Anime & Manga > K-ON
Ricorda la storia  |      
Autore: Alisa Sato    30/01/2014    0 recensioni
Cosa succederebbe se la tua vita che tanto amavi venisse sconvolta da qualcosa di più grande e incontrollabile? Cosa accadrebbe se le scelte che hai fatto portassero a ferite profondo? Accetteresti in silenzio oppure ribatteresti?
Genere: Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 Appena finite le lezioni, andai verso l'aula del club e vi trovai già dentro le ragazze che sorseggiavano il tè con calma, Ritsu mi salutò con la mano, Mugi mi fece un sorriso seguita da Azusa e da Yui che mangiava amaretti. Guardai quel quadretto che formavano la mia seconda famiglia e gli occhi mi pizzicarono; non potevo piangere davanti a loro, dovevo essere forte.
 Feci un debole sorriso a tutte e mi sedetti al mio posto e presi la tazza di tè verde che Mugi mi porgeva accompagnata da un piattino con tre amaretti.
«Allora.. Cosa facciamo al prossimo concerto live?» Chiese Mugi mentre sorseggiava dalla tazza con grazia.
«Beh, credo che porteremo Pure Pure Heart, My love is a Stapler e Fude pen Buro Pen, anche U and I.. Cosa ne pensate voi?» Disse Ritsu rivolgendosi a Yui e ad Azusa.
«Yui-sempai! Ferma! Lasciami!»
«E dai Azu-nyan!»
«Ragazze!» Le ripresi e tutte si girarono verso di me. Arrossii dai loro sguardi ma mi ricomposi subito.
«Che succede Mio-chan?» Mi chiese Yui mentre lasciava Azusa per avvicinarsi a me. «Non mi sembri più tu.»
«Che affermazioni, certo che sono io! Voglio solo darmi da fare.. Proviamo?» Sorrisi a loro e Azusa annuì energicamente e le altre annuirono e ci mettemmo ai nostri posti per provare.
 Il tempo sembrava non passare mai, fare musica con loro mi riempiva il cuore di gioia; il battito energico di Ritsu alla batteria, la precisione alla tastiera di Mugi, il suono melodico delle corde della chitarra di Azusa che accompagnavano gli accordi dolci di Yui che cantava sbagliando ancora qualche nota. Quella era la mia vita, e purtroppo non avrei avuto modo di passare il tempo che desideravo con momenti come questi.
 Passarono i minuti e poi staccammo, ritornando al tavolino a bere di nuovo il tè accompagnato da delle meringhe. Stavolta bevvi molto più lentamente e gli occhi aveva di nuovo iniziato a bruciami da lacrime che avrei voluto versare, ma non dovevo, non davanti a loro. "Devo essere forte."
«Mio-chan?» La voce di Mugi mi riportò alla realtà e notai che tutte mi osservavano perplesse. «Va tutto bene?» La guardai senza dire nulla. "Oh Mugi, se sapessi …"
«Mio-senpai?» Azusa mi spronò e poi, dopo aver preso un profondo respiro, decisi di confessare tutto.
«C'è una cosa che devo dirvi.» Mi fermai un attimo per trovare le giuste parole e poi ripresi. «Ho intenzione di lasciare il club.» La loro faccia, prima seria, divenne sorridente e Ritsu si mise a ridere. «Che hai da ridere, Ritsu?»
«Ragazze, ci sta prendendo in giro, non vedete com'è serena? Se fosse vero sarebbe scoppiata a piangere!»
«Piantala adesso!» Le ringhiai contro innervosita dal suo gesto, alzandomi di colpo, e tutte sussultarono da quella mia strana reazione; Ritsu smise subito e mi guardò confusa. «Non puoi capire. Scusatemi. Devo andare.» Mi girai prendendo la borsa e uscii dall'aula. Non passarono neanche cinque minuti che sentii dei passi dietro di me.
«Mio!» La sua voce riecheggiava chiara e distinta lungo il corridoio deserto mentre stavo per avviarmi verso l'uscita, non volevo voltarmi, altrimenti avrei perduto quella piccola forza per essere dura. «Ehi! Aspetta!»
«Che vuoi ancora, Ritsu?» Mi girai del tutto e la vidi guardarmi confusa e spaesata con gli occhi lucidi, come se stesse per piangere.
