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Autore: _swagcanadian_    30/01/2014    2 recensioni
Ma lei l’unica cosa che voleva era saper muovere i suoi passi per poi poter correre, per poter scappare, non da lui ma da tutto il resto, voleva scappare da quei fantocci che erano gli uomini, voleva scappare forse dalla vita stessa, avrebbe voluto correre fino alla morte per trovare in fine la luce di un’altro mondo.
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Non poteva restare nel suo zaino per sempre, doveva andare fuori a cercare la sua navicella spaziale, il suo mondo, perché lei sapeva che era li ad aspettarla, se fosse stata ancora così chiusa sarebbe scoppiata, lei voleva vivere di colore, mostrarsi per come era, raccontare la sua storia.
Voleva poter ritornare in mezzo alla gente, prendere un pennello e ricolorare quella tela, cancellando quella tristezza e ripingendola di felicità, voleva poter essere il pittore di una nuova vita.
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Era venuta in pace e non aveva fatto altro che restituire al mondo il colore e riportare l’amore, c’era riuscita, era diventata il pittore di una nuova immagine, di una nuova vita, di un nuovo mondo.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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(crediti banner @nextolarry)
 
 L’aveva vista per la prima volta seduta su un marciapiede con le gambe rannicchiate al petto e la testa china; l’aveva vista li, tutta sola aspettare chissà chi o chissà che cosa.
Non riusciva a vederla in viso perché lei non lo permetteva a nessuno, se lo avesse fatto tutti avrebbero visto i suoi occhi rossi e gonfi di lacrime, avrebbero letto la sua vita dentro a quegli occhi.
Era sola, forse per scelta o forse per obbligo.
I capelli lunghi e neri le coprivano il volto, le oscuravano la vista, le creavano una barriera con il modo.
Odiava il mondo, odiava tutto ciò che aveva in torno: odiava le persone che non erano altro che anime dal cuore nero, odiava la natura così viva e così differente da lei che invece era morta… odiava tutto compresa se stessa.
Si chiedeva il perché di molte cose: perché era li? Perché era viva? Perché era così sola?
Prima che tutta quella che era la sua vita finisse lei non era così, amava le persone, amava chi l’amava, ma ora.. chi aveva da amare?
Nessuno e ancora si chiedeva il perché.
Tutto era finito dopo uno schianto, tutto era finito forse ancora prima di incominciare.
Aveva perso la sua famiglia in un incidente, costato fatale a tutti tranne che a lei e si chiedeva il perché, perché solo lei meritava ancora la vita? Perché lei meritava di essere sola?
Si poneva molte domane, ogni giorno, ogni secondo ed era forse per questo che evitava di guardare fuori il mondo, per farsi meno domande, per chiedersi meno perché.
E quando le sarebbe piaciuto poter rialzare la  testa e guardare il mondo come quando lo guardava quando tutto aveva un colore, ora non vedeva altro che nero e grigio, due colori cosi scuri cosi monotoni, monotoni come da quando la sua vita era arrivata ad un punto di rottura.
Quanto le sarebbe piaciuto poter spostare i capelli e scoprire il suo volto trasformato, quanto le sarebbe piaciuto cambiare cuore per poter essere felice e poter cambiare occhi per poter vedere colore.
Le mancava il cielo azzurro, le mancavano le persone colorate delle quali ora aveva solo un vago ricordo.
Probabilmente se avesse alzato la testa si sarebbe chiesta chi fossero quegli esseri che si reggevano a stento su due gambe e che camminavano fissi e dritti lungo le strade gelide delle città.
Lui per la prima volta l’aveva vista li, così sola, così misteriosa; lui al quale piaceva tanto cogliere i particolari nella mondo che lo circonda, a lui a cui piaceva osservare, aveva notato in quel quadro scuro e pieno di malinconia una ragazza seduta che avrebbe voluto poter piangere arcobaleni per ritingere quella tela.
Le si avvicinò cercando di cogliere la sua attenzione ma niente, lei era ancora li fissa nei suoi pensieri e chiusa nel suo mondo.
Era così innocua seppur così sofferente perché lui non lo sapeva ma lei il solo sangue che aveva visto era quello che usciva dalle sue vene quando la sua pelle ghiacciata da anni si spezzava, lei era l’assassina di se stessa e di nessun’altro.
Si sedette accanto a lei e le scostò i capelli dalla faccia tanto bastava per vedere la sua guancia rosea per il freddo invernale, le toccò la pelle, era fredda, gelida.
La ragazza alzò il volto, il tocco del ragazzo l’aveva fatta incuriosire perché non aveva mai sentito un tocco così caldo in un mondo così freddo.
Alzò lo sguardo rivelando gli occhi che tanto temeva di mostrare, occhi gelidi, neri, profondi quasi interminabili, occhi segreti, occhi sbagliati, occhi che avrebbero voluto poter abbandonare quella visione che avevano del mondo, occhi che avrebbero voluto dimenticare il passato per vivere meglio il presente; erano occhi che avrebbero voluto piangere ogni avvenimento per liberarsene, svuotare la mente, creare un nuovo mondo.
E il ragazzo intanto leggeva in lei quei libri in mostra, leggeva come l’oscurità avesse preso il sopravvento, come quei tunnel così infiniti non vedessero più una fine, una luce.
La prese per il bracciò e la alzò da terra.
Quel corpo fragile, secco, cadaverico, faceva paura, ma lui riusciva a vedere in lei una macchia colorata nel suo cuore nero.
“I come in peace”
Vengo in pace disse la ragazza, come se il mondo sul quale il ragazzo l’aveva portata fosse un mondo differente rispetto a quello sul quale lei viveva, perché in fondo quello per lei era un mondo diverso, lei aveva vissuto da sola in una bolla per troppo tempo per ricordarsi com’era, vedeva le persone in torno a lei senza ricordarsi che lei era come loro.
Vedeva le persone grigie, con volti sfatti senza un’espressione, vedeva la tristezza, vedeva come quelle persone non fossero tanto differenti da lei, erano grigie come lei e spente come lei.
Ma lei non si ricordava di essere cosi, lei si ricordava piena di gioia e di vita, si ricordava colorata di sentimenti, sentimenti che si erano via via sbiaditi con il tempo fino a farla diventare la persona che era, una persona come le altre.
Il ragazzo la condusse, quasi trascinandola, verso la sua abitazione, non la conosceva ma sapeva che aveva bisogno d’aiuto e la ragazza non oppose resistenza, si fece trasportare verso l’incognito da un ragazzo del quale non sapeva nemmeno il nome.
Non era scappata non perché non avesse più la forza nelle gambe o perché non si ricordasse più com’era correre, si lasciò condurre da questo ragazzo perché nel mondo nero lui era l’unico che vedeva bianco, ai suoi occhi lui era diverso.
‘’I gave you food and I gave you clothes
I taught you how to move your feet when the rhythms on’’

