Serie TV > O.C.
Segui la storia  |       
Autore: Urlandocontroilcielo    31/01/2014    0 recensioni
Ancor prima dell’alba Ryan si stava rivestendo. Sarebbe dovuto essere a casa per le otto del mattino.
“Ehi, non volevo svegliarti”
“Scappi?”
“E’ tardi, ho delle cose da fare”
Si girò verso il comodino, la sveglia segnava le sei. C’era qualcosa che non andava, il dubbio continuava a frullargli in testa e questo rovinava la cena, le risate, il massaggio e la notte fantastica, lasciando posto alle paranoie abbandonate la sera prima. Tirò un sospiro e si accorse che non era affatto un buon risveglio anche perché lui se ne stava andando e questo per lei diventava sempre più difficile.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Marissa Cooper/Ryan Atwood, Seth Cohen/Summer Roberts
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
I lampioni fuori illuminavano attraverso la finestra il tavolo in penombra dove stavano sorseggiando un drink, lei raccontava dell’ultimo viaggio in Cina, lui ascoltava affascinato, dalla Cina e da lei.
“Che scusa hai usato questa volta?”
“Seduta speciale del corso di massaggi”
Camminavano tranquilli per il corridoio dell’albergo, di tanto in tanto lui le sfiorava la mano fino a quando la porta si chiuse.
Ora erano soli in una stanza, in meno di due secondi si ritrovò con la schiena appoggiata alla porta e Ryan.
Le era mancato da morire e se non avesse avuto paura di complicare ancor di più le cose glielo avrebbe detto.  Lo guardò negl’occhi era visibilmente eccitato.
Non che lei non lo fosse, ma lui che se ne stava lì tra le sue gambe a riempirla di attenzioni, la mandava fuori di testa.
“Ryan” aveva già il respiro corto e questo succedeva solo con lui.
“Che c’è?” Chiese senza guardarla e continuando a torturarle il collo, dopotutto se l’era cercata, non aveva fatto altro che stuzzicarlo durante la cena, ma ora non ce la faceva più.
“Il letto”
“Sto così bene qui” il tono ironico la fece sorridere e pensare che fosse anche un po’ stronzo, ma forse fosse stato per lui, l’avrebbe davvero fatto contro la porta.
Con un colpo secco fece scendere la zip del vestito che lei lancio lontano. Non era tipo da complimenti mentre lo facevano, ma come la guardava, le bastava.
“Non lasciarmi segni”
“Guarda che sono io quella sposata…”
“Ho la laurea tra qualche giorno”
“Certe volte mi dimentico che vai all’università”
“E io che sei la zia di Seth, eccitante no?”
“Tu da morire”
Il suono di un cellulare interruppe quella situazione così piacevole, lei fece finta di nulla, o forse stava davvero iniziando ad annullare tutto il resto quando erano insieme.
Lui si scusò un attimo e uscì dalla stanza, lei rimase a dir poco perplessa era tipo da non sentire niente e nessuno soprattutto se stavano per fare sesso.
Si buttò sul letto, per recuperare un po’ di lucidità. Il pensiero che ultimamente lui fosse strano si faceva sempre più spazio nella sua testa: rispondeva meno alle sue telefonate, sembrava evasivo, diceva di essere impegnato con la tesi e poteva benissimo essere così, Ryan stava riuscendo a laurearsi con anticipo in architettura. Era riuscito a dare tutti gli esami e non solo, nei tempi prestabiliti, passando di corso in corso, dando più esami a sessione e la media voto del trenta, durante la cena le aveva anche detto che aveva aumentato i turni nel ristorante del padre di Luke, eppure c’era qualcosa che non la convinceva a pieno.
Dieci minuti dopo lo vide rientrare sorridente e questo bastò per spazzare via ogni paranoia che le stava attanagliando il cervello:
 “Allora lo vuoi questo massaggio? Così la tua sarà solo una mezza bugia”
Alcune volte Ryan se ne usciva con queste cose che la spiazzavano totalmente, in fondo nell’ultimo anno per vederlo aveva raccontato così tante bugie che non era certo quello il problema, così le bastò un sorriso come risposta.
