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Autore: MrsCrowley    30/01/2014    3 recensioni
Storia partecipante al contest Efp ''La ragazza e…la spada''
''I suoi passi erano leggeri, ma dalle sue mani pendeva un peso enorme, un peso che stringeva sul ventre e che avrebbe preferito trascinarsi dietro in eterno, piuttosto che consegnarla all’unica persona per cui valesse la pena volgere gli occhi verso il cielo, ogni mattino.''
Genere: Guerra, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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A sangue freddo
 
Camminava con passo leggero, i piedi si fermavano appena sulle spighe pungenti dell’erba bagnata ancora dalla rugiada.
Era l’alba, uno dei momenti della giornata che preferiva, se non forse quello che preferiva in assoluto.
Il cielo era terso di pace e di tranquillità, e il sole ambrato iniziava a fare capolino tra le nuvole.
Eppure quel giorno qualcosa era diverso, il sole tardava a farsi vedere e il cielo restava di un cupo grigio.
Un grigiore privo di vita, di sentimento, di emozioni.
Un grigiore opprimente e insopportabile.
Qualcosa che si addiceva fin anche troppo bene a quello che provava lei, in quel momento.

I suoi passi erano leggeri, ma dalle sue mani pendeva un peso enorme, un peso che stringeva sul ventre e che avrebbe preferito trascinarsi dietro in eterno, piuttosto che consegnarla all’unica persona per cui valesse la pena volgere gli occhi verso il cielo, ogni mattino.
Abbassò appena lo sguardo sull’elsa di oro puro che stringeva, su quella spada che teneva chiusa in mano con saldezza.
La teneva nella mano sinistra, la stessa del cuore.
Nella destra stringeva forte lo scudo, quello scudo che sperava potesse proteggerlo da ogni attacco nemico, da ogni assalto, da ogni lancia.
E quella spada continuava a essere pesante come un macigno, quasi la mandava a terra, rovinosamente.
Aveva lo sguardo puntato su di essa, come se la stesse accusando di tutto quello, la guardava come se sua fosse la colpa di quella guerra.
La guardava perché non aveva il coraggio di volgere i suoi occhi verso quelli di suo marito.
Sapeva che vi avrebbe trovato una dura risolutezza, e non voleva che quello fosse l’ultimo ricordo che avrebbe conservato di lui.

Mancavano pochi metri ormai, ma a lei sembravano distanti come continenti.
Il fiato corto, il volto pallido e la mano stretta intorno a quell’elsa.
I capelli scuri della regina di Sparta erano tumultuosamente scompigliati dal vento, sembravano quasi voler rendere omaggio al tumulto che lei sentiva dentro.
Sapeva di non poterlo esprimere, era pur sempre la regina, e doveva mantenere un certo contegno.
Le donne di Sparta dovevano essere forti, intraprendenti, nulla avrebbe potuto scalfirle.
Lei doveva essere il loro perfetto esempio, e non poteva fallire.
Non poteva crollare, non davanti agli occhi di suo marito.
Non voleva che quello potesse essere l’ultimo ricordo che lui avrebbe conservato di lei.

Ormai solo pochi passi la separavano dal suo Leonidas, aveva poche manciate di secondo per recuperare il controllo che aveva perso.
L’Ade vibrava nei suoi occhi, quando guardò il luccichio della spada che reggeva.
D’un tratto parve pesare ancora di più, ma lei era una donna forte.
E così quella spada, che era stata una terribile nemica, diventò di colpo un’alleata in quella lotta interiore.
Si appigliò a quell’elsa e ne trasse la forza: la guardò per un lungo secondo.
Poteva sentire la sua forza, poteva sentire il modo in cui l’aria pungente si tagliava lungo la sua lama, poteva sentire l’energia che vibrava e che attraversava la sua mano.
Quel passaggio di energia la fece sorridere appena, e le diede la forza di alzare il capo.

Era esattamente di fronte a suo marito, al suo re.
E doveva pronunciare quel rituale, lo stesso che ogni donna stava recitando di fronte a suo marito, o suo figlio.
Quasi non si era resa davvero conto che decine di altre donne spartane la stavano seguendo, quasi non si era conto che quel rituale apparteneva a tutte, e non solo a lei.
Si sentì tradita, spogliata di qualcosa d’intimo, e ancora una volta guardò la spada, traendone forza.

-“Guerriero” – disse, il tono della voce duro e sicuro –“torna… con il tuo scudo”
Non riusciva a continuare, e per questo mosse il braccio velocemente, porgendo lo scudo al suo re.
Era uno scudo bello, dopotutto: rosso e nero, con una lambda incisa.
Quella lettera marchiata era la lettera del nome del suo popolo, i lacedemoni.
Ma anche la lettera del nome di suo marito, Leonidas.
Gli occhi di Leonidas non tradivano nessuna emozione, nessuna disperazione.
Non capiva, che stava andando in contro a morte certa?

-“O sopra di esso”
Leonidas prese lo scudo, e i loro occhi s’incatenarono.
Lei stringeva ancora la spada, e nel passargliela dimenticò ogni buon senso, ogni regola, ogni morale.
Dimenticò di essere regina, spartana e addirittura dimenticò di essere donna.
L’unica cosa di cui si ricordava, in quel momento, era che di fronte a lei si trovava l’unico uomo che avesse mai amato, e che quell’uomo aveva deciso di andare incontro alla morte per il bene del suo popolo.
Le sue labbra incontrarono quelle del marito, in un silenzio che parve durare anni interi, e in quel momento la luce accecante del sole esplose nella radura.
Quello sarebbe stato l’ultimo ricordo che suo marito avrebbe avuto di lei.
Una donna forte, intrepida e intraprendente.
Una degna donna di Sparta, di sicuro, e forse anche una degna regina.
Soprattutto però una moglie innamorata, sofferente e tenace.
Una donna che lo amava con tutta se stessa, anima e corpo.

La sua mano lasciò quella di Leonidas, e velocemente si sfilò la collana che indossava sempre, da quando era piccola.
Era lo stemma della sua famiglia, due spade intrecciate che bruciavano nel fuoco.
Guardò appena quel ciondolo, prima di metterlo al collo del nobile guerriero dal volto privo di espressione.
Poi lo guardò allontanarsi, senza che nessuno dei due dicesse nessun’altra parola.
Non lo vide tornare mai più, non vide mai più quegli occhi di brace, né la collana che aveva messo a quel collo niveo.


Una cosa però tornò da lei, l’unico ricordo di suo marito: la spada con la quale combatté.
La spada che lei stessa le aveva consegnato, quel giorno.
La spada con cui suo figlio adesso combatte, nella sua armatura scintillante, per sconfiggere gli stessi nemici che hanno ucciso Leonidas.
  
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