Le diede cibo e acqua e le insegnò a muovere di nuovo i suoi passi quando il ritmi frenetici della vita sulla terra erano nell’aria, le fece ricordare quanto quel mondo fosse pieno di frenicità e quanto bisognasse sapersi muovere in quell’ambiente.
‘’ Still you wanna leave ‘cause you feel alone’’
Ma lei l’unica cosa che voleva era saper muovere i suoi passi per poi poter correre, per poter scappare, non da lui ma da tutto il resto, voleva scappare da quei fantocci che erano gli uomini, voleva scappare forse dalla vita stessa, avrebbe voluto correre fino alla morte per trovare in fine la luce di un’altro mondo.
Ma più di tutto lei voleva poter correre, correre in mezzo alla gente e strappare i fili che li comandavano, voleva poter gridare, poter gridare quanto il mondo fosse caduto in basso, quanto quel mondo facesse schifo, avrebbe voluto esprimersi, esprimere la sua rabbia, la sua tristezza, avrebbe voluto esprimere come tutto ciò fosse superficiale.
Voleva gridare, gridare e piangere, gridare che lei non era come tutti la vedevano, lei era un’anima in un corpo sbagliato, lei non era fragile, il suo corpo la rendeva fragile, lei non era morta, lei era piena di vita da quando quel ragazzo le aveva insegnato come a volte mettere di fianco un cuore ricco di passato e guardare con gli occhi il presente potesse creare una nuova prospettiva della vita, perché lei si, in fondo era vero, vedeva con il cuore e non con gli occhi.
Quel ragazzo la stava piano piano liberando, vedendo però come quella liberazione l’avrebbe portata a distruggersi di nuovo.
‘’ You don’t know what they’re like
If they know that you’re alive
They’re gonna try to take away the secrets of your planet’s life’’