“E’ uno degli alberghi più costosi di tutta Portland... e la crema per massaggi è nel terzo cassetto del mobile sulla destra di ogni stanza”
“Allora non sono la prima ragazza che porti”
“Come sei maliziosa: vivere per cinque anni con Luke e il suo padre omosessuale a quanto pare ha dei vantaggi nella scelta di posti carini”
“Sei veramente capace di fare massaggi?”
“Questa è la prima volta”
“Bè io mi fido, girati”
“Ti ho già visto nuda” disse con fare sarcasticamente ovvio.
“Sì, ma ora è per un massaggio, è diverso”
La vide quasi imbarazzata, ma era inutile iniziare una discussione così obbedì alzando le braccia in segno di resa.
“Spero di essere l’unica cui fai questi massaggi”si ritrovò a dire poco dopo.
Ad un tratto ha intrecciato la sua mano a quella di lei mentre con l’altra continuava a salire e scendere per tutta la spina dorsale, quando poi aggiunse i baci sul collo, poteva sentire il suo respiro vicino al suo orecchio, era decisamente troppo.
“Ti voglio”
La voleva davvero quella bocca per lei.
Mentre lui scalciava via pantaloni e boxer lei continuava a mordicchiargli il labbro. Lo sentiva e lo voleva così tanto, che di tutto il resto non le importava più niente.

Ancor prima dell’alba Ryan si stava rivestendo. Sarebbe dovuto essere a casa per le otto del mattino.
“Ehi, non volevo svegliarti”
“Scappi?”
“E’ tardi, ho delle cose da fare”
Si girò verso il comodino, la sveglia segnava le sei. C’era qualcosa che non andava, il dubbio continuava a frullargli in testa e questo rovinava la cena, le risate, il massaggio e la notte fantastica, lasciando posto alle paranoie abbandonate la sera prima. Tirò un sospiro e si accorse che non era affatto un buon risveglio anche perché lui se ne stava andando e questo per lei diventava sempre più difficile.
Si girò e passandosi una mano sugl’occhi, mentre lui si rimetteva la camicia, ha iniziato un discorso che non sapeva a cosa avrebbe portato ma era già colmo di rabbia:
“Dobbiamo parlare”    
“Che c’è?”
“E’ obbligatorio vederci sempre così?” Il tono era accusatorio, stupidamente visto che quella sposata è lei.
“Che problema hai?”
“E’ un motel e non sono una puttana”
“Preferisci in macchina?” chiese con un pizzico d’ironia mentre si allacciava i bottoni della camicia.
“Perché non possiamo più fare a casa tua?”
“Ci sono stati cambiamenti, vivo con altre persone”
“Hai una fidanzata?”
“No, ma il nostro accordo non era “una domanda ogni tanto”?”
“C’è qualche problema? Posso aiutarti?”
“Non c’è niente davvero, sono solo occupato con lo studio”
La vide davvero preoccupata, provò a baciarla ma lei si tirò indietro.
“Sandy e Kirsten saranno contentissimi”
“Non lo sanno e sei pregata di non farglielo sapere”
“Non li inviterai?” Era stupita, ma lo sarebbe stato chiunque.
“No” Non riusciva a capire, erano così tante le cose che non capiva di lui e altrettanti i momenti in cui sembrava capire tutto, che la mandavano in tilt, perché lui non spiegava mai niente.
“Hanno fatto tanto per te e… te l’hanno pagata loro l’università”
“Mi piace questo tuo lato morale che ogni tanto spunta fuori… Dopo tutto sei piena di moralità… Tradisci tuo marito con me, menti a tua sorella che non vedi da anni, ma ricordi a me che è lei a pagarmi gli studi...”
Non voleva essere bastardo ma odiava affrontare questi discorsi così.
“E Seth e Summer?”
“Non ci saranno nemmeno loro, finite le domande?”
“Stai sbagliando”
“Nessuno ti ha chiesto un parere”
“Devo chiederti il permesso per dirti quello che penso?”
“Dio come sei, per una cena ti prendi il diritto di iniziare a dare giudizi sulla mia vita?”
Prima che potesse rispondere, era già sparito sbattendo la porta.
L’aveva lasciata lì, ancora una volta. Sprofondò nelle lenzuola finché non senti bussare, escludeva che lui tornasse indietro, anche perché aveva sentito il motore della moto partire, quando aprì la porta, si ritrovò davanti il cameriere con un carrello pieno di cose da mangiare e un rosa rossa con un bigliettino.
