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Autore: PapySanzo89    30/01/2014    5 recensioni
Seguito di A Little Ray of Sunshine.
One shot non per forza collegate tra loro, stralci di vita di Sherlock e John con Sunshine.
Insomma, nella terza stagione hanno detto che sarà una bambina e io gongolavo troppo. u.u
NOTE: parentlock
Genere: Fluff, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro personaggio, John Watson, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments, OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Seguito di A little ray of Sunshine

RATING: Verde.
GENERE:  Fluff.
 
Ringrazio la mia Linny per il betaggio che, nonostante gli esami e l’università e i professori che le danno testi introvabili dal 1970, ha trovato il tempo per dedicarsi a questa fic lo stesso. E mi ha fatta ridere in maniera spropositata per ciò che ha scritto alla fine del betaggio e lei sa quanto ne ho bisogno in questo periodo. <3
Ringrazio Mars perché ero in apprensione per i personaggi e lei si è offerta di leggerla e darmi un parere e –anima candida e Pia- si è letta in una sola notte la Os precedente, A Little Ray e anche questa per dirmi che è in linea con ciò che ho scritto fin’ora. Cioè, è pazza. Davvero. Ma pazza in una bella bellissima maniera. E mi ha fatta sorridere tantissimo alle sette di mattina.
Ringrazio Cey perché è un mio supporto morale quando non so dove sbattere la testa e mi sento un’incapace anche a mettere tre parole di fila, perché è stata la prima a leggerla e mi ha detto “continua perché è bella” e insomma, si merita tutto l’amore e l’Arsenal del mondo. <3
Ringrazio Eli che alla prima lettura ha detto “Mi manca questo John”.
 
 
Dedicata a tutti coloro che hanno amato Sunshine e che ringrazio enormemente,
spero di non rovinare nulla.
 
 
 
 
Il posto perfetto
 
 
 
 
 
