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Autore: TanatosWyrda    01/02/2014    1 recensioni
"Quando il suo piede si appoggiò sulla enorme piattaforma della Londra spaziale, sorrise.
Finalmente a casa.
Non Casa, quella l’aveva perduta anni fa, ma la Scuola era sempre un luogo a cui sentirsi legato.
Usando il sinistro come piede perno fece una piroetta, guardandosi attorno con aria attenta, poi si diresse con passo deciso e sgraziato verso l’entrata, una volta varcato il portone , verso il suo ufficio."
Un Dottore, "vecchio" eroe andato in pensione... a fare il professore , alle prese con una nuova minaccia da parte degli antichi nemici, riuscira' , fra una stranezza e l'altra a sconfiggerli defintivamente ?
Ma questa volta al suo fianco avrà quatto nuovi inaspettati e strani (non solo strani strani , strani alieni) amici che lo aiuteranno nell'impresa, e magari chissa', che non si innamori? Mai dire mai.
E' una (semi) AU - ambientazione spaziale nel lontano XXXI.
Eleventh
Genere: Fluff, Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Doctor - 11
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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2. Ordinary Straordinary
 
Il viaggio durò circa  un quarto d’ora, con la moderna tecnologia  avrebbe potuto durare più  o meno tre secondi , e col teletrasporto un battito di ciglio ma al Dottore piaceva prendersi del Tempo, sedersi sui seggiolini malconci di quel veicolo del XX secolo - erano ancora visibili alcune pittoresche scritte , memori delle epoche passate , caratteristica era la scritta “ scemo chi legge”, sotto il finestrino preferito dal nostro Dottore- e guardare fuori, il cielo stellato.
Diamine, era l’ultimo dei signori del tempo, se non aveva diritto lui di perdere tempo allora non saprei proprio dire chi ne avesse.
 
Quando il suo piede si appoggiò sulla enorme piattaforma della Londra spaziale, sorrise.
Finalmente a casa.
Non Casa, quella l’aveva perduta anni fa, ma la Scuola era sempre un luogo a cui sentirsi legato.
Usando il sinistro come piede perno fece una piroetta, guardandosi attorno con aria attenta, poi si diresse con passo deciso e sgraziato verso l’entrata, una volta varcato il portone , verso il suo ufficio.
Il suo ufficio che si trovava nell’ala sinistra dell’edificio, sulla parete sinistra spiccavano sul porpora della carta da parati una serie di ritagli di giornale, testimonianze delle sue glorie passate – non che fosse vanitoso ma, orgoglioso sì,dai- e sulla parete sinistra delle piccole cronici di legno che circondavano delle immagini di piccoli papillon, tutti di colori diversi: tutto rispondeva al gusto corrente di British revival che , in quegli ultimi anni del XXX si era diffuso, forse come reazione nostalgica all’epoca di Elisabetta II.
 
Quel giorno doveva tenere una conferenza sui Dalek, infernale razza aliena robotica che , prima di venir sconfitta dal dottore nel XIX secolo, aveva coltivato la passione innata di scorrazzare per l’universo per seminare morte e distruzione: nonostante fosse la 3924324 volta che rievocava quella  vittoria , non si era ancora stancato, anzi, ogni volta il suo racconto si arricchiva di nuovi dettagli, come se, invecchiando , la sua memoria migliorasse.
Quando entrò nell’aula universitaria deglutì rumorosamente: quegli spalti che orbitavano a mezz’aria –cosicché   ogni studente potesse avere una visuale perfetta delle immagini proiettate sulla parete alle spalle della cattedra  - lo terrorizzava , lo faceva sentire accerchiato come quella volta quando , in piedi sulla Pandorica , si era rivolta a tutte le razze aliene esistenti che si erano riunite in quello spazio di universo con l’intento , non dico di ucciderlo, ma di renderlo permanentemente inoffensivo.
Appoggiò le mani sulla cattedra e , dopo aver squadrato uno per uno tutti gli studenti , soffermandosi su uno che aveva una specie di strana protuberanza tentacolare all’interno dell’occhio – accidenti, c’era sempre qualcosa di nuovo da vedere eh?-   sorrise bonariamente, con aria attenta.
E iniziò a parlare.
 
 
Durò circa due ore (senza pause senza interruzioni di nessun genere).
Quando uscì dalla stanza si disse che non avrebbe più parlato per almeno un millennio.
Poi arrivò lui, e lei e l’altro, e l’altra ancora.
Il primo era un alieno , alieno DOC : la pelle verdastra, i tre occhi gialli  , la lingua biforcuta estendibile  e due grossi zamponi da drago.
L’altro, di apparente sesso maschile – apparenza poi confermata – aveva invece due grosse antenne ( il Dottore scoprì solo dopo che erano delle narici)  le braccia pelose ,e un sorriso a mille denti accecante.
Al Dottore quando pose lo sguardo sulle due figure piu minute , sfuggi un sorriso - la femmina, di qualsiasi specie, aveva una grazia connaturata, la grazie di chi può donare vita- : la prima , dall’aria seriosa, aveva una pelle nera come la pece, squamosa, e in certi punti raggrinzita , due occhi dello stesso colore e due sottili labbra, serrate . La seconda era invece l’opposto.
All’apparenza era umana- ma gli umani erano quasi estinti ,o meglio si erano evoluti modificando in modo radicale il loro genoma- ma , ad un occhio esperto come quello del nostro Dottore, appare subito per ciò che era: una Ninfa , non ninfa come la intendi tu , O Lettore,dalle forme aggraziate e quasi evanescenti . No. Era Ninfa nel senso che aveva gli occhi da serpente ,il corpo da umana, le orecchie da elfo e la coda da gatto. Un bel mischiotto,diciamo. ( Infatti dovete sapere che da quando l'Universo si era unito sotto un unica banidera la mescolanza e la ,noi la chiamavamo globalizzione, quindi chiamiamola pure universalizzazione, aveva portato alla creazione di nuove e affascinanti creature mai esistite prima).
 
Quel quartetto si stava dirigendo verso di lui, guardandolo fisso fisso.
Il Dottore ricambiava lo sguardo, fissandoli interessato.
 
 
Il primo alieno , prese la parola: “Sei tu il Dottore?”
 
 
 
 
 
 
NDA.Sembra una Mary Sue? Non lo sarà *sorpresa*
 
   
 
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