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Autore: CherryBlossomHime97    29/01/2014    3 recensioni
'Uchiha Family - La morte di quella vecchia e la nascita di una nuova'.
Con la straordinaria partecipazione di Mikoto e Itachi rivivremo alcuni momenti, un po' fluff, dell'infanzia di Sasuke Uchiha, passeremo per il suo primo incontro con Sakura Haruno, ed incroceremo lungo la strada tutti i suoi pensieri e le sue paure. Arriveremo fino al momento in cui dovrà decidere se ritrovare o meno se stesso, se provare a ricucire ogni brandello della sua vita. Magari ci riuscirà con lei.
Dal testo:
Corse a perdi fiato guidato dal suono di un nuovo gemito fin quando, arrivato a destinazione, i suoi occhi gli riportarono davanti l’immagine di alcuni ciuffi rosa.
-Che ci fai qui?- chiese sconvolto alla ragazzina con quei capelli assurdi, che se ne stava seduta malamente per terra, un ginocchio leggermente sbucciato.
Sakura trasalì appena quando sentì una voce, pensava che in quel posto non ci fosse nessuno.
– Gioco a nascondino, mettiti giù, altrimenti mi farai scoprire da Ino-pig!- disse, ma non appena si voltò i suoi occhi chiari incontrarono quelli neri e cupi di lui e si sentì mancare un battito.
[SasuSaku , con tanto, ma tanto ItaSasu (no incest) dolce e caramelloso].
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fugaku Uchiha, Itachi, Mikoto Uchiha, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
- Questa storia fa parte della serie 'S&S - Love Prisoners. '
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Mikoto mi ha chiesto di dirvi che, se leggerete davvero tutto questo, potete passare da lei per mangiare qualche dango insieme,
dovete però avvertire in una recensione, che deve pulire casa.


Amore, Ricordi e Uchiha.
 

Villa Uchiha, venti cinque anni fa.


Mikoto teneva stretta fra le braccia un fagotto minuscolo, dove l’ultimo arrivato in famiglia sonnecchiava sereno.
-. È davvero piccolo, mamma-
-Si lo è, e va trattato con molta cura- affermò serena mentre Itachi si arrampicava sul letto sul quale era distesa per osservare meglio il fratellino.
-Gli avete scelto un nome strano, comunque-
-Non ti piace “Sasuke”?- chiese, notando una certa aria pensierosa negli occhi del figlio maggiore.
-Non è che non mi piace, solo che “Itachi e Sasuke” non credo suoni molto bene. Probabilmente non andremo d’accordo- bofonchiò.
Mikoto gli sorrise dolcemente – I nomi non c’entrano, Itachi. Siete fratelli, andrete d’accordo per forza-
-Come papà e lo zio Teyaki?- chiese dubbioso, ricordandosi che ,all’ultima cena di famiglia, per poco suo padre non aveva dato fuoco,con un Katon abbastanza potente, all’adorato fratello.
-Oh no. Spero che non cercherete di uccidervi a vicenda- e trattenne a stento un risolino, mentre quella folle idea le attraversava la mente. Itachi era la punta di diamante del clan, così giovane eppure già così forte, lui, un giorno, avrebbe difeso tutti loro. – Anzi, ti affido un compito di estrema importanza- ed assunse un’ aria solenne.
-Quale, quale?- chiese, impaziente, spalancando gli occhi neri ed avvicinandosi al suo volto, allettato all’idea di avere una nuova missione da svolgere.
-Dovrai proteggere tuo fratello, sempre, e a qualunque costo-. Non aggiunse che in realtà sarebbero stati lei e Fugaku a proteggerli entrambi, per non ferire il suo acerbo orgoglio.
Itachi si fece serio. – Te lo prometto mamma, io lo proteggerò sempre-. Puntò, poi, gli occhi sul visetto paffuto del fratello, avvicinandosi a lui quel che bastava per essere sicuro che udisse.
-Io ti proteggerò sempre, Sas’ke-kun-       
 
 
 
Villa Uchiha, vent’anni fa.

