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Autore: Ottachan    28/01/2014    4 recensioni
Durante un allenamento all'Iwatobi, Haruka si mette a contemplare la schiena di Makoto.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Haruka Nanase, Makoto Tachibana
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Le prime Notti Bianche'
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Fic scritta per la seconda Notte Bianca della pagina No ma Free lo guardo per la trama, eh con il prompt di Caska 'His back, that feels the water most when he swims'.
Anche qui sono presenti dosi massicce di miele quindi tenete a portata di mano il numero dell'ospedale visto che il rischio di diabete è alto D:

La fic tratta di quando Haru ha avuto la conferma di essere diventato gay per Makoto si è accorto della crescita mentale e fisica dell’amico.
Si, ho una fantasia diversamente incredibile per i titoli xD

Schiena

Haruka aveva appena superato i primi venticinque metri a bracciate e si stava preparando a raggiungere il bordo opposto della piscina per effettuare la virata quando, sollevando il viso fuori dal pelo dell’acqua per riprendere fiato, notò Makoto nuotare nella corsia accanto in direzione opposta alla propria. Il moro si fermò sul limitare dei cinquanta metri, si appoggiò al margine della vasca privo dei blocchi di partenza e si mise ad osservare, senza uscire dall’acqua, lo stile di nuoto dell’amico: come in passato, così come in quel momento, le bracciate di Makoto emanavano una sensazione di potenza e aggressività. Eppure, se prima era palese che il giovane ricavasse tutta quella forza dalla propria paura dell’acqua, ora il suo modo di nuotare era più disteso e rilassato, sempre molto vigoroso ma meno nervoso o rigido. Nonostante l’esperienza non estremamente positiva avuta durante il Campo Estivo Infernale, o forse proprio grazie ad essa, Makoto si era aperto ai propri compagni e aveva acquistato un po’ di quel coraggio necessario per iniziare ad affrontare le proprie paure. Era cresciuto molto. Non solo di corporatura, ovviamente. Aveva preso coscienza dei propri limiti e, per una volta, aveva provato a superarli.
‘Insieme a voi’ diceva.
Makoto aveva finalmente raggiunto il bordo vasca e aveva fatto forza con i bicipiti per sollevarsi e uscire dall’acqua; Gou l’aveva subito raggiunto e si era messa a discutere con lui sui tempi da migliorare o su qualcosa riguardante l’allenamento, ad Haruka comunque non interessava. Il suo sguardo si era posato sulla schiena dell’amico, la parte di lui che entrava di più in contatto con l’acqua e che la percepiva meglio.
Qualche anno prima Makoto gli aveva confessato che, aver lasciato a Nagisa il compito di nuotare a rana durante la staffetta, era stata una decisione veramente provvidenziale. Il dorso era lo stile fatto apposta per lui: il suo viso era rivolto verso l’alto, non dentro l’acqua, non doveva stare in apnea e non era costretto ad immergersi totalmente in quel mondo dalle sfumature azzurre, dai suoni ovattati ma dall’apparenza poco sicura. Aveva imparato a considerare il cielo come il proprio rifugio. Suonava un po’ strano sentire quelle cose da parte di un nuotatore eppure Makoto era sempre stato così, leggermente diverso dagli altri ragazzi normali, una diversità però non negativa. D’altronde era specializzato in quell’unico stile che prevedeva di nuotare dando le spalle all’acqua.
Haruka tornò alla realtà quando Makoto si tuffò di nuovo in piscina e si voltò per rannicchiarsi, reggendosi al proprio blocchetto, pronto a ripartire. Uno scatto e poi via, inarcando la schiena come un gatto, finiva per pochi secondi immerso in quel mondo che tanto temeva e poi riemergeva riprendendo ossigeno e stirando i muscoli per tutta la lunghezza del proprio corpo. Per un istante Haru aveva immaginato che la schiena dell’amico, flessa in quella maniera, avesse avuto la capacità di ricoprire tutta l’acqua della piscina come la volta celeste era solita fare con il mare.
‘Che stupidaggine’ pensò mentre scuoteva la testa e sospirava sistemandosi gli occhialini sopra alla testa. Nel frattempo Makoto aveva toccato il bordo vasca e si era fermato nel momento in cui aveva notato la presenza dell’altro ragazzo.
‘Haru, sei stanco?’
‘No. Ti stavo guardando’
‘Ah si?’
Haruka non rispose, si limitò ad alzare lo sguardo verso il cielo, azzurro come l’acqua della piscina e del mare, pensando a quali differenze potessero esserci tra quei due mondi all’apparenza così simili. L’acqua non aveva una forma propria esattamente come il cielo. O meglio, per quest’ultimo ancora non si era arrivati a deliberare una decisione unanime che mettesse d’accordo tutti. Dopo tutto esso era infinito, sembrava non possedere né inizio e né una fine; circondava terra e mare con il proprio corpo, come per abbracciarli. Come per proteggerli. Proprio come era solito fare l’amico con lui e con il proprio team.
Haruka era l’acqua, Makoto il cielo.
‘Se è tutto ok, io riparto’ il dorsista diede le spalle all’amico e fece per sistemarsi gli occhialini quando, all’improvviso, una testa familiare si poggiò delicatamente al centro della propria schiena, precisamente sotto alle scapole. La fronte di Haru rimase in contatto con la pelle leggermente fredda dell’amico e il ragazzo chiuse gli occhi, si concentrò sull’odore di cloro che il corpo dell’altro emanava e osservò come le gocce d’acqua, che scendevano dai propri capelli bagnati, andavano ad unirsi con quelle presenti sulla schiena dell’amico per poi ritornare a confondersi nel blu della piscina.
‘Haru, tutto ok?’ disse Makoto senza spostarsi per non interrompere quel tocco improvviso che si era però rivelato piuttosto piacevole e si limitò a girare soltanto il viso per poter guardare l’altro.
‘Si. Adesso vado’ ma non si mosse. I due restarono così, immobili, per un tempo che sembrava infinito ma assolutamente non noioso o monotono.
Alla fine Haruka si staccò dal dorsista, si infilò gli occhialetti e scivolò sott’acqua diretto verso il lato opposto della piscina.
Makoto rimase fermo in piedi ancora per una manciata di secondi, poi si voltò in direzione dell’amico, che aveva oramai superato la metà del tragitto, e sorrise dolcemente, gli occhi socchiusi e la mano che si era avvicinata alle proprie labbra per attenuare il suono della propria risata.

 
   
 
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