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Autore: dan130694    28/01/2014    0 recensioni
Scrivo questa storia come segno di scuse della mia assenza. Si tratta (come si evince dal titolo) diun prequel della mia serie principale, più esattamente si svolge tra il 2003 e il 2004, prima dello scoppio della guerra civile tra Disneyani e Pixariani e della prima guerra contro i Cattivi. La stagrande maggioranza di loro sono stati confinati o imprigionati dopo la chiusura dell'House of Mouse. Ma loro si stanno riorganizzando per la loro prima vendetta. In particolare, questa storia vede l'evasione di una nota Cattiva, rinchiusa per tre anni prima in un manicomio criminale, poi in una clinica privata per terapie di controllo comportamentale...
Pensata in origine come backstory in un capitolo dell'arco II, poi rielaborata in una two shot.
Basata su "La Carica dei 102", ma segue cronologicamente le vicende di "La Carica dei 101 2".
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Londra, primo pomeriggio, il tempo era insolitamente sereno, col cielo terso.

Delia” DeMon giaceva seduta, schiena contro il muro di calcinaccio della sua cella, sconsolata e impossibilitata a fare qualsiasi cosa per via della camicia di forza. Il suo passatempo nel tempo libero era segnare i giorni che passavano sulla parete usando il tacco a spillo : lo faceva da uno, forse due, addirittura tre anni. Gli unici momenti di libertà erano le frequenti visite dallo psichiatra, tale Dottor Pavlov, da cui spesso ritornava insolitamente svuotata da ogni sensazione negativa.
Tali terapie consistevano in visioni continuate di scene tenere da far sciogliere il cuore più gelido : dalle coccole fra cuccioli, coniglietti nani che giocano, interazione con i cuccioli, fino all’autoconvincimento che ciò che ha a che fare con le pelliccerie fossero il male, e una buona dose di tranquillanti e ipnosi.
Perciò, no, Delia non era triste perché impossibilitata ad uscire, ma perché impossibilitata a giocare e coccolare i suoi cuccioli.

*Crash* *Boom*

Un tremore, seguito da dei boati e crolli di macerie, scosse l’intero edificio.

Delia si svegliò, per così dire, dal suo trance e si diresse piano verso la porta ad origliare : udì le urla dei secondini, forse qualche sparo di pistola, ma sovrastante su tutti erano le grida dei pazienti euforici in fuga.

 Poi due voci maschili familiari…

“Sei proprio sicuro che sia questa la cella ?”

“Certo che ne sono sicuro ! Non hai sentito che ha bofonchiato quel infermiere ?! Cella 6660 !!!”

“Se ha bofonchiato, è perché lo stavi stritolando tra le tue spire come fosse un ratto e…*gulp*…BLEARGH !!! Santa Madre Gea ! Ma che cavolo usi per l’alito ??! Mentine avariate ????”

“ORA FINISCILA, TESTA DI CERINO !!! Siamo qui per liberarla !! Mica per pettinare le bambole !!!!”

“TU NON LA ALZI LA VOCE CON ME, CICCIO !!!!”

Una breve pausa…

“Va bene, ora vedi di levarti dai piedi. Perché qua ce ne andiamo col botto !”

Udite queste parole, Delia si alzò di corsa verso la parte opposta, raggomitolandosi su sé stessa.

Ci fu una potente esplosione, e la porta di sicurezza volò via, sbalzata.

Sulla soglia, le sagome di Jafar e Ade si stagliavano fiere, nell’ombra, con gli occhi fissi su di lei, tremante.

“Crudelia, vorrai perdonarci per il trambusto che abbiamo creato, ma è stato necessario. Forza, dammi la mano e seguici, mia cara, perché ci aspettano grandi cose…”

Ade lo scansò senza cerimonie :

“Crudelia ! Bambola, non potevo crederci quando mi hanno detto che ti hanno chiusa nel gabbio per tutto questo tempo ! Sai, quella nostra piccola insurrezione di Halloween al Topoclub, che un certo ZUCCONE aveva voluto organizzare !!!” Si accese di fiamme sull’insulto, squadrando in cagnesco lo stregone.

“VEDI DI PARLARE PER TE, CERINO ! Non hai fatto praticamente un bel niente quella volta !!! Mentre tu, mia cara, tu hai contribuito al nostro agguato spegnendo le lu…”
“SCUSATE !”

L’urletto di protesta li interruppe, e finalmente anche lei emerse dalla penombra : era avvolta in una camicia di forza verde con i suoi tacchi a spillo rossi, e non portava più orecchini; se non fosse stato per i suoi caratteristici capelli bicolore, anzi, sarebbe stata irriconoscibile. I suoi caratteristici zigomi e mento acuminati sembravano essere stati limati. Ma il sorriso era il suo malizioso di sempre, meno accentuato dalla mancanza di trucco.