 
Sherlock appoggia il giornale sul tavolo e John sa che quello non è affatto un buon segno. Quando il marito compie quel gesto vuol dire che è tutto orecchi e che gli sta prestando attenzione. Troppa attenzione.
Fa comunque finta di niente -riappoggiando il cordless sul tavolo- e continua a preparare il tè per Sherlock prima di andare a prendere la bambina a scuola. Spera davvero di cavarsela prima di…
«John.»
E John sente perfettamente che lo ha chiamato ma continua a fare finta di nulla, magari non dovrà affrontare una sottospecie di discorso su una cosa del genere, magari quando tornerà a casa a cosa fatta non sarà un grosso problema (ma a chi vuole darla a bere?!). Ma poi è stramaledettamente possibile che quando serve che lo ascolti Sherlock non lo faccia mai e quando, invece, vuole che non lo ascolti lui senta tutto?
«John.»
È inutile, sperava di cavarsela, ma evidentemente è chiedere troppo.
«Sì, Sherlock?» si volta verso di lui con il sorriso più dolce che riesca a fare al momento e spera francamente che l’altro non faccia una scenata senza senso proprio adesso.
«Potresti ripetere quello che hai appena detto alla persona all’altro capo del telefono, per cortesia?»
Sherlock non lo degna di uno sguardo, mentre fissa la pagina di cronaca nera che ha davanti, tamburellando le dita sul ginocchio.
Beh, tanto vale affrontare la situazione di petto.
Gli viene quasi da ridere, nemmeno stesse tornando in guerra o roba simile.
«Hamish viene a studiare qui oggi. Era sua madre al telefono.»
John non sa –davvero non lo riesce a capire- cosa Sherlock abbia contro quel povero bambino, ma sente che la cosa lo fa per metà sorridere e per l’altra metà intenerire. Davvero non può credere che Sherlock sia geloso di un bambino, ma ogni volta che tenta di chiedere spiegazioni Sherlock liquida la conversazione con un cenno della mano e la scusa di un esperimento o di un’indagine o ho troppo da fare John, non parliamo di sciocchezze simili.
«E a che pro quel bambino dovrebbe venire a casa nostra a studiare?»
Il bollitore fischia e John si volta per togliere l’acqua dal fornello, versandone una buona dose nella tazza del marito per poi porgergliela assieme al latte.
«Al pro di aiutare Sunny a studiare…» si ferma a causa di un’occhiataccia di Sherlock ma evita con cura di guardarlo altrettanto male, deve ingraziarselo un pochino «…e per stare un po’ con lei. A giocare. Sai, quelle cose che fanno i bambini quando sono piccoli con gli amichetti… sì?»
Sherlock mugugna qualcosa e si versa un po’ di latte nel tè iniziando a sorseggiarlo lentamente.
«Possiamo giocare noi con lei.»
John si trattiene dal ridere di gusto perché, davvero, l’ultima volta che Sherlock ha tentato di giocare con Sunshine, lei è tornata in cucina chiedendogli se per favore poteva liberarla dal padre che non la lasciava giocare con le bambole senza metterci un omicidio in mezzo.
Si avvicina al marito e gli si piazza dietro la schiena, iniziando a massaggiargli piano le spalle contratte.
«No Sherlock, non possiamo. O meglio, anche sì. Se tu la smetti d’importi anche con lei sui giochi che vuole fare. Comunque è giusto che stia anche con dei suoi coetanei ed impari a relazionarsi. E Hamish è un bravo bambino. E questo lo sai.»
Sherlock si rilassa sotto il suo tocco e si sporge verso di lui, poggiando così la schiena contro il petto di John. Rimane qualche attimo in silenzio a fissare il legno chiaro del tavolo: non è per niente convinto.
«Non ha pattinaggio questo pomeriggio?» tenta ancora speranzoso alzando lo sguardo verso John che lo guarda con condiscendenza scuotendo poi la testa.
«No, pattinaggio è domani. E, a tal proposito, vedi di ricordartelo siccome devi andare a prenderla tu! Che l’ultima volta l’insegnante ha dovuto aspettare tre quarti d’ora perché tu non rispondevi alle telefonate e io non potevo andarmene dal momento che ero da solo allo studio.»
Sherlock sbuffa e inizia la solita sequenza di ragioni per la quale quel giorno non era proprio riuscito ad andare a prenderla e non era perché non le voleva bene e bla bla bla, si era scusato talmente tante volte per quel giorno –e in tante diverse occasioni- che John sapeva ormai le battute di quel copione a memoria.
Sorride e sposta le mani dalle spalle di Sherlock fino ad arrivare alle sue guance nel tentativo di fermare con la forza quella cascata infinita di parole e, quando ci riesce, scende a baciare le labbra imbronciate del proprio compagno che all’inizio fanno resistenza ma poi si distendono subito in un largo sorriso.
«Però…!» Sherlock prova ad attaccare di nuovo e John si vede costretto a giocare la sua ultima carta.
«Sherlock, o così o sarà Sunshine ad andare a casa sua. Scegli.»
Rimangono in silenzio per qualche secondo a fissarsi negli occhi, poi il cellulare di John vibra ed è la sveglia che lo avvisa che è ora di uscire di casa se vuole arrivare a scuola in tempo.
«Va bene. Vai a prendere Sunny e quel pericolo ambulante su due gambe. Intanto chiamo Lestrade: non ho intenzione di venire disturbato oggi.»
John, che intanto si era diretto verso l’attaccapanni per prendere il giubbotto e si stava vestendo, si ferma un attimo interdetto.
«Ma non avete un caso di triplice omicidio in corso?»
Sherlock fa il classico gesto con la mano che significa non è importante e congiunge le mani sotto il mento.
John sospira, ma ormai è talmente abituato da non offendersi nemmeno di essere liquidato in quella maniera. Fa per uscire ma si ricorda di un’ultima cosa.
«Ah, Sherlock, vedi di liberare il frigo da eventuali esperimenti. E la cosa vale anche per il soggiorno e il bagno, sposta tutto in camera! E vedi di non metterle sopra il letto come l’ultima volta…»
Ma ormai Sherlock non lo sta più ascoltando: si è evidentemente rinchiuso nel suo palazzo mentale.
John pensa che dovrà mettere tutto a posto appena rientrerà in casa. O rifare il letto quella sera, nel caso il marito abbia ascoltato almeno metà della frase.
Alza gli occhi al cielo e, prima di uscire dalla porta, gli lascia un bacio frettoloso tra i capelli e scende di corsa le scale.
 