-Sas’ke!-. Mikoto pronunciò con finta severità il nome del suo secondogenito, mentre lui si accingeva ad indossare le scarpe per uscire. Si voltò verso di lui, e riuscì a stento a mantenere un’aria seria quando nei suoi occhi vide un’espressione angelica ben costruita, di chi sa di star per combinare l’ennesimo pasticcio. Prese il mestolo di legno dal tavolo della cucina dove stava smanettando e glielo puntò contro – Dove credi di andare?-
-A fare un giro, okasan- rispose vago, sorridendo appena al mestolo che gli sfiorava la punta del naso.
-A fare un giro, eh?- lo canzonò lei. – Magari finendo nella zona del quartier generale degli Anbu?-
-Io? Assolutamente no, devo fare un giro in giro- rispose Sasuke offeso, incrociando le braccia al petto con l’adorabile broncio di un bambino di appena cinque anni. Non avrebbe mai ammesso, neppure sotto tortura, che voleva andare a cercare il suo nii-san.
Mikoto gli batté con delicatezza il mestolo sul capo – Itachi tornerà tra poco – disse sospirando serena – Non ce alcun bisogno che vai a chiamarlo-
Il piccolo Sasuke preferì sorvolare sul superpotere che possedeva la madre, capace di intercettare la linea esatta dei suoi pensieri. – Potrebbe essersi dimenticato di venire!- preferì dire con fare lagnoso seguendo sua madre in cucina.
-. È quasi ora di pranzo, non si dimenticherà di venire a mangiare- gli rispose lei, calma, mentre riprendeva a tagliuzzare delle carote su un tagliere. Sasuke parve essersi rassicurato, in fondo il suo nii-san gli aveva promesso che oggi non avrebbe tardato di nuovo per allenarsi, che avrebbero passato il pomeriggio insieme. E lui manteneva sempre le promesse.

Ad un tratto si sentì il rumore di una porta stridere sul pavimento di legno.
- Nii-san , sei tornato!- esclamò, raggiungendo l’ingresso e trovandosi la figura possente di suo padre dinnanzi, e quasi gli andò a sbattere contro.
- Sasuke, stai attento, non devi correre in casa- gli disse l’uomo non appena lo vide, superandolo velocemente subito dopo avergli scompigliato affettuosamente, o almeno lui credeva di aver agito in tal modo, i cappelli.
Il piccolo Uchiha non fece a tempo a badare alla sue parole, ché le sue orecchie catturarono il suono di una voce familiare, così aprì la porta rapidamente, fiero di essere il primo a dar il benvenuto ad Itachi. Ma la scena che gli si parò davanti gli fece assumere lo stesso broncio di poco prima.

-Grazie Itachi-kun per avermi insegnato quella tecnica con gli shuriken, mi sento più sicura adesso per l’esame genin -
-Sono sicuro che andrai bene Hanami-chan-
Hanami. Il nome di sua cugina non gli era mai piaciuto granché, poiché suo padre gli aveva spiegato che era inaccettabile che una vera Uchiha si chiamasse “colei che ammira i fiori”, non era un nome da guerriera, e lui era pianamente d’accordo. Ma ora sentì di detestarlo ancor di più, mentre il suo nii-san le sorrideva gentilmente.
Hanami annuì rincuorata da quelle parole e diede un candido bacio sulla guancia ad Itachi prima di salutarlo allegramente e allontanarsi dal vialetto della casa del capoclan.

Sasuke guardò disgustato suo fratello rimanere imbambolato per un decimo di secondo e strofinarsi la mano sulla guancia dove vi era stato quel primo contatto.
- Nii-san, dobbiamo mangiare!- urlò Sasuke infastidito.
Itachi si voltò verso di lui, accorgendosi solo adesso della presenza del fratello. Annuì piano, mentre si affrettò a raggiungerlo dentro casa. E non riuscì proprio a capire perché Sasuke continuasse a guardarlo torvo anche mentre prendevano posto intorno al piccolo tavolo di legno.