Improvvisamente si sentì quasi in colpa, per pensarsi una puttana era trattata piuttosto bene.


Ormai erano quasi due anni che aveva istaurato questa specie di relazione con Hailey, spesso si chiedeva come l’avrebbe presa Seth se lo avesse saputo, se sarebbe uscito con uno dei suoi: “Aspetta... quindi ti fai mia zia?!”
Arrivato davanti casa di Luke, si limitò a una suonata di clacson e Kaitlin arrivò quasi subito.
“Eri a farti una ragazza o a fare a botte con qualcuno? O entrambe le cose?”
“Magari né l’uno né l’altro”
Si chiedeva come facesse a mettere ironia su qualunque cosa.
“Questo casco comunque mi rovina sempre i capelli! Dici che non lo vendono un casco che non spettina?”
Sbuffando la ragazza si mise il casco si aggrappò a Ryan, lui però, dopo poco fece inversione con la moto.
Ok, Ryan riusciva a riderne, questa scena del casco poi la ripetevano tutte le mattine.
Si fermò davanti al più grande centro commerciale di tutta Portland.
“Niente scuola oggi”
“Che gran figata!” Rispose lei abbracciandolo.
Gli sembrava giusto, insomma vivano insieme da quasi sei mesi e Kaitlin non gli aveva dato il minimo problema anzi, alle volte quando studiava fino a tardi, era lei a cucinare per lui, certo era ancora tutto all’inizio e non voleva illudersi che fosse semplice ma si sentiva di aver fatto la scelta giusta.
Iniziarono a girare i vari negozi, anche se l’unica cosa che girava a Ryan era la testa, invece lei sembrava esserci nata in quel centro commerciale.
“Ma ci sei già stata?” Chiese un po’ sconcertato, si limitava a seguirla da un negozio all’altro, cercando di tenere lo stesso passo, nel tempo che lei guardava una vetrina lui ne aveva già guardate sei.
“No perché?”
“Scusa come fai a orientarti?” A lui sembrava di essere sempre allo stesso punto o forse erano solo tanti negozi tutti uguali.
“Ho passato l’infanzia a girare per centri commerciali comprando le cose più inutili del mondo solo per il gusto di spendere soldi, essere la figlia di Julie Cooper ha anche dei vantaggi”
“Bene allora dove troviamo le vernici per ritinteggiare casa?”
“Non lo so, da noi venivano a ritinteggiarci casa” disse mentre guardava la mappa del centro posizionata tra varie panchine tutte occupate da bambini con gelati in mano e qualche genitore esasperato “E molto probabilmente mia madre si faceva l’imbianchino e i suoi operai tutti insieme” aggiunse subito dopo.

Mentre aspettava ai tavolini fuori dal centro Ryan diede un occhio al cellulare, non c’erano telefonate, né messaggi, era passato poco tempo e forse era ancora arrabbiata anche se non capiva per cosa, la loro relazione non era certo fatta per capire era fatta per non pensare, ma sapeva di aver sbagliato nel dirle certe cose.
“Il fattorino ci porta le vernici nel pomeriggio”
“Che?”
Lei gli porse il gelato e scotendo la testa precisò subito “Certo che sapevo dov’era il reparto vernici, ma volevo scegliere io i colori di casa”
“E che colori hai scelto?”
“Per la mia camera fucsia, il resto sarà a sorpresa”
“Non mi piacciono le sorprese”
“In sole tre ore ho scoperto che ti piace il gelato al cioccolato e non ti piacciono le sorprese più di quanto ho scoperto negl’ultimi sei mesi, lo shopping aiuta più te che me!”
Il silenzio non era il massimo e poi erano mesi che voleva chiederglielo, pregò che un gelato al pistacchio le desse quel coraggio.
“Ti sei pentito?”
“Bè sei ore per scegliere una maglia blu tinta unita, forse un po’ si”
“Intendevo di tutto” precisò lei diventando improvvisamente seria.
“Non mi sono pentito proprio di niente”
Ryan è così non ti dice mai più di quel che chiedi.
“Certo che a voler scambiare due parole con te si fa fatica”
“Lo so, tu però parli troppo”
“E tu troppo poco, ci compensiamo alla grande”
“Io cercherò di parlare un po’ di più”
L’aveva ripromesso a se stesso un centinaio di volte da quando aveva deciso di accettare l’affidamento e si sentiva in colpa per non riuscire mai a farlo.