John ritorna a casa che Sherlock è ancora in vestaglia al tavolo della cucina e si chiede se per caso si sia mosso di lì. Il semplice fatto di non vedere più la tazza sul tavolo in cucina ma di trovarla sulla scrivania in soggiorno gli fa capire che sì, non è rimasto immobile tutto il tempo.
Sunshine supera John ed entra in casa come una furia andando incontro al papà per abbracciarlo e, anche se Sherlock è ancora rinchiuso nel proprio palazzo mentale, lui solleva comunque una mano per abitudine e le scompiglia piano i capelli.
Sunny sa che al momento non potrà avere altro dal padre e accetta la carezza facendo ritorno verso l’entrata dove ha lasciato Hamish che per un attimo si guarda intorno spaesato, rimanendo vicino l’ingresso.
John gli fa cenno d’entrare, poggiando lo zaino della figlia a terra, e Hamish fa qualche passo avanti, bisbigliando un piccolo “con permesso” che lo porta ad arrivare semplicemente fino al soggiorno e non sapere cosa fare. Sembra sinceramente smarrito.
John ripensa alle parole della madre del bambino e per un attimo non sa nemmeno lui come gestire la situazione. Gli ha detto che Hamish è un bambino piuttosto silenzioso e che non sa propriamente come relazionarsi con gli altri e che tende a non essere molto amichevole ma è anche un bravo ragazzo e non dà problemi. Non ha mai sentito nessun genitori dire “sì, ho un figlio piuttosto asociale, però non dà problemi, non si preoccupi”, insomma: è proprio quel “non dà problemi” che lo fa quasi preoccupare. Cos’hanno paura che faccia? Che bruci una casa?
«Hamish, vuoi bere qualcosa?» chiede giusto perché il bambino non sembra essere propriamente a suo agio e Hamish si volta a guardarlo per poi annuire vigorosamente.
«Un succo di frutta?» offre e il bambino annuisce di nuovo stringendo le mani attorno ai passanti dello zaino, guardando a terra.
Mmh, forse la situazione risulterà più difficile di quello che pensava inizialmente.
«Lo prende alla pera.»
John sposta lo sguardo verso la figlia che gli è andata in soccorso e ha preso Hamish per mano tirandolo gentilmente per portarlo verso la cucina.
Hamish sussurra qualcosa verso Sunshine e la bambina sorride annuendo.
Quando Sunny sta per aprire il frigo però a John viene in mente il dubbio che dentro ci possa essere ancora qualcosa di molto, molto, molto sconveniente. E per quanto lei possa esserci abituata (non per suo volere) non gli sembra il caso di far vedere a un altro bambino strani esperimenti nel frigo.
«Sunny, aspetta che vediamo se…»
Ma non ha bisogno di concludere la frase: Sherlock si è alzato di scatto e ha preso la figlia in braccio facendo urlare di sorpresa quest’ultima che gli si aggrappa al collo ridendo allegra.
John vorrebbe avere davvero una videocamera a portata di mano ogni volta che una cosa del genere capita, soprattutto perché è piuttosto rara.
Sherlock apre il frigo e John può notare che niente di troppo strano se ne sta tra le verdure e la frutta e tira un sospiro di sollievo. Sherlock passa il succo a Sunny reggendola ancora in braccio, lei gli scocca un bacio sulla guancia e poi rivolge l’attenzione ad Hamish che, intimorito, guarda Sherlock con aria esitante.
«Hamish, questo è papy.» dice mentre passa le mani attorno al collo di Sherlock e lo stringe. Né Sherlock né Hamish dicono nulla, rimangono a fissarsi per qualche secondo finché John decide che è il caso d’intervenire mettendosi in mezzo e prendendo il brick di succo per porgerlo al bambino.
«Ecco a te.» John gli porge il brick e Hamish lo ringrazia con un piccolo sorriso. « Ed ora Sunny fai la brava padrona di casa e portalo di sopra, fallo mettere a suo agio e iniziate i compiti.» Sunny scarta la cannuccia e la infila nel piccolo contenitore iniziando a bere, annuendo poi con convinzione. Sherlock la stringe ancora un po’ a sé e poi la fa scendere, facendole una carezza sulla testa. Sunshine prende nuovamente per mano Hamish e trotterella allegra fuori dalla cucina andando a prendere gli zaini.
«Guarda che tra un po’ vengo su a controllare che non stiate poltrendo.» avvisa John, sentendoli uscire dal soggiorno. Sunny annuncia con sicurezza che non ce ne sarà bisogno e John sa da quella frase che probabilmente troverà entrambi a bighellonare quando andrà su a controllare. Sorride scuotendo la testa e torna a prestare attenzione a Sherlock che è rimasto appoggiato al frigo senza dire una parola.
«Dai, non è un poi questo grande demonio, no?» prova a scherzare ma Sherlock non ne sembra proprio in vena.
«Quel bambino ha qualcosa che non va.» risponde invece e John si ritrova costretto ad alzare gli occhi al cielo, sospirando. Ma il consulente lo guarda e non sembra star scherzando, semplicemente sembra constatare -come al solito- l’ovvio. «Non pensare che la mia sia solo gelosia infondata John, sono serio. Non intendo qualcosa che non va in lui ma qualcosa che non va con lui.»
John lo guarda e inarca le sopracciglia, non sta capendo la differenza e inizia quasi a preoccuparsi ma Sherlock sbuffa e piega le labbra in un piccolo sorriso. «Non crucciarti. Non intendevo che è un pericolo per Sunny. O sai benissimo che non avrei perso occasione per testare i nuovi composti chimici che...»
«Avevamo detto niente più composti chimici velenosi in giro per casa...»
Sherlock fa una faccia sdegnata.
«Infatti non sono in questo appartamento. Sono in quello di sotto.»
John ride e gli si avvicina, alzando la mano sinistra e poggiandogliela dietro la nuca, avvicinandolo a sé per un bacio.
«Bravo il mio amore.»
Sherlock sorride.
 
