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Autore: DK in a Madow    03/02/2014    2 recensioni
[Billie Joe + Norah Jones]
- Pronti! – dico al microfono, le mani ficcate nel fondo delle tasche dei pantaloni, Norah che le tiene dietro la schiena, quasi un nodo annodato alla vita.
È un soffio, un giro d’accordi, le nostre dita, il suo piano, la mia chitarra. Ci sono altri musicisti, altre note, altri strumenti, eppure a me sembra di essere soli mentre la sua voce e la mia si uniscono, confondendosi, mischiandosi.
Genere: Fluff, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Billie J. Armstrong
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Waves of joy are drifting through my open mind
Possessing and caressing me
(Across The Universe – The Beatles)

My heart is drenched in wine
But you'll be on my mind
Forever
(Don’t Know Why – Norah Jones)

It'll pass
The swelling never really lasts
But the scar remains remind me
That I'm still living
(Walk Away – Green Day)

 

 

 

Maybe fate will lead us down a path where we will meet again.

 

 

 

Estate 2013, Magic Shop Studio, NYC.

 

bj+n- Quindi è un “sol”, giusto? – chiedo, aggrottando la fronte, i miei occhi in direzione dei suoi che subito si sollevano in alto, pensierosi, il suo dolce labbro inferiore lievemente sporgente, in un’espressione che vedresti dipinta solo sul volto di una bambina che prova a fare a mente un calcolo complesso.

- Hmm. – sussurra, la sua bocca piegata da un lato, prima di ruotare sul suo sgabello, le sue dita che subito incontrano i tasti del piano forte e, dopo una breve ma attenta ricerca, compongono l’accordo esatto - È un “fa bemolle”, Mr. Armstrong.

- Oh, grazie Miss Jones. – dico, imitando la sua voce sabbiosa, segnando l’accordo sul foglio – Bene, Silver Harired Daddy è conclusa. Cosa abbiamo in scaletta?

- Down In The Willow Garden. – risponde lei, sorridendo – L’ultima volta che l’abbiamo provata era perfetta. Credo si possa già registrare. – aggiunge entusiasta.

Piccola, le guance tonde, quei lineamenti perfetti e sinuosi che ricordano le dune di un qualche deserto indiano, dentro al quale si conserva quella voce che sembra quasi un lembo strappato al vestito del vento. Nei suoi occhi una determinazione mista a un pizzico di nostalgia, tracce che ormai ho imparato a riconoscere e a studiare davanti allo specchio, quell’ombra malinconica che si porta dietro chi è cresciuto senza un padre.

- Va bene. – acconsento, abbandonando la mia chitarra contro il muro e alzandomi in piedi, lei che già è sgattaiolata davanti al microfono, il suo vestito blu che ondeggia ad ogni passo. Sopra la moquette, i suoi piedi si muovono nudi. Goffo, mi avvicino a lei, entrambi indossiamo le cuffie, mentre dall’altra parte del vetro aspettano le nostre indicazioni.

- Pronti! – dico al microfono, le mani ficcate nel fondo delle tasche dei pantaloni, Norah che le tiene dietro la schiena, quasi un nodo annodato alla vita.

È un soffio, un giro d’accordi, le nostre dita, il suo piano, la mia chitarra. Ci sono altri musicisti, altre note, altri strumenti, eppure a me sembra di essere soli mentre la sua voce e la mia si uniscono, confondendosi, mischiandosi.

 

Down in the Willow garden
Where me and my love did meet
As we sat a-courtin'
My love fell off to sleep

 

Un valzer malinconico e country, il nostro, io che lo guido a occhi chiusi, lei che mi segue decisa. La sua voce è una carezza così disperata e fragile che apro lo sguardo sul suo volto, scoprendo il suo perso tra le mie labbra mangiucchiate, imitandole alla perfezione, rubandone anche il minimo respiro che quasi mi manca.

Norah è una creatura strana.

Oriente e occidente nel suo sangue, sulla sua pelle.

Norah è qui, puntuale ogni giorno, così pulita, semplice, ma in qualche modo cinica, diffidente, attenta a tenere sempre un passo di distanza tra me e lei. Non è per vanità, anzi, la sua umiltà è disarmante a volte, ma per un’insicurezza che proviene dai tempi in cui magari guardava le sue coetanee mano nella mano con l’uomo che le aveva concepite, vederle giocare, felici, fiere come se quello fosse il loro primo fidanzato, mentre lei continuava a fissare le punte delle sue scarpette rosse fingendo di non notarle.

Norah è una creatura strana, così fragile da arrampicarsi alle labbra di chi  conosce appena.

 

 

 

13 Febbraio 2005, Staples Center, L.A.

 

Questo è il momento del “che cazzo ci faccio qui?”.

Stevie nascosto dietro ai suoi occhiali, Steven e le sue corde vocali di fuoco, la voce di Bono che rimbalza nello studio;siamo solo all’inizio di Across The Universe e già sono nel panico. Scordo tutto, se continuo così lascerò scappare anche le parole, così le ripeto mentalmente, sperando di non inciampare.

