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Autore: Paperetta    28/01/2014    3 recensioni
Severus vive nella casa che un tempo fu anche dei suoi genitori. Eppure, nel sesto libro, Eileen e Tobias non abitano più lì.
Questa storia spiega perché...
[Storia partecipante al contest "Il Principe Mezzosangue" indetto da Sophie97]
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Eileen Prince, Severus Piton, Tobias Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Durante l'infanzia di Harry
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Nota: storia partecipante al contest "Il Principe Mezzosangue" indetto da Sophie97. Appena ho letto la consegna del contest mi è scattata come una molla, probabilmente perché per una patita di Severus Piton come me ritrovarmi davanti a "parlatemi di Severus Piton" è un richiamo troppo forte xD

***

“Mamma”.

“Sì?”

“Posso chiederti una cosa?”

“Dimmi”.

“Se a scuola frequentassi dei compagni che mi picchiano, mi diresti di starne alla larga?”

“Certo che sì. Perché, c'è qualcuno che ti picchia?”

“No mamma, nessuno”.

“E allora perché me lo chiedi?”

“Perché non capisco come mai continui a stare con papà anche se lui ti picchia”.

Silenzio.

“Questa è una situazione diversa, Severus... sei troppo piccolo per capire”.

 

Infatti ora capisco, mamma.

 

Un Severus non ancora adulto, non più bambino.

Un Severus che portava sulle spalle troppo dolore per i suoi ventitré anni.

Questo Severus sedeva nel suo scompartimento preferito sull'Espresso per Hogwarts, quello del suo primo giorno di scuola, diretto verso Londra.

Il pregio di quel lavoro noioso e stressante chiamato insegnamento era la facilità con cui certi pensieri parevano addormentarsi nella sua mente, troppo distanti da quella vita perché si ridestassero tutte le mattine, come accadeva, invece, con altri. Tuttavia, sin dalla fine del suo primo anno come studente, l'inizio delle maledette vacanze estive suonava come una sveglia nel cervello e dava nuova vita a ogni problema momentaneamente sopito.

Non aveva alcuna voglia di tornare a casa. Pur con tutte le persone che aveva odiato, pur con i ricordi dolorosi che vi aleggiavano come fantasmi, era Hogwarts la sua casa. Non Spinner's End. E a Spinner's End doveva tornare.

In realtà, non era nemmeno obbligato a farlo. Sarebbe potuto rimanere a scuola, a vivere nel suo ufficio come faceva ogni altro mese dell'anno, ma Silente... quel vecchio impiccione, che credeva di sapere cosa fosse bene o male per chiunque, preferiva che tornasse.

“Non risolverai mai i tuoi problemi se resti nascosto qui, Severus”.

Al diavolo! Cosa ne sapeva, lui, dei suoi problemi? Cosa ne sapeva di quale fosse la soluzione migliore per la sua vita? Di certo non voleva nascondersi da nessuna parte... no, non lo avrebbe mai fatto... anche se, forse, era proprio quello che stava facendo.

Mentire agli altri era la sua abilità migliore, ma altrettanto lo era mentire a se stesso. Era piuttosto esperto nel convincersi di qualcosa, probabilmente per un istinto di sopravvivenza maturato negli anni, e ogni volta era pienamente consapevole di farlo.

Forse per questo, forse anche per non dare al vecchio un qualsiasi motivo per ricredersi su di lui – non che confidasse davvero in una sua piena fiducia, in effetti – prese le sue cose e salì sul treno alla volta di Spinner's End.

Ed ecco che, partito il treno, spiacevoli ricordi diedero inizio a un seccante andirivieni da un cassetto all'altro della sua testa, armati di punteruoli affilati pronti a colpirlo ad ogni assalto.

L'ultimo a balzare fuori fu quella conversazione con sua madre.

Stupida donna. L'affetto che nutriva nei suoi confronti era ormai tramutato in un misto di odio e rabbia che difficilmente sarebbe riuscito a spiegare a parole. Nessun altro sentimento gli sarebbe d'altronde stato possibile verso una persona ai suoi occhi così debole, sciocca, infantilmente ancorata alla sua vita al punto da fingere che tutto andasse bene, che tutto si sarebbe risolto, pur di non ammettere di essersi sbagliata. Al punto da accettare le botte, gli insulti, il disprezzo di suo marito; al punto da accettare le botte, gli insulti, il disprezzo, nei confronti di suo figlio. Avrebbe preferito vivere in mezzo a una strada, pur di evitare quello schifo. E glielo aveva anche detto, più e più volte; erano talmente poveri in quella casa, che non avrebbe percepito neppure la differenza. Ma lei aveva paura, lei non voleva, e così erano rimasti in balia di colui che sarebbe dovuto essere suo padre, l'una sperando che un giorno tutto si sarebbe risolto, l'altro covando odio e rancore con la stessa tenacia e pazienza con cui preparava le sue pozioni.

