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Autore: Lunarys    29/01/2014    2 recensioni
[ «La prova di forza, che, tra gli schiavi reputati migliori, troverà il più forte, il più perseverante…» alzò la voce e guardò dritto in cielo.
«…L’ultimo ..uomo ..IN PIEDI!» ]
[ L’aria era afosa, a tal punto da essere quasi irrespirabile. Non tirava neanche un filo di vento e il sole arroventava le teste delle persone che sciamavano nel grande spiazzo sabbioso fuori dalle mura dell’agorà. Era passato da poco il mezzogiorno e il sole brillava nel punto più alto del cielo verdognolo, facendo riflettere i luminosi colori degli edifici di vetro di murano sparsi nei diversi quartieri dell’antica agorà. ]
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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TROPPO GIOVANE PER MORIRE GIOVANE

PRESENTE


 

La carovana avanzava lentamente lungo la strada di sabbia fine. Adnan Salth sapeva di aver trovato ciò che il suo padrone cercava, ma non si sentiva ancora completamente soddisfatto. Aveva una sensazione strana che lo persuadeva a pensare che si fosse lasciato qualcosa di relativamente importante nell'agorà, che si faceva sempre più piccola alle sue spalle man mano che il carro avanzava sulla strada sconnessa e piena di buche.
Più ci si allontanava dal cuore del paese e più le strade – e non solo – diventavano impraticabili, rischiose e talvolta oscure. Per quanto l'agorà potesse sembrare pericolosa e piena di malviventi alle persone che ci abitavano da tutta la vita, era il posto più sicuro di tutto il paese. E non era sicura. Qualsiasi persona dei ricchi Quartieri dell'Oro dell'agorà non sarebbe sopravvissuta un giorno in una delle città e paesi dei Nervi, gli estremi del paese, che visti dall'alto si diramavano su strade e fiumi proprio come nervi. O almeno queste erano le storie che si raccontavano, perchè dalla sparizione delle ultime viverne, rettili alati, nessuno aveva più volato alto nel cielo.
Adnan Salth distolse lo sguardo dal cielo verdognolo e lo appoggiò sulla ragazzina dai capelli neri, che senza saperlo viaggiava sullo stesso carro dove c'era la cassa che conteneva il corpo di suo fratello. Da quando avevano lasciato l'agorà la ragazzina non faceva altro che guardare nel vuoto davanti ai suoi occhi cose che solo lei vedeva, facendo bisbigliare tra di loro gli altri schiavi al seguito di Adnan Salth, i quali ritenevano che quei due – un morto e sua sorella depressa – fossero i due acquisti peggiori della storia.
I servi erano abiutati al continuo viavai di schiavi dalla residenza, ma si chiedevano che cosa ne facesse il padrone una volta che essi venivano portati nelle sue camere private. Facevano ipotesi tra di loro, dato che nessuno aveva il coraggio di chiedere ad Adnan Salth, l'unico a saperlo e nonchè gran bastardo.
Il Venduto, lo chiamavano gli altri schiavi della residenza. Perchè Adnan Salth era uno schiavo, si, ma il suo padrone non lo aveva mai trattato come tale. Fin da quando era arrivato alla residenza che non era neanche un giovane uomo, aveva passato i primi mesi negli appartamenti privati del padrone, che gli aveva insegnato a leggere e scrivere in altre lingue, fare conti e gli aveva tramandando una parte delle sue conoscenze scientifiche e su qualsiasi altra cosa. E poi Adnan Salth aveva quella fierezza che lo rendeva temibile.


