Serie TV > Glee
Ricorda la storia  |       
Autore: Ambros    31/01/2014    8 recensioni
[AU!Klaine]
Quando Kurt torna dalla NYADA a Lima per fare una sorpresa al proprio fidanzato, l'ultima cosa che si aspetta è che David l'abbia tradito. Sconvolto, decide di allontanarsi da tutto e da tutti; parte per Firenze, ma l'ultima cosa che si aspetta è di incontrare lì qualcuno che lo farà sentire di nuovo bene: Blaine.
Dal testo:
-Poi il treno si ferma, lui si allunga per prendere la valigia – miracolosamente non la tira in testa a nessuno - scende quei pochi gradini sorridendo educatamente alla ragazza che è stata seduta accanto a lui, ed è lì.
Sul marciapiede grigio scuro attraversato da una linea gialla, il marmo rosso e bianco a qualche passo da lui che risplende per la luce che entra prepotentemente dalle vetrate sul soffitto.
C’è.
Firenze.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Blaine Anderson, Burt Hummel, Dave Karofsky, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Love doesn't care about odds.
Capitolo I





Quando pensi che non potrebbe andare peggio, comincia a piovere.
Letteralmente.
Kurt si affretta a tirare fuori l'ombrello dalla tracolla di pelle, conscio dell'inutilità di quel gesto: ormai è bagnato fradicio, e avrà mosso sì e no cinque passi fuori dalla stazione di Columbus. Non può fare a meno di pensare che l'Ohio non gli deve mai aver voluto molto bene.
Borbotta un paio di improperi alzando gli occhi al cielo, per poi scrutare il parcheggio alla ricerca della macchina di suo padre: certo che se ne sarebbe anche potuto rimanere a New York e trascorrere lì il resto delle vacanze, invece di improvvisare quell'assurda sorpresa a David.
A David neanche piacciono, le sorprese. Certo, magari per stavolta farà un'eccezione, visto che lui e Kurt stanno insieme da quasi sette mesi di cui quattro li hanno passati in stati diversi.
Si sente un poco più tranquillo, e agita un braccio cercando di attirare l'attenzione di suo padre, facendo chiaramente cadere almeno mezzo litro d'acqua dall'ombrello sulla valigia. Scrolla le spalle con uno sbuffo impercettibile, e si arrende all'evidenza: il suo ritorno non è proprio appoggiato dal Fato. Ma in effetti, non lo era nemmeno la sua ammissione alla NYADA, ragion per cui è entrato solo a Dicembre con un'audizione informale; niente di nuovo, dunque.
Coraggiosamente, afferra il trolley con una mano, cercando di coprirlo con l'ombrello senza però farsi un'altra doccia fuori programma, e quasi corre per i pochi metri che lo separano dall'auto di suo padre. Butta la valigia nel bagagliaio senza una particolare delicatezza e si lancia sul sediolino anteriore nell'istante esatto in cui è costretto a chiudere l'ombrello.
"Piove?" gli chiede ironicamente suo padre con un sorriso, aggrottando leggermente le sopracciglia. Kurt sbuffa, lanciandogli un'occhiataccia "No." risponde, allacciandosi la cintura "Sul treno offrivano docce gratuite, ho pensato di approfittarne." Suo padre ride di gusto, mettendo in moto mentre gli lancia un'occhiata affettuosa "Mi sei mancato, figliolo." Kurt sente finalmente di potersi rilassare, e si appoggia mollemente allo schienale morbido del sediolino, socchiudendo gli occhi con un lieve sorriso "Anche tu." "Vedrai" sorride Burt, continuando a guidare con aria tranquilla "Carole e Finn saranno contentissimi di rivederti."
"Di sicuro saranno contenti lo stomaco di Finn e i poveri nervi di Carole" borbotta Kurt, accendendo il riscaldamento della macchina per evitare di prendersi un malanno "E comunque dovranno trattenere l'entusiasmo. Volevo andare prima a trovare David." La voce gli si fa leggermente più fioca sul finire della frase; Burt non ha mai sopportato David, e Kurt lo sa perfettamente, sebbene suo padre abbia provato il più possibile a nascondere la cosa. E infatti, le dita di Burt stringono il volante con più forza, tanto che le sue nocche sbiancano, ma si sforza di mantenere un tono di voce misurato "Sei sicuro?" Gli chiede, stringendo un po' la mascella "Puoi tornare a casa un attimo solo per cambiarti, farti una doccia ..." Kurt scrolla le spalle, guardando vagamente fuori dal finestrino "Posso farmi una doccia da lui, o asciugarmi." Burt apre bocca per ribattere, ma Kurt lo anticipa "Papà." Dice con fermezza, girandosi verso di lui "Ho voglia di vederlo, okay? Sono mesi che ci scriviamo e basta. Voglio solo ... Vederlo."
