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Autore: Melinda Pressywig    27/01/2014    6 recensioni
Proprio in quella radura, Reklas vivrà un'esperienza unica e speciale. Stategli accanto, e la vivrete anche voi insieme a lui.
Genere: Introspettivo, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nella Radura




 
 











Camminavo lungo il sentiero con passo lento e cauto. 
Intorno a me, il silenzio regnava solenne; gli alberi parevano osservarmi mentre m'inoltravo in quel luogo assai cupo e misterioso; le foglie cadute a terra scricchiolavano sofferenti al mio passaggio; l'odore della terra umida e delle piante mi solleticava il naso; i colori parevano spenti e il cielo grigio, in alto, annunciava l'arrivo della pioggia. 
Mi ero smarrito, avevo perso la cognizione del tempo e non riuscivo a trovare una via d'uscita che mi conducesse fuori da lì. I sentieri erano tutti simili: ovunque volgessi lo sguardo non intravedevo alcun punto di riferimento. Da che parte dovevo andare? Non lo sapevo. 
Eppure mi avevano avvertito di stare attento e non andare nel bosco; ma io, imperterrito, non avevo dato ascolto. Quel luogo aveva suscitato in me un'immensa curiosità. Raccontavano certe storie... Una volta sentii parlare un contadino, che diceva di aver visto una strana creatura aggirarsi in quei boschi. Oppure, altri uomini e donne del paese affermavano di aver visto ben cinque figure, che non sembravano umane, correre leste in mezzo agli alberi... troppo veloci per gli standard comuni. 
Ero affascinato da quegli eventi straordinari, e volevo avvistare qualcosa anch'io. 
Continuai a camminare, fino a quando non raggiunsi una radura. Era ampia e gli alberi che la circondavano erano incredibilmente più alti del normale. Guardai meravigliato l'ambiente attorno, ma all'improvviso, sentii un fruscio sospetto provenire alle mie spalle. 
Mi voltai di scatto, cos'era stato? Non ne avevo idea.
Iniziò a piovere, e ben presto i miei vestiti si bagnarono. L'odore lieve della pioggia invase l'aria circostante, distraendomi, per un istante solo, da quel rumore. Le gocce cadevano fitte e rapide, offuscandomi la vista. Aggrottai lo sguardo, non riuscivo a distinguere bene le forme. Dovevo capire da dove provenisse quel fruscio misterioso. Che fosse una di quelle creature di cui tanto avevo sentito parlare? Probabile. O almeno, mi piaceva pensare fosse quella la spiegazione. Non m'importava rischiare la vita. Volevo vederle, a tutti i costi. 
Il fruscio sospetto si ripeté, mi voltai a guardare e riuscii a scorgere una figura lunga e nera passare. Da quella distanza sembrava l'ombra di un uomo sui trampoli di legno. Passò rapida in mezzo agli alberi e poi sparì. Quell'apparizione non corrispondeva alle descrizioni degli altri testimoni, e l'idea che le creature rapide fossero di varia natura mi elettrizzò a tal punto che sperai tanto uscisse dagli alberi e si mostrasse a me. 
E così accadde. 
Sentii un fruscio provenire alla mia destra, mi voltai all'istante e la vidi.  
Era una creatura mai vista prima, non assomigliava a nessuna di quelle immaginarie che popolavano i boschi dei libri di fiabe o di favole. Non era un folletto, non era un elfo, non era uno gnomo. Era una figura alta almeno due metri, dalle misure sproporzionate. Gli arti lunghi e il busto corto. Non aveva  pelliccia. Non assomigliava ad alcun tipo di animale. Pareva liscio e privo di consistenza. La figura sembrava dissolversi e riapparire ad intermittenza, oppure era solo l'effetto della pioggia. Il volto era anch'esso allungato. Aveva due occhi neri, grandi, privi di pupille; un punto al posto del naso e la bocca era piccola e rosea.
Ebbi un tuffo al cuore. Non potevo credere ai miei occhi. 
Quella si avvicinò a me, lentamente. Non voleva attaccarmi, mi osservava. Rimasi a fissarla per qualche istante, ero ammaliato da quella visione, avrei voluto rimanere lì per sempre. Allora mossi un passo, allungando la mano. Volevo toccarla, ma quella indietreggiò, quasi allarmata. E mi bloccai.
«Non voglio farti del male...»  dissi in tono rassicurante. 
La creatura non sembrò capire le mie parole e indietreggiò ancora di qualche centimetro.