Da qualche parte doveva iniziare e sperava che il gelato al coccolato lo aiutasse.
“Dai approfitta della giornata che vuoi sapere?”
Stava rischiando conoscendo Kaitlin avrebbe potuto chiedergli qualunque cosa.
“Quando ti sei sposato con mia sorella?”
Per poco non gli scivolò il gelato tra le mani.
“Quelli della casa famiglia mi dissero che potevo chiamarti perché eri a tutti gli effetti un mio parente…”
“A Las Vegas”
“Forte! E’ proprio come nei film? Vai la è c’è un tipo che ti sposa subito?”
“Sì, ma tu non lo fare”
“Ma scherzi, il giorno in cui mi sposerò ti taglieranno le palle”
“Nel senso che non ti sposerai mai, voglio sperare”
“Certo, a mia madre sarà venuto un infarto”
Ryan si ricordava quel giorno nei minimi particolari e solo parlandone gli sembrava di riviverlo, Kaitlin lo risvegliò dal torpore in cui per qualche attimo si perse.
“Che palle è già finito il momento “domande”?”
“Tua madre non lo sa”
“Cioè vi siete sposati e non lo avete detto a nessuno?”
“Così doveva essere, ma Summer lo saprà di sicuro”
Era andata piuttosto bene per essere la prima volta che parlavano un po’ di più.
“Sto bene qui, penso di non essere mai stata così serena in vita mia, puoi stare più tranquillo”
“Se ci sono problemi me lo devi dire sempre”
 “Lo so, ora posso abbracciarti?”
Lo fece ancor prima che lui potesse rispondere, sussurrando un “grazie”, immaginando il suo imbarazzo quando si sciolse dall’abbraccio tornò a prenderlo in giro come sempre.
“Comunque tu sei uomo, non puoi capire le scelte per quanto riguarda i vestiti”
“La commessa secondo me dopo essere riuscita a servirti chiede l’aumento”
“Uuuh ma allora è vero che quando c’è la luna piena Ryan Atwood è simpatico…”
“Ti va bene che non c’è quasi mai”

Lo guardava dalla macchina e tutto sembrava meno che avesse in testa la laurea. Era fuori da un centro commerciale con una ragazza molto giovane, sembravano affiatati, scherzavano.
Si sentiva scema, non era mai stata gelosa, anche perché non avevano mai parlato di queste cose, ma il fatto che lui le avesse mentito la faceva imbestialire, non c’era motivo di farlo, poteva benissimo dirle che aveva una fidanzata.
In un attimo ripensò a tutto, a quando lo aveva chiamato la prima volta.
Aveva un debito da pagare con un tipo poco raccomandabile e non poteva certo chiedere a Seth di accennarlo a sua madre. L’ultima volta che l’aveva visto era stato al funerale di suo padre, era andato con Marissa a farle le condoglianze ed erano stati tutto il giorno a casa Cohen per occuparsi di tutte le cose a cui Kirsten in quel momento non poteva pensare, ma sapeva certo tutta la sua storia e sperava che le desse una mano, altrimenti l’alternativa sarebbe stata chiamare Sandy e parlare di droga ad un avvocato, marito di tua sorella, non era il massimo della vita.
Rimase un po’ basita quando lui le disse che ora stava a Portland, ma le sembrò subito predisposto ad aiutarla, così si diedero appuntamento in un locale carino e tranquillo. Quando lo vide entrare non fu nemmeno sicura fosse lui, le sembrò una persona totalmente diversa: aveva il fisico molto più scolpito, i capelli molto più corti e la barba piuttosto pronunciata, ha sempre mostrato più anno di Seth, ma sembrava averne dieci di più.
Aveva ascoltato lei che gli parlava di questo tizio che era uscito di prigione e che quando era giovane le aveva dato della roba e ora voleva i soldi, lui non era affatto turbato, veniva da Chino.
“Poi ti ridò tutto con gli interessi. Se dico a mio marito che da giovane tiravo di coca addio soldi”.