«Cosa è questa farsa che vuoi lasciare il club? Stai scherzando spero!» La sua voce si era incrinata di poco.
«Mi dispiace, ma ho alcuni problemi da risolvere; devo farlo.»
«Non puoi invece!» Mi urlò contro mentre stringeva i pugni e guardava verso il pavimento. «Che ne sarà di noi?»
«Potete trovare sempre un'altra bassista, tipo Suzuki-san, l'amica di Azusa.» Le dissi mentre ero davanti a lei a guardarla con aria diffidente, sapendo che in verità dentro di me non sopportavo quella vista. Alla fine, Ritsu era la mia migliore amica, era sempre stata con me.
«Ma non possiamo essere le Houkago Tea Time se non ci sei tu!» Disse mordendosi il labbro. «Abbiamo bisogno di te.. Io ho bisogno di te.» Quella frase mi colpii così profondamente che ebbi un sussulto; la guardai scioccata e poi mi voltai verso l'uscita per non vederla ancora.
«Non ho detto che me ne vado dalla scuola, verrò ancora alle lezioni, ma non posso più partecipare alle attività del club. Tutto qui.» Ritsu non disse nulla e poi sospirò sconfortata.
«Fa quel che meglio credi.» Non disse altro e sentii i suoi passi farsi sempre più lievi fino a non udirli più: era andata via. Sospirai e uscii da scuola.
 Appena tornata a casa salii in camera a cambiarmi - facendomi poi anche la coda - e mi diressi in cucina per preparare qualcosa per mio padre, che sarebbe tornato a momenti, dal lavoro.
«Ciao tesoro.» Sentii la sua voce mentre entrava e posava la ventiquattrore  sul comodino, togliendosi la cravatta.
«Ciao papà.»
«Com'è andata?» Mi chiese mentre mettevo il suo pranzo nel tavolo e lui si sedette davanti al piatto, mi fece segno di sedermi accanto ed io ubbidii.
«Bene; ho detto alle altre che avrei lasciato il club..» Abbassai lo sguardo addolorata.
«So che è doloroso, ma hai fatto la cosa giusta; mi dispiace che soffra, Mio.» Lo fissai sconcertata e poi mi accarezzò la testa. «Non volevo farti fare qualcosa che non ti andava, ti ci ho praticamente costretto. Scusa.» Disse con voce roca e finì il suo pasto.
«Non dire così, papà. Non è colpa tua.» Mi morsi il labbro stringendo le mani sulle ginocchia.
«Sei così buona, figlia mia.» Mi accarezzò ancora la testa e poi si alzò; mi porse la mano ed io gliela presi. «Andiamo a farle visita?» Disse con far dolce ed io annuii; uscimmo di casa e ci dirigemmo con la macchina verso l'ospedale.
 Finalmente arrivammo - dopo aver comprato dei fiori - e subito, proseguimmo lungo un immenso corridoio bianco che pullulava di medici e di malati; poi ci fermammo davanti alla porta numero 5 ed entrammo.
 Una donna, con lunghi capelli neri e pelle pallida, con le occhiaie e alcune bende lungo le braccia e sul collo, era rivolta verso la finestra; ci sentì e si girò verso di noi. Appena ci vide, fece un debole sorriso e papà si avvicinò a lei, dandole un casto bacio sulle labbra e poi mi fece segno di avvicinarmi a loro; mi avviai lentamente e poi misi i fiori nel vaso e la baciai sulle guance.
«Siete venuti a trovarmi, che pensiero gentile.»
«Dovere; giusto Mio?» Papà mi mise una mano sulla spalla ed io annuii. «Bene, vi lascio sole per poter discutere di cose da donne. A dopo.» Sorrise e poi uscì dalla stanza. Lo guardai scomparire dalla porta e poi mi rigirai verso la donna e mi sedetti sulla sedia accanto al suo letto.
«Mi sei mancata, tesoro mio.» Mi disse a bassa voce a causa della ferita alla gola, sorridendomi piano.
«Anche tu, mamma, molto.» Cercai di sorriderle, ma delle lacrime - le stesse che stavo reprimendo da stamani - uscirono con furia bagnandomi le gote. Lei mi guardò allarmata e allungò una mano sul mio viso e mi accarezzò la guancia arrossata e bagnata.
«Tesoro; non piangere. Che cosa è successo?»
