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Autore: lyssa    29/01/2014    1 recensioni
Will è un diamante sì, ma non è ancora puro. Will è potenzialità inespressa, Will è una gemma preziosa nascosta da infimi componenti minori che lo intorbidiscono, annebbiando il suo splendore.
Hannibal ama il bello e Will è la cosa più bella che abbia mai avuto occasione di ammirare: vederlo in quello stato, soffocato dalle catene della solitudine e della paura è uno spettacolo straziante che gli attanaglia il cuore. Will dovrebbe essere libero, libero da ogni insicurezza, libero di brillare come il diamante che è.
[ Hannigram ]
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Hannibal Lecter, Will Graham
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Come un diamante grezzo
Fandom: Hannibal
Personaggi: Will Graham, Hannibal Lecter
Rating: Verde
Conteggio Parole: 1879
Riassunto: Will è un diamante sì, ma non è ancora puro. Will è potenzialità inespressa, Will è una gemma preziosa nascosta da infimi componenti minori che lo intorbidiscono, annebbiando il suo splendore.
Hannibal ama il bello e Will è la cosa più bella che abbia mai avuto occasione di ammirare: vederlo in quello stato, soffocato dalle catene della solitudine e della paura è uno spettacolo straziante che gli attanaglia il cuore. Will dovrebbe essere libero, libero da ogni insicurezza, libero di brillare come il diamante che è.
Note: Partecipa a 500_themes_ita con il prompt “Diamante grezzo"
Ho l'ansia perchè la Hannigram è la mia OTP e ho paura di non avergli reso giustizia. Ma era da tanto che volevo scrivere su di loro, quindi..... ;; <3 Scritta tipo alle due di notte. God bless l'ispirazione notturna.

 







Cucinare è per Hannibal un’esperienza sempre nuova e stupefacente: c’è qualcosa di incredibilmente affascinante nell’unire tra di loro piccoli e semplici ingredienti per dare vita a qualcosa di più complesso e unico. È una forma d’arte non diversa dalla musica o dalla pittura – le labbra di Hannibal si storcono appena nel pensare che per alcune persone cucinare non è altro che un gesto quotidiano e banale –,dove tutti i sensi vengono equamente stimolati.

Hannibal socchiude gli occhi e inspira a pieni polmoni, lasciando che l’aroma delle spezie gli colpisca il naso; sente l’odore forte del rosmarino che quasi copre quello più delicato del timo, vi sono poi aglio, alloro e pepe.

Solleva le palpebre e si trova di fronte a uno spettacolo di colori: tocca con la punta delle dita il tenero filetto accuratamente appoggiato sul tagliere di legno – alla leggera pressione esercitata il taglio di carne si colora maggiormente di rosso – e afferra il coltello che si trova alla sua destra. Il suo riflesso lo osserva dalla superficie lucida della lama e solleva gli angoli della bocca in un’ombra di sorriso, scompare quando poi Hannibal muove la mano.

Il coltello penetra nel filetto senza difficoltà, Hannibal taglia delle fette larghe e ne ricopre il bordo con delle foglie di alloro, lega poi il tutto in modo preciso e accurato con dello spago da cucina, in modo da far mantenere la forma della carne e far sì che questa assorba meglio i sapori delle spezie.

Gli ingredienti sono tutti freschissimi, le erbe aromatiche e la verdura sono stati acquistati in un supermercato biologico, il filetto proviene dal retro della gabbia toracica di Lawrence Barnes – Hannibal è certo che darà un maggior contributo al mondo sotto forma di cena – e il vino è un Sangiovese di ottima annata.

Non si tratta di un menù particolarmente complesso dagli ingredienti esotici e impronunciabili, eppure non per questo deve essere preparato in modo meno curato. Al contrario, vuole che sia unico nella sua semplicità, dopotutto altrettanto unico è il suo ospite, anche se in nessun caso potrebbe essere definito semplice.

Non semplice è stata anche la scelta: ha trascorso giorni interi a organizzare alla cena perfetta, per poi arrivare alla conclusione che un pasto troppo ricercato e particolare avrebbe unicamente messo Will a disagio.

Hannibal ha in mano gli ingredienti per la salsa quando suona il campanello. Aggrotta le sopracciglia, si pulisce le mani sul grembiule immacolato che ha stretto in vita e alza lo sguardo all’orologio. Mancano circa quaranta minuti all’appuntamento. È perplesso, ma non stupito, quando sulla soglia di casa gli si presenta un Will con la solita camicia di flanella e il solito paio di jeans.

«Entra pure Will.»