-Che hai otouto?- chiese non riuscendo più a sostenere i suoi occhi scuri così simili ai suoi.
-Non dovevi allenarti oggi?- gli chiese di rimando il piccolo, mantenendo un certo tono offeso, mentre addentava il primo pomodoro ben condito che sua madre gli aveva servito.
Itachi gli sorrise cordialmente, era la cosa che sapeva far meglio. – Sono stato ad allenarmi, infatti-
-E che ci faceva Hanami-chan con te?- borbottò, gli occhi fissi sul piatto.
Sentì suo padre tossicchiare leggermente per poi riassumere l’impressione impassibile di sempre, mentre sua madre trattenne, per l’ennesima volta, un risolino.
-Ci siamo soltanto allenati insieme- rispose Itachi tranquillo, mantenendo un certo autocontrollo di sé per non diventare rosso come i pomodori che stava mangiando, sorvolando sull’atteggiamento dei suoi genitori.
-Ma ti ha baciato!- disse Sasuke, che al contrario non era mai stato molto controllato, anche se era consapevole che un vero Uchiha doveva esserlo in ogni situazione. L’avrebbe appreso più avanti, magari.
Fugaku quasi si strozzò con il suo boccone, mentre Mikoto dovette far scivolare una lunga ciocca di capelli davanti al viso per non mostrare il suo aperto compiacimento. Sua nipote Hanami, la figlia della sua adorata sorella, era sempre stata una ragazza adorabile ed era fermamente convinta che fosse perfetta per Itachi. Ed anche se adesso era presto per dirlo, ci avrebbe scommesso quasi tutti i suoi kimono che un giorno sarebbero finiti insieme.

La punta di diamante del suo clan lanciò un’occhiata di ammonimento al fratellino, e lasciando che le sue guance si colorassero di un rosa acceso si affrettò a smentire quell’ultima folle dichiarazione, affermando con sicurezza che era stato un semplice gesto d’affetto e che assolutamente lui non aveva baciato mai nessuno. Tentò allora di sfuggire allo sguardo penetrante di suo padre, distogliendo l’attenzione su di sé e portandola su Sasuke, che mangiava gongolante per quell’ultima accusa andata a segno.
-Sei geloso, otouto?-
-Io? No-
-Mmph-
-Assolutamente no- ribadì lui convinto, punto sul vivo.
-Davvero?- chiese sorridendo.
-Certo, nii-san - piagnucolò.
Itachi si sporse lievemente in avanti, fino toccare Sasuke sulla piccola fronte. E mentre suo padre Fugaku si perdeva in borbottii su quanto fosse indecente un simile comportamento a tavola per dei veri Uchiha, lui si godeva l’espressione finalmente distesa sul volto del suo otouto. Itachi adorava vederlo sorridere come lui stava facendo in quel momento, avendo finalmente capito che in fondo non c’era nulla di cui essere gelosi, che loro due avevano un rapporto speciale che sarebbe stato per sempre tutto loro. E, in quell’istante, Itachi avvertì con ogni fibra del suo corpo di amare suo fratello più di qualsiasi altra cosa al mondo.
 
 
 
Quartier Uchiha, quindici anni fa.