Tutto d'un tratto il carro davanti ad Adnan Salth sobbalzò, perdendo una ruota di legno che rotolò qualche metro più in là. La cassa con il corpo del ragazzo cadde perdendo il coperchio che si ruppe a metà. Quando la ragazzina si rialzò in piedi e si rese conto di quello che si trovava davanti, distolse lo sguardò dal corpo e cominciò ad urlare. Un urlo acutissimo, quasi innaturale. Teneva le braccia distese lungo il corpo e lo sguardo fisso verso il cielo verdognolo, con la bocca aperta dalla quale uscivano quelle urla che si sfumarono presto in un pianto silenzioso.
Degli altri schiavi si affrettarono a rimettere il corpo, che era riverso per terra, dentro alla cassa. Quando toccarono il corpo, la ragazzina sembrò risvegliarsi e si fiondò vicino al fratello, battendogli i pugni sul petto e scuotendolo, come a credere che stesse dormendo.
A quel punto intervenne Adnan Salth, che fino a quel momento aveva osservato la scena seduto dal suo carro con un espressione impassibile. Si poteva giurare che sembrasse anche compiaciuto, ma quell'ombra sul suo volto era di compassione. Si sorprese di provare ancora sensazioni del genere, e si sentì violato. Non era mai stato così vacillante, quasi insicuro, e questo lo terrorizzava a morte.
Scese dal carro come una furia ed afferò la ragazzina alla vita, sollevandola come fosse un fuscello. Tornò verso il carro e la depositò sul bordo, poi le prese la mascella con una delle sue grosse mani e la costrinse a guardarlo dritto negli occhi.
Quando gli occhi di lei, pieni di lacrime e quasi spiritati si incrociarono con i suoi occhi scuri, esitò. E questa fu la goccia che fece traboccare il vaso. Sibilò alla ragazzina a pochi centimetri dal suo volto.
«Ascoltami bene, ragazzina. Avresti dovuto sapere che era morto già dal momento in cui è salito su quel palco per la sfida dell'ultimo uomo in piedi! Ora; io avrei potuto lasciarti al mercato, e tu saresti stata comprata da qualche trafficante di schiave del piacere, ma invece no! Ti ho comprata al doppio del tuo valore, il doppio, e ora tu ti comporterai in modo da non farmi fare retromarcia e ributtarti al mercato.»
il mento della ragazzina era corrucciato e scosso da deboli tremori, che smisero poco dopo. Ogni muscolo della sua faccia si rilassò ed i suoi occhi tornarono a fissare il vuoto. Solo una lacrima scese sulla guancia sinistra, fino a venire a contatto con la pelle della mano di Adnan Salth, che lasciò subito la presa.
Le aveva stretto la mascella così forte che quando tolse la mano degli aloni rossi si stavano già formando dove lui teneva le dita. Quando distolse lo sguardo dal viso della ragazzina, si accorse che tutti gli schiavi si erano fermati e lo stavano fissando. I più giovani distolsero subito lo sguardo e tornarono a fissare per terra, mentre gli altri erano immobili. Adnan Salth deglutì.
«Ripartiamo» disse con voce calma e ferma, eppure la rabbia gli bruciava dentro come mille soli. Una rabbia inspiegabile, che non riusciva a comprendere.


Quando la carovana varcò le porte della residenza il sole era già tramontato da un pezzo dietro alle montagne di cui si intravedeva il profilo in lontananza, e il sole sarebbe sorto tra poco, dato che in questo periodo dell'anno la notte durava poche ore. Degli schiavi arrivarono dalle stalle per prendere i cavalli e rifocillarli dopo il viaggio. Adnan Salth scese dal suo carro e diede istruzioni sul corpo del ragazzo morto al suo assistente. Poi si avvicinò al carro dove stava seduta la ragazzina e la fece alzare in piedi, facendo un cenno ad una schiava che si avviò verso la residenza.
Un giovane ragazzo che teneva in mano una catenina si avvicinò ad Adnan Salth, che vedendolo roteò gli occhi. Era convinto che tornando così tardi sarebbe riuscito ad evitare il figlio del padrone, irriverente e spavaldo.
«E questa sarebbe la puttana che ti ho chiesto di comprarmi? Mi sembra un po' troppo giovane e ossuta.» con un sopracciglio alzato le toccò i capelli arruffati e poi il braccio appena sopra al gomito, che riusciva a tenere nella mano.
«Dì alle ancelle di avvisare tuo padre che sono tornato, e lascia stare la sua schiava, Ian.» Adnan Salth infilò le dita sotto alla cintura di pelle che indossava, che cominciava a dargli fastidio. Poi lanciò un'occhiata di ammonimento al ragazzo, che sembrò esserne divertito.
«Non ti hanno aggiornato? Mio padre ha deciso che fino a quando non si sarà stufato di quella vecchia questa schiava sarà mia.» il ragazzo ridacchiò compiaciuto, poi indietreggiò di due passi e diede un'occhiata generale alla ragazzina. Adnan Salth potè giurare che lo stesse facendo solo per farlo andare su tutte le furie.
Lanciò un occhiata alla ragazzina, che da quando erano ripartiti dopo l'incidente del fratello aveva smesso gradualmente di fissare il vuoto. Da quando avevano cominciato a vedere la residenza in lontananza, si era come risvegliata. Ma i suoi occhi erano ancora rossi e velati di lacrime.
La ragazzina ricambiò il suo sguardo per una frazione di secondo, e Adnan Salth sentì di nuovo quella sensazione che non gli era familiare da molto tempo oramai. Continuava a sentirsi violato, ogni volta. Decise che di quella stupida ragazzina non poteva importargli di meno, e si allontanò dal carro a grandi falcate, lasciandola nelle mani di Ian.