Fu con quei pensieri che scese dal treno e si diresse a piedi, senza alcuna fretta, verso la sua vecchia casa.

Era tardo pomeriggio ormai e il sole tramontava all'orizzonte, una luce arancio spento nascosta dietro il fumo che aleggiava sopra Spinner's End. Non ricordava di aver mai visto un cielo diverso in quel posto. Raggiunse la casa adiacente e vi si fermò davanti, tendendo l'orecchio nella vana speranza di non sentire alcun rumore provenire dalla sua, ma due voci alterate emersero inevitabilmente dal silenzio della strada. Come sempre.

“Non sei nemmeno capace di preparare una cena come si deve! Fa schifo!”

“Se la pensi così allora preparatela da solo!”

Crash.

“Come ti permetti, stronza!”

Un colpo sordo.

“Lasciami! Non ti azzardare a toccarmi!”

Crash.

“Perché, altrimenti cosa fai? Eh?”

Sì. Altrimenti cosa farai, mamma?

“Lo vedi? Dici dici ma poi alla fine ti piace stare qui! Secondo me ti piace anche prenderle, vero?”

Altro colpo.

“Sei ubriaco!”

Lo dici come fosse una novità. È sempre stato ubriaco.

“E se fosse? Tanto ti piace anche così”.

“Ti ho detto di stare lontano! Toglimi le mani di dosso!”

Crash.

Rumore di schiaffi.

Crash.

Basta...

E all'improvviso la rabbia di Severus scomparve tutto d'un colpo. Non ve n'era più traccia.

Al suo posto, un moto di stanchezza pesante come il piombo.

Non ne ho più voglia...

Abbassò la maniglia ed entrò in casa. Non aspettò una risposta, non si accorse neppure dei loro sguardi stupiti. In due passi fu di fronte all'uomo che lo aveva generato, e in un istante la sua bacchetta era contro il suo collo rugoso.

“Cosa...”

“Vattene” sussurrò. Tobias Snape spostò lo sguardo dalla bacchetta a suo figlio, un'espressione di disgusto, rabbia e sfida negli occhi.

“Tu non puoi cacciarmi da casa mia” disse ridendo.

“Oh, sì che posso”.

Tobias deglutì.

“E se non avessi alcuna intenzione di andarmene?” tentò, cercando di ignorare la bacchetta puntata alla gola. “Cosa farai, Severus? Mi ucciderai?”

“Non saresti il primo, papà” rispose, sprezzante. “Ma avrei tanto voluto che lo fossi”.

Il ghigno di superiorità scomparve all'improvviso dallo sguardo di Tobias.

“Tu... uccideresti davvero tuo padre?” biascicò.

La bacchetta premette più a fondo nella carne.

“Non ho mai avuto un padre. Tu non sei nient'altro che un ometto ubriaco che si diverte a pestare sua moglie e suo figlio, confidando unicamente che lei sia troppo stupida e lui troppo debole per reagire. E avrai anche ragione su mia madre, ma io sinceramente ne ho abbastanza”. Fece un passo in avanti. “Sono stato il braccio destro del Signore Oscuro, ho ucciso decine di persone per il semplice fatto che non mi piacevano, quindi te lo ripeto: vattene. Prendi le tue cose e sparisci”.

Il silenzio che piombò nella casa fu soffocante. Eileen aveva le mani davanti alla bocca e gli occhi spalancati per la paura e l'incredulità, Tobias era terrorizzato, pallido e tremante come un bambino rimasto solo in mezzo al nulla. Cercava una traccia di ripensamento negli occhi del figlio, ma ciò che vide fu solo disprezzo; quello stesso disprezzo che gli aveva riservato dal giorno in cui era nato e che ora gli tornava indietro, saturo e pronto a esplodere.

Severus lo avrebbe ucciso. Non riusciva a dubitarne.

Lentamente, temendo una reazione, si allontanò da lui e scomparve su per le scale che Severus non perse di vista un istante. Nessuno disse niente. Attesero in silenzio che Tobias scendesse con la sua valigia; si capiva che avrebbe voluto dire qualcosa, sputare altro veleno su colui che lo stava cacciando, ma lo sguardo gli cadde ancora una volta sulla bacchetta e le parole di Severus tornarono subito a galla.

Uscì di casa e chiuse la porta con uno schianto.

“E adesso...” fece Eileen, la voce flebile e roca. Era difficile capire quale emozione prevalesse in lei. “Adesso cosa farò?”.

Severus si voltò. Gli parve più stanca e debole che mai e questa impressione non fece che incrementare la sua voglia di lasciarsi alle spalle anche sua madre.