Odiava suo fratello più di qualsiasi altra cosa al mondo, Sasuke ne era assolutamente convinto. Era da ormai due anni che covava quel sentimento dentro di sé, da quando aveva visto Itachi sterminare il suo clan, e rimanere in vita lui solo. Ma, altra cosa di cui l’ultimo Uchiha era assolutamente convinto, lui non era vivo davvero. Era morto quella sera insieme a tutti gli altri, e con loro erano morti i suoi sogni, le sue ambizioni, i suoi amici, il suo desiderio di diventare capo della polizia come il suo fortissimo papà, la possibilità di far felicissima la mamma e scegliere un giorno una delle sue cugine. Tutto era stato distrutto. E lui l’avrebbe distrutto a sua volta. Questo pensiero, anzi questa certezza, che si sarebbe avverata sicuramente in un futuro neanche troppo lontano, gli faceva ancora male, poiché non riusciva ad accettare che le cose fossero andate così. Si sorprendeva ancora quando , tornato a casa dopo un allenamento, non vedeva nessuno dei suoi familiari ad attenderlo. Ed ogni volta che passava per le vie del suo quartiere si meravigliava ancora di trovarle deserte, di vedere il negozio di zia Uruchi vuoto, la casa chiassosa di Hanami senza alcun suono, e il quartier generale della polizia in uno stato di completa decadenza. Ogni tanto faceva qualche lavoretto di manutenzione, perché in qualche momento in cui perdeva lucidità, e il dolore per quelle perdite diventava più forte di qualsiasi altra cosa, covava dentro di sé la speranza che tutti loro sarebbero tornati un giorno, e di certo si sarebbero arrabbiati con lui se avessero trovato tutto distrutto. Ma, quando la consapevolezza che gli abitanti di quel quartiere non sarebbero tornati mai, ed anzi sarebbe stato lui a raggiungerli per primo, il suo odio verso il suo nii-san aumentava, e finiva per divorarlo. Sasuke si appoggiò improvvisamente al muro, mettendoci le spalle contro e lasciandosi cadere. Guardò con gli occhi lucidi il simbolo del ventaglio rosso e bianco che era stato dipinto fieramente su ogni singolo muro, anche su quello dove si era lasciato crollare. Conosceva la strade del ghetto a memoria, e in quei due anni ci aveva vagato di continuo alla ricerca di un minimo segnale di vita. Ma alla fine si arrendeva, si arrendeva sempre, e si lasciava sprofondare da qualche parte,  inghiottito da ricordi troppo dolorosi. In silenzio, fissava il vuoto, il ventaglio, i ricordi.

Quel giorno però ad un tratto lo riscosse un suono, un tonfo leggero, accompagnato da un gemito soffocato. Era un segnale di vita. Si alzò di scatto, quasi in preda alla follia, pensando che magari sarebbe davvero spuntata zia Uruchi che lo rimproverava per aver lasciato far andare a male la merce del negozio. In fondo il rumore proveniva da lì. Corse a perdi fiato guidato dal suono di un nuovo gemito fin quando, arrivato a destinazione, i suoi occhi gli riportarono davanti l’immagine di alcuni ciuffi rosa.
-Che ci fai qui?- chiese sconvolto alla ragazzina con quei capelli assurdi, che se ne stava seduta malamente per terra, un ginocchio leggermente sbucciato.
Sakura trasalì appena quando sentì una voce, pensava che in quel posto non ci fosse nessuno.
– Gioco a nascondino, mettiti giù, altrimenti mi farai scoprire da Ino-pig!- disse, ma non appena si voltò i suoi occhi chiari incontrarono quelli neri e cupi di lui e si sentì mancare un battito. Sbatté per qualche secondo le folte ciglia, non credendo davvero di avere quel bambino davanti a sé. Aveva visto Sasuke Uchiha un paio di volte per le strade del Villaggio, e l’aveva sempre ritenuto un ragazzino carino, un po’ strano forse con quell’aria triste perennemente negli occhi, ma ugualmente carino. Ad ogni modo non si sarebbe mai aspettata di trovarselo di fronte in quella parte del Villaggio, che tutti dicevano essere completamente disabitata.
Sasuke arcuò un sopracciglio, cercando di decidere se ignorarla completamente e andare via, o proteggere il vialetto davanti al negozio di sua zia. Optò per la seconda.
-E devi nasconderti proprio qui?-
-Certo!A nessuno verrà in mente di cercarmi qui, hanno tutti paura di questo posto- ma Sakura, con la consapevolezza che si può avere a dieci anni appena compiuti, si pentì delle ultime parole pronunciate poiché vide il suo sguardo incupirsi ancora di più.
-Credo che dovresti proprio and- - ma Sasuke non riuscì a terminare la frase che si sentì tirare verso il basso e cadere al suolo. Lanciò un’occhiataccia alla ragazzina che ancora teneva la mano stretta alla maglia sulla quale aveva fatto forza per trascinarlo giù. – Che diavolo fai?- sbraitò, ma si ritrovò la mano della rosa premuta sulla bocca.
-Fa silenzio- gli bisbigliò. – Sento dei passi, Ino-pig e gli altri saranno nei paraggi. Non posso perdere di nuovo-.
Sasuke si scostò la sua mano della bocca guardandola esterrefatto, quella ragazzina era davvero quanto di più insopportabile avesse mai conosciuto.
-Comunque io mi chiamo Sakura – gli disse ancora in un sussurro, sorridendo apertamente e colorandosi leggermente di rosso. – E tu sei Sasuke, lo so- e gli sorrise ancora.
Il piccolo Uchiha si rifiutò categoricamente di sorriderle a propria volta e preferì anzi un dignitoso silenzio. Si limitò ad osservarla piano, mentre lei si sporgeva leggermente oltre la staccionata dietro cui erano nascosti, vicino all’entrata del quartiere, per vedere se arrivasse effettivamente qualcuno. Gli occhi di Sasuke caddero di nuovo sul suo ginocchio sbucciato, era leggermente arrossato e sporco di polvere. Lei intercettò il suo sguardo e imbarazzata ammise di essere inciampata in un pezzo di legno che non aveva proprio notato, “queste strade sono tenute malissimo” gli aveva detto.
-Faccio del mio meglio per mantenere pulito- affermò di rimando, punto sul vivo.
-E a che serve? Non vive più nessuno qui- gli rispose lei dolcemente, quasi volendolo dissuadere dallo svolgere quel penoso incarico. Le sue parole non ottennero l’effetto sperato, ma anzi lo contrariarono ancor di più e l’espressione del bambino che aveva davanti cambiò, facendolo quasi apparire adulto.
-Non è vero- disse brusco, alzandosi di scatto. Non li vedi tutti questi fantasmi, Sakura?.
-Ehy, ma dove vai?- gli domandò allarmata, vedendolo allontanarsi rapidamente. Quel ragazzino era davvero strano.
-Devo tornare a casa- voltò leggermente il capo, continuando a darle le spalle – E faresti bene ad andarci anche tu, si sta facendo tardi. Nessuno ti verrà a cercare qui, puoi star certa di aver vinto. Non viene mai nessuno alla fine-.