Ian camminava a grandi falcate per i corridoi esterni della residenza. Rallentò solo quando vide la luce soffusa delle lampade ad olio della cucina in fondo al portico.
«Allora ragazzina, come ti chiami?» Ian si accorse che la ragazzina gli stava dietro a stento, doveva essere stremita dopo il viaggio. Da aspettarselo da Salth, non sa neanche che cosa sia una pausa, pensò. Ma non rallentò il passo. La ragazzina rimaneva in silenzio, quindi Ian riprese a parlare.
«Suvvia, non intendevo offenderti quando prima ti ho dato della puttana. Me lo dici il tuo nome o devo indovinare?» prima di entrare in cucina si infilò in tasca la catenina con cui prima stava giocando.
«Non che io abbia bisogno di una puttana, sai, le ragazze cadono ai miei piedi...» disse mentre apriva gli sportelli degli armadietti cercando qualcosa di specifico tra tutti contenitori e sacchetti pieni di cibo, che alla sola vista facevano ricordare alla ragazina da quanto tempo era che non mangiava qualcosa di decente. La bocca dello stomaco le si contrasse proprio quando Ian le lanciò un occhiata maliziosa, ma principalmente di scherno. Poi lui ricominciò ad auto-lodarsi.
«...Sai, mi annoio in fretta di tutte queste ragazze che mi vogliono solo per il mio status di ragazzo più desiderato della valle, e a volte mi piace divertirmi con qualche giovane straniera da istruire per bene su come soddisfar-» Ian venne interrotto quando la porta sul retro della cucina si spalancò rumorosamente, facendo entrare una donna grassoccia e in età che teneva un cesto pieno di verdure con una mano, e con l'altra un secchio d'acqua che gocciolava sul pavimento.
«Già di ritorno...» Ian roteò gli occhi al cielo e si allontanò dalle mensole, appoggiandosi al bancone senza nemmeno degnarsi di aiutare la donna.
Era la cuoca della residenza, l'unica donna verso cui Ian aveva un minimo di quello che si poteva ritenere rispetto, solo che non ci teneva ad ostentarlo davanti ad altra gente. Per questo era solito sgattaiolare in cucina di nottefonda, poche ore prima dell'alba, per passare un po' di tempo con quell'anziana signora che preparava i pasti per il padrone della residenza da almeno una ventina d'anni.
La donna lanciò un'occhiata veloce alla ragazzina, poi spostò lo sguardo su Ian.
«Non dirmi che...»
«No, non è mia» sbuffò.
«Mi sembrava strano. Di solito non le porti in cucina, se capisci cosa intendo...» la cuoca lanciò uno sguardo ammonitorio ad Ian, che abbassò lo sguardo. La ragazzina lo notò. Voleva dire alla cuoca che non aveva sei anni e che non c'era bisogno di celare certe cose nelle frasi, ma rimase in silenzio. Si mise a sfiorare con la punta delle dita le venature del legno del tavolo.
La cuoca si avvicinò ad Ian e credendo di non farsi sentire parlò a bassa voce.
«Come si chiama?»
«Non me lo ha voluto dire» Ian si appoggiò al bancone con i gomiti. «Non ha ancora parlato»
La cuoca si sporse verso Ian, sempre tenendo lo sguardo addosso alla ragazzina, che continuava a guardare le venature del legno facendo finta di non sentire.
«Magari è muta»
«Giudicando l'esperienza di Salth nel comprare schiavi per mio padre potrebbe anche essere... Non riesco a capire come mai si impunta a voler mandare solo lui a comprarli.»
La cuoca sospirò profondamente e poi mise un braccio sul fianco.
«Ora và, Ian. È tardi. Me ne occupo io di lei fino a quando tuo padre non darà nuovi ordini. E che si sbrighi pure a farmi sapere che cosa vuole mangiare domani sera» Ian si lasciò scappare una risata. Anche la cuoca, che aveva tenuto un espressione seria, sorrise facendo arricciare le rughe attorno agli occhi. Poi Ian uscì dalla porta dove prima era entrata la donna.
«Allora ragazzina, immagino che nessuno ti abbia ancora spiegato come funzionano le cose qua» la cuoca appoggiò il cesto di verdure sul bancone, a pochi centimetri da lei. «Tutti aiutano.» velocemente, la donna aprì i cassetti e tirò fuori una cesta più piccola, un telo di stoffa e un coltellino. Mise davanti alla ragazzina una patata e un coltellino, e poi le si sedette di fronte prendendo in mano a sua volta una patata e un coltellino. Iniziò a sbucciare la patata, mettendo le bucce sul telo e la patata sbucciata nel cesto.
Solo quando la cuoca cominciò a sbucciare la terza patata, la ragazzina, che prima la stava osservando, prese in mano la patata e il coltellino e cominciò a sbucciare lentamente. La cuoca fece un mezzo sorriso e iniziò a sbucciare la quarta patata.