Contrariamente a quanto ha pensato John, Hamish e Sunshine non hanno architettato strani piani per fingere di studiare quando entra a controllare e tornare a giocare quando esce e, anzi, in poco meno di un’ora e mezza hanno finito tutto senza l’aiuto di nessuno. Per quanto Sunshine sia brava a scuola -Sherlock le ha pian piano insegnato vari metodi di studio- ha comunque bisogno di una mano quando non capisce determinate parole o non le riesce un determinato esercizio: evidentemente Hamish, oltre ad essere un ottimo studente a detta degli insegnati, è anche bravo a spiegare. Sunshine è corsa giù a mostrare i compiti appena finiti e John, pazientemente, si è messo a controllare entrambi i quaderni dei bambini per valutare se gli esercizi siano corretti o meno, facendogli fare intanto merenda.
Sono tutti e quattro seduti al tavolo quando John finisce di revisionare gli esercizi.
«Bravi ad entrambi.» dice porgendo loro i rispettivi quaderni. Hamish prende il suo e, quando vede una mano di John avvicinarglisi, rimane a fissarla non capendo cosa l’uomo voglia fare. Quando John gli passa una mano tra i ricci folti e glieli scompiglia ne rimane oltremodo sorpreso.
«Andate a giocare adesso, ve lo siete meritato.»
A quelle parole Hamish gli regala un sorriso talmente ampio da fargli chiedere se per caso il bambino di prima sia stato scambiato con un altro.
Sherlock osserva in silenzio la scena sollevando ogni tanto gli occhi dal microscopio.
Sunshine ovviamente ne approfitta e chiede se possano giocare con la Wii (che le è concessa solo un’ora al giorno), siccome Hamish non ci ha mai giocato. E John, per lo stesso motivo per cui hanno comprato la Wii ovvero Sherlock, se non hai mai giocato a un videogioco in tutta la tua vita la tua infanzia è stata davvero triste, non può certo dirgli di no. I bambini si piazzano davanti alla Tv ma John non ha nemmeno il tempo di sedersi che il telefono di casa squilla.  
Sbuffa e passa oltre Sherlock (inutile, davvero, provare a chiedergli “passami il telefono per cortesia”) per prendere il cordless.
È la madre di Hamish che chiede come vadano le cose (e John si sente tentato di risponderle che la casa sta andando a fuoco e che loro figlio alimenta le fiamme con della benzina) e lui risponde che va tutto perfettamente bene e che hanno appena finito di fare i compiti. Prima di chiudere la conversazione gli viene detto che il padre del ragazzo passerà a prenderlo un po’ prima siccome ha finito il turno lavorativo con mezz’ora d’anticipo. John –a quelle parole- si volta a guardare i bambini che stanno ridendo e si spintonano vicendevolmente per far perdere all’altro il controllo sul joystick, e un po’ gli spiace che venga tolta loro mezzora di tempo, perché Hamish sembra essersi ambientato appena adesso e sembra finalmente divertirsi un po’, ma di certo non può dire ai genitori del bambino cosa fare, quindi prende la notizia così com’è e riaggancia. Lo dirà a loro più tardi.
Sposta lo sgabello più vicino a Sherlock e gli poggia la testa sulla spalla, non gravandogli troppo addosso così da non distrarlo da ciò che sta facendo. Sherlock stacca per un attimo gli occhi dal microscopio e si volta a baciare i capelli chiari di John per poi tornare velocemente al suo esperimento come se non avesse fatto nulla.
In quasi otto anni di matrimonio John ancora non riesce a credere di essere così importante da riuscire a distrarlo da qualcosa come un esperimento.
In quasi otto anni di matrimonio Sherlock ha imparato che su certe cose suo marito è davvero un idiota colossale.
 
