s'inventasse un nuovo girone dell'Inferno di Dante per spedirvi i suoi pazienti più capricciosi e burberi.

La seguì — rincorse — fino al suo ufficio, dove la ragazza chiese alla sua assistente di portarle un caffè. Il “per favore” di cortesia ce lo mise Naruto, quando notò l'occhiata risentita che l'altra lanciò al suo superiore, aggiungendoci un sorriso che sapeva di Ti prego, non vuoi davvero sapere cos'è in grado di fare se non assume caffeina entro cinque minuti.

La giovane non se lo lasciò far intuire due volte, trotterellando alla macchinetta.

«Allora,» si sentì riportare all'attenzione dell'altra femmina presente, che parve aver preso in prestito la voce di Satana e la malvagità dei suoi tratti. «cos'è che vuoi?».

Il biondo, ripresosi dal mezzo infarto che aveva rischiato di prendersi per colpa di quell'intrusione uditiva troppo improvvisa, s'imbronciò, in quel modo infantile che a Sakura, come nascondeva in cuor suo, era sempre piaciuto.

«Perché dai per scontato che voglia qualcosa da te?» domandò piccato.
«Non è così?» chiese a sua volta la ragazza dai capelli rosa, tirando su un angolo della bocca e inarcando un sopracciglia, assumendo un'espressione di chi la sa lunga. 

Naruto aprì la bocca, sentendosi preso in giro, pronto a ribattere. 

La richiuse un petosecondo dopo, rendendosi conto che da ribattere non aveva proprio nulla.

«Okay,» concesse. «stavolta ho una cosa da chiederti».

Sakura si permise di ridere, al modo in cui l'amico aveva marcato la pronuncia di quel stavolta, ma il gesto che le fece fu abbastanza eloquente da indurla a troncare l'ilarità e ascoltarlo.

Se Naruto si divertiva a scapito delle sue disavventure giornaliere — pensava seriamente che non l'avesse beccato a sogghignare ogni volta? — lei era libera di sfotterlo un po' alla prima occasione.

«Forza, ti ascolto».
«Ecco... si tratta di Yuki».

Non le piacque il tono lapidario con cui lo disse; Naruto sembrò capirlo, perché addolcì la smorfia del suo viso, pur non ottenendo nulla se non un cipiglio ancora impensierito. «Vedi, oggi mi ha chiamato il mio capo».

La bocca di Sakura si mosse in una tacita o.

«Ha detto che vuole che torni a lavoro».

La o si allargò.

«A lavoro come prima, cioè anche il pomeriggio».

Sentiva gli angoli della pelle morbida e leggermente rossastra tendere dolorosamente.

«Mi ha fatto capire che, se non torno a riprendere col pieno orario, mi licenzia in tronco».

Oltre quella o non si vedeva più nulla.

«Vuoi chiudere quella bocca?!» scattò il biondo, gesticolando, le mani smosse da spasmi che parevano intenzionate a strangolarla.

«Scusa» si ricompose, dopo aver praticamente fatto un salto sulla sedia. «Allora, capisco che il tuo capo sia uno stronzo, anche se le sue ragioni in quanto dirigente le ha, d'altronde la gentilezza è una vir-».

«Sakura!».

«Sto cercando di dire, che non capisco cosa vuoi che faccia. Che lo minacci di prenderlo a pugni fino a che non ti concede altri quattro anni di vacanza?».

«Non sono stati di vacanza, e lo sai».

Il medico si morse la lingua, sentendosi colpevole sotto lo sguardo ferito e irritato di Naruto. Aveva parlato troppo e senza riflettere, senza pensare a...

«Scusa» fu un mormorio, ma l'assentire del biondo le fece capire che avesse sentito. «Ma se non vuoi che lo convinca, in un modo o nell'altro, cos'altro posso fare?».

«Non lo so. Ho bisogno di qualcuno che resti a casa con Yuki — non guardarmi così, non mi stavo riferendo a te. — ma non so a chi rivolgermi. Dei miei amici non ce n'è uno solo che abbia esperienza con i bambini o che non sia impegnato col lavoro anche più di me» spiegò sconsolato, curvando la sua postura e scompigliandosi i capelli nel classico gesto che aveva per mascherare il nervosismo. «Non voglio lasciarlo da solo. Non posso...».

Sakura lo guardò, lasciandosi andare ad un piccolo sorriso intenerito; quel bambino era fortunato ad avere un padre che lo amasse tanto, vivendo di costrizioni solo per potergli stare accanto.

Come avrebbe potuto aiutarlo? Gli amici di Naruto erano i suoi, eccetto qualche medico di reparti che il ragazzo non aveva mai visitato — o non voleva visitare.

Chi poteva... ah!

 «Ho trovato!» esultò, battendosi un pugno sul palmo aperto e balzando letteralmente in piedi, provocando uno stridere della sedia tanto acuto che dovettero tapparsi le orecchie in ogni stanza e corridoio della struttura.

«Cos-» cercò di parlare l'altro, ancora frastornato. «Cos'hai trovato?».

