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Autore: thecitysmith    30/01/2014    6 recensioni
"In un mondo dove le città sono personficate, la Città di Parigi non si vede da secoli, allontanata dagli orrori della guerra e da tutto il peggio che l'umanità le ha sempre offerto di sé.
Enjolras sogna di incontrare Parigi, e di condurre la Città verso un domani migliore.
Quello che non sa é che adesso Parigi é un cinico ubriacone che si fa chiamare Grantaire."

| traduzione dell'omonima storia su ao3 di barricadeuse e piuma_rosaEbianca |
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
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Non avevano nome.

 

Forse perché non c'era niente che potesse descriverle in modo abbastanza accurato. La religione ci aveva provato, con devozione e dannazione in egual modo. La scienza anche, con etichette e diagrammi sui quali un frustrato Combeferre si era scervellato, notte dopo notte, prima dei suoi esami. Entrambe avevano fallito.

 

Erano state le persone ad arrivarci più vicine. Le chiamavano semplicemente "Città".

 

Era quello che erano. Erano uomini e donne, avevano capelli, e occhi, e arti, e bocche eppure... erano di più. Erano strade ed edifici, monumenti e mercati, palazzi e fogne, poveri e ricchi, il tutto chiuso in un'ingannevole forma umana. Erano le Città. Rifiutavano ogni altro titolo altisonante.

Non ne avevano bisogno.

Enjolras ci teneva a sottolineare questo aspetto, nei suoi discorsi. Dopotutto, se i più veri simboli dell’umanità e delle sue migliori creazioni non avevano bisogno di titoli o denaro, perché dovremmo noi, il popolo, averli lo stesso?

Sarebbe stato certamente un passaggio ad effetto se non fosse stato per un piccolo problema. Era difficile celebrare i valori di una città che non si era sicuri esistesse.

Del resto, nessuno sapeva chi fosse Parigi.

Forse è non é un’affermazione del tutto corretta. Ovviamente Parigi esisteva. Era davanti agli occhi di tutti. Aveva strade, e case e persone. Era una bella città, e di sicuro era reale. Sì, tutti erano d'accordo sul fatto che la città di Parigi esistesse. Ma nessuno era sicuro se la Città di Parigi esistesse.

Le Città erano sempre citate nella storia. Dipinte sulle pareti delle piramidi in Egitto, o scolpite nei templi Aztechi. La ragione era ovvia: invecchiando così lentamente, sagge, e immortali, erano la risposta a un mondo che vedeva i propri dei distanti e crudeli. Gli imperatori le tenevano al loro fianco, i re le avevano come consigliere, la gente arrivava dalla campagna e scopriva che le Città capivano i loro problemi, non importava quanto insignificanti fossero.

Non c'era da meravigliarsi che fossero così amate.

Non c'era da meravigliarsi che l'assenza di Parigi causasse così tanti conflitti.

Si era pensato per tanto tempo che il Re, nel suo egoismo, l'avesse chiuso o chiusa da qualche parte. Tenendo più alla sicurezza che alla felicità del popolo. Un po' strano, dato che un attacco ai danni di una Città era visto come un crimine imperdonabile, anche in tempi di guerra, ma i francesi continuavano ad aggrapparsi a quella scusa.

Ma poi il Re se n'era andato con nessun altro a parte la sua famiglia.

I palazzi, e poi le prigioni, erano state svuotate con crescente disperazione. Vuoti.

Nemmeno Napoleone poté trovare la loro amata Parigi.

Secoli dopo gli storici avrebbero detto che quello fu il vero inizio del declino del condottiero, nonostante le molte battaglie che avrebbe vinto. Dopotutto, come potevano gli eserciti marciare per un ideale, per il gioiello della loro nazione, se non erano sicuri che esistesse?

I loro nemici non perdevano occasione di evidenziare questo problema. Dopotutto, Madrid e Berlino scendevano in battaglia con i loro comandanti. San Pietroburgo rise e danzò nella neve quando i francesi furono costretti a scappare di fronte al suo inverno. Persino Londra sedeva di fianco al suo Re, valutando ogni soldato che giurava di proteggerla con i suoi freddi occhi blu. Erano potenti, e soprattutto erano leali.

E dov'era Parigi, avrebbe chiesto uno straniero, con un sorriso canzonatorio sul volto. Scoppiavano innumerevoli risse, nelle taverne e anche nelle aule di lezione. Perché la loro città non era meno delle altre, loro stessi non erano inferiori solo perché la loro Città non si era ancora rivelata. Perché avrebbero dimostrato il loro valore, avrebbero continuato a combattere e a morire per la loro amata Parigi finché non sarebbe arrivato il momento in cui si sarebbe rivelata, e si sarebbe eretta orgogliosa al loro fianco.

, sarebbero stati felici di morire per Parigi.

 


(nessuno notò un uomo dai riccioli scuri che vomitava in un vicolo)

 

 


 

Note delle traduttrici

Il motivo per cui abbiamo deciso di portare questa storia su EFP é semplice: Paris Burning é un capolavoro che va al di là della semplice fanfiction, é un worldbuilding spettacolare che tutti dovrebbero leggere, anche al di là del fandom di Les Misérables. Entrambe l'abbiamo letta, ci abbiamo pianto lacrime amare, l'abbiamo adorata, e abbiamo deciso di provare a tradurla. Non eguaglieremo mai lo stile dell'autrice, della nostra R (si firma così davvero e afferma che sia solo una fortunata coincidenza), e anzi, se potete, andate anche a leggere l'originale. Noi qui abbiamo il nostro piccolo tentativo 

Per questo capitolo, la traduzione é di piuma_rosaEbianca e il betaggio di barricadeuse. Per qualsiasi domanda, o annotazione, anche tecnica, non esitate a chiederci.

The Cities are still burning,
al prossimo capitolo,
b + c. 

  
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