Hamish, preso coraggio dal fatto che il proprietario dell’oggetto se ne sia momentaneamente andato e da Sunshine distratta da John, si arrischia ad avvicinarsi alla cucina per fissare quello che è il microscopio del padre di Sunny.
Gli sarebbe sempre piaciuto averne uno ma, per un motivo o per l’altro, i suoi non glielo hanno mai potuto comprare. Trova comunque inutile lamentarsene.
Si avvicina ancora un po’ fino a sfiorare il tavolo e guarda quello che c’è disposto sul piattino, non capendo subito di cosa potrebbe trattarsi.
«Muffe.» sente dire alle sue spalle e sobbalza dallo spavento. Si volta per ritrovare il papà di Sunshine che lo sta guardando e decisamente non sa come interpretare la sua espressione. Abbassa gli occhi e mormora un “scusi” appena udibile. Sherlock si risiede e cambia vetrino senza dire nulla.
Sunshine gli arriva in soccorso e lo riporta in soggiorno.
«Quelle sono le cose di papy e le cose di papy non si toccano.» sussurra prima di riportarlo da Super Mario.
 
John gli sta massaggiando la cute mentre al contempo legge un libro di medicina e Sherlock, che si è automaticamente appoggiato sulle sue cosce a causa di quel gesto, emette qualche verso deliziato. Ampliamente valutato che le muffe ritrovate sul corpo delle tre vittime non sono in alcun modo collegate tra loro, John lo ha preso di forza e lo ha trascinato sul divano con sé per avere un po’ di compagnia.
Sherlock socchiude gli occhi e struscia piano la guancia sulla stoffa dei pantaloni di John, John aumenta la pressione sulla cute e inizia ad usare le unghie corte per grattare piano e probabilmente, se Sherlock non fosse sul chi vive per Hamish, si addormenterebbe senza remore. Ma i bambini stanno guardando la tv e John è sveglio e li controlla e forse non è poi una così brutta idea...
Sherlock abbassa le palpebre decidendo di riposare gli occhi qualche minuto, annunciando a John la sua decisione.
Si addormenta profondamente per l’ora successiva. 
Tanto è inutile mentire: John ama la compagnia di Sherlock e ama avercelo intorno quando l’altro non è troppo preso da un caso. E continua a prendersi cura di lui come può, come ad esempio farlo dormire sulle proprie gambe per una qualche oretta per fargli recuperare le ore di sonno perse nei giorni precedenti a causa di un caso.
Tanto è inutile mentire: Sherlock sa che John lo fa e non scambierebbe quei momenti per nulla al mondo.  
                                                                                         