«Io … ho detto a Ritsu e alle altre che avrei abbandonato il club di musica.» La voce mi uscì strozzata e avevo iniziato ad avere il tremore alle mani.
«Perché l'hai fatto?! Non c'era bisogno.. E' stato papà a chiedertelo?» Mi guardò con dispiacere mentre mi accarezzava ancora il viso.
«Diciamo che è stata una mia volontà, ma non ci riesco … è troppo doloroso.» Singhiozzai e mi nascosi il viso tra le mani. «Non so più cosa fare.. È stato terribile vedere la faccia di Ritsu, una sofferenza lacerante; poi ci sei tu in questo stato. Ho lasciato le mie amiche pur di fare la cosa giusta, ma adesso non so più nulla, non ci capisco più niente.» Buttai la testa nel grembo di mia madre, mentre gli spasmi e i singhiozzi si facevano più frequenti, con le lacrime che scendevano incessantemente; lei mi accarezzò la testa con una mano, lisciando i miei capelli - simili ai suoi - e con l'altra appoggiata sulla fronte, sfiorandomela con il pollice.
«Tesoro, non volevo che tu passassi questo per colpa mia. Se fossi stata più attenta, adesso …» Disse questo con un filo di voce ed io alzai la testa di scatto e la fermai alzando di poco la voce.
«Non è tua la colpa!» Lei rimase sorpresa da quel gesto e mi sorrise debolmente; si sporse baciandomi la fronte e mi sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, poi prese un fazzoletto e me lo mise sul naso.
«Soffia, e non dire che sei abbastanza grande, voglio farlo; come ai vecchi tempi..» Il suo sorriso si allargò ed io non potevo dirle di no; quindi mi feci asciugare il naso da mia madre, accartocciò il fazzoletto e poi lo tirò nel cestino facendo canestro; la fissai stupita e lei rise divertita. «Visto? La tua mamma è riuscita a fare centro. Sto migliorando a vista d'occhio!» La guardai ancora e ricambiai il suo sorriso e ridemmo insieme.
Mi mancava questo lato della mamma, è per questo che l'amavo ed adoravo. In quel momento entrò papà e con lui l'infermiere che si occupava di mia madre.
«Signora Akiyama è l'ora della riabilitazione.»
«Capisco. Verrete ancora a trovarmi?» Ci chiese mentre mi alzavo dalla sedia con papà alle mie spalle.
«Certo che sì, contaci.» Disse papà sorridendole.
«Mi fa piacere. Mio, se vuoi, puoi portare anche Ritsu con te; è sempre una gioia la sua presenza, perché so che siete molto legate.» Mi disse sorridendo ancora e poi annuisco con forza.
«La prossima volta che verrò ci sarà anche lei.»
«Bene. Allora alla prossima » Detto questo la salutammo e poi ritornammo a casa; preparai la cena e, dopo averla consumata, detti la buona notte a papà e mi diressi in camera e iniziai a fare i compiti, anche se erano le nove passate. Passarono due ore e - quando ebbi finito - mi sistemai e mi sdraiai sul letto abbracciando il cuscino mentre guardavo il soffitto, chiusi gli occhi e mi addormentai non appena mi girai di lato.

 Erano passate due settimane circa da quel famoso discorso al club; quel giorno, mi alzai al solito orario per sistemarmi, indossai la divisa e scesi per fare colazione. Ritrovai già mio padre seduto al tavolo, a leggere il giornale, mentre beveva il caffè.
«'Giorno papà.»
«Buongiorno.» Mi salutò sorridendo mentre io stavo consumando la mia colazione. «Vedi di non fare tardi.»
«Certo papà; ci vediamo dopo.» Lo salutai mentre uscivo da casa con la borsa sotto il braccio.
 Percorsi la strada con un leggero tremore alle mani e le portai davanti alle labbra e ci alitai si sopra per scaldarle. Oggi faceva molto freddo, tipico del mese di Febbraio; non mi sarei sorpresa se si fosse messo a nevicare.
 Arrivai a scuola in tempo e - dopo aver posato la roba sul banco - entrò in classe Nodoka-san e mi salutò mettendosi seduta nel banco accanto.
«Mio-san; va tutto bene? Ho saputo della tua.. discussione.. avuta con le altre.» Mi rivolse uno sguardo inquisitorio e distolsi gli occhi da lei.