“Fa' quello che vuoi” rispose, freddo. “Questa è casa tua ora”.

“Ma non ho un lavoro, come farò a...”

“Vai e trovatene uno”. Severus un tempo lo avrebbe detto urlando; ora non ne aveva più la forza. “È tutta la vita che non lavori solo perché lui non voleva che lo facessi. Ora non hai più scuse”.

“Come osi!” esclamò d'improvviso Eileen, sconvolta. “Pensi che io stessi cercando delle scuse? Hai un'idea di quello che ho passato, eh? O pensi che l'unico che ha sofferto qui sia stato tu?”

“No, ma sicuramente sono l'unico che ha fatto qualcosa” rispose. Il suo sguardo serio e penetrante trasmetteva inquietudine anche in sua madre, che inconsciamente si tenne a distanza. E quando fece per ribattere, Severus mosse un passo in avanti e lei si zittì. “Non provare a negarlo. Te l'avrò ripetuto non so quante volte che avrei preferito andarmene con te piuttosto che rimanere con quello, ma tu non mi hai mai ascoltato. Eravamo già così poveri che vivere qui o in un rifugio o da qualche tuo parente non avrebbe fatto differenza. E non ricominciare con la storia che hai provato a difendermi, perché dirgli di smetterla non bastava: dovevi prendere e portarmi via, o tirare fuori la bacchetta e cacciarlo. Cosa ne sa lui delle nostre leggi? Cosa ne sa di quanto e come possiamo usare la magia nel mondo babbano? Ti saresti potuta liberare di lui in due minuti, eppure dopo ventitré anni eravate ancora allo stesso punto”.

“Ma tu eri un bambino!” urlò lei. “Non ero sola, c'eri anche tu! Non è semplice come credi andarsene di casa e ricominciare!”

“Non mi pare che di fronte a te ci sia ancora un bambino! Se è vero quello che hai detto, sono anni ormai che non devi più pensare a me e continui a rimanere qui a farti insultare e colpire e ogni volta lo perdoni. Comincio a credere anch'io che ti piaccia...”

Quella volta lo schiaffo se lo prese lui. Non aveva mai davvero pensato che le piacesse, ma aveva voluto provocarla, darle una spinta per riprendersi. Rimase fermo dove si trovava, fissando sua madre in attesa di scoprire cosa avrebbe fatto. Non si stupì quando si girò e, senza dire una parola, si chiuse in camera.

Severus non aveva alcuna voglia di rimanere in quel posto, quella sera. Aprì la porta ed uscì di casa senza voltarsi indietro; si materializzò nel primo posto che gli venne in mente e vagò senza meta per ore tra i boschi della campagna, perso nel dolore dei suoi pensieri che ormai era divenuto immancabile compagno di vita.

Tornò a Spinner's End la mattina seguente, all'alba. La casa era silenziosa come mai prima d'allora. Non ebbe bisogno di salire in camera di sua madre per vedere dove fosse: gli bastò entrare nel salotto.

Nel biglietto che trovò sul tavolino c'erano solo due righe.

 

Sono da mia cugina. Inutile dire di non cercarmi, so che non lo farai.

La casa è tua, tanto Tobias sa che non può riprendersela.

 

Rilesse il messaggio ancora una volta, quasi per assicurarsi di non aver tralasciato niente.

Non seppe dire come si sentiva. Non sapeva neppure se quella partenza improvvisa gli andasse bene, o se avrebbe preferito un'altra soluzione; ma forse, rifletté nei giorni seguenti, era meglio per lei allontanarsi per sempre da quella catapecchia piena di tristi ricordi, quella che lui, invece, aveva deciso di tenere.

Perché Severus non sarebbe fuggito. Mai più.

 

 

 

***

 

 

Note dell'autore: questa storia tratta il punto di vista di Severus e in questa mia visione delle cose non riesce a perdonare sua madre per non averlo protetto abbastanza; questo ovviamente non significa che io potrei pensare queste cose di una donna che non riesce a reagire come dovrebbe in una simile situazione, anche perché fortunatamente non ci sono mai passata quindi non ho idea di cosa direi!

 

In ogni caso, devo dire che questa è una delle mie due ipotesi sul rapporto che Severus avrebbe potuto avere con sua madre. L'altra, che in effetti tendo a preferire, li vede invece più uniti contro il padre (lui gli starà sempre sulle balle in ogni mia storia, temo xD) e più attaccati.

Prima o poi scriverò una fic anche da quest'altra prospettiva!

Un grazie a chiunque leggerà e a chiunque avrà voglia di recensire (anche insultandomi pesantemente... no dai, trattatemi bene *.*)!

  
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