«Sono in anticipo, lo so.» Si passa la mano sul retro del collo, in imbarazzo. «Devo… Aver guidato troppo velocemente per strada.» Mormora, entrando in casa e seguendo quindi Hannibal prima nell’ingresso e successivamente in cucina.

«Spero che tu non abbia guidato troppo velocemente.» Rimane in silenzio un attimo. Will non può essere arrivato prima solamente per un motivo del genere – quaranta minuti d’anticipo sono decisamente troppi – ma Hannibal decide di tenere il pensiero per se. «La strada è bagnata e ultimamente ci sono stati degli incidenti.» Un’altra pausa. «Gradisci un bicchiere di vino? Temo di non aver ancora finito di cucinare.»

«No, penso che aspetterò la cena.» Will si appoggia ad uno dei tanti mobili della stanza, con le braccia conserte al petto. «Posso aiutarti?» Il suo sguardo si sposta per un attimo su Hannibal, ma si tratta solamente di un istante, effimero quanto il battito d’ali di una farfalla, non appena incrocia gli occhi del dottore ritorna a fissare il metallo lucido della cucina, sperando forse di trovarvi la risposta a un qualche dubbio di natura esistenziale.

«Sai cucinare, Will?»

«Non proprio. Cioè, so cucinare solamente il pesce, mi ha insegnato mio padre quando andavamo insieme a pescare…» La voce si spegne in un sussurro. Gli occhi sono ancora puntati sul piano da lavoro sul quale sono sistemati tutti gli ingredienti – probabilmente è perso nei ricordi di quell’infanzia e di quella spensieratezza che non torneranno mai più – e Hannibal attende pazientemente che continui, senza forzarlo. «Comunque se hai bisogno posso comunque fare qualcosa.» Conclude.

Hannibal continua a guardarlo: le sue mani si sono spostate in tasca e ha iniziato a girovagare per la stanza, facendo però attenzione a non avvicinarsi mai troppo a lui. Non si sente a suo agio – forse si sta pentendo di aver accettato l’invito, forse invece sta solamente pensando che presentarsi troppo presto non è stata una buona idea – e probabilmente vuole aiutare unicamente per tenere occupate mani e mente.

«In realtà ho quasi finito. Devo unicamente finire di preparare la salsa e cuocere la carne. Puoi però darmi una mano a fare l’insalata.»

Rimangono in silenzio, per qualche minuto l’unico rumore è quello degli utensili da cucina e del coltello sul tagliere. Hannibal finisce di preparare il condimento – ogni tanto con la coda dell’occhio lancia un occhiata a Will, che rimane però con lo sguardo fisso sui pomodori di cui sta occupando.

«Ricordami perché sono qui, Dottor Lecter.»

«Perché siamo amici e hai accettato finalmente il mio invito a cena.» Sorride. «Inoltre ritengo che distrarti dai casi di cui Jack ti chiede di occuparti non possa essere che benefico.» Sistema la salsa e inizia a versare l’olio nella padella, in modo da iniziare a cuocere la carne. «Hai avuto altri episodi ultimamente, Will?»

«Non pensavo che questa fosse una seduta.» Dice, a denti stretti. Un colpo sordo rompe l’atmosfera. Il coltello impugnato da Will taglia a metà il pomodoro con troppa violenza, producendo un suono sgradevole che Hannibal si sforza di ignorare.

«Non lo è, infatti. Sono qui unicamente in veste di tuo amico e come tale sono sinceramente preoccupato per la tua salute.»

Non parla subito. Taglia prima il pomodoro altre due volte prima di aprire bocca. «Prima di partire ho visto… Il solito cervo. Era diverso però, o meglio, era più vicino di quanto non fosse mai stato.» Un altro colpo. Ha la voce tremolante come ogni volta che parla delle sue allucinazioni. Hannibal non ha bisogno di voltarsi per immaginarsi il modo quasi doloroso in cui sono piegati i suoi lineamenti. «Avevo la mano nel suo pelo e-»La voce sconnessa di Will si interrompe all’improvviso e il profiler si lascia sfuggire un imprecazione sotto i denti. «Dannazione!»

La prima cosa che Hannibal nota quando si volta è il rosso. Rosso dei pomodori tagliati, rosso del sangue che copre la verdura e il non più così immacolato tavolo da lavoro, rosso del sangue che copre la mano di Will.

La seconda cosa è l’odore metallico che gli riempie le narici, inebriandolo. I passi del dottore sono veloci e silenziosi quando si avvicina con ampie falcate al profiler e appoggia la mano destra sulla sua schiena, guidandolo verso il lavandino. Si tratta di un contatto leggero quanto il fumo: le dita di Hannibal sfiorano solamente il tessuto della camicia – Will dovrebbe lavare il suo bucato con più attenzione o, in alternativa, dovrebbe comprare indumenti più morbidi.