 

Jai Guru Deva OM …
Nothing's gonna change my world …
Nothing's gonna change my world …

 

Come per magia, le parole che scorrono nella mia mente si materializzano, un po’ più in giù, sulla mia sinistra. Quando mi volto, trovo gli occhi disorientati di Norah Jones, che sembra affondare nel suo vestito bianco e nero, dondolandosi come una bambina, cantando le stesse parole che ripeterò tra un po’. Mi guarda come a voler cercare conferma in ciò che sta facendo, ma poi si volta all’accenno di un mio sorriso.

“È una creatura fragile”, penso.

 

 

- Billie, dai! – esclama, pulendosi le labbra con le punte delle dita.

- Ho fame! – rimbecco io, rubando l’ennesima forchettata di patate al forno dal suo piatto e imboccandomela.

Little Italy è a qualche isolato dagli studi di registrazione e, come ogni giorno da cinque giorni a questa parte, andiamo a “La Mela”, scherzando davanti a un piatto di spaghetti o confidandoci qualcosa l’uno dell’altra bevendo un buon caffè, per poi tornare a piedi, passeggiando indisturbati come due vecchi amici.

- Non l’avevo notato. – ride lei, per poi poggiare il mento sulle sue mani, io che ingoio maleducatamente, battendomi un pugno sul petto.

- Ora sono a posto. – annuncio, passandomi una mano sulle guance dove ho lasciato crescere un po’ di barba.

- Devi esserlo! – esclama, guardando l’orologio – Dobbiamo tornare in sala.

- Agli ordini, capo! – dico, per poi pagare il conto da bravo gentiluomo il quale non sono.

- Prima o poi ti offrirò una cena indiana. – promette lei, mentre camminiamo sottobraccio sul marciapiede.

- La cucinerai tu? – domando, curioso.

- Ovviamente. – dice lei, sollevando il mento – No! – aggiunge poi, ridendo con me – Non so cucinare, sono negata.

- Wow, Norah Jones che non sa fare qualcosa! – esclamo, arricciando le labbra dispettoso.

- Scemo. – mi rimprovera, battendo un pugno sul mio braccio – Ah, New York! – sospira poi all’improvviso.

- È il tuo habitat. – dico teneramente.

- Già. – ammette lei, piegando gli angoli della bocca - È casa mia, il mio cuore.

- Che fai? Mi rubi le metafore, Jones? – la rimprovero, dandole una spinta scherzosa.

- Non posso farci nulla se sei così famoso, Armstrong! – dice lei col tono di chi la sa lunga, per poi incupirsi, una nuvola che solca il cielo del suo viso - È un peso, vero?

- Cosa? – chiedo senza capire.

Mi guarda incerta, come se si vergognasse di fare la domanda che le attraversa la mente.

- Il successo. – sussurra – Non senti come se dovessi scappare, prima o poi?

Oh, Norah. Non sai quanto. Fuggirei anche ora. Con te, probabilmente, che in questo istante mi capisci più di chiunque altro. Eppure, essere qui, con te, è già una fuga. È già una mezza libertà. Etichette si accavallano sul mio nome, una dopo l’altra, senza che nessuna si avvicini a ciò che sono realmente. Con te no. Con te scopro il piacere di cantare, suonare qualcosa di diverso, qualcosa che mi fa tornare bambino e con una spazzola in mano immagino di essere Frank Sinatra. Sto scappando Norah e mai come ora, mentre imbocchiamo il corridoio della sala di registrazione, sento che la direzione in cui vado sei, stranamente, tu.

- Lo sto già facendo. – dico, fermando il nostro avanzare, lei che mi offre uno sguardo disorientato, simile a quello di nove anni fa e sembra quasi che il destino si stia divertendo con noi due.

- Davvero?

Annuisco al suo soffio di voce. Poi le mie mani sono sulle sue guance, i miei pensieri via da qualsiasi piega della mia mente, le mie labbra contro le sue. Dolci, accennate. Le sue mani sulle mie, la mia schiena curvata, stranamente, verso il basso. Sapere che è più bassa di me, mi fa sorridere tra il nostro bacio, che resta fermo, sospeso, equilibrato, un impercettibile valzer di movimenti, anche ora che siamo in silenzio e le nostre lingue s’incontrano mute.

Non è il momento delle domande.

Non è il caso di far spazio ai dubbi.

Solo io e lei. Un sorriso.

- Andiamo.

Un microfono. Due voci.

Noi.

Per sempre.






















Note della pazza:
#foreverly
Aaaaw, gnà.
Ditemi che non sono l'unica che ha immaginato una cosa del genere, VE PREGO!
Ok, detto ciUò, vi dico che sono molto contenta di tornare da queste parti, anche se ho come l'impressione che questa OS non se la filerà nessuno, ma va beh.
Hmm, per quanto riguarda alcuni particolari su Norah, leggete la sua bio su Wiki, non mi va di spiegare tutto! :'D
Ehm, niente, sono convinta che il destino si sia divertito con questi due, ergo ho deciso di divertirmi anche io :3
Niente, spero vi sia piaciuta. Almeno un po'.
Un abbraccio,
Franny

   
 
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