Tentai di nuovo di avvicinarmi, ma quella si mosse in fretta e l'attimo dopo era già svanita. Rimasi lì impalato, deluso da quell'improvviso cambiamento. Il desiderio di sfiorarla era così forte che in un battito d'ali era diventata pura illusione. Rilassai i muscoli, e mi accorsi di essere totalmente inzuppato d'acqua. I vestiti addosso si erano fatti pesanti e il freddo iniziò a entrarmi nelle ossa.  Mi voltai più volte in qualunque direzione. Scrutai il paesaggio, senza però distinguere bene le forme. Affinai l'udito, per riuscire a sentire altri fruscii, ma niente... il bosco era tornato ad essere un semplice bosco: scuro, silenzioso e imperturbabile. 
Sconfortato, decisi che era giunto il momento di ritrovare la strada di casa, prima o poi avrei dovuto tornarci; ma quando scelsi un sentiero, mi sentii osservato. Subito mi allertai: che fosse tornata quella creatura sproporzionata? 
La sensazione continuava e farsi più intensa, tanto che forse non erano solo un paio di occhi ad osservarmi, ma di più. Elettrizzato mi guardai attorno e finalmente li notai. 
La creatura si era portata dietro qualche amico: da una sola erano diventati in cinque. Avanzavano verso di me, guardandomi con i loro occhi vuoti. Accerchiandomi. 
Sorrisi, mi sentivo fortunato e onorato di averli lì. Avrei dovuto provare paura, scappare, ma rimasi lì, desideroso di scoprire cosa mi avrebbero fatto. 
D'istinto chiusi gli occhi, fino a quando non mi sentii sfiorare da una strana essenza, e mentre li aprii di nuovo fui sommerso da una luce bianca, eterea. 
In quell'attimo fugace vidi il volto delle cinque creature addosso al mio, e i contorni del bosco svanire nella luce stessa. Spalancai gli occhi, meravigliato da quello strano fenomeno. 
Le creature erano scomparse. Ero solo, perso nella luce... ma quell'istante durò solo qualche secondo, perché quel bianco iniziò subito a colorarsi, come quando un pittore dipinge la sua tela.  
Le creature riapparvero attorno a me, facendo un lento girotondo. Rimasero in silenzio e mi guardarono impassibili. Mi lasciarono lì, sospeso in quel luogo astratto ancora per un po'. 
Non potevo credere a quello che mi stava accadendo. Mi dimenticai della realtà che avevo lasciato alle spalle. Mi dimenticai del mio paese, della mia famiglia, mi dimenticai anche di me stesso. Diventò tutto di un singolo colore, divenne tutto color tramonto. Di un arancione intenso, caldo, confortevole alla vista. Linee nere si fecero strada lungo la tela dell'ignoto pittore e disegnarono un luogo parallelo a quello da cui provenivo. Si dipinsero  degli alberi neri, secchi, senza le foglie; i rami sembravano gridare pietà e toccavano l'immaginario cielo aranciato. Pian piano si creò un paesaggio concreto ai miei occhi e guardavo quel susseguirsi di eventi estasiato, perso nella fantasia. Poi le creature si mossero e mi adagiarono con delicatezza sul terreno inconsistente. Per un attimo ritrovai me stesso e tornai ad essere lucido e vigile. Non sapevo perché le creature stessero facendo tutto quello, ma ero entusiasta del fatto che avessero scelto proprio me. Misi in moto il cervello e iniziai a pensare che quelle figure evanescenti mi avessero trasportato nel loro mondo e volessero farmi conoscere i loro segreti.  A quel punto le creature si allontanarono da me, con calma, non dimostravano più ostilità nei miei confronti. Decisi di aprir bocca e dissi:
«Dove siamo? Che posto è questo?»  ma non ricevetti alcuna risposta.  Avrei voluto chiedere loro cosa fossero in realtà, ma qualcos'altro attirò la mia attenzione. 
Di fronte a me, vedevo le sagome scure degli alberi innalzarsi, ma ce n'erano due in particolare che assumevano un aspetto
diverso. Due alberi spogli si ramificavano in maniera quasi umana. Parevano due figure nell'atto di abbracciarsi. Non si riconoscevano teste, o mani, o corpi distinti, ma a guardarli da quella distanza donavano l'illusione di un abbraccio. Uno di quegli abbracci in cui non sai chi sei tu e chi è l'altro. In cui le anime si confondono e diventano una cosa sola. Quella visione mi riempì gli occhi di lacrime, mi emozionò come mai mi era successo. Fu una strana sensazione. 
Contemplai quei due alberi come fossero un totem, una divinità, un simbolo sacro a cui attingere, e i miei occhi brillavano commossi. Poi mi ridestai e mi accorsi che le creature erano tornate vicino a me. Sbattei le palpebre, una, due volte e mi voltai verso di loro. Dissi: 
«Cosa significa tutto questo? Perché mi trovo qui, con voi? Perché mi avete mostrato questo luogo di puro amore?», ero pieno di domande a cui volevo ricevere risposte. 
Una figura  mosse la testa, e fece un cenno positivo muovendo il suo volto allungato. E con mia sorpresa parlò dicendo: 