Augustus Fell sedeva sulla sua amata poltrona di pelle posta al centro della stanza, poco lontano dalla grande scrivania di legno pregiato, su cui erano poggiati grandi libri vicino a carte piene di scritte fittissime che si alternavano a disegni aggrovigliati. Dalla grande finestra lucernario alle sue spalle, che dava sul suo giardino privato, cominciava ad entrare la calda luce dorata del sole che stava già sorgendo, illuminando la stanza al centro e creando l'illusione di poter vedere i raggi, che erano evidenziati dalla polvere che aleggiava per la stanza. Un'altra notte insonne, pensò Augustus Fell.
Sapeva già che Adnan sarebbe venuto nei suoi appartamenti, a fargli domande a cui prima o poi avrebbe dovuto dare una risposta. E a giudicare da come stava invecchiando senza riuscire a trovare un rimedio, si aspettava che il tempo delle risposte sarebbe giunto più velocemente di quanto si aspettasse.
Chiuse il voluminoso libro sulle creature mitologiche che ormai erano solo una leggenda, ma che lo affascinavano tanto da condurre esperimenti per ricrearne di nuove. Tutto quello che aveva ottenuto però, erano dei feti malformi e orrendi. Sospirò spostando lo sguardo in alto, verso la luce evidenziata dalla polvere, che lo aveva sempre rilassato. Un pensiero volò veloce a sua figlia, ma fu subito scacciato dal suono delle nocche picchiate sulla pesante porta all'entrata della biblioteca. Come si aspettava.
«Entra, Adnan.»

 

 

UNA SETTIMANA E MEZZO PRIMA
(il primo flashback era di 1 settimana prima)

 