Perché lei in fondo ricordava e non sapeva, non sapeva come il mondo fosse distruttore, lei non sapeva come le persone, la società, erano realmente; se avessero saputo che lei era viva in un mondo di morti avrebbero cercato di strapparle il segreto della vita che nascondeva dentro di se, avrebbero cercato di strappare quel poco di colore che le rimaneva: perché un mondo di fantocci era più facile da gestire rispetto ad un mondo di sentimenti vivi.
‘’ Don’t try to find your spaceship’’
Non cercare la tua navicella spaziale, le diceva, non cercare di trovare il modo di cambiare il mondo, di esprimerti, di distruggeresti di nuovo.
‘’ Stay in my backpack forever’’
Resta nel mio zaino, resta sotto la mia protezione, per sempre, le diceva.
‘’You know I can’t find my spaceship, my planet’s outside there waiting, I can’t stay in your backpack forever’’
Non poteva restare nel suo zaino per sempre, doveva andare fuori a cercare la sua navicella spaziale, il suo mondo, perché lei sapeva che era li ad aspettarla, se fosse stata ancora così chiusa sarebbe scoppiata, lei voleva vivere di colore, mostrarsi per come era, raccontare la sua storia.
Voleva poter ritornare in mezzo alla gente, prendere un pennello e ricolorare quella tela, cancellando quella tristezza e ripingendola di felicità, voleva poter essere il pittore di una nuova vita.
Lei raccontava tutto a questo ragazzo e lui la ascoltava con molta ammirazione, era felice di vedere come avesse salvato quella ragazza dal distruggersi da tutto, era felice di vedere come i suoi occhi non gli avessero mentito: la diversità di una persona si vede dall’interno, dalla sua anima e non dal suo aspetto.
Era felice, ma allo stesso tempo preoccupato, preoccupato di rivederla cadere a picco, di vederla cadere di nuovo nel vuoto e non sapeva se questa volta sarebbe riuscito a salvarla, era preoccupato perché da quando c’era lei nella sua vita, tutto era cambiato.
Ed era strano come la vita della ragazza fosse in un qualche modo simile a quella di quel ragazzo, lei aveva vissuto in felicità per poi conoscere la tristezza e dimenticandosi della felicità, ma ora quel ragazzo aveva scoppiato la sua bolla e lei aveva rivisto il colore che si era dimenticata; e poi c’era la vita di quel ragazzo, la quale si era spenta, la quale cercava il colore, che tanto gli mancava; ed eccolo il colore, lo aveva trovato, quella ragazza era il suo colore che aveva scoppiato la sua bolla e lo stava facendo vivere in un mondo differente.
‘’Before you came around I was in a rut
Didn’t have a friend, didn’t know what it was
You taught how to dream and how to live
You’re my best friend please listen to me’’

Lei era la sua migliore amica, perché lui l’aveva salvata e lei gli aveva insegnato come sognare e come vivere, due persone così diverse ma nel profondo così uguali.
Ma ancora aveva paura, aveva paura non solo che lei si distruggesse di nuovo, ma aveva para di perderla e se l’avesse persa chi sarebbe stato il pittore del mondo? Che fine avrebbero fatto i colori?
Le chiedeva di ascoltarlo, perché lei era la sua migliore amica e doveva ascoltarlo, doveva ascoltare le sue preoccupazioni, i suoi timori, voleva che lei lo ascoltasse perché la doveva avvertire, la doveva avvertire che il mondo non era altro che un distruttore se non sarebbe stata capace di reggere il peso delle sue azioni.
E allora le ripeteva: le ripeteva che le avrebbero strappato i suoi segreti, le ripeteva che non avrebbe dovuto cercare la sua navicella spaziale, il suo mondo, perché se lo avesse fatto forse si sarebbe dovuta sacrificare, le avrebbero strappato il cuore perché era li che lei custodiva il segreto del colore.
Ma lei non gli dava ascolto, si sarebbe sacrificata, ma doveva andare fuori e esprimersi, voleva cercare di cambiare il mondo, voleva esserne il pittore, voleva che lui la lasciasse andare, che le desse fiducia perché ora che sapeva come camminare, come correre, come urlare, forse sarebbe stata abbastanza forte per reggere tutto ciò.
Scese in piazza, in mezzo alla gente, in mezzo a quei fantocci e gridò: grido i suoi sentimenti, grido il suo pensiero, gridò e attraverso la sua voce i colori presero di nuovo vita.
‘’On our planet we don’t kill one another
We don’t take love for granted
It’s a gift from the mother
In your planet, you are filled with greed and false belief
We came here to bring you peace’’

Nel suo pianeta, lei non uccideva nessun’altro, le persone si aiutavano a vicenda, come lei e quel ragazzo avevano fatto, si erano sorretti a vicenda, aiutandosi, completandosi, nel suo pianeta l’amore non era una cosa garantita, era un dono della madre, se avessero voluto l’amore, avrebbero dovuto cercare, coltivare, renderlo vivo, se volevano l’amore dovevano meritarselo, avrebbero dovuto sotterrare quel seme, dargli attenzioni e renderlo ogni giorno sempre più rigoglioso perché nel loro mondo loro non erano altro che avidi e pieni di false ambizioni.
Era venuta in pace e non aveva fatto altro che restituire al mondo il colore e riportare l’amore, c’era riuscita, era diventata il pittore di una nuova immagine, di una nuova vita, di un nuovo mondo.
 
   
 
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