E lo sa che si sta comportando come un bambino, ma non riesce a farne a meno; la verità, è che da un paio di mesi a questa parte David gli sembra sempre distante, freddo, distratto. Come se avesse costantemente la testa da un'altra parte, come se, quando parlano a telefono, in realtà volesse star facendo altro. E la cosa gli mette addosso un'inquietudine terribile. È vero che tende a fasciarsi la testa prima di essersela rotta, ma è anche vero che gli capita raramente di sbagliare.
"Come vuoi." sospira Burt, con un pizzico di rassegnazione. Kurt gli rivolge un piccolo sorriso quasi di scuse, e suo padre borbotta qualcosa di incomprensibile prima di chiedergli come vadano le cose alla NYADA, a New York, con Rachel. Il resto del viaggio procede tranquillo e rilassato, e Kurt comincia a sentirsi un po' a casa.


Solo quando finalmente arrivano a Lima l'atmosfera si fa di nuovo tesa. Suo padre torna a stringere il volante con troppa forza, ma si sforza di non dire niente che possa far trasparire il suo disappunto; lo accompagna fino all'appartamento minuscolo in cui vive David, e spegne il motore quando parcheggia lì davanti. Prende un breve respiro prima di iniziare a parlare.
 "Figliolo ... Lo sai che sono contento che tu abbia trovato qualcuno con cui stare, che magari ti possa capire meglio di quanto non facciamo io, o Carole, o Finn, o persino Rachel. Davvero, sono molto contento. Però ..." si interrompe un attimo, incerto su come continuare, mentre il nervosismo blocca Kurt sul sediolino; sa ciò che sta per dirgli suo padre, l'ha pensato lui stesso miliardi di volte, ma ha cercato sempre di non approfondire l'argomento perché aveva paura delle risposte. "Io non credo che David Karofsky sia la persona giusta per te." mormora alla fine Burt, cercando di guardarlo negli occhi "Ti ha torturato solo un paio di anni fa. Non ha lasciato che tu trascorressi in pace gli anni del liceo, e te lo leggo in faccia che, anche adesso, c'è qualcosa che non va. Non mi interessa cosa sia, io voglio solo che ..." si interrompe inspirando bruscamente, e si passa una mano sul viso con aria stanca prima di continuare "Tu non devi niente a quel ragazzo. Ti comporti sempre come se avessi un debito nei confronti del mondo, ma non è così. Puoi permettere a te stesso di essere felice, figliolo, fallo e basta." Quando Burt finisce di parlare, un lieve sospiro liberatorio abbandona le sue labbra; ne ha parlato anche con Carole, ovviamente, e entrambi hanno concordato che una relazione basata su certi presupposti non può essere sana.
Ma Kurt non è pronto per sentirselo dire. Non da suo padre. "Mi stai chiedendo" dice lentamente "Se sto con lui solo perché mi fa pena? O magari perché penso che non potrei trovare di meglio?" Usa quel tono freddo e distaccato, quasi analitico, che ha messo a punto durante gli anni del liceo, dietro cui si nasconde tutte le volte che si sente attaccato. Non sa se è perché ormai si reputa abbastanza maturo, e avere suo padre che gli dice quelle cose lo fa sentire come un bambino che viene rimproverato, o perché, in fondo, si rende conto che quelle parole non sono del tutto false. Non vuole saperlo.
Burt lo guarda spalancando gli occhi "Non era quello che volevo dire! Non credo che tu stia con lui per pietà o chissà cos'altro--"
"Sai cosa, papà?" lo interrompe Kurt, mantenendo il tono freddo "Non importa" si slaccia la cintura e apre la portiera della macchina, mentre suo padre gli rivolge un'occhiata costernata "Ho capito. Ci vediamo stasera, forse."