“Crudelia ?”

“Sei…sei…sei……cambiata ??”

“Amici miei ! Tesori ! Sono tanto felice di rivedervi, ma vi prego, non chiamatemi più Crudelia. Suona così…crudele. Ora sono Delia ! Ha ha !” Con una vocina insolitamente delicata

“Delia ???” Chiese incredulo Jafar.

“Come ? Chi ?? Dove ??? Quando ????...COOOSA ?!”

Se Ade non fosse stato un dio, avrebbe certamente avuto un embolo.

Lei volteggiò nella cella, come una ballerina, sorridente.

“Sono cambiata, amici ! Ora non mi interessano più né pellicce, né dalmata, né crimine ! E poi, non posso uscire così…Senza permesso !”

I due la fissarono con la mascella raso terra.

“Ci puoi perdonare un attimo, mia cara. Io e Ade dobbiamo conferire in privato su una cosetta !” Fece Jafar mellifluo.

“Si, si ! Si tratta della tua – Jafar gli tirò un calcio a uno stinco – Hrggghhh !!! Cioè, della sua idea su come liberare gli altri componenti della Lega !”

Ade : “C’era bisogno di tirarlo così forte !?”

Jafar : “Ade ! Non vedi che le hanno fatto il lavaggio del cervello ?! Potrebbe essere irrecuperabile ! Ne va’ della salvaguardia della Lega ! Rischiamo di perdere un membro principale !!!”

Ade : “Dovresti allentare quel cappello, ogni tanto ! Ti farebbe arrivare più sangue alla testa, e capiresti che basterebbe uno sguardo gelido, da serpente ! Capisci che intendo ?”

Jafar guardò il suo scettro, e spiegò scettico :

“E se non dovesse funzionare ?? Potrebbero aver usato qualcosa per contrastare anche i miei poteri ! Sta a vedere !”

“Non c’è di che, guarda !” Commentò Ade, sarcastico per il mancato ringraziamento.

Jafar le puntò la testa di cobra in faccia :

Segui attentamente le mie parole ! Tu non ami i cuccioli, tu li detesti ! Per te sono solo rattoppi per la tua pelliccia, la pelliccia proibita, tanto irraggiungibile che hai cercato di confezionare per anni. Perché, tu. Non sei. Delia …SEI CRUDELIA !!!

La donna fissò gli occhi di rubino luminosi, indifferente, e scansò dolcemente lo scettro da una parte.

“Suvvia, Jaffy ! Non c’è bisogno di usare queste sciocchezze ! Io sto ben così, credimi ! Ade, tesoro, diglielo tu !”

I due si scambiarono uno sguardo complice preoccupato.

“Come volevasi dimostrare. Che facciamo ???” Chiese Jafar, a denti stretti.

“Lascia fare a me…”

Ade le si avvicinò, con un sorriso inquietante.

“Deliuccia ! Cara ! Avrai certamente voglia di uscire fuori, a giocare con i cuccioli, a fare beneficenza ai canili, e bla bla bla, roba così, no ?”

Lei lo strinse in un abbraccio da Orsetto del Cuore, stretto stretto, forte forte.

“Oh, si ! Mi piacerebbe tanto, tesoro ! Ma come possiamo fare ?”

Ade si tolse lievemente le braccia di dosso, forzando sempre il sorriso.

“He-hey ! Bambola, ricordi ! Io sono un dio ! A me non è precluso niente ! PENA ! PANICO !”

Al richiamo, uno strano drago grigio a due teste atterrò goffamente sulla soglia della cella, sdoppiandosi nei due diavoletti.

“Ha chiamato…”

“…Vostra Malvagità ?”

“Tu – indicando Pena – trasformati in qualcosa di serpeggiante e mostruoso e convinci il direttore o chi che sia a lasciare andare la nostra Delia con un permesso. Tu, – indicò il diavoletto smilzo blu – vai  e… - Bisbigliò qualcosa sottovoce – Intesi ?”

“Si, Signore !”

“Pena !”

“E Panico !”

“Vanno e fanno !”

Ade tirò gli occhi in gloria, seccato mentre i due svanirono in nuvole di fumo.

“Che cari !” Cinguettò Delia.

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Il gruppo, solo una manciata di minuti dopo, stava già lasciandosi alle spalle la clinica, mentre il direttore salutava con la mano, con l’aria di qualcuno che aveva appena visto un mostro.

Delia ora aveva un cappotto di tessuto bianco con un tailleur bianco al di sotto, invece il suo solito abito nero, ed un cappello parasole abbinato copriva i capelli raccolti in una stravagante messa in piega.

