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Autore: LondonRiver16    03/02/2014    5 recensioni
- Tommy, che c’è?
- Nulla, torna a dormire – rispose il ragazzo, lapidario, lo sguardo fisso sulla parete di fronte.
- Sai che non lo farò – ribatté Adam, mettendosi a sedere.
Sì, lo sapeva. E quando sentì la sua mano sulla propria spalla non poté fare a meno di piegare la testa fino a premerci contro la guancia per sentire più vicino possibile quel calore, quella stretta, per lasciarsi distrarre.
- Un incubo? - suggerì la voce pacata del più grande, sempre più vicina.
- Sì.
(Legata a "I'm gonna make this place your home").
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Adam Lambert, Tommy Joe Ratliff
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
- Questa storia fa parte della serie 'Home'
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V, questa è la tua giornata e non esiste che pubblichi qualcosa senza dedicartelo. Buon compleanno, sorellina <3

 

 

 

 

 

 

 

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Dopo secondi, minuti, ore che si ostinava a tenere le palpebre serrate per inseguire la chimera di una pace notturna che sembrava averlo dimenticato, finalmente le socchiuse e subito il buio e il silenzio assoluti della camera da letto gli strinsero con dolore la bocca dello stomaco.

Il cuore, preso dal panico, cominciò a galoppargli forte in petto prima che il ragazzo si accorgesse che no, non era così buio: i raggi di luna filtravano attraverso le tende sottili e rischiaravano il pavimento, le lenzuola, le masse informi dei corpi che vi si nascondevano sotto.

E no, non era così silenzioso: c’era il respiro calmo, regolare e inconfondibile di Adam che dormiva sdraiato accanto a lui, sull’altro lato del materasso.

Cercando di muoversi il meno possibile per non disturbare i suoi sogni tranquilli, Tommy scivolò a sedere sul bordo del letto e cercò il pavimento con le piante dei piedi nudi prima di prendersi la testa fra le mani e smettere di trattenere un sospiro a metà fra lo scocciato e il sofferto. Le tempie gli dolevano come se vi fossero stati piantati dei chiodi, i suoi pensieri ronzavano come vespe e il suo animo vagava sconsolato dietro interrogativi malvagi, da auto-lesionisti, che non facevano che allargare il vuoto che sentiva divorarlo dentro. Quello era l’effetto che gli facevano molte notti, ultimamente.

Sentì gli occhi bruciare in procinto del pianto non appena rifletté che quella depressione era sempre più preoccupante. Poi un movimento, alle sue spalle, e un altro, uno spostamento di lenzuola e coperte, gli fecero capire che Adam si era sollevato su un gomito per fissare la sua schiena nuda, che non era più solo in quella fuga in cui più correva per salvarsi più si convinceva che l’unica preda designata era lui.

E dopo pochi secondi arrivò anche la conferma della sua voce calda, sebbene un po’ smorzata dal sonno.

- Tommy, che c’è?

- Nulla, torna a dormire – rispose il ragazzo, lapidario, lo sguardo fisso sulla parete di fronte.

- Sai che non lo farò – ribatté Adam, mettendosi a sedere.

Sì, lo sapeva. E quando sentì la sua mano sulla propria spalla non poté fare a meno di piegare la testa fino a premerci contro la guancia per sentire più vicino possibile quel calore, quella stretta, per lasciarsi distrarre.

- Un incubo? - suggerì la voce pacata del più grande, sempre più vicina.

- Sì – annuì Tommy, prendendosi qualche secondo per strofinarsi un occhio prima di ammettere che stava solo cercando di sedare il tutto. – No, è una stronzata. La verità è che non riesco a chiudere occhio.

Sospirò pesantemente subito dopo averlo confessato e mentre il suo petto si abbassava per l’abbandono d’aria la sua schiena accolse con sollievo l’accostarsi del torace di Adam, che gli si posò addosso mentre il moro faceva scivolare le braccia attorno alla sua vita per potersi stringere a lui.

Ancora una volta Tommy capì che era pronto a rimanere sveglio con lui per tutto il resto della notte pur di essergli d’aiuto e il senso di colpa lo prese alla gola senza preavviso. Erano quasi tre settimane che Adam andava incontro alle esigenze di quella viziata della sua insonnia, che ad ogni modo non pareva avere la minima intenzione di starlo a sentire.