"No, Kurt, aspe--" ma la voce di suo padre viene coperta dal ticchettio insistente della pioggia e dalla portiera che sbatte un po' troppo violentemente; per una volta, Kurt non ci bada.
Si limita a correre - chiaramente ha lasciato l'ombrello in macchina - stringendo la tracolla contro il fianco; fruga nella tasca finché non trova un imponente mazzo di chiavi, ringraziando qualsiasi divinità esista per aver deciso di insistere con David per avere un duplicato, e le infila nella serratura dopo aver lottato per qualche secondo con il metallo scivoloso.
Lo scatto familiare lo tranquillizza solo per un attimo, perché si rende immediatamente conto che qualcosa non va; l'appartamento è stranamente in penombra, il salotto è vuoto, nonostante sia Lunedì; è il giorno libero di David, Kurt lo sa. Dovrebbe essere a casa, è raro che non sfrutti quelle occasioni per dormire fino ad orari indecenti.
Sta quasi per convincersi del fatto che il suo ragazzo sia evidentemente uscito, quando un suono lieve, eppure così dolorosamente chiaro, lo fa precipitare in un incubo. Un gemito spezzato, a cui ne segue un altro. E un altro ancora. Un respiro pesante, qualcuno che ansima. Il cigolio del materasso. Kurt sente che improvvisamente gli gira la testa, mentre una voce - forse un po' masochista - dentro di lui, gli fa i complimenti perché, in effetti, l'aveva previsto.
Ma una parte di lui si rifiuta di crederci; non è possibile, sta solo facendo il melodrammatico come al solito. Starà fraintendendo tutto. Quando lo racconterà a David, ci rideranno su per almeno dieci minuti.
Ma quando i piedi lo portano fino alla camera da letto e la sua mano apre automaticamente la porta socchiusa, ha la netta sensazione che, per un lungo periodo di tempo, non avrà molte ragioni per cui ridere. David è supino sul materasso, nudo, gli occhi socchiusi e un sorriso estasiato sulle labbra; sopra di lui, intento - pare - a divorargli il petto, c'è un tipo tutto muscoli con i capelli biondi e disordinati un po' incollati alla fronte per il sudore.
Kurt non sa esattamente quando si accorgano di lui; forse quando la porta urta la parete, forse quando il fiato gli rimane incastrato in gola, forse quando sentono il rumore ritmico delle gocce d'acqua che continuano a scivolare dai suoi abiti bagnati. Non lo sa. Fatto sta che, ad un certo punto, David spalanca gli occhi, visibilmente terrorizzato, e li punta immediatamente su di lui, irrigidendosi di colpo "Oh merda." mormora il ragazzo sopra di lui, spostandosi di lato.
Questo sembra avere la forza di risvegliare Kurt, ancora troppo intontito per rendersi pienamente conto di cosa sia successo o di cosa stia succedendo; si gira e praticamente corre verso la porta dell'appartamento, sforzandosi di non inciampare e di non scoppiare a piangere proprio lì - non ne vale la pena, continua a ripetersi come un mantra, mentre una vocina maligna dentro di lui gli fa notare che, forse, è proprio lui a non valerne la pena. Scaccia quel pensiero con rabbia, assieme alla voce che continua a chiamarlo con insistenza dalla camera.
"Kurt! Aspetta, maledizione!" Una presa ferrea gli blocca il polso, costringendolo a fermarsi, e ha improvvisamente paura quando si ritrova a fissare l'espressione frustrata e amareggiata di David. Come se dovesse essere lui quello amareggiato, poi. "Non è come sembra. Ti posso spiegare." tenta di convincerlo debolmente David, senza lasciarlo andare. Una risata vagamente isterica abbandona le labbra di Kurt "Non offendere la mia intelligenza" sputa, ingoiando il groppo che gli si è formato in gola assieme alle lacrime; cerca di liberarsi dalla presa dell'altro con una torsione del polso, ma David non glielo permette "Lasciami" sibila furiosamente, cercando di non far trasparire la paura. "Mi devi ascoltare!" Ribatte lui, e sembra quasi arrabbiato. "Non voglio stare a sentire la montagna di stronzate che vuoi rifilarmi!" Sbotta, riuscendo finalmente a liberare il polso.
Stavolta non si lascia fermare; raggiunge la porta in pochi passi, e quando è fuori comincia a correre come non ha mai fatto in vita sua.