Sakura rimase spiazzata da quell’ultime parole, non sapendo bene come interpretarle. Si mordicchiò il labbro, un brutto vizio che l’avrebbe accompagnata anche negli anni avvenire. – Io verrò a nascondermi qui qualche altra volta, credo-. Io verrò. E non fece in tempo a notare la leggera ruga che si formò sulle labbra dell’Uchiha, molto simile ad un sorriso, che si voltò rapida, decisa a starlo a sentire e tornarsene a casa. – Ciao Sasuke - proferì con voce tintinnate proprio quando attraversò l’uscita del ghetto. A presto.

L’ultimo suono gentile che le orecchie del piccolo Uchiha ascoltarono quel giorno, e per molto altro tempo a venire, fu il suo nome mischiato ad un saluto pronunciato da una voce allegra come mille campanelli. Egli non si permise tuttavia di sorridere di nuovo, poiché dopotutto i fantasmi del quartiere lo stavano ancora guardando.
Tornò a casa lentamente, si cambiò d’abito indossandone uno pulito e andò a sedersi su una delle quattro sedie della piccola cucina. Si ricordava perfettamente di tutte le volte che quella stanza non era stata così vuota, perché c’era sua madre che smanettava ai fornelli e suo padre che leggeva i rapporti, lanciandogli ogni tanto delle occhiate che lui non era mai riuscito a decifrare. Chissà cosa avrebbero pensato i loro fantasmi se gli avrebbe rivelato che quel giorno aveva provato a giocare a nascondino per qualche secondo, un po’ per assecondare quella strana bambina, un po’ per sentirsi anche lui un bambino come lei, e soprattutto un po’ per provare a far finta che non esistessero più, i suoi fantasmi. Sasuke si diede dello stupido non appena formulò quel pensiero, vergognandosi di sé. No, lui non li avrebbe dimenticati mai. Li avrebbe ricordati per sempre e sarebbero stati loro a dargli la forza di uccidere Itachi. E non poteva avere distrazioni, non poteva permettersi di giocare o di instaurare nuovi legami dopo che tutti quelli che aveva erano stati così brutalmente recisi. Non avrebbe permesso a nessuno, ragazzine con capelli rosa incluse, di distoglierlo dal suo nuovo obbiettivo, e i fantasmi sarebbero stati fieri di lui. Si, li avrebbe vendicati, l’avrebbe fatto per il suo clan.
 