- Mi pareva stesse andando meglio del solito ieri sera – sussurrò Adam al suo orecchio, carezzandogli la spalla con il mento, incredibilmente suadente in ogni più piccola premura. – Ti sei addormentato quasi subito, mentre di solito ti ci vuole un po’. Dopo aver fatto l’amore, intendo – specificò, baciandolo sulla nuca, all’attaccatura dei capelli. - Invece sembravi così esausto… ero sicuro che avresti dormito almeno otto ore filate.

- Mi sono addormentato prima di te – confermò Tommy, chinando il capo in avanti per spianare la via alle sue labbra. – Ma è durata solo un’oretta.

Adam si permise di perdere qualche secondo a inumidirgli la base del collo di baci prima di riportarlo a terra con quel tono fra il seducente e l’impensierito.

- C’è qualcosa che ti preoccupa? O è solo che non riesci a prendere sonno, così, senza un motivo?

Al sicuro nel suo abbraccio delicato, Tommy rifletté senza fretta, gli occhi scuri ora puntati sullo spicchio di luna piena che s’intravedeva nell’angolo in alto a destra della finestra, oltre i tendaggi.

- Sì, credo si tratti di questo – bisbigliò infine, palesandolo a se stesso solo una frazione di secondo prima di rivelarlo al compagno. - Ci sono dei pensieri che non riesco a scacciare.

Una volta che della sua frase trasudante un’angoscia malcelata non fu rimasta che l’eco, Tommy sentì le mani di Adam salirgli piano dal ventre al torace e cominciare a carezzarlo con infinita delicatezza e chiuse gli occhi quando la presa delle braccia del ragazzo attorno alla propria vita si fece più intima, abbastanza da far combaciare alla perfezione la schiena dell’uno e il torso dell’altro e da permettere al più grande di lasciargli un leggero bacio a stampo appena sotto la mandibola.

- Allora perché non ne parli un po’ con il tuo confidente preferito? – propose il moro.

Tommy accennò un sorriso, spostando lo sguardo dal mondo esterno a quella piccola porzione del suo viso che sporgeva da sopra la sua spalla destra.

- Non so se lo troverò sveglio e disponibile a parlare con un ragazzino logorroico e dalla mentalità contorta a quest’ora della notte – scherzò a voce bassa, nascondendo il gioco abbastanza bene da permettere alla commediola di reggere. - E se fosse in giro a godersi il ritmo della movida?

- Hm, ha sempre tempo e pazienza a volontà per te – ribatté Adam, salendo con le labbra a baciarlo appena sotto l’orecchio, sul lobo che solo di notte si liberava dei ferri, quindi sulla cortissima basetta bionda. - Dopotutto non sei un ragazzino logorroico e dalla mentalità contorta qualunque – considerò ancora, sorridendo accorto, per poi tirarlo a sé con più decisione: - Sei il suo ragazzino logorroico e dalla mentalità contorta.

Tommy sghignazzò piano fra le sue braccia, la testa ripiegata all’indietro, e il maggiore ne approfittò per catturargli le labbra in un bacio all’incontrario che da semplice e soave si fece più intrusivo, per quanto lento, finché il maggiore non si separò da lui e completò il tutto baciandogli la punta del naso e sorridendogli come a un bambino adorabile.

- Vieni, improvvisiamo una seduta psicoterapica – suggerì a quel punto, mettendosi seduto a gambe incrociate al centro del letto e battendosi una mano sulla coscia per invitarlo a raggiungerlo.

Tommy, che si era voltato verso di lui non appena il maggiore si era allontanato dalla sua schiena, alzò un sopracciglio con fare perplesso e morbosamente interessato in direzione del corpo del ragazzo, interamente nudo se si escludeva il paio di boxer che chissà quando si era infilato.

- Una seduta psicoterapica con medico e paziente in biancheria intima e con la mia faccia pericolosamente vicina ai tuoi boxer? Non pensa che finiremo per andare un po’ oltre le confidenze, dottor Lambert? – insinuò con un sogghigno malizioso, e Adam alzò gli occhi al cielo.

- Tommy, abbiamo fatto l’amore tre ore fa, penso di avere ancora quel po’ di autonomia necessaria a non saltarti addosso! Non prima di dieci minuti, almeno. Oh, vieni qui!

Mentre il diciassettenne ridacchiava della sua poca convinzione, Adam lo afferrò da sotto le ascelle e lo trascinò sul materasso, ammonticchiando le lenzuola, fino a fargli posare la testa sulla propria coscia. Guardandolo dal basso verso l’alto, Tommy rise ancora per qualche secondo, divertito, e l’altro sorrise in attesa che si calmasse e fosse pronto a parlargli.