Quando John comunica che Hamish deve andare via un po’ prima Sunshine inizia a fare i capricci e il sorriso del bambino svanisce completamente.
John sospira. È abituato ai musi lunghi e alle finte arrabbiature (ne ha sopportate talmente tante con Sherlock che una bambina di otto anni a confronto non può fargli certamente paura) e sa anche benissimo che non può darla sempre vinta a lei, anche se gli dispiace.
«Siete stati insieme tutto il pomeriggio e vi vedrete domani mattina a scuola. Non tenere il muso e salutalo come si deve.»
Sherlock guarda la scena dal divano e non dice nulla: finché Sunny non esagera con la pantomina lascia a John -che su queste faccende è molto più diplomatico di lui- ad occuparsi di questi piagnistei. Guarda l’orologio e si dirige alla finestra, il padre del ragazzino dovrebbe arrivare a momenti.
Ed in effetti...
«Ma non può restare per cena?»
«Sunny...»
«Ma...!»
Il campanello suona e Sunny sporge il labbro inferiore, tenendo avanti il muso, poi si avvicina ad Hamish e lo abbraccia stretto mentre John va ad aprire la porta e Sherlock, incredibilmente, passa il giubbotto ad Hamish e lo aiuta ad indossarlo, passandogli poi lo zainetto.
Hamish lo guarda e gli fa un piccolo sorriso, Sherlock gli da due pacche sulla testa: sembra che sia il meglio che entrambi riescano a fare.
Sherlock sente il padre del bambino salire le scale e, subito dopo aver salutato con un sorriso Sunshine, Hamish si avvicina all’ingresso insieme a John.
Quando John apre la porta e lascia entrare l’uomo, quest’ultimo fa un saluto generale e corre con gli occhi al figlio che lo guarda sorridendo.
«Ehi campione!» lo saluta il papà con una carezza e poi gli prende lo zaino e se lo mette in spalla, il bambino lo abbraccia.
Alla fine l’uomo si volta verso uno dei genitori della bambina e finisce a guardare Sherlock.
«Ha fatto il bravo sì?» si assicura, ma non ha risposta da Sherlock che se ne sta direttamente andando in cucina senza nemmeno salutare, così è di nuovo John a dover rispondere che sì, è stato bravissimo e non ha creato mezzo problema.
Stanno per andarsene quando Hamish tira piano i pantaloni di John, che abbassa lo sguardo e lo fissa curioso.
«Grazie per l’ospitalità.» mormora il bambino, ma questa volta lo guarda dritto in faccia e le guance gli prendono un po’ di colore. John sorride talmente tanto che Sherlock, che lo sta fissando da dietro la porta della cucina, teme che gli si possa slogare la mascella.
«Torna quando vuoi Hamish, ti aspettiamo presto.»
Il bambino sorride timidamente e, dopo aver salutato di nuovo Sunny con un gesto della mano, esce seguendo il papà.
John chiude la porta dietro di sé e tira un sospiro di sollievo. Tutto e’ andato decisamente meglio di quanto avesse programmato.
Ora ha solo voglia di gettarsi un po’ sul divano e rimanere lì a...
«Esco.» annuncia tranquilla la voce di Sherlock che gli passa accanto e prende il lungo cappotto dopo essersi messo la sciarpa.
John lo guarda sorpreso, con le sopracciglia corrugate e le labbra semi aperte.
«Esci? E dove diavolo vai?»
Sherlock inarca sopracciglio e bocca e si mette i guanti.
«Un triplo omicidio irrisolto, John. Credevi davvero che me lo sarei fatto sfuggire per stare dietro a un ragazzino?» Evita di aggiungere di aver scritto a Lestrade di avere avuto qualcosa di più impegnativo tra le mani quel pomeriggio e che lo avrebbe raggiunto appena finito.
John lo guarda e alza gli occhi al cielo.
Non gli chiede se serve che vada con lui, hanno concordato anni addietro che bastava una parola di Sherlock per fargli capire di aver bisogno.
«Papy, ma vai via?» la vocina sconsolata di Sunshine fa abbassare gli occhi ad entrambi. John fa un sorriso teso e Sherlock le passa una mano tra i lunghi capelli mossi.
«Torno presto.» promette come ogni volta e Sunshine ha imparato a credergli perché è vero, lo fa sempre. Ma questo non le impedisce di mettere su il broncio perché è appena andato via Hamish e ora se ne va anche il papà.
«Dolcezza, adesso giochiamo a quello che vuoi, va bene? Vai a prendere i giocattoli.» John la guarda e lei annuisce un po’ triste, ma si allontana comunque per andarsi ad arrampicare sul divano e prendere un paio di orsacchiotti che aveva lasciato per terra quello stesso pomeriggio.
John infine allunga una mano e prende Sherlock per la nuca avvicinandoselo per scoccargli un bacio a fior di labbra.
«Vedi di riportare il culo a casa.» mormora per non farsi sentire dalla bambina e Sherlock lo guarda sorridendo, come se gli avesse chiesto un favore immensamente stupido.
«Come sempre.»
Questa volta è Sherlock che lo bacia e si prende il suo tempo allacciando le braccia attorno alla vita di John.
E poi è un attimo e quella sensazione di labbra morbide contro le proprie non c’è più e la porta di casa è aperta e Sherlock è corso giù dalle scale.
Il dottore fissa un attimo lo spazio vuoto davanti a sé e poi chiude la porta, dirigendosi da sua figlia.
Non è ancora abituato a quella sensazione di ansia che gli sale addosso quando non è con lui, ma non è il caso di far preoccupare anche la bambina, così sorride e le si avvicina prendendo uno degli orsacchiotti in mano.
«Allora tesoro, a cosa vuoi giocare?»
 