Quando aveva finito di sperperare la sua parte di eredità in viaggi, non poteva certo chiedere altri soldi a sua sorella, non aveva più diciotto anni e la predica di Kirsten voleva evitarla, decise di sposare Jack, molto più vecchio di lei ma anche ricco sfondato. Le era sembrata la soluzione più semplice.
“Basta che non diamo problemi a casa”
Ryan le aveva semplicemente risposto “Sono d’accordo, voglio che Sandy e Kirsten abbiano meno problemi possibile” .
Così si vedevano ogni volta che Hailey riusciva a spillare al marito qualcosa. Erano serate tranquille e con il tempo non si parlò più di casa, di Newport ma sembravano due semplici persone, parlavano molto di qualsiasi cosa, dopotutto per avere venticinque e trentadue anni ne avevano di avventure da raccontarsi.
 “Allora brindiamo al fatto di aver risolto questo problema senza aver creato casini a casa” brindare con coca light non era molto trasgressivo ma vista la poca attitudine di entrambi per gli alcolici era la cosa più normale.
“Giusto”
“Non avrei mai pensato che ci saremmo riusciti”
“Grazie per la fiducia, la prossima volta chiama Seth”
“Credo che questo sia il primo casino che risolvo senza chiedere a casa”
“Io credo sia il primo che risolvo e basta”
L’aveva riaccompagnata in moto fino a casa ed era la prima volta che lo faceva, di solito chiamava un taxi, una volta arrivati erano stati ancora un po’ fuori a parlare parlavano di tutte le cose successe in quei mesi si soffermarono scherzando su quel giorno in cui Ryan era convinto di non passare un esame e poi prese tenta e quella stessa sera andò a consegnare dei soldi ad una filippina che parlava solo cinese.
Gli veniva da ridere solo ripensandoci. Doveva essere una cosa losca ma non lo fu affatto, la signora tirò fuori anche un traduttore.
“E’ tardi è meglio se vado”
“E’ meglio se resti”

Era per quello che ora si trovava davanti a una porta.
Suonò un paio di volte il campanello e la stessa ragazza che vide con lui al centro commerciale le aprì mentre si toglieva le cuffie.
“Ciao c’è Ryan?”
“Si te lo chiamo!” La ragazza sparì per un attimo e lei si guardò intorno: c’era un plastico, dei fogli e libri impignati sul tavolo molto probabilmente riguardavano la tesi, un arredamento completamente diverso e una tv con schermo gigante, insomma, dall’ultima volta che c’era stata sembrava essere passato un uragano.
“Vieni entra, forse sta facendo un po’ di palestra e magari ha la musica nelle orecchie”
“Sono in doccia un attimooo”
“E’ in doccia ha finito la palestra” le disse con fare accogliente.
“Tu chi sei?”
“Ketlin Cooper tu?”
“La sorella di Marissa?”
Non le dava fastidio. Era abituata da sempre a essere riconosciuta così, ma certo preferiva quando era la sorella della ragazza più in voga di Newport che la sorella della ragazza morta in un incidente.
Comunque il quel caso non sapeva che rispondere, qualcuno la salvò dalla situazione complicata, un fattorino comparve e chiese di Ryan, che proprio in quel momento spuntò alle sue spalle, indossava dei jeans e una maglietta al contrario.
Ci rimase di sasso nel trovarla lì.
Il fattorino andava di fretta e in rapida successione elencò le cose che nel frattempo scaricava, c’erano dei bidoni di vernice, un casco, e un sacco da boxe.
“Mi hai comprato il casco che non spettina?” Dal suo sguardo sembrava le avesse regalato la cosa più bella del mondo e in un attimo si fiondò ad abbracciarlo. Doveva abituarsi a questa cosa degli abbracci, decisamente.
“Mi hai comprato un sacco da boxe?” disse lui con sguardo tra l’incredulo e l’evasivo.
“Ho sempre saputo che ti piace fare a botte, cioè potresti scaricare il nervoso!”
“Allora dove lo piazzo?” chiese con una certa fretta il fattorino.
“Dentro? ”rispose la ragazzina prendendosi gioco di lui e facendogli strada, appena la porta si chiuse Ryan si ritrovò faccia a faccia.
“Ciao”
“Che ci fai qui?” Era scocciato, sapeva che non si erano lasciati bene, ma non era la prima volta e trovava spropositato il piombare lì in quel modo, soprattutto dal momento che aveva detto a chiare lettere che si sarebbero visti da altre parti.