«Non preoccuparti, ho solo alcuni problemi che devo risolvere.»
«Mm … Mi fido.» La nostra chiacchierata finì lì, poiché il professore entrò in classe e, dopo la home room, iniziò la lezione.
 Verso l'ora della ricreazione, vennero nella mia classe Mugi e Azusa a farmi visita; ci salutammo e poi si sedettero nelle sedie vicino al mio banco, iniziando a parlare.
«Mio-senpai, sono due settimane che non ci vediamo. Pensavamo che ci avevi abbandonate.» Azusa si guardò le mani con tristezza e poi Mugi mi rivolse la parola con un tono di voce molto basso.
«Mio-san.. Capisco che hai dei problemi, ma almeno trova il modo di parlare con Ricchan.» Disse con aria preoccupata e anche io mi allarmai.
«Cosa le è successo?»
«È diventata più cupa, non riusciamo più a parlarle come prima. Se ne sta tutto il tempo nell'aula di musica e per la maggior parte del tempo in classe, guardando sempre fuori dalla finestra senza seguire più le lezioni.» Mi disse guardandomi con un'espressione quasi di disperazione, con gli occhi lucidi come Azusa.
Qualcosa dentro di me scattò e mi alzai dalla sedia mentre le altre mi fissavano stranite.
«Mio-senpai?» Chiese Azusa incuriosita.
«Dove si trova ora?»
«Intendi Ritsu-senpai?»
«Sì.» Risposi secca e con lo sguardo determinato.
«Credo che sia nell'aula dei docenti a parlare con Sawako-sensei.» Disse riflettendoci su.
«Ti ringrazio.» Uscii dalla classe in fretta e mi diressi dove si trovava Ritsu. "Devo sbrigarmi; non posso tardare." Arrivata davanti alla porta, feci per aprirla, ma la voce urlante della mia migliore amica mi fermò. Rimasi alla porta ad ascoltare.
«Non capisco perché non vuole dirci quello che le passa! E' una tortura non poterla aiutare in nessun modo; mi sento una merda! Non dovrei essere la sua migliore amica se non mi considera in tal modo!»
«Calmati Ritsu. Non dovresti comportarti in questo modo.»
«Ah no!? E come dovrei fare allora, Sawa-chan?!» Urlò ancora contro la professoressa. «Prova a metterti nei miei panni! Prova a sopportare la distanza della persona più importante della sua vita; colei che daresti anche l'anima al diavolo pur di vederla felice! Prova a pensare un solo minuto a come mi sento ora io senza Mio, la mia unica migliore amica, la persona a cui voglio un bene che è indescrivibile. Ci provi!»
 Quelle parole mi fecero sussultare e poi la porta si aprì di scatto, ritrovandomi il suo viso rigato dalle lacrime e mi fissò incredula con Sawako alle sue spalle che mi guardava allo stesso modo.
 Ritsu guardò dall'altra parte e imprecò asciugandosi le lacrime, urlandomi contro. «Idiota, vaffanculo!» Fece per andarsene, ma la bloccai per il polso; lei si girò verso di me. «Che vuoi?»
«Dobbiamo parlare.» Risposi con calma anche se mi trattenevo a stento dal piangere e mollarle uno schiaffo.
«Ed io non voglio. Lasciami in pace!» Si divincolò nel tentativo di staccarsi, ma strinsi la presa e mi guardò negli occhi.
«Non posso. Vieni con me.»
«Cosa? Dove?»
«Zitta e fallo. Sawako-sensei, noi andiamo via per un po', fai in modo che gli altri docenti non lo scoprano. Dì alle altre di lasciare le nostre borse nel …» Non finì la frase che vidi in lontananza Azusa che correva verso di noi, reggendo tra le braccia le nostre borse, per poi porgercele.
«Eccole, Mio-senpai!»
«Ti ringrazio, sei un angelo.» Sorrisi e trascinai Ritsu con la forza fuori da scuola e andammo a prendere il bus li vicino. Non disse nulla e salimmo sul mezzo, sedendoci mentre questo faceva il suo giro riempendosi e svuotandosi dalla gente.
«Tu che marini la scuola.. Dev'essere proprio grave la cosa» Mi bisbigliò divertita. «E mi stai ancora tenendo il polso.» Feci per staccarmi, imbarazzata dal gesto involontario, ma lei intrecciò le dite alle mie e strinse la presa.