 
 
Itachi Uchiha, dieci anni fa.

Il suo clan avrebbe finalmente riposato in pace. Sasuke sentiva l’odio scorrergli sotto le vene mentre percorreva il corridoio stretto e lungo che l’avrebbe condotto dove, ne era sicuro, sarebbe finalmente terminata tutta quella storia. Chiuse gli occhi un solo istante, solo per ricordare qualcosa di quell’Itachi che era stato il suo punto di riferimento in passato, e che tra poco avrebbe ucciso. Ricordare. Chissà se Itachi ricordava qualcosa di loro.
-Che stai combinando otouto ?- gli chiese esasperato il suo niisan.
Sasuke distolse lo sguardo dalla cavalletta che era fieramente riuscito a rinchiudere in un barattolo. -. È un regalo per il compleanno della mamma- rispose come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Era sicuro che sua madre avrebbe apprezzato il suo regalo e tutto il tempo che aveva impiegato per catturarlo, e che suo padre sarebbe stato fiero che il suo secondogenito di appena quattro anni aveva agguantato quel terribile insetto feroce.
Itachi inarcò un sopracciglio, immaginando già il volto di sua madre nel ricevere una cavalletta come nuovo animale da compagnia. Non era del tutto certo che gli piacessero quel genere di bestiole, ed anche se era una donna straordinaria, un jonin qualificato e soprattutto un Uchiha, credeva che gli facessero abbastanza schifo.
-Sei sicuro che è il regalo giusto?-
-Certo niisan! Avevo anche pensato di tingerla di lilla, che è il colore preferito della mamma- rispose contento, tentando di ricordare in quale scatola dei giochi aveva messo le sue tempere nuove.
-Sono sicuro che la renderai molto carina- gli disse sorridendo Itachi,non avendo nessuna intenzione di smorzare l’entusiasmo del fratellino, mentre i suoi occhi scuri si posavano sulle zampe dell’insetto chi spingevano contro le pareti di vetro e sulle sue antenne che si muovevano piano.
Sasuke annuì rincuorato. – Tu che le regalerai?-
-Non ho ancora deciso, otouto-
Il piccolo strabuzzò gli occhi. – Ma il suo compleanno è domani! Ce la farai? Se vuoi possiamo regalargli questa insieme- affermò indicando la cavalletta – però dovrai dirle che l’ho catturata io, è stata dura, ma ovviamente un Uchiha come me non ha avuto problemi- aggiunse poi con espressione fiera.
-Sei davvero molto generoso, ma credo che cercherò qualcos’altro- Le sue parole però causarono un moto di delusione negli occhi nel piccolo, che forse ci teneva davvero a fare un regalo insieme. A fare qualunque cosa insieme, anche morire.
-Magari potremmo catturarne un’altra insieme- aggiunse subito per rimediare. Era una follia: cavallette per Mikoto. Ma Itachi non si sorprese delle sue parole, visto che ormai da tempo si era reso conto che per la felicità di Sasuke avrebbe fatto qualsiasi cosa.
-Si, niisan!Così vedrai quanto sono diventato forte-

 
Sasuke sorrise mentre una nuova malinconia gli si dipingeva negli occhi. Aveva accelerato il passo e senza neanche accorgersene si era ritrovato in una grande sala, dove il simbolo degli Uchiha svettava in alto ed Itachi era comodamente seduto sull’unica poltrona di pietra. Il suo cuore aveva iniziato a palpitare con un ritmo irregolare, mentre l’immagine del protettivo e rassicurante fratellone dei suoi ricordi sbiadiva, lasciando il posto all’assassino che aveva davanti. Fu lui a rivolgergli la parola per primo.
 -Come va con lo Sharingan? Dimmi fino a che punto sei diventato forte-*
-Preferisco dirti quello che vedo, perché tutto sommato ti riguarda da vicino, Itachi. Io vedo l’immagine della tua fine-*.
-L’immagine della mia fine dici? Molto bene, falla vedere anche a me-.*
Sarai accontentato, nii-san. E fece un passo, muovendo il piede destro in direzione della fine.
 