“Dovevo parlarti”
“Il telefono non lo sai usare?”
Voleva chiarire, ma il tono acido che usò lui la face scattare come una molla.
Era lui quello che l’aveva gonfiata di bugie.
“Dai, se è una cosa lunga, andiamo da qualche parte”
“Qual è il tuo problema?”
“Sei tu. Io non ti ho mai fatto improvvisate a casa”
Tentava di credere che non avesse una fidanzata, ma tutto lasciava pensare il contrario.
“Cos’è la vita con Marissa non è abbastanza appagante?”
Se lui in due anni avesse trovato la forza il coraggio e la voglia di dirle che Marissa era morta ora non si troverebbe in questa situazione.
“Strano perché l’ultima volta a casa Cohen sembravate andare alla grande”
Improvvisamente non riuscì a rispondere come se le immagini prendessero il sopravvento sulle parole.
Non era colpa sua lei non lo sapeva.
“Centro commerciale, bar, shopping”
“Mi hai seguito?”
“E tu mi hai mentito?”
“E’ assurdo che tu mi abbia seguito”
“Infatti mi sembra assurda tutta questa cosa” disse lei recuperando la calma e calibrando le parole “Sono venuta fin qui per rompere questa cosa, l’aver scoperto che tu mi abbia detto delle palle ha spostato l’attenzione ma il motivo era questo”
Fu una doccia fredda e lo percepì anche lei dallo sguardo che però non si scompose più di tanto “Ok, ma il motivo? Così per curiosità”
“E il tuo di motivo? Non mi sembra sia la tesi”
Ryan rimase zitto, lasciò il vuoto, con quella risposta l’aveva fregato, ma lui non disse niente e la lasciò andare via così, senza guardarsi in faccia.


Newport Beach.
Nella casa lussuosa della famiglia Cohen Kirsten sistemava la casetta in piscina.
O quello che ne rimaneva, Seth aveva deciso di trasformarla in una “sala della musica” ed era rimasto solo un divano letto, contornato da mixer, strumenti, casse e amplificatori.
Seth osservava sua madre dalla finestra interna e ogni volta che vedeva quella scena, si sentiva arrabbiato, come non lo era mai stato. Ogni volta si riprometteva che la volta successiva la delusione non avrebbe preso il sopravvento e invece, accadeva sempre.
Ryan non era più la stessa persona e tutti ormai avevano accettato questa cosa, era come andare a sbattere contro un muro e chi ci provava ne, usciva sempre più devastato. Così avevano semplicemente smesso.
Quel giorno però lo ricordava come fosse ieri.
Aveva lasciato un biglietto sul tavolo di casa Cohen, dove in poche righe spiegava di volersi trasferire a Portland da Luke.
I suoi genitori ne furono sollevati, visto che per un po’ avevano sospettato avesse preso una brutta strada salvo poi scoprire che passava quasi tutto il tempo sui libri in un bar fuori Newport.
Aveva pensato che avrebbero mantenuto lo stesso un rapporto, lui avrebbe rielaborato il lutto e poi sarebbe tornato, dava per certo che non lo avrebbe lasciato solo. Lui aveva fatto di tutto per aiutare Ryan in quei mesi, ma più si avvicinava più lui si allontanava, non immaginava sarebbe stato per sempre, invece piano piano si è fatto sentire sempre meno, fino a chiedergli di non chiamarlo più e ora c’è la telefonata alle feste e il messaggino al compleanno.
Questo è quello che resta.
Il suono del campanello lo distolse dai pensieri, aveva appuntamento con Summer, sarebbero andati a cena fuori per il loro anniversario.

“Volevo organizzare qualcosa di meglio di una stupida cena, ma con l’assunzione ero così agitato”
“Ti agiti sempre per niente, Cohen”
“E’ vero per farmi passare l’ansia ho pensato a com’ero agitato la prima volta che ci siamo parlati e mi sono sentito calmo e rilassato”
La senti ridere e la sua risata per lui era la cosa più bella del mondo.


Note: Una Fanfic su The Oc, riprende all' incirca dalla fine della terza serie, con qualche modifica, se vi va fatemi sapere cosa ne pensate!
A presto!
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > O.C. / Vai alla pagina dell'autore: Urlandocontroilcielo