The voice someone calls
I soffici ma affilati raggi
giallastri della luna penetravano attraverso la finestra, andando ad
accarezzare il pavimento come lunghe e crudeli dita alla ricerca di qualcosa da
assalire e strangolare; durante la Dark Hour, persino ciò che normalmente era gradevole,
come appunto la luce lunare, assumeva un aspetto inquietante, minaccioso,
pronto a rivelare un lato brutale e deforme.
In quella venticinquesima ora di
cui il mondo ignorava l’esistenza nessun posto era sicuro, nessuno. Neanche il
dormitorio che celava la base segreta del SEES.
Questo Minato lo aveva imparato a
sue spese durante una delle prime notti dal suo trasferimento, quando un essere
spaventoso col volto coperto da una maschera aveva quasi fatto letteralmente a
pezzi lui e Yukari Takeba.
Per questo motivo, nonostante
avessero rassicurato più volte Natsuki Moriyama che sarebbe stata al sicuro tra
quelle pareti e le avessero inoltre raccomandato di non uscire per nessun
motivo, Kirijo-senpai aveva proposto che qualcuno rimanesse a vegliare su di
lei, mentre gli altri si dirigevano al Tartarus per salvare Fuuka Yamagishi; ad
offrirsi, con disappunto malcelato del resto del team, era stato proprio
Minato: il leader, colui che avrebbe dovuto guidarli in battaglia. Come
avrebbero mai potuto fidarsi di una persona simile?
Non che a Minato importasse,
sinceramente parlando; c’erano molte cose di cui non gli importava, forse la
maggior parte che la vita aveva da offrirgli: giovinezza, vitalità, legami –
quei tediosi Social Link di cui Igor non faceva altro che parlare: egli però
non aveva la minima idea di quanto fosse fastidioso socializzare, su questo non
c’erano dubbi.
Amici? Relazioni? Perché creare
qualcosa che prima o poi sarebbe andato distrutto, magari lasciando ferite che
sarebbero perdurate più del tempo speso insieme?
Se c’era una cosa che Minato
sapeva bene è che la vita si riprende tutto quello che dà, prima o poi: in
passato gli aveva dato una famiglia, degli amici, una casa, un futuro… e poi
gli aveva strappato tutto, per dargli in cambio un’ora segreta in cui
combattere contro dei mostri orripilanti, in una mano una spada insanguinata e
nell’altra una pistola con cui spararsi per evocare le più nere e oscure ombre
del mare della sua coscienza.
Junpei aveva smesso di chiedergli
perché la maggior parte dei suoi Persona fossero creature così terrificanti, a
volte anche più degli Shadow che combattevano, quando aveva imparato a
conoscerlo, quando aveva compreso che al di là degli occhi grigi spenti e vacui
c’era un’anima piatta come un mare ghiacciato, incapace di essere riscaldata da
qualsiasi tipo di emozione.
Lo aveva capito anche Yukari
quando, quasi infastidito, le aveva domandato chiaro e tondo che cosa trovasse
di così spaventoso nella morte.
La morte è parte del ciclo della
vita, è l’unica cosa che accomuna tutti gli uomini, è un destino ineluttabile
incontro a cui tutti vanno prima o poi: il tempo non aspetta, trascina tutti
verso la stessa fine. Puoi coprirti gli occhi, tapparti le orecchie e urlare
quanto vuoi: nel silenzio della morte nessuno può sentirti. L’uomo nasce per
morire, tutto qua. Minato la pensava così, era un ragionamento semplice e
lineare, forse solo un po’ prematuro per un diciassettenne; perciò perché
avrebbe dovuto averne paura?
In piedi davanti alla finestra,
il ragazzo dai capelli blu osservava l’esterno senza battere ciglio: il mondo
della Dark Hour non era per lui poi così speciale. Non poteva dire di non
essere stato percorso da un brivido gelido quando si era ritrovato per la prima
volta in mezzo ad una strada insanguinata con bare sparse qua e là come addobbi
natalizi, ma una volta fattaci l’abitudine non appariva più invalicabile.
Aveva imparato a combattere per
una missione in cui era rimasto coinvolto in quell’atmosfera gelida ed
infernale: quando teneva in mano una spada, quando una goccia di sudore gli
attraversava la fronte al suon delle catene di The Reaper, quando il freddo
metallo sulla tempia dell’Evoker preludeva ad uno sparo, in quei momenti Minato
si sentiva vivo come non mai.
Il filo dei suoi pensieri
venne improvvisamente tagliato dalla figura di Natsuki Moriyama in strada, che
avanzava lentamente, passo dopo passo, come in trance; come aveva fatto ad
uscire? Poco importava, la voce che aveva già condotto le sue amiche alla torre
maligna si era ormai impossessata di lei. Non sarebbe stato facile salvarla.
In primo luogo perché
Minato non sembrava avere intenzione di muoversi dal punto in cui era, mezzo
illuminato dalla luna ed immobile, come privo di anima.
«La lascerai andare
senza provare a fermarla?»
