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Autore: Inathia Len    27/01/2014    3 recensioni
Tutti sappiamo che cosa succede quando Sherlock si "uccide", gettandosi dal St. Bartholomew, ma che cosa è successo subito dopo? Come ha reagito John, come è venuto a saperlo Lestrade?
Con questa OS tento di raccontarvi i minuti successivi alla 3x2.
"Mi allontano, sono di nuovo sulla soglia, quando mi volto di scatto, quasi a voler cogliere un tuo movimento. Ma non accadrà, non accadrà mai più. Per quanto io possa pregare, sperare, immaginare, non ti muoverai mai più.
E allora a cosa serve un John Watson senza Sherlock Holmes?"
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Lestrade, Molly Hooper, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rimango accasciato sul cemento mentre caricano il tuo corpo su una barella e fisso ipnotizzato la tua mano diafana, abbandonata verso il basso e già rigida di morte, mormorando parole senza senso quando ti portano via.
Qualcuno mi alza, qualcun altro insiste perché mi sieda, un altro ancora mi chiede cose che non afferro ma, tra quelle queste voci, l’unica che vorrei sentire rimarrà muta per sempre.
Fisso come incantato la pozza di sangue che hanno incominciato a pulire e vorrei gridare –Fermi, che state facendo? Quello è il suo sangue, era nelle sue vene, era il suo… Non potete farlo, a lui il suo sangue serve!- ma non ne ho la forza. Forse lo biascico e basta, ma nessuno fa caso alle mie parole. E così lascio che mi portino via anche quello. E, mentre arriva la polizia chiamata da qualche volenteroso passante, vengo portato dentro l’ospedale e lasciato su una poltroncina con un caffè e una brioche. Sto ancora pregando per un miracolo –nonostante sia stato io a sentirti per primo il polso- quando Molly mi viene incontro. Ha il passo malfermo. Non c’è bisogno di parole. La abbraccio stretta, incredulo, mentre lei si aggrappa al mio collo. Ci stacchiamo solo quando sentiamo dei passi. È Lestrade che urla che non ci sta capendo niente e che vuole che qualcuno gli spieghi che cosa sta succedendo.
-Dov’è Sherlock?- grida, ma le parole gli muoiono in gola quando il suo sguardo incrocia i nostri. Molly non ce la fa e ne va. Allora lui si volta verso di me, gli occhi fuori dalle orbite e le mani che gli tremano. –No- mormora, accasciandosi a terra, la testa sulle ginocchia e i pugni chiusi. Io mi lascio andare sulla sedia di prima, ma le lacrime ancora non vogliono saperne di uscire. E mi fa male, perché non riesco nemmeno a piangere per te. Le sento tutte ammassate nel cuore e negli occhi, ma non si muovo. Forse è perché non mi sembra vero, perché mi aspetto che tu esca da quella porta e mi dica che dobbiamo muoverci. –The game is on- diresti, bavero alzato e il sorriso sghembo sul volto. Su un volto bianco, non macchiato dello stesso sangue che colorava la strada poco fa. Ma non accadrà, perché quel sangue era reale e tu non lo sei più. Ma il mio cervello non lo accetta, non se ne vuole rendere conto.
-Bisognerà dirlo a Mycroft, alla signora Hudson, ai suoi genitori…- cantileno, rendendomi conto solo in quel momento che non so nemmeno come si chiamino e che faccia abbiano. –Organizzare il funerale…- continuo a ripetere, cercando di rendermelo più vero, ma continua a suonare falso e vuoto alle mie orecchie. –Togliere le sue cose da casa…- e solo adesso le lacrime cominciano a scendere. Ma non è un piangere calmo, no, i singhiozzi si fanno sempre più violenti e mi scuotono, come un urlo sottocutaneo, lasciandomi senza fiato. Sono arrabbiato, ecco perché piango. Perché non può essere finita così, non te ne puoi essere andato così, con solo una telefonata… tu che preferivi mandare messaggi.
Entro nell’obitorio sbattendo la porta e grido ai medici di aprire la sacca dove ti hanno già messo e, quando la cerniera si inceppa, li spingo di lato con un urlo. Mi fermo solo davanti al tuo volto. Sei tu, non c’è più alcun dubbio. E solo l’aggrapparmi alla barella mi impedisce di precipitare più in basso di quanto già non sia. Sei tu questo qui. Anche se ti hanno chiuso gli occhi, anche se il sangue è stato lavato, anche se non respiri più, anche se non indossi più la tua camicia e il cappotto. E allora i singhiozzi si calmano, le lacrime anche e solo il respiro rimane affannato.
-È morto, John. Vai a casa.-
È Molly, che mi accompagna, gentilmente ma con decisione, alla porta. Lei non piange, sembra non aver mai nemmeno cominciato.
-Lui non ti vorrebbe vedere così. Vai, stai vicino alla signora Hudson…-
-Dammi solo un minuto. Solo… un minuto- dico, cercando di mantenere salda la voce. Molly annuisce, stringendomi piano la spalla.
-Sarò qui fuori con Greg, quando vorrai. Ci penserà la polizia ad avvertire la famiglia.-
La ringrazio con lo sguardo. Non ho sicuramente voglia di parlare con Mycroft, considerando che è colpa sua se tu…
Mi avvicino di nuovo alla barella, incantato dal modo in cui la luce si riflette sul tuo volto. Faccio per chiudere la cerniera, ma la mia mano si blocca. Non ce la faccio, perdonami. Non riesco ad ammettere con me stesso che tu sia morto.
Mi allontano, sono di nuovo sulla soglia, quando mi volto di scatto, quasi a voler cogliere un tuo movimento. Ma non accadrà, non accadrà mai più. Per quanto io possa pregare, sperare, immaginare, non ti muoverai mai più.
E allora a cosa serve un John Watson senza Sherlock Holmes?
  
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