«Ritsu?!» Arrossii di poco e lei mi sorrise timidamente, con le gote leggermente arrossate.
«Mi dici cosa succede? Non mi piace vederti così.»
«Sì, e neanche a me piace vedere il tuo volto ridotto in quello stato; è un'angoscia.» Ammisi e notai che fu sorpresa da quelle mie parole. «Ti confesserò tutto.»
«Bene, è quello che voglio.»
«Ho dovuto lasciare il club perché.. mamma, la settimana prima della nostra discussione, ha avuto un incidente..» Lei non disse nulla, ma il suo viso era tirato, con gli occhi mi spronò a continuare il discorso. «Stava tornando dal lavoro e un'altra macchina le è arrivata di sopra, facendola sbattere contro un camion.» Ingoiai il nodo che mi si era formato alla gola. «È stato un miracolo che si sia salvata, anche se ci ha rimesso.»
«Cosa le è accaduto?» Mi chiese mentre il bus stava salendo su per un colle.
«L'auto si era incastrata sotto il camion; a quanto ci ha detto, alcune schegge del parabrezza le si erano conficcate nella gola e si era rotta la gamba sinistra. Per fortuna quello che l'aveva investita aveva chiamato subito l'ambulanza e sono riusciti a salvarla.» Non disse nulla e poi scendemmo alla fermata che dava all'enorme edificio bianco dove si trovava mia madre.
«Quindi è qui che mi volevi portare..» Disse mentre stringeva la mia mano con forza.
«Glielo avevo promesso l'altra volta, voleva vederti.» Il suo viso, dapprima triste, divenne sorpreso e sorrise timidamente; mentre camminammo lungo i corridoi e ci fu un lungo silenzio, che fu lei stessa poi a rompere.
«Capisco.»
«Siamo arrivate.» Ci guardammo negli occhi e poi, dopo aver bussato, entrai insieme a lei nella stanza della mamma.
 Stava leggendo il giornale che papà le aveva portato - probabilmente - quella mattina prima di andare a lavoro. Appena sentì il rumore della porta chiudersi, si girò dalla nostra parte e sgranò gli occhi, visibilmente stupita da quella visita imprevista. «Ciao mamma.»
«M-Mio?! Cosa ci fai qui? Non dovresti essere a scuola?»
«È colpa mia, signora Akiyama.» Ritsu mi lasciò la mano e poi s'inchinò verso di lei a mo di scuse e di saluto.
«Ritsu? Che magnifica sorpresa. Finalmente ti vedo; mia figlia non ti ha dato fastidio, vero?» Lo disse in tono scherzoso ed io la ripresi chiudendo gli occhi e con le braccia incrociate al petto.
«Mamma; lo sai bene che al massimo è lei quella che da fastidio a me.»
«Sei crudele Mio!» Mi disse Ritsu imbronciandosi.
«Come se non lo sapessi, ma non sono mica nata ieri, sai? Lo so ben che in realtà eri preoccupata per la sua reazione, quando le hai detto che asciavi il club. Ti si leggeva in faccia che eri in ansia perché ci tieni a lei.» Entrambe guardammo mia madre e quando Ritsu si girò dalla mia parte per la conferma, io girai il viso altrove con le gote rosse dalla vergogna. "Ecco la parte che non sopporto di mia madre: parla troppo."
«Mio?»
«Non parlarmi, stupida Ritsu.»
«Suvvia tesoro, non c'è bisogno d'imbarazzarsi di questi sentimenti. Tutti li proviamo.. Sono una bella cosa, sai?» Mi disse mamma mentre incrociava le braccia come me e guardava fuori dalla finestra. «Anche io lo ho provati alla tua età. Quindi non nascondere nulla e vivili, figlia mia, vivi al meglio la tua vita; altrimenti ti trovi subito vecchia e ripensi a quante occasioni hai perso per colpa degli altri e dei sentimenti che reprimi..»
«Ma mamma …»
«Fammi finire e non interrompermi. Dicevo che tu hai del talento, devi sfruttarlo al massimo e anche Ritsu e le altre ragazze del club lo hanno. Un futuro meraviglioso vi è davanti; però non è realizzabile se tu non ci sei. Loro hanno bisogno di te e tu di loro; capisci cosa intendo dirti?» Mi rivolse uno sguardo serio ed io abbassai lo sguardo quasi mortificata, mentre stringevo le mani; Ritsu mi si mise di dietro e mi appoggiò la mano sulla spalla.