«Tu sei qui perché ci hai cercato. Tu sei qui perché lo hai voluto. Tu sei qui perché noi lo vogliamo. Sei qui perché meriti di sapere, meriti di vedere, meriti di sentire. Perché tu hai un cuore in cui accogliere tale puro sentimento, hai una mente in grado di comprendere. Sono poche le entità che ci arrivano. Questo è il nostro compito»  e così terminò, lasciando di nuovo che il silenzio si appropriasse del bosco scuro e aranciato. 
Quelle parole mi lasciarono senza fiato e mi fecero sentire amato. Mi trovavo in un mondo astratto, insieme a presenze fantastiche, avevo visto l'essenza di uno stato d'animo unico e mi sentivo bene. Cosa voleva significare? Non lo sapevo, era successo e basta. 
«Ma voi cosa siete esattamente?» ebbi poi il coraggio di chiedere. Un'altra figura rispose: 
«Noi siamo le Creature del Liuna. Viviamo in questo bosco da tempo immemorabile. Vaghiamo in cerca di persone come te, che onorano la nostra essenza. E questo ci basta» concluse.
Io non sapevo cosa dire. Mi sentivo lusingato e onorato di aver ricevuto tutto quel sapere. 
Non ringraziai, perché sapevo avrebbero compreso. Mi sentivo troppo impotente per replicare. 
«È giunto il momento per te di andare, Liuna Clubandu, ci sono i tuoi cari che ti aspettano, lontano da qui». 
Quella notizia mi riportò a pensare alla mia realtà. Chissà da quanto tempo ero rimasto sospeso in quel mondo parallelo. Così annuii e feci un sorriso. Subito dopo mi sentii sollevare e gli alberi secchi sbiadirono. L'arancione si attenuò regredendo di tonalità e tornò ad essere tutto bianco. La luce mi accecò e dovetti strizzare gli occhi dal dolore. Sentii distintamente una voce nella mia testa che mi disse: 
«Addio Liuna Clubandu, porta l'amore sempre con te, nel tuo cuore». 
Ci volle una frazione di secondo e poi mi ritrovai accasciato a terra, di nuovo nella radura. 
Le creature erano svanite nel nulla. Mi avevano salutato e lasciato al mio destino. Ero frastornato da quel viaggio appena terminato e mi ci volle qualche momento per riprendermi. Pian piano mi alzai e mi accorsi di avere i vestiti ancora umidi. 
Guardai in alto, il cielo era rischiarato dalla luce  dell'alba. Quante ore erano passate da quando me ne ero andato? Rimasi sorpreso da quanto il tempo fosse relativo. Ero di nuovo smarrito e non sapevo da che parte andare. E fu allora che sentii una voce chiamare il mio nome.
«Reklas!» arrivava da lontano, in mezzo agli alberi. Poi ne sentii tante altre chiamarmi, e realizzai fosse la mia famiglia. Mio padre, mia madre, i miei fratelli, i miei cugini. Mi stavano tutti cercando. 
«Reklas!» sorrisi, felice di sapere che erano preoccupati per me. 
«Sono qui!» gridai. E mi diressi verso la fonte della voce.
Le voci continuavano a chiamarmi ed io rispondevo loro, gridando sempre più forte. 
E da lontano li vidi e loro videro me.
«Reklas! Oh, figlio mio!» era mia madre che mi corse subito incontro.
«Madre...» 
«Oh Reklas, ma dove ti eri cacciato? Guardati, sei tutto bagnato... vieni qui!»
E mia madre mi strinse a sé. A seguire, ci raggiunsero anche gli altri, e mi circondarono in un abbraccio di gruppo, quasi come avevano fatte le creature di Liuna. Ero lieto di sentirli così vicini. Non spiegai mai cosa mi fosse accaduto, non ci  avrebbero mai creduto. Mi limitai a dir loro che mi ero perso, e che ben presto era arrivata la notte. Dissi che mi ero rifugiato nella cava di un albero e che avevo dormito lì. Non raccontai mai delle creature fantastiche, e non svelai mai il loro segreto. Lo tenni per me e seguii sempre il loro consiglio.  






































 


Spazio Autrice
Salve, oh lettori!
Vi ringrazio per aver letto la mia simil storia fantasy, la prima e l'unica, credo.
È un'idea che avevo in cantiere da tempo (da giugno 2013) e che finalmente ha visto la luce.
Ho tagliato la testa al toro e mi sono decisa a pubblicarla!
 Io spero vi abbia colpito e che l'abbiate apprezzata almeno un poco. 
Io la adoro. Ci sarà sicuramente qualche riferimento, ma è inconscio, ve lo assicuro.
In caso, i credits vanno a chi di dovere. 
Comunque sia, mi preme dire che se per purissimo caso a qualcuno di voi è già capitato di leggere le prime venti righe da qualche altra parte, fino a prova contraria è tutta roba mia. Il mio nickname lo dimostra.
Un saluto - Melinda Pressywig




 
  
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