* Queste tre battute, sono state tratte direttamente dell’anime/manga, quindi esclusivamente queste tre frasi sono del sommo Kishimoto. Sono state proferite dai due Uchiha poco prima di iniziare lo scontro.
 
 
 
Villa Uchiha, cinque anni fa.

Non rimetteva piede in quella casa da molto tempo ormai, ma Sasuke Uchiha era certo di ricordarne ogni anfratto. E nonostante lo spesso strato di polvere che aveva preso il sopravvento su ogni cosa, e qualche muro crepato che non aveva retto ai colpi della quarta guerra ninja, non poteva fare a meno di pensare che fosse il luogo più accogliente del mondo. I suoi occhi si posarono sulla foto che ritraeva la sua famiglia sul comò vicino all’ingresso. Se la rigirò tra le mani e tornò indietro, giù in giardino. Strofinò i piedi sull’erba, sollevando un po’ di polvere ed alzò lo sguardo al cielo scuro, mentre le prime gocce di pioggia iniziavano silenziose a venir giù, confondendo il rumore di passi in avvicinamento. Sasuke guardò oltre la recensione e gli sembrò di vedere Itachi che lo guardava, che lo osservava andare avanti. Tuttavia gli occhi scuri furono presto sostituiti da altre due paia di occhi, uno verde bosco, l’altro azzurro cielo. Vide Naruto e Sakura che sorridenti gli si avvicinavano, parlottando di qualcosa di divertente che avrebbe trovato senz’altro stupido. Strinse la presa sulla fotografia mentre Naruto e Sakura erano sempre più vicini, reali e vivi, mentre la pioggia lavava via l’immagine del suo niisan, ora che lui era finalmente tornato.
 
 
 
Villa Uchiha, adesso.

Nii-san, vorrei che tu lo vedessi. Eri il fratello perfetto, anche se io l’ho capito troppo tardi, ed ora sono sicuro che saresti uno splendido zio. Itachi, mio figlio, un po’ ti somiglia. Sai, ho ritrovato qualche vecchia foto in un album nel salotto, ed ammetto che sembri proprio tu da piccolo. Gli stessi occhi neri, grandi, enormi, che ti permettevano di vedere nel mondo quello che io non ho veduto mai. I capelli scuri come quelli di un vero Uchiha, anche se, ammetto anche questo, al sole ogni tanto sembrano assumere qualche lieve sfumatura color prugna, colpa di Sakura ovviamente. Quella maledetta donna, è davvero insopportabile, anche se sono certo che tu dissentiresti e la troveresti gentile. Ma credimi niisan, Sakura ha un che di folle, e la cosa non mi sorprende più di tanto visto che ha scelto me come compagno, ed io mi ci sono arreso. È stato un sollievo arrendermi. Non so quando è successo esattamente, credo qualche anno fa, dopo la fine della grande guerra, quando tu te ne sei andato per sempre, ed io ho capito che avrei dovuto far qualcosa per non far essere la tua eterna dipartita vana. Per questo ho combattuto, ho vinto e sono tornato. Non è stato facile vivere di nuovo qui, anche perché il primo anno non ho esattamente vissuto. L’ho passato in cella, ed avrei passato in cella anche il secondo, il terzo, il quarto e tutti quanti gli altri se quel dobe non fosse diventato Hogake e mi avesse salvato, di nuovo. Mi è servito però ,quel periodo di isolamento, a capire tutte le cose che tu hai sempre cercato di insegnarmi. Che più della guerra bisogna desiderare la pace,che la vita è troppo breve per guardarsi indietro continuamente, che invece che dall’odio, la salvezza è data dall’amore. Amore. Se mi vedresti adesso sono sicuro che troveresti un po’ d’amore nella mia vita. E ne troveresti anche in questa casa, in Villa Uchiha, che Sakura ha rimesso a nuovo, e che un Itachi di appena un anno distrugge combinando pasticci e gattonando dovunque, per fino sul tetto. Quel bambino ci fa perdere il senno, ed il sonno in effetti.
 