Nel Quartiere dei Canali, sul confine con il Quartiere dei Venduti, spesso si riusciva a trovare qualche magazzino abbandonato o non custodito per poter passare la notte. Fin da quando erano finiti in strada aveva cercato di tenere la sorella minore lontano dal Quartiere dei Venduti, che era il peggio rinomato di tutta l'agorà. La gente era disposta ad uccidere per una pagnotta rinsecchita, in quel Quartiere. E per non parlare della puzza, del lerciume, e dei cadaveri di chi era morto di stenti, cadaveri che erano giornalmente raccolti dagli Scurimanti, ex-poveri che si erano offerti al servizio dell'agorà in cambio di un pasto caldo al giorno e di un posto per dormire – una topaia, in realtà, in un edificio poco distante dalle mura dell'agorà.
La sorella, che dormiva tra le sue braccia mentre lui osservava la gente mezza addormentata davanti a loro, cominciò ad agitarsi nel sonno e a tremare. Bisbigliò delle parole incomprensibili, e poi più ad alta voce, chiamò il nome del fratello.
«Calum...» Tutto quello che lui potè fare fu stringerla più forte a se e cercare di tranquillizzarla, accarezzandole fraternamente il braccio poco sotto la spalla. Se si fosse messa ad urlare più forte c'era il pericolo di essere scoperti dalle guardie, che li avrebbero puniti severamente per aver violato un magazzino privato di qualche venditore. Delle persone dall'altra parte della stanza si misero a guardare nella loro direzione fulminandoli con lo sguardo. Calum si limitò ad avvolgere con il braccio la sorella.
Pur di darle qualcosa da mangiare si sarebbe pure candidato per i reclutamenti annuali degli Scurimanti, peccato che erano già passati.
«Calum..!» nascondere la testa di lei nell'incavo del suo collo non serviva ad affievolire i suoi mugolii sommessi. Ed aveva anche cominciato ad agitarsi nel sonno, tremando senza controllo.
Questa volta quasi tutti si girarono a guardarli con disappunto; a Calum non bastava il fatto di aver trovato il magazzino per guadagnarsi un posto d'onore per la notte. Capì che era meglio svegliare la sorella e andarsene, anche a costo di dormire per i vicoli. Avrebbe fatto la guardia lui mentre lei dormiva, aveva pure un coltello che era riuscito a prendere prima di finire in strada.
Cominciò a scuotere dolcemente la sorella, che però si svegliò urlando. E poi successe tutto in un attimo. Le porte del magazzino vennero spalancate, la luce delle torce delle guardie illuminò completamente la stanza, creando un momento di attesa. Poi fu un pandemonio: ognuno cercava di raccattare le sue cose e scappare, ma le guardie erano troppo veloci, e le lame scendevano, scendevano, scendevano e sporcavano tutte le pareti ora illuminate in modo lugubre dalle torce. Calum spinse la sorella tra una fenditura del retro del magazzino per farla uscire dallo stesso spiraglio da cui erano entrati. Sperava che non avesse visto nulla. Intanto una donna che piangeva riversa a terra, indicava la sorella di Calum urlando.
«È colpa tua! È colpa tu-» poi una lama scese più volte pure su di lei, tra la spalla e il collo.
Calum si girò inorridito, con un peso sul petto per quello che era appena successo. Poi si infilò a sua volta nel buco, tagliandosi sul fianco con il legno per la fretta. La sorella era fuori, in piedi a pochi metri in un incavo del muro. Dal magazzino non si sentivano più urla. Appena vide il fratello avvicinarsi gli si buttò tra le braccia.
«Calum... Cos'è successo?» Calum la strinse più forte a sè.
«Calum..?» lui si affrettò ad asciugarsi la lacrima che gli era scivolata sulla guancia.
«Niente, non è successo niente»




 

Per chi si aspetta il fantasy: Avviso che sarà presente nella storia, ma lo voglio introdurre gradualmente! (es. accenno alle viverne). I personaggi fantastici non mancheranno, vi assicuro, dovete solo aspettare un pochino!
Per chi si aspetta capitoli più lunghi: Preferisco postare capitoli più corti per evitare che postandone di troppo lunghi i lettori si annoino in fretta!
Nota: I flash back riguardanti i due schiavi sono cominciati da "una settimana prima" e andranno sempre più indietro nel tempo: questo capitolo era una settimana e mezzo prima, e continueranno così fino alle origini dei due.
Spero di non aver fatto confusione!

Accetto qualsiasi critica o commento e li prendo come uno sprono a migliorare, le recensioni sono davvero importanti per me!

Nota 2: ho aperto un blog su Tumblr (link) seguo indietro, mandatemi un messaggio!

Buona settimana a tutti! xx

 

 

  
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