Jafar e Ade la seguivano da dietro sperando che, pian piano, sarebbe ritornata la solita Crudelia, prima o poi.

Poi lei notò la sua vecchia Bugatti Royale rossa e nera, perfetta e lucida, ed ad aspettarla, un maggiordomo di mezz’età con un sorriso bonario in volto.

“Buon pomeriggio, Madame ! I signori mi hanno fatto chiamare, ed io sono venuto qui. Ho fatto rimettere a posto questa chicca, anche se non è stato facile, visto…lo stato…in cui…si…*gulp*…trovava.”

Il maggiordomo deglutì nervoso, quando Delia si avvicinò per studiarlo.

“Tu sei…Edgar ? Edgar Balthazar ?? Il maggiordomo, giusto ?” Chiese gentilmente.

“S-si, Madame” Balbettò lui, aspettandosi delle grida.

“Ti hanno fatto tornare da Timbuktu, infine, caro. So che tu non volevi fare del male a quei cari gattini !” Disse dolce, carezzandolo.

Edgar aprì piano gli occhi, incredulo, e riacquistò sicurezza, facendo buon viso a cattivo gioco sull'argomento gatti.

“Ho rischiato di finire tra i cannibali, ma come può vedere, sono qui, Madame. Per servirla !”

Edgar, rassicurato, aprì la portiera del lato passeggero e la invitò ad entrare.

“Ma no, tesoro ! Hai aperto il lato sbagliato ! Guido io !” Disse soave lei.

Ade e Jafar la guardarono sempre più costernati.

“Per me, è totalmente irrecuperabile…”

“Aspetta e spera, Jaffy. Attendi fino a quando arriviamo alla villa di famiglia, e vedremo.”

“Yoohoo ! Tesori, perché non vi accomodate anche voi ? Ho intenzione di passare a trovare Gaspare e Orazio ! Ho sentito che hanno aperto un negozio tutto loro di abiti…”

Tutti e tre gli uomini raggelarono.

“Madame, ma sono stati loro a mandarla in prigione !” Raggelò Edgar.

“Ma avevano tutte le ragioni di farlo ! Avevano capito quali orribili azioni stavo compiendo. Forza, ho voglia di fare loro visita…”

“NO, NO !!! *ahem* Cioè, no, non è possibile. Sono chiusi il primo pomeriggio !” Intervenne Jafar.

“Come mai ?”

“Inventario.” Aggiunse Ade.

“Oh…pazienza. Sarà per la prossima volta !”

“Non è possibile neanche domani ! Stanno riallestendo il negozio.” Tagliò secco Jafar, con un sorrisetto.

Delia fece spallucce e li salutò con la mano, mentre si sedeva in macchina.

“Traditori…”

“Venduti…”

Commentarono i due, riguardo al recente cambio di schieramento dei fratelli Badun, mentre la Bugatti si allontanava a velocità a gran velocità.

“Almeno guida come Crudelia..E noi che facciamo ?” Chiese Jafar.

“Li seguiamo. Però con il mio mezzo personale. Soffri il mal d’aereo ?”

“No, perché ?”

“Chiedevo.”

Ade fece un fischio, e dal nulla giunse il suo carro alato, trainato da una specie di grifone demoniaco.

“Dopo di te !” Lo invitò Ade.

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Dopo che anche il carro alato ebbe lasciato la clinica devastata, un uomo occhialuto con baffi e pizzetto in camice corse a perdifiato verso il direttore imbambolato, un ometto di mezz’età vestito di blu.

“Cosa tu hai fatto ??? Paziente 6660 non ancora era pronta per rilascio !” Sbraitò con un forte accento russo, afferrando l’interlocutore per la giacca.

“Ma Dottor Pavlov ! Non ho avuto scelta ! Sono stato minacciato da un serpente gigante rosso !” Cercò di scusarsi.

Il medico lo mollò, e guardò sinistramente l’orizzonte :

“Mia terapia di controllo comportamentale ha una grande falla : quando paziente percepisce un suono forte e ritmato a brevi intervalli, come suono di grande orologio, tutto lavoro fatto va’ in fumo e ritorna com’era !” Sentenziò.

Poi riafferrò per il bavero il direttore :

“Nessuno deve scoprire cosa detto io lei ! Comprende ! NESSUNO ! O sarà fine di mio lavoro e suo lavoro ! Ora presto, давай !!!  Torni dentro e non racconti nessuno !”

Il direttore annuì nervosamente e fece come ordinato, mentre il Dottor Pavlov pensava a quali conseguenze sinistre ciò avrebbe portato.

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