- Allora? – chiese quando notò che il silenzio, protrattosi per alcuni secondi, era bastato a far ricomparire un’ombra in quegli occhi nocciola.

- Fammi delle domande – lo pregò quest’ultimo, lo sguardo fisso sulle dita che teneva posate sullo stomaco e con cui stava giocherellando, solo apparentemente distratto. - É più semplice se mi fai delle domande.

Adam lanciò uno sguardo al suo corpo, sdraiato supino alla sua destra, ne rimirò quella che lui da mesi considerava perfezione e amava, quindi fece scivolare una mano sulla sua guancia ancora imberbe e prese ad accarezzarla con il pollice a un ritmo indolente, rilassante quanto la sua voce tenuta bassa.

- É il passato che ti tormenta? – cominciò quindi, cercando di partire col piede giusto.

- Mi sono svegliato per quello – annuì subito Tommy, quindi tentennò un attimo a labbra socchiuse, sguardo sempre basso, prima di proseguire in un soffio. - Dopotutto credo di averlo avuto un incubo.

Adam assentì col capo e con entrambe le mani iniziò a vezzeggiare la chioma bionda e già in disordine dell’altro. - Me lo vuoi raccontare?

Tommy si morse il labbro inferiore sull’orlo di un dubbio e Adam dovette impedirsi di rincorrere il pensiero di quanto fosse desiderabile ed eccitante quando faceva così. Decisamente non era il momento, eppure doveva continuare a ricordarselo.

- Non c'è molto da dire. Ero ancora a casa di Everett – disse in quel momento, distraendolo col nome del suo terzo padre adottivo, il bigotto omofobo e con ambizioni da giustiziere divino. Quando il tono di Tommy si fece ancora più scuro nel dare voce alle parole successive, Adam sentì la solita fitta al cuore mentre il loro dolore si fondeva in uno. - Mi stava urlando addosso per la millesima volta che un depravato come me avrebbe sempre fallito nella vita. Che non sarei mai riuscito a fare nulla per cui valesse la pena vivere.

- Ma tu non credi a queste parole, vero? – intervenne allora il ventiduenne, continuando a passargli le dita fra i capelli, pettinandoli e massaggiando la testa del ragazzo al tempo stesso.- Sai che sono tutte cazzate.

Il diciassettenne, i cui occhi erano tornati a perdersi nella notte rischiarata dai raggi lunari oltre le tende mentre riportava alla mente l’incubo, riportò lo sguardo quasi offeso sui suoi occhi chiarissimi con uno scatto. - Certo che lo so.

- Bene – annuì Adam, spostandogli il ciuffo di capelli sul lato sinistro della testa e cominciando a lisciarlo con più convinzione, con più forza, come per trattenerlo lontano dagli occhi del più piccolo. - Perché non sono cose su cui valga la pena riflettere, d'accordo? Ogni discorso sul togliersi la vita, ma anche più semplicemente ogni frase mirata a mortificarti, Tommy, è cosa non degna di attenzione.

- Questo lo so, Ad – ribadì il biondo, continuando a fissarlo. - E tu sai che il suicidio è qualcosa che non accetto e tantomeno commetterei mai.

Solo quando finalmente gli occhi color cielo del moro ebbero la decenza di cercare quelli del ragazzo sotto di lui, Adam comprese quanto quella specie di ramanzina su quanto preziosa fosse la vita di ognuno avesse infastidito Tommy. Certo, lui lo sapeva. Ne avevano già parlato un milione di volte e il diciassettenne era stato più che categorico. Non era lui il problema in quella questione.

- Scusami – mormorò allora Adam, scendendo con la mano destra a lambirgli il torace pallido. - È che ogni tanto penso che...

- Pensi che avevi la mia età quando volevi farlo – lo interruppe il più giovane, perentorio, e quando ebbe di nuovo quelle iridi dalla magia di diamante nelle proprie sorrise per rassicurarlo. - Ma io non sono in quella che era la tua situazione, Ad. Io ho te. E dubito che esista qualcosa o qualcuno che possa farmi vedere questa vita come indegna di essere vissuta, con te accanto.

Per quanto Tommy persistesse nel non pronunciare le due paroline esatte per descrivere ciò che sentiva per lui, Adam sorrise di quell’ennesima dichiarazione d’amore e non resistette più  a rimanere a guardarlo dall’alto, dovette spostare la sua testa dalla propria coscia al materasso, su un mucchio di coperte che presto avrebbe fatto da cuscino a entrambi, e si sdraiò di fianco a lui in modo da poter continuare a guardarlo in faccia e godersi il suo debole sorriso finché durò. Poi gli occhi dolci di Tommy si persero nelle venature del soffitto bianco e le sue labbra rilasciarono un sospiro, l’ennesimo.