Non riesce più a capire se, quelle che gli scorrono sul viso, sono lacrime o pioggia.
Forse entrambe.


Quando arriva a casa è sfinito, e ha come l'impressione che la pioggia gli sia entrata fin nelle ossa.
Fitte profonde di rabbia, dolore e impotenza si uniscono al freddo nel fargli correre dei brividi lungo la schiena; ha pensato spesso che David avrebbe potuto tradirlo, in tutti quei mesi passati lontani, ma ha sempre voluto credere che non gli avrebbe mai fatto una cosa del genere.
In fondo, entrambi hanno - avevano? - solo l'altro, non sarebbe stato saggio tradire l'unica persona con cui potevano essere qualcosa che si avvicinava a loro stessi. Eppure, David l'ha fatto. Ha avuto il coraggio di allontanarsi dal rifugio sicuro delle braccia di Kurt, e ora lui si sente immensamente stupido. Perché l'abbraccio in cui lui si sentiva vagamente al sicuro gli è stato tolto di colpo, e adesso sente un freddo terribile che gli fa tremare le mani.
Bussa con fare incerto, e sa di avere un aspetto terribile. Suo padre e Carole vorranno sapere a tutti i costi cosa sia successo, ma non crede di poter trovare la forza per raccontarlo, non ancora.
Ragiona freneticamente, cercando di inventarsi di sana pianta una storia che giustifichi i suoi occhi rossi e le lacrime che continuano a scorrergli sul viso, ma la porta si spalanca di fronte a lui prima che sia riuscito a pensare a qualcosa. Rimane a fissare Finn con i rivoli di pioggia che gli scorrono sulla schiena e le gocce d'acqua che abbandonano indolentemente i suoi capelli, di solito così perfetti. Finn lo fissa di rimando, la bocca leggermente spalancata per la sorpresa.
Kurt lo supera senza parlare, sforzandosi di tenere gli occhi bassi.
"Coso" dice Finn, squadrandolo attentamente dal basso verso l'alto "Che ti è successo?"
"Niente" mormora Kurt, senza incrociare gli occhi del fratellastro che continuano a cercare i suoi con insistenza "Dove sono Carole e mio padre?"
"Burt è andato all'officina, non sembrava particolarmente di buon umore." Borbotta Finn, ancora perplesso "Mia madre ha il turno in ospedale."
Kurt sospira di sollievo, socchiudendo gli occhi per un attimo: magari non gli andrà tutto male. Be', se ancora è rimasto qualcosa che potrebbe effettivamente andare male.
Si avvia verso le scale, e forse per la prima volta in vita sua non si cura dell'immane quantità d'acqua che sta facendo cadere sul pavimento.
"Ehi!" protesta Finn, seguendolo con passo esitante "Non mi dici cosa è successo? Non mi racconti qualcosa di New York?"
Kurt si gira stancamente e gli rivolge un'occhiata eloquente, scrollando leggermente il capo. Finn guarda un attimo di lato, prima di scrutarlo con attenzione "Va tutto bene?" gli chiede alla fine, serio. Kurt si passa una mano sul viso con aria rassegnata, e un sospiro triste gli sfugge dalle labbra "No" sussurra alla fine con un sorriso amaro, prima di ricominciare a salire le scale con passo pesante.
"Kurt?" lo chiama di nuovo Finn, facendolo voltare.
"Mh?" si limita a rispondere.
"Non chiudermi fuori, okay?"
Kurt lo guarda per un attimo, sorpreso; alla fine annuisce con un minuscolo sorriso, prima di girarsi per dirigersi definitivamente verso la sua vecchia camera.
È quasi strano tornarci. Non perché non se la ricordi o perché sia cambiato qualcosa; ma gli sembra di rivedere il se stesso del liceo, il ragazzino spaventato da tutto e da tutti che cercava così disperatamente di essere accettato soltanto per ciò che era. O magari avrebbe voluto essere semplicemente ignorato. Ed è un'immagine che non gli piace; lo fa solo sentire immensamente triste, e debole. Soprattutto in questo momento; l'idea del Karofsky che gli ha reso la vita un inferno, quella del David che l'ha fatto sentire voluto per la prima volta e quella del David Karofsky che è riuscito a mandare in frantumi una buona parte delle sue certezze con un semplice, stupido tradimento lo sta facendo uscire di testa. Non riesce a pensare con chiarezza, e forse è meglio così. Non può pensare a tutto ciò che David gli ha portato via, a quanto si senta inadeguato e inutile in questo momento, al fatto che, forse, è lui a non valerne la pena ed è colpa sua. Non può pensarci, e vorrebbe solo andare via; pensa immediatamente che potrebbe tornare a New York, ma l'idea di passare quei giorni di vacanza a deprimersi nell'appartamento con la costante presenza di Rachel che cercherà in ogni modo di portarlo fuori per tirarlo su di morale gli danno la nausea.