Che poi non si diceva “eureka”?

La ragazza parve non notare l'espressione stranita e preoccupata del biondo, troppo impegnata ad auto-elogiarsi con frasi del tipo Sono un genio. - Mi stupisco di me stessa! - No, scherzavo, io so di essere un genio!, e avrebbe potuto continuare all'infinito se la sua assistente non avesse fatto ritorno con una tazza di caffè fumante, rigorosamente doppio, tra le mani.

Il fatto che la rosa gliel'avesse strappato letteralmente di mano passò in secondo piano, soprattutto perché la semplice essenza della caffeina pareva acquietarla, ed era meglio tenersela così mansueta che sempre sull'orlo dello sbraito compulsivo verso chiccheffosse.

«Allora?» la incitò il biondo, mentre la vedeva raggiungere l'estasi dopo una semplice sorsata del liquido scuro. «Che ti è venuto in mente?».

La ragazza non rispose finché non ebbe finito l'ultima goccia della tazzina, che rivoltò e agitò, come se fosse una palma e lei la scimmia in attesa che cascasse un casco di banane.

Ma banane — gocce — non ne caddero più.

«Un baby sitter» esordì semplicemente poi, rispondendo alla domanda di prima.

«Sakura-chan, questo lo sapevo da me, ma lo sai come sono! Non mi fido a lasciare Yuki tra le grinfie di una sconosciuta! Una baby sitter è-».

«Ah ah ah» lo interruppe, sollevando l'indice e facendolo ondeggiare da destra verso sinistra, come una mamma che impone un divieto al figlio ed enfatizza il concetto con quel no gesticolato.
«Un baby sitter» ripeté, calcando sull'aggettivo al maschile.

Naruto strabuzzò gli occhi, prendendo la tazzina ormai vuota e annusandola come avrebbe fatto un intrepido opossum tra i rifiuti in cerca di cibo. «Non è che ti ha drogata, vero? Insomma, è possibile, quella ragazza ti odia — e come potrebbe non farlo d'altronde, la tratti peggio che uno zerb-ahi!».

E pensare che se lo stava quasi dimenticando, il dolore dei pugni di Sakura.

«Zitto, citrullo!» tuonò inviperita. «E ascoltami, ho la soluzione al tuo problema».

«Sakura-chan» biascicò dolorante il giovane, massaggiandosi la parte lesa. «una ragazza è una cosa, a meno che non peschi la più libertina del globo, a lasciarle un bambino sono più fiducioso, ma un ragazzo!». Quale eresia.

«Ti rendi conto che stai sminuendo la tua stessa categoria?».

«Si chiama consapevolezza, Sakura-chan, sono un ragazzo, so cosa può combinare un altro ragazzo! E se portasse della droga in casa? O facesse venire qualche amico a fare, che so, casino? Con mio figlio in casa! Lungi da me».

«Okay, no, stai parlando come mia nonna quando mia madre era nella crisi degli anni ottanta».

«Ho sempre apprezzato quella donna».

«Sto dicendo che esageri, Naruto! Fidati, lui piacerà un sacco sia a te che a Yuki».

«Ma Sakura-cha-».

«D'accordo, senti. Vuoi perdere il posto o lasciare tuo figlio in balìa di se stesso? Bene, me ne tiro fuori!».

Ecco che ricominciavano i suoi attacchi isterici da primadonna.

«Volevo solo aiutare, essere gentile».

«Non sto dicendo che non sei stata d'aiuto ma-».

«Ma no, neanche questo, non vengo mai apprezzata!».

«Stai drammatizzando un tant-».

«Lavoro come un somaro, torno a casa tardi, e nessuno che mai mi ringrazi!».

«Non c'è bisogno di fare cos-».

«Che senso ha per me vivere?!».

«Sakura rimetti giù il monitor!».

«Perché, pensi che lui sia più utile di me?!».

«No, cos- Okay! Se la pianti di demolire l'ufficio, accetto di prendere un appuntamento con questo tizio».

La corta chioma rosa smise di ondeggiare per come la sua portatrice placò i propri movimenti, sorridendo compiaciuta tra sé e sé prima di voltarsi verso l'amico biondo.

«E...?» lo esortò, muovendo la mano in un movimento rotatorio.

«...perché mi fido di te e apprezzo il tuo aiuto?».

«Esatto!» trillò contenta. «Lo chiamo subito per dirgli di venirti a trovare oggi stesso!».

«O-oggi?».

«Sì... perché? Hai da fare?».

«No, no... va bene oggi...».

In realtà no, non andava bene per niente. Era troppo abituato a passare ogni singolo istante della sua vita insieme a Yuki, come poteva abituarsi dall'oggi al domani a stargli lontano, a lasciarlo con in casa un ragazzo che non aveva mai visto?

No, si disse. Era un amico di Sakura, e benché la prendesse in giro, si fidava ciecamente di lei. 

Spero solo di non cominciare con il piede sbagliato.




