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Autore: Anja_Vampir    29/01/2014    0 recensioni
Fatto che mi è realmente successo in ospedale.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'inserviente
 
Sbuffai agitandomi sulla sedia della sala d'aspetto. Mi guardai attorno indispettita, alla mia destra c’era mia madre che sfogliava con aria annoiata uno di quei giornalacci inutili di gossip che aveva trovato sul tavolino assieme ad altro "pattume cartaceo"; alla mia sinistra quattro file di sedie grigie vuote e cinque porte che conducono agli studi medici, chiuse.
Persino l'infermiera che si occupa della segreteria nel suo gabbiotto sembrava essere scomparsa nel nulla. Il silenzio era assoluto e io emisi un lungo sbadiglio senza preoccuparmi di coprirmi la bocca.
Avevo un sonno tremendo, ma il nervosismo era ancora peggio!
Non sarò la persona più attiva del mondo, ma detesto stare seduta a guardare il soffitto.
Qualche giorno prima avevo partecipato a una specie di seminario da una seduta, sull'alimentazione, (totalmente inutile, tra l'altro, ma mia madre ci teneva)
e quando chiesi al dottore che aveva tenuto la lezione che cosa potessi fare per la mia fame nervosa, lui mi spedì qui. Da uno psicologo.
Peccato che la psicologa in questione fosse sempre, puntualmente... in ritardo.
Sbuffando nuovamente, guardai l'orologio del cellulare: quasi mezzora di ritardo!
Mi accasciai esasperata sulla sedia di alluminio, mentre il mio cervello continuava a urlare:"Perchè? Perchè non ti sei portata il taccuino e una penna?"
A un certo punto sentimmo la porta d'ingresso aprirsi e io scattai sull'attenti sedendomi composta, ma con grande delusione scoprimmo che chi era entrato non era  la giovane donna dai capelli neri e il camice bianco, ma un inserviente.
Tuttavia questo attirò subito la nostra attenzione.
Poco più alto di me, capelli corti e neri, camminava ingobbito, nonostante sembrasse avere poco più di quarant'anni e anche se strascicava i piedi, si muoveva in modo molto silenzioso. Come se non bastasse teneva in mano quelle che sembravano delle strane forbici, le cui lame erano un po' più lunghe del normale, iniziavano con un angolo ed erano piatte e sottili, tanto che per un attimo mi sembrarono un coltello.
Per completare l'inquietante quadro, l'uomo attraversò il corridoio nel silenzio più completo, guardando me e mia madre con gli occhi marroni che erano profondi e ardenti, resi ancora più minacciosi dal suo cipiglio severo e dalla posizione della sua testa, che teneva bassa e inclinata leggermente a destra.
Io e mia madre rimanemmo con gli occhi sgranati a fissarlo impietrite, fino a quando non sparì dietro l'angolo del corridoio deserto.
Fissai mia madre che a sua volta mi guardò con aria preoccupata, per poi sorridere e mormorarmi:
- Mio Dio! Ma da dove spunta quello? Da resident evil? -
Risi a mia volta, era venuto anche a me lo stesso pensiero. Scossi la testa, era la prima volta che incontravo qualcuno che era in grado di terrorizzarmi semplicemente guardandomi.
Due secondi dopo dall'angolo in cui era scomparso lo “zombie inserviente”, spuntò la bella psicologa e scusandosi del ritardo mi accompagnò nel suo studio.
Guardai mia madre e lei capì immediatamente a cosa stavo pensando: avevo paura che l'uomo tornasse e...
Ma sorrise, è sempre stata molto coraggiosa.
Entrai nello studio della donna e mentre lei mi diede la schiena per andarsi a sedere ammirai furtivamente i bei capelli lunghi e neri che pur essendo mossi erano sempre
perfettamente pettinati.
Lo studio era semplice: una scrivania, due sedie uno schedario e un lavandino per lavarsi le mani.
La noiosissima seduta iniziò ma dopo neanche dieci minuti qualcuno entrò senza bussare. Infastidita mi voltai a vedere chi fosse e mi trovai faccia a faccia con l’uomo dagli occhi ardenti.
Presa completamente in contropiede, vidi l'uomo darmi le spalle e infilare le strane forbici nel tubo del rubinetto, girarle e se ne andò esattamente come era venuto: in silenzio.
Guardai la dottoressa che fece un'espressione come per dire "sorvoliamo che è meglio".
Un'ora dopo ci salutammo e tornai da mia madre.
- Quell'uomo è entrato nello studio. - le confessai.
- Si ho visto. - rispose tranquilla, lei.
Le spiegai che cosa aveva fatto e anche lei rimase molto perplessa.
Uscimmo dall'ospedale e io mi guardai attorno nel tentativo di scorgere quello strano inserviente, senza successo.
Probabilmente è una cosa stupida, del resto non aveva fatto assolutamente nulla, eppure ancora oggi non riesco a togliermi quell'uomo dai occhi ardenti dalla testa.
 
Anja_Vampir 20/06/2011
 
Grazie a: Da e PGV per la revisione di questa storia.
  
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