Il suono del campanello lo distrae, e si irrigidisce quando sente la voce di David risuonare nell'atrio; Finn borbotta qualcosa in risposta che Kurt non riesce a sentire.
Il cuore prende a battergli furiosamente nel petto quando dei passi risuonano per le scale, e si stringe istintivamente le braccia attorno al petto; si rilassa impercettibilmente quando Finn fa capolino dalla porta, lanciandogli un'occhiata eloquente "Giù c'è Karofsky che chiede di te." Borbotta, evidentemente poco felice della situazione; nemmeno a lui David è mai andato a genio. Kurt sente il respiro impigliarsi nella sua gola, e per un momento pensa che forse avrebbe la forza per urlargli addosso e farlo stare male come sta male lui, ma si deve ricredere quando un tremito gli corre lungo la schiena al solo pensiero di vederlo.
Si limita a rivolgere un'occhiata eloquente a Finn, scuotendo lievemente il capo, e il fratello annuisce con un gesto secco e vagamente compiaciuto prima di scomparire di nuovo dietro la porta.
Kurt si accorge di star tremando leggermente mentre sente Finn parlare con tono tranquillo e David rispondere concitato e alterato; ma suo fratello alza la voce, e Kurt lo può immaginare mentre socchiude gli occhi cercando di apparire più minaccioso. Evidentemente funziona, perché la porta d'ingresso sbatte violentemente poco dopo.
Non ha il tempo di sentirsi sollevato, perché il suo cellulare comincia a squillare incessantemente, facendolo sobbalzare. Rifiuta immediatamente la chiamata quando si accorge che è di David, e si affretta a spegnere il telefono prima di lanciarlo sul materasso.
Si copre il viso con le mani, sbuffando, e gli sembra di dover fare uno sforzo immane per trattenere le lacrime che gli premono agli angoli degli occhi. Lo realizza lentamente in quel momento, l'idea si fa placidamente strada nella sua mente: ha bisogno di andare via.
Lontano da lì. Nel posto che gli ricordi il meno possibile tutto quello che sta cercando di lasciarsi alle spalle. Ragiona velocemente mentre il PC si accende con un ronzio pigro, e l'idea dell'Europa si fa strada nella sua mente. Pensa che Parigi sarebbe bellissima, ma storce il naso quando si rende conto che sarebbe anche troppo costosa; opta per l'Italia con un mormorio soddisfatto, analizzando le varie possibilità: Roma o Milano sarebbero un'ottima scelta, ma non ha mai davvero apprezzato le città troppo grandi o affollate.
Il che spiega perché ancora non si senta a proprio agio nemmeno a New York. L'idea perfetta gli fa incurvare le labbra in un sorriso.
Firenze.


****


Note:
Saaalve a tutti!
Buonasera!
Sì, sono di nuovo io. Ormai ho sviluppato una dipendenza.
Dunque. 

Oggi sono uscite le materie d'esame ("Cosa diamine c'entra?"), e ho sentito il bisogno fisico di pubblicare; non ho ancora finito di scrivere la storia, ma non credo mi manchi molto - non penso verrà più di dieci capitoli - e mi impegnerò assolutamente per finirla al più presto.
Aggiornerò Sabato prossimo - stavolta prometto che non farò come con Being a Half, che mi sono ritrovata a pubblicare ottanta volte a settimana :D
Insomma, queste note sono sconclusionate come sempre. 
Spero che la storia vi abbia incuriositi; fatemi sapere, per favore, perché, come al solito, questa storia mi rende molto insicura :)
Un bacione!
P.S. Grazie a Locked, come sempre.
P.P.S. Nel caso non si fosse capito, sono di Firenze. :D

 

  
Leggi le 8 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: Ambros