Non ebbe bisogno di
voltarsi, quella voce maschile tanto giovane e gentile quanto distante e malinconica
– sembrava provenire da un abisso - aveva imparato a riconoscerla, sebbene il
suo possessore non avesse ancora un nome ai suoi occhi.
Come prevedibile, Minato
non rispose.
Ciò spinse il bambino
dagli occhi terribilmente azzurri a parlare ancora una volta, fermo nel suo
angolo di fianco al letto, dove sostava immerso nelle tenebre «Ormai dovresti
averlo compreso… che un Persona User non può scappare al suo destino.»
Il suo corpo di dissolse
e comparì poco distante da quello del ragazzo più grande, sembrava ancora più
pallido quando illuminato dalla luna; le iridi sterili osservarono a lungo il
Tartarus, luogo dove la battaglia tra il SEES e la prova di quella luna piena
si stava consumando, quindi si sollevarono gradualmente fino ad incontrare
quelle di Minato.
«Sta accadendo proprio
in questo momento. I tuoi amici stanno combattendo senza speranza contro
qualcosa che non possono sconfiggere.» sentenziò, ma diversamente da quanto si
aspettava, sul viso smorto del Persona User comparve solo una sottile smorfia
di disgusto.
Egli infatti non amava
quella parola «Amici… loro sono solo persone da assecondare per accrescere il
potere dei miei Persona.»
E, sagace come sempre,
il bimbo vestito da carcerato insinuò «Hai mai pensato che potrebbe essere
proprio per questo che i tuoi Persona sono così orribili?» Minato si zittì,
sembrava infastidito «E se fosse proprio la mancanza di un rapporto genuino ad
impedirti di evocare Persona più potenti ed aggraziati? Dopotutto, il Persona è
lo specchio dell’anima.»
In quel caso lui doveva
avere un’anima davvero marcia, se si pensava al Yomotsu-Shikome che aveva
evocato pochi giorni prima. Ma perché avrebbe dovuto migliorarsi, uscire dal
confine che aveva creato tra i suoi sentimenti ed il mondo esterno, perché
avrebbe dovuto permettere ancora al destino di ridurlo a un bambino indifeso e
tremante che chiamava una madre che non lo avrebbe mai più abbracciato? No,
Minato non voleva rivivere quelle emozioni, non dopo tutta la fatica fatta per erigere
il suo muro d’indifferenza…
«Moriranno tutti.»
Per la prima volta, il
bambino vide l’adolescente esternare una minima emozione, sgranando gli occhi;
Minato cercò con lo sguardo il Tartarus e poi lo strano individuo, che però era
già scomparso nell’oscurità.
«Moriranno…?» ripeté a
voce bassa, mentre sul suo petto gravava un’emozione che mai avrebbe desiderato
sentire di nuovo: preoccupazione. La morte era un fatto del tutto naturale,
l’uomo nasce per morire, non si può eludere la fine, ma… ma allora perché la
prospettiva di perderli lo faceva agitare, gli faceva battere il cuore? Infondo
erano solo persone conosciute da due mesi, con cui viveva giorno dopo giorno la
stressante routine della vita quotidiana e di notte in notte l’incubo reale
peggiore di sempre.
Lui però, senza di loro,
sarebbe stato di nuovo solo.
Solo come lo era stato
per anni, come quando si era sentito nel momento in cui The Magician aveva
cercato di ucciderlo, prima che Yukari gli salvasse la vita. Abbassò lo sguardo
nella nebbiolina verde che lo avvolgeva in un asfissiante abbraccio, e ancora sibilò
«… Moriranno.»
Ed attraverso l’etere,
il sussurro del bambino senza nome gli venne in soccorso «Tu hai il potere di
cambiare il loro destino.»
Natsuki era ormai
scomparsa, inghiottita dalle vie di Port Island e diretta al Tartarus, là dove
i suoi compagni lottavano per una vita che non sarebbe stata loro risparmiata.
Minato non sapeva se un
giorno quelle persone che ora definiva solo compagni o complici in crimine
sarebbero divenuti amici, né la totalità del suo animo voleva dar vita a
una speranza simile – una piccola parte di lui però sì, non poteva non
riconoscerlo.
Egli, che era riuscito
ad accettare l’inevitabilità della morte, che cosa avrebbe fatto trovandosi
davanti ai cadaveri delle persone attorno a cui ruotava ora la sua vita? Che
cosa avrebbe fatto rivivendo ancora una volta la stessa disperazione di essere
immeritevolmente di nuovo l’unico sopravvissuto?
Non aveva molto tempo.
***
«Non funziona niente!
Continuano a cambiare proprietà!» urlò Yukari allo stremo delle forze; il suo
arco si era rotto e il semplice Garu di Io non sembrava sufficiente neanche a
scalfire i due enormi Shadow che li avevano attaccati di soppiatto.
Mitsuru-senpai era stata
la prima ad essere spazzata via come un ramo spezzato, e privata anche del suo
Evoker giaceva poco distante da lei, sembrava soffrire molto a causa del
terribile schianto.
Fuuka Yamagishi, accanto
alla svenuta Natsuki Moriyama, forniva quanta più assistenza possibile con
l’aiuto di Lucia, il suo Persona fresco di risveglio, ma a poco serviva dal
momento che Akihiko-senpai e Junpei non avevano abbastanza energia spirituale,
che gli era stata praticamente risucchiata dalla Dark Hour.
Se fossero andati avanti
così non ci sarebbe stato scampo per nessuno! Se solo Arisato-kun fosse stato
lì con loro…!
“No, non devo pensare a
lui!” strinse i denti rabbiosamente: Minato non era lì, non sarebbe corso in
loro aiuto, si era persino fatto scappare Natsuki da sotto il naso. Non
avrebbero mai dovuto fare affidamento su un ragazzo così instabile.
«Le debolezze di The
Empress sono cambiate di nuovo!» avvertì con la sua voce squillante la nuova
Persona User «Adesso è debole al fuoco e riflette l’elettricità!»
Ma la sua voce raggiunse
troppo tardi Akihiko, che aveva appena lanciato il suo Mazio proprio contro
quella Shadow; l’attacco fu inevitabilmente riflesso e il boxer crollò sulle
ginocchia, il corpo attraversato da scariche elettriche che lasciarono i tre
più giovani letteralmente senza fiato, Fuuka inorridì.
«Akihiko!» lo chiamò
disperata Mitsuru, alla ricerca furiosa di un Evoker o di un’arma, di qualsiasi
cosa che le permettesse di reggersi in piedi e scagliarsi contro quei dannati
Shadow che li stavano massacrando.
«Maledetti figli di…!»
con quella imprecazione tipica di lui, Junpei si lanciò addosso a The Emperor,
senza ascoltare Fuuka che tentò di avvertirlo che gli attacchi slash non
avrebbero sortito alcun effetto, e così la katana del giovane si incrinò
durante il contatto con il corpo dello Shadow, inefficacie. Anche il ragazzo
venne colpito violentemente e sbalzato via, a qualche metro di distanza da
Yukari, sul pavimento a scacchi freddo e nudo.
«Junpei, stai bene?» la
ragazza gli si avvicinò veloce ed evocando Io iniziò concitatamente a curarlo,
mentre egli, col fiatone, si lamentava più della propria inutilità che delle
ferite «Resisti!» lo spronò la bruna, in segreto sempre più priva di speranza.
Fu allora che un rumore
indefinito in lontananza attirò l’attenzione di tutti, compresi i nemici;
sembrava il rombo di un motore proveniente dall’ingresso della torre.
Approfittando del momento di smarrimento degli Shadow per riprendere le forze,
Yukari terminò di curare Junpei e si recò da Mitsuru con le forze che le
rimanevano; ma quando il suono aumentò d’intensità fino ad essere ben
riconoscibile…
«La mia motocicletta?» esitò
la rossa, combattendo contro il dolore alle costole, sicura di aver lasciato la
vettura fuori, molto lontano da dov’erano ora.
Com’era possibile che…?
Finalmente dall’oscurità
emerse una figura che di secondo in secondo andava delineandosi: era davvero la
moto di Mitsuru, e a cavallo di essa era…
«Non dirmi che…» Yukari,
così come tutti i presenti, sentì un vento caldo di speranza investirla ed un
sorriso invaderle prepotentemente il viso «A-Arisato-kun!»
Se non lo avesse visto
coi suoi occhi non ci avrebbe creduto, ma era proprio lui: il leader dallo sguardo
perso e i modi bruschi, era venuto a salvarli.
A cavallo della moto
della senpai, opportunamente presa in prestito, Minato strinse i denti mentre
davanti a lui le sagome degli Shadow e dei suoi compagni divenivano più chiare.
Premette l’acceleratore,
con l’aria che gli sferzava il viso fregiato di un’espressione che sembrava
invitare gli avversari a recitare le loro ultime preghiere; puntò l’Evoker alla
propria testa e premette il grilletto.
«PERSONA!»
Note
dell’autrice:
Salve gente! Sì, sono ancora
viva. E dire che il mio account EFP sembra morto, invece il mio laboratorio di
scrittura è attivo tutti i giorni e tra
non molto tornerò con una nuova long! Per adesso rieccomi nella sezione di
Persona 3, il mio videogioco preferito. Questa short è ispirata al primo film, “Spring
of birth”, da quel che ho letto sui blog di stranieri che hanno visto il film
al cinema, *SPOILER* Minato non parteciperà alla missione di soccorso di Fuuka
ma resterà con Natsuki, salvo poi salvare tutti arrivando in sella della moto
di Mitsuru xD perciò l’ho ricollegato al pezzo dei trailer in cui Pharos gli
dice “moriranno tutti” e ho creato questa storia, che non saprei se definire
AU. Quando avremo i sub del film lo sapremo!
Spero che vi sia piaciuta e
soprattutto di tornare a pubblicare presto!
Until then, farewell.
Sely.