«Dio… Solitamente sono meglio di così.» Will lascia andare una risata nervosa e lascia che l’acqua fredda gli scivoli sulla ferita, che provvede prontamente a tamponare con lo strofinaccio più vicino. «Ero… Distratto.» Probabilmente ha paura di averlo deluso, pensa Hannibal, osservando l’acqua tingersi con note scarlatte.

«Non preoccuparti Will. Non è un problema.» Non ha bisogno di osservare la ferita con attenzione per capire che si tratta solamente di un taglio superficiale. Il coltello è semplicemente scivolato e si è aperto un varco nella pelle morbida, nulla che una pomata e una buona fasciatura non possano guarire.

«Vado a prendere qualcosa per medicarti. Torno subito. Sarei un padrone di casa tremendamente maleducato a non farlo.» Ha un piccolo sorriso sulle labbra quando si allontana per prendere la cassetta dei medicinali.

Si tratta unicamente di pochi attimi, presto Hannibal è nuovamente al fianco di Will.

«Siediti per favore» Indica a Will una sedia e prende posto su quella situata al suo fianco.

Gli sorregge il polso con la mancina, l’altra mano va a spalmare accuratamente la pomata sul taglio, facendo attenzione a non provocare in Will alcun tipo di dolore. Prende poi la garza e inizia a farla passare intorno al palmo della mano, fasciandolo ed evitando così ogni rischio di infezione. Si tratta di un lavoro preciso e ordinato, pieno di quella cura che permea ogni suo gesto.

«Grazie…» Nonostante tutto, Will non accenna ad alzarsi o a compiere alcun tipo di movimento.

Sono immobili, l’unico movimento è quello dei loro petti che si alzano e si abbassano ritmicamente, rivelando che le due figure sono in realtà umane. Hannibal è colui che decide di rompere l’incanto.

Sposta leggermente la mano e sfiora con i polpastrelli le vene di Will, piccoli fiumi bluastri visibili sotto la pelle chiara del profiler.

Il suo tocco è gentile, ma Hannibal sa che Will non è fatto di cristallo. Il solo pensiero che qualcuno possa paragonare Will a qualcosa di tanto fragile lo offende personalmente. Will non è una ceramica preziosa, non è statuetta di cristallo, non è un vetro sottile; Will è un diamante. Unico, raro, un qualcosa in grado di nascere solamente in situazioni particolari, un aggregato di atomi disposti in modo “anormale” – dove anormale è sinonimo non di sbagliato ma di straordinario, di qualcosa diverso dall’anonimo ammontare di grafite che popola il mondo – in grado di dare vita a qualcosa di sublime e allo stesso tempo dotato di una forza incredibile.

Will è un diamante sì, ma non è ancora puro. Will è potenzialità inespressa, Will è una gemma preziosa nascosta da infimi componenti minori che lo intorbidiscono, annebbiando il suo splendore.

Hannibal ama il bello e Will è la cosa più bella che abbia mai avuto occasione di ammirare: vederlo in quello stato, soffocato dalle catene della solitudine e della paura è uno spettacolo straziante che gli attanaglia il cuore. Will dovrebbe essere libero, libero da ogni insicurezza, libero di brillare come il diamante che è.

Il processo di purificazione non è tuttavia semplice. È complesso, difficile e faticoso, addirittura doloroso. Il terrore è radicato troppo in profondità e lì si è sviluppato come un erbaccia in un giardino non curato: bisogna scavare per estirparlo. È un’operazione piena di rischi; si possono causare crepe e fratture che forse non si rimargineranno mai, ma qualunque spaccatura non è che un prezzo infimo da pagare se paragonato alla maestosità e allo splendore del risultato finale.

Non tutti sono però in grado di portare a termine un intervento tanto delicato: per quanto Will possa essere brillante, non ha ancora la consapevolezza necessaria per liberarsi delle zavorre che lo tengono ancorato al mondo comune, Hannibal è l’unico in grado di aiutarlo al momento attuale. Si tratta di una responsabilità di dimensioni decisamente grandi, di cui però ha deciso di farsi carico.

Le dita di Hannibal si spostano ancora, interrompendo ogni contatto. Ogni cosa ha bisogno del suo tempo, non forzare il corso degli eventi è fondamentale per la realizzazione del suo obiettivo. Procedere troppo velocemente causerebbe solamente danni inutili.

Si alza, lancia un breve occhiata alla carne lasciata sul tavolo e alla cena non completata, si volta poi verso Will, cercando il suo sguardo.

«Devo finire i preparativi. Ormai è quasi ora.»
   
 
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