«Tua madre ha ragione. Perché non provi a darle retta?»
«Non c'è bisogno che tu mi suggerisca cosa fare, Ritsu; so già che sono nel torto. È per questo che da domani frequenterò di nuovo il club.» Gli occhi della mia amica s'illuminarono e mia madre sorrise compiaciuta; guardò verso l'orologio e poi ci chiamò.
«Ragazze, credo che dovreste tornare a casa, ormai la scuola sarà finita. Ritsu, se vuoi, puoi restare da noi per il pomeriggio, scommetto che avrete molto da dirvi. Dirò a mio marito di chiamare tuo padre per avvertirlo, sempre se non ti da fastidio; giusto Mio?» Io annuii titubante e lei sorrise. «Perfetto. Allora ci si vede; grazie per la visita, mi ha fatto molto piacere.»
«Si figuri. È stato bello rivederla, signora Akiyama.»
«Allora noi andiamo. Ciao mamma.» La salutammo e poi ci avviammo di nuovo verso la fermata del bus. Mentre stavamo scendendo, lei mi prese per mano, mi girai per vederla e mi rivolse uno sorriso timido. «Cosa c'è?»
«Niente, volevo solo prenderti per mano; tutto qui.» Lo disse con voce roca e una nuvoletta di aria condensata le uscì dalla bocca. Aveva cominciato a fare molto freddo e allora la lasciai fare, anzi, il suo tocco era caldo e confortevole.
 Il cielo era diventato di un grigio perla e appena fummo a casa mia, cominciarono a cadere dei piccoli e leggiadri fiocchi di neve. Ci fermammo a guardare meravigliate e poi sentii qualcosa di morbido e caldo sul collo, girai il viso e vidi quello della mia amica, che avvolgeva le nostre nuche con la sua sciarpa, avendo un tuffo al cuore.
 I suoi occhi di un castano dorati mi scrutavano con intensità e poi strinse la mia mano, camminando davanti a me trascinandomi nella mia stessa casa. Dopo essere entrate e tolte i cappotti, i nostri occhi s'incrociarono di nuovo, facendomi avvampare quando si avvicinò a me e appoggiare i palmi contro il muro, schiacciandomi contro d'esso.
«R-Ritsu?»
«Perché non mi hai detto subito di tua madre? Lo sai quanto mi hai fatto stare in ansia?» Abbassò il viso, guardandosi i piedi.
«M-Mi dispiace, non volevo farti preoccupare.»
«Ed invece hai ottenuto il contrario. Scema.» Appoggiò la testa contro il mio petto e mi cinse con forza, con le braccia, il bacino. «Non farmi stare mai più in pena in questo modo. Odio vederti in quello stato.» La sua schiena ebbe dei sussulti e sentivo che tirava su col naso: stava piangendo. «Sei importante per me, lo sai.»
«Io.. non sapevo che cosa dovevo fare in quel momento.. Mi dispiace per averti fatta stare male.»
«Adesso l'importante è che tu ti sia ripresa e che continuerai a far parte del club, no?» Il suo sorriso mi sciolse quando mi guardò con gli occhi bagnati, gli asciugai gli occhi con una mano mentre con l'altra le accarezzavo la schiena.
«Sì, e non solo il club.» Mi sporsi appena, chinando la testa, e le diedi un bacio sulla fronte, sull'occhio, sulla guancia e alla fine sulle labbra. I suoi occhi si erano sgranati dalla sorpresa e quando mi staccai mi fissò a bocca aperta.
«Mio..!?»
«Starò al tuo fianco. Lo sarò sempre.» Le lacrime appena fermate riapparvero e lei mi abbracciò ancora con forza, stavolta ricambiavo quel gesto e ridemmo come quando eravamo piccole, ridevamo come due sceme, ma due sceme innamorate.
 Tutto si era risolto e adesso non solo avevo riacquistato la fiducia in me e in quelle dei miei familiari ed amici, ma avevo la fortuna di aver trovato qualcuno con cui condividere i miei sentimenti.

  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > K-ON / Vai alla pagina dell'autore: Alisa Sato