- Comunque non è stato l'incubo a tenermi sveglio – rivelò. - Ho altri pensieri.

Adam deglutì e cominciò a giocare con l’indice attorno al suo ombelico. - E su cosa si concentrano questi pensieri così ossessivi?

- Sul futuro – rispose Tommy in un soffio appena udibile, e le sue dita ricominciarono a cercare qualcosa da torturare, arrivando ben presto a un lembo delle lenzuola che si era perso. - Penso a cosa farò della mia vita, ma soprattutto mi chiedo chi ci sarà con me. Ora ho te e quello che abbiamo è magnifico ed esaltante e vorrei durasse per sempre. Poi ci sono Julie e Rick e credo davvero di aver trovato una vera famiglia in loro. E poi Kevin, tua sorella e gli amici che mi sono fatto a scuola, ma…

- Ma? – insistette Adam, appoggiandogli due dita sotto il mento e insistendo con una lieve pressione finché il più giovane non si arrese e lo guardò negli occhi, specchio del suo turbamento interiore.

- Non importa quanta gente io abbia intorno, Ad, da un po’ di tempo a questa parte ho sempre paura di rimanere solo – svelò, le pupille dilatate al buio che parevano tremare. - Una paura fottuta di rimanere solo. Ti immagini passare tutta la vita in compagnia solo di se stessi? Sarebbe terribile, impazzirei – rabbrividì.

Adam fece subito il primo tentativo di arginare quella crisi, facendo leva su un braccio per elevarsi un poco e poterlo guardare in faccia con meno fatica. - Tommy…

- E non importa quanto mi continui a ripetere che non ha senso, non riesco a togliermi dalla testa che tutto questo potrebbe finire da un momento all’altro – lo bloccò il ragazzo, affrettandosi a concludere prima di venire interrotto, e le sue labbra si schiusero per la sorpresa quando invece delle parole di Adam fu la sua mano ad ammansirlo per prima, andando a posarsi sulla sua guancia accaldata dal fervore.

Gli occhi del maggiore erano lo specchio dell’amore che provava per lui in quel momento. Paziente, gentile, premuroso come nessun altro, semplicemente incomparabile.

- Ma, Tommy, non ha davvero alcun senso – tentò di persuaderlo il moro una volta sicuro di averlo rasserenato almeno un po’. - Che cosa dovrebbe finire, me lo spieghi?

Tommy esitò sull’orlo del baratro, poi rantolò: - Tutto. Tutto quello che di buono ho avuto in questi mesi.

- Intendi dire se tutto d’un tratto Julie e Rick si rivelassero simili ai genitori adottivi che hai avuto in passato? Se Kevin si dimenticasse di te? Se Allie e i tuoi amici cominciassero a ignorarti? – prospettò Adam, alzando un sopracciglio.

Non era la prima volta che Tommy aveva una di quelle crisi esistenziali da quando stavano assieme, ma forse era la prima occasione che il diciassettenne gli dava per farsi aiutare invece che rinchiudersi a riccio come le volte passate e Adam non aveva la minima intenzione di sprecarla. Non era possibile che quel ragazzino continuasse a vivere non rendendosi conto di tutto l’affetto che lo circondava. Non era possibile che non si accorgesse quanto fossero squisitamente attente le carezze di Adam sul suo viso, tanto per cominciare.

- Amore, ma non ti rendi conto che tutto questo è impossibile? – aggiunse il ventiduenne, scuotendo appena la testa di fronte al suo stupore.

- Ma se succedesse? Non dico oggi, ma un giorno – s’intestardì Tommy, mordendosi un labbro con quell’atteggiamento irresistibile, di nuovo. - Vicino o lontano non lo so, ma…

- Avresti ancora me – insistette Adam, più cocciuto di lui, con un sorriso sornione che Tommy scandagliò in ogni minimo dettaglio, come se già non conoscesse a memoria quelle labbra e la maniera unica in cui si tiravano per dare vita alla felicità più splendente al mondo, almeno per lui.

L’imbarazzo fu sufficiente a farlo trattenere per un secondo o due più del previsto, ma a quanto pare non a fargli passare la voglia di sottoporre Adam anche a quell’ultima prova.

- E se un giorno mi dicessi che non vuoