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Autore: SoGi92    02/02/2014    3 recensioni
L'amore fraterno non ha limiti. Malgrado le scelte che compiono, per quanto sbagliate possano essere, i fratelli si sostengono.
Il giovane Erik Miller scoprirà a proprie spese quanto questa frase sia giusta.
Genere: Commedia, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Ti voglio bene, ma…

Capitolo 1

 

La mia vita non si poteva definire perfetta, ma si avvicinava molto alla definizione: un bel lavoro, un appartamentino, una ragazza che amavo alla follia. Tutto filava liscio come l’olio… almeno fino a quando il mio capo non mi convocò nel suo ufficio…

-V…voleva vedermi mr. Leed? – dissi, aprendo cautamente la porta della stanza. Quell’uomo mi mandava in agitazione. Forse erano i suoi baffi volti all’insù, oppure quelle sue mani così grandi da poter distruggere un masso… insomma qualunque cosa fosse preferivo non essergli intorno nei momenti di collera.

Lui non mi ripose. Si limitò ad indicarmi la sedia di fronte alla sua scrivania. Pessimo segno, pensai. Feci qualche passo e mi sedetti. La sua espressione non lasciò trapelare nulla di buono. Male!

-Signor Miller… da quanto tempo lavora per noi? – mi chiese. Deglutii rumorosamente. Non capivo il motivo di quella domanda. –Forza, risponda. – insistette.

-Da quasi quattro anni signore… - risposi titubante.

Lui annuì e si porto una mano al mento. –Giusto… e in questi quattro anni deve aver appreso molto. Non ho forse ragione signor Miller? –

Lo guardai confuso. Quel discorso sembrava non avere né capo né coda. –Certo mr. Leed… ho appreso molto. –

-E senz’altro avrà anche notato come il nostro settore sia fortemente scosso da questa crisi – annuii senza proferire una parola. Sentii un brivido attraversarmi la spina dorsale, il solo fatto che stesse menzionando la situazione in cui vergeva la nostra azienda era di per sé un pessimo segno. –E sarà senza dubbio a conoscenza dei numerosi tagli da effettuare per non affogare, mi sbaglio? –

-N… no signore… non sbaglia… -

Leed mi fissò dritto negli occhi. Potevo leggervi dentro le parole che stava per pronunciare… -Sono dolente di informarla che la commissione ha deciso di ridurre il personale anche nel suo settore… sono stati scelti i tre dipendenti con meno esperienza. Mi dispiace dirle che tra quei nomi c’è anche il suo. –

Iniziai a sudare freddo. Sono certo che se in quel momento mi avessero sparato non me ne sarei nemmeno accorto. Deglutii –V…vuol dire che sono… l…licenziato? – chiesi, con un sussurro. Quasi non volessi che sentisse.

 

Non rispose. Continuò a fissarmi e annuì. –Ha tempo fino a venerdì per liberare la sua scrivania. –

Si alzò ed io lo imitai, continuando a fissare il vuoto. Mi porse la mano. –Le faccio i miei migliori auguri. –

Non dissi nulla. Gli feci un cenno di saluto e, come un automa tornai alla mia, ormai, ex postazione. Iniziai a riporre le mie cose in una scatola che già si trovava sulla scrivania al mio arrivo. Qualche collega doveva aver già saputo del mio licenziamento.

 

Quella sera tornai a casa. La prima cosa che feci fu chiamare Ally per darle la “buona” notizia, e sperare in un po’ di conforto da parte sua.

-Pronto?

-Amore… sono io. Ho una pessima notizia da darti… -

-Santo Cielo! Non ti sarai fatto male!

-No, no… nulla di questo genere… - presi un bel respiro e radunai tutto il coraggio. –Sono stato licenziato. –

Ci fu un momento di silenzio.

-Arrivo subito.

Dopo pochi minuti suonò alla mia porta e, non appena aprii entrò come un fulmine e si mise a camminare avanti e indietro.

-Ed ora come facciamo? –

La guardai stranito. –Come: “come facciamo”? Sono stato io ad essere licenziato, non tu! –

-Be’, ma ti rimboccherai le maniche spero! Dovevamo sposarci a giugno, per allora avrai trovato qualcosa, no? –

-Non lo so amore… per com’è messo il mercato del lavoro non si può dire… - lessi l’ansia e la preoccupazione nei suoi occhi.

-Vuoi… vuoi dire che non ci potremmo sposare? – la vidi: era sull’orlo di una crisi di pianto. Mi avvicinai a lei e la strinsi forte, se avesse iniziato non avrebbe più smetto.

-Ma no amore… solo che dovremmo farlo un po’ meno in grande… ed aspettare per acquistare una nuova casa… e forse, per un po’, dovrai provvedere tu alle entrate… - non appena finii di pronunciare quella frase Ally si staccò bruscamente.

-Cosa?! Vuoi dire che dovrei lavorare! – mi chiese scandalizzata.

-Credevo lavorassi già… - rimasi basito. Aveva un impiego come segretaria in uno studio medico. Non avevo la minima idea che volesse lasciarlo.

-Certo che lavoro, ma non ho intenzione di mantenerti dopo sposati! –

In quel momento pensai di aver sentito male. Non potevo essermi innamorato di una donna così superficiale… Le misi le mani sulle spalle per calmarla. –Cara, vieni con me… - la condussi in salotto e l’accostai al divano. –Ecco… siediti. Forse tutta questa storia ti ha un po’ agitata. So che sarà un grande cambiamento, ma vedrai che lo affronteremo insieme. –

-Certo, come no! E in che modo vorresti affrontare la questione? –

Mi guardai intorno. Sapevo che per tirare avanti avrei dovuto fare delle rinunce, oltre a quelle appena dette… -Pensavo di lasciare questo appartamento. Dopo sposati potremmo vivere in uno un po’ più piccolo. Verso la periferia magari… -

-Cosa! – esclamò, muovendo la testa da una parte all’altra. –Vorresti farmi vivere in una specie di topaia? –

-Tesoro, calmati… so che sarà difficile abituarsi all’inizio, ma vedrai che… - mi bloccò e si posizionò di fronte a me.

-Senti Erik… io ti amo… ma non sono pronta a tutto questo… -

-Cosa intendi? – chiedi, sudando freddo per la seconda volta quel giorno.

-Non posso affrontare questo… mi… mi dispiace…- si sfilò l’anello dal dito e me lo mise in mano. Si voltò e uscì dall’appartamento lasciandomi a bocca aperta.

Non ho molti ricordi di quella notte. Ciò che so di per certo è che chiamai il proprietario dell’immobile per avvertirlo della mia imminente partenza e della recessione dal contratto. Dopo aver bevuto un numero imprecisato di bicchieri, ripresi il telefono in mano e chiamai mia sorella Jennifer.

Abitava in un piccolo paesino appena fuori la città, nella casa un tempo appartenuta a nostra nonna. Mi parve sorpresa nel sentire la mia voce.

-Erik… sei tu? – chiese, appena rispose.

-Ciao sorellina… - continuai a ridere come un pazzo –Sai la novità? Mi hanno licenziato… e non è tutto sono stato pure mollato da Ally… - ero accasciato sul divano con telefono appoggiato, per miracolo, all’orecchio.

-Oh no… Erik, mi dispiace. Come ti senti? – sicuramente aveva capito che, in quel momento, non ero proprio me stesso.

-Una favola… inoltre ora non mi posso più permettere di stare in questo appartamento. Ho chiamato il proprietario, che è stato così gentile da… da lasciarmi tre giorni per smontare baracca e burattini… - risi di nuovo. Per fortuna l’alcol mi rendeva allegro, altrimenti avrei aggredito la povera Jennifer.

-Erik… - la sentii sospirare. Era sempre stato nel suo carattere preoccuparsi per me o per nostro fratello. –E ora dove andrai?

Alzai le mani, come se avesse potuto vedermi –Non ne ho idea! Sotto un ponte? – caddi dal divano dalla forza della risata.

-Erik… vieni da me! – a quelle parole mi ripresi del tutto.

-No, ti darei troppo disturbo. Non voglio interferire nella tua vita. –

-Ma che dici, sono tua sorella maggiore. E quindi niente scuse: vieni da me!

Biascicai un –Ok…- riattaccai e tutto diventò buio… se non fosse stato per la chiamata di Jennifer del giorno seguente non mi sarei mai ricordato della “promessa” fattale.

 

N.d.A.: Salve a tutti! Eccomi con una nuova storia. Sempre più Nonsense ‘-.-

Spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto. ^^

Grazie a chi avrà la pazienza di leggerlo!

A presto SoGi!

P.S.: Un grazie a Fly90 per la correzione ^.*

   
 
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