Uno strillo acuto squarciò il notturno silenzio di una villa solitaria. Sakura Uchiha spalancò gli occhi, abituata ormai da tempo a grida del genere, e quasi istintivamente diede una piccola gomitata all’uomo che le dormiva di fianco, che era certa essere sveglio, ma che cercava indubbiamente di fregarla facendo finta di dormire ancora.
-Tocca a te Sa’ke-kun- mugugnò mentre rigirandosi nel letto strofinò il naso freddo contro il petto caldo e scoperto dell’uomo. Quest’ultimo continuava bellamente ad ignorarla, nonostante il suoi timpani avessero già abbondantemente registrato il sottofondo di un pianto continuo. Sakura fece violentemente scoccare la mandibola, poiché i suoi di timpani avevano sopportato già abbastanza. Quel crack fu subito colto come un gesto intimidatorio, e visto che l’Uchiha non aveva nessuna intenzione di iniziare una lite con la compagna sul fatto che l’indomani sarebbe dovuto partire per una missione e che quindi aveva molto più bisogno di riposo di lei, che invece aveva avuto il permesso dall’Hogake di allontanarsi dall’ospedale per tutto il tempo che avesse voluto per accudire il pargolo, fece per alzarsi. E proprio mentre si sollevava sui gomiti per abbandonare il torpore del letto, questa gli scoccò un bacio a fior di labbra prima di tornarsene a dormire.
Sul viso di Sasuke, che ormai procedeva a grandi falcate verso la camera di Itachi, si formò subito e involontariamente l’accenno di un sorriso, che non scomparve neppure quando, arrivato vicino alla culletta, i decibel raggiunti dalla soave voce di suo figlio erano così aumentati da minacciargli di spaccargli il cranio. Istintivamente prese il piccolo in braccio e lo cullò piano, mentre quello lo stringeva forte con le piccole manine paffute. “Va tutto bene” mormorò, portando il suo viso vicino quello del figlio. Erano tutti e tre così simili. Lui, Itachi ed Itachi. “Va tutto bene, papà è qui” aggiunse piano. Il bambino si tranquillizzò, calmando lentamente il pianto e dopo poco riprese a sonnecchiare leggero stretto tra le braccia del padre. Sasuke lo fissò attentamente, mentre il morbido torace si abbassava e alzava piano, pianissimo.
Ebbe come la sensazione di aver già vissuto quella scena, solo a ruoli inversi, e sorrise apertamente prima di ritornare a parlare con tono sicuro. Sapeva esattamente cosa dire, Itachi gli aveva suggerito anche questo più di venticinque anni fa.
-Io ti proteggerò sempre, Itachi-kun-.
 
 
 
 

Fine.




 

Note d'autrice.
Questa storia partecipa al contest indetto da edvige.91 sul forum di EFP. 
Non so quanto senso possa avere questa storia, non se se davvero sono andata a parare da qualche parte. Mi piaceva troppo però l'idea di scrivere qualcosa di diverso, dove ogni mini-storia sia come un scrigno che contiene l'altra. Ed amo così tanto la famiglia Uchiha che questo esperimento non potevo farlo senz'altro che con loro. 
Oltre il SasuSaku che qui è lieve, ho cercato di concentrarmi sul rapporto tra Sasuke e il fratello, e come entrambi siano cambiati col tempo. Itachi e Sasuke sempre stati così diversi, sempre ognuno alla ricerca cieca dell'altro anche se procedevano entrambi su strade parallele, sempre troppo egoisti per accorgersi di quello che stesse davvero accadendo. Ed ora eccoli qui, finalmente in pace, finalmente in sincronia almeno nei pensieri.
Spero di essere riuscita a trasmettervi qualcosa (? ma cosa? ) fatemelo sapere, please, perchè vorrei migliorare almeno un po', ed elevarmi dal mio status di scrittirice per scoiattoli. (gli scoiattoli, almeno quelli che frequento io, non sanno leggere e questo è un problema). 
Termino questa follia ringraziando tutti coloro che hanno letto, che (spero ?) ricorderanno o preferiranno questa storia. (ne ho altre 2 già pronte che saranno l'inizio di una raccolta me che pubblicherò nelle prossime senttimane, purtroppo). O per fortuna, ditemelo voi.
Hugs.


Flyonclouds.

 
  
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