Dopo aver salutato l'amica — che gli aveva raccomandato di pulire per benino la casa e sistemarla, che lui ci teneva, a quelle cose — ed essere tornato a casa, si abbandonò sul divano del salotto, indubbiamente molto più morbido del suo letto. 

Sakura gli aveva mandato un messaggio, riferendogli che il baby sitter sarebbe stato a casa sua poco prima delle due, quindi un'ora prima che Yuki uscisse da scuola; diede una rapida occhiata all'orologio sulla mensola. Le due meno un quarto. Probabilmente avrebbe fatto tardi, aveva tutto il tempo di farsi una doccia veloce.

Quindici minuti, più impeccabile di un orologio svizzero, il campanello suonò.

Ha spaccato il secondo, notò.

Oddio! E se mi spacca qualcos'altro?!

Calma, doveva mantenere la calma. Magari era un ragazzo posato, garbato, senza fronzoli o piercing per ogni parte possibilmente pendente del suo corpo o tatuaggi a sostituire la pelle.

O magari faceva parte di qualche ambigua setta satanica, forse era un fanatico di Harry Potter e si improvvisava Mangiamorte. Già se lo immaginava, tutto vestito di nero, con quell'assurdo coso a punta e la maschera bianca. 

Yuki aveva paura dei Mangiamorte, dannazione!

No, un momento. Yuki aveva paura di Crosta, quello rimasto traumatizzato dai servitori di tutti-al-mondo-sanno-chi era lui.

Okay, bene, problema in meno. Se gli fosse piaciuta la Rowling, avrebbero anzi avuto un punto di comune accordo. Purché non si mettesse a fare il saccentone. Se poi si fosse rivelato un lurido babbano ignaro dei libri, fine del colloquio. E al diavolo la raccomandazione di Sakura-chan.

Prese un respiro profondo, quando la porta suonò una seconda, terza e quarta volta, con particolare insistenza. 

Gli stava già antipatico.

Si guardò intorno alla ricerca di una maglietta da mettersi, ma alla settima scampanellata mandò al diavolo il pudore, anche se fosse stata la vecchia Chiyo un piccolo attacco di cuore per la svendita visiva sue nudità era un prezzo più che giusto da pagare per avergli messo fretta.

Di chiedere il classico Chi è? o guardare dallo spioncino, giusto per accertarsi che dietro il legno della porta non ci fosse uno stupratore o un assassino, neanche gli passò per l'anticamera del cervello.

Poi aprì. E lo vide.

Un ragazzino, pelle lattea, capelli e occhi scuri come la pece, labbra e sopracciglia sottili, queste ultime contratte in una smorfia di palese disappunto.

Non era particolarmente bassino, constatò, indossava un paio di pantaloncini bianchi e un maglietta blu a maniche corte e collo alto.

S'era svegliato indeciso se sentire caldo o freddo?

Naruto lo fissò ancora qualche istante, ignorando i borbottii del tizio davanti a lui, decretando che quel moccioso non poteva essere il lui che aspettava.

Finse un'espressione indifferente, prima di urlare Ma quello non è Voldemort?! ancora sulla corrente dei pensieri precedenti, catturando l'attenzione del microbo corvino, che sgranò leggermente gli occhi e voltò il capo con lentezza esasperante verso la direzione dal biondo indicata. 

«Mi fai così cretin-» stava per dire, fermando il collo a metà strada; lo stava prendendo in giro, ma quando ebbe l'accortezza di farglielo notare, quell'ossigenato gli stava chiudendo la porta in faccia.

Dovette mettere un piede nel mezzo e una mano sul bordo dello stipite per fare da leva e spingere per riaprire l'ingresso.

«Non voglio comprare nessun biscotto, grazie» sbottò il biondo, quando vide che quel piccoletto era dannatamente ostinato e con una forza neanche troppo indifferente.

«Che bell'accoglienza» fece quello, sorridendo sornione. «Fai sempre così o oggi è il mio giorno fortunato?».

Naruto lo fissò stralunato. «Eh...?».

Sbuffò, il moro. Che aveva da sbuffare, se parlava a vanvera?! 

Stava per chiedergli spiegazioni, quando l'altro parve intercettarlo e decise di precederlo, irritato come poche volte nella sua vita.

«Ti sembro un fottutissimo boyscout per caso?».

Naruto lo squadrò da capo a piedi con un cipiglio irritato. Il fatto che Yuki non fosse in casa faceva da parafulmine a quel pezzo di ferro ambulante; se suo figlio avesse udito anche solo una sillaba di fottutissimo lo avrebbe annichilito lì, sul pianerottolo, risparmiando alla donna delle pulizie quei cinque piani con ascensore fuori servizio solo per raccogliere i resti di quel... quel...!

«Chi cazzo sei allora?». 

...Dopotutto Yuki in casa non c'era.

Il giovane moro gli scoccò un'occhiataccia, come se il suo non sapere chi fosse l'avesse offeso mortalmente. Fu poi come se provasse un'immensa fatica — e Naruto s'immaginò in sottofondo le trombe dell'Apocalisse — che lo sentì annunciare: «Il baby sitter».






 
  
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