Sherlock ritorna a notte fonda, la casa immersa nel silenzio più totale.
Si spoglia nel tragitto che fa dal soggiorno alla camera da letto e rimane con addosso solo i pantaloni. Apre la porta della stanza e vi trova dietro proprio ciò che pensava. Sunshine sta dormendo per metà sopra John che la cinge con un braccio. Sherlock sorride della scena e si avvicina, togliendosi anche i pantaloni e mettendosi addosso il pigiama poggiato alla sedia dinnanzi la scrivania. S’infila sotto le coperte e si porta vicino alla sua famiglia che, come se nel sonno lo avesse sentito tornare, si sposta un po’ di più verso lui, cosicché adesso Sunny si ritrova a dormire in mezzo a loro con la fronte poggiata ad una delle sue spalle e John gli tocca il gomito con la mano.
Sherlock non sa cos’ha fatto nella vita per meritarsi tutto questo, ma allunga un braccio per portare entrambi più vicino a sé e resta sveglio qualche minuto a guardarli. Poi il sonno lo coglie e si addormenta al sicuro nel suo posto perfetto.
 
 
 
 
 
 
NOTE:  Se siete giunti fin qui: ehi ciao <3
Comunque sia, le one shot non saranno forzatamente l’uno il seguito dell’altra ma potranno anche essere in tempi diversi, passare da Sunshine col ciuccio a Sunshine alle superiori a Sunshine che si sposa (?!?), ma se siete tipo Mars e la vostra domanda finale è “Ma cos’ha di strano Hamish?” lo spiegherò o nella prossima o in quella dopo. Stranamente le prime tre che ho in mente sono collegate. XD Comunque sia non è niente di strano, è solo Sherlock che si fa flashioni suvvia.
Grazie di essere arrivati fin qui, davvero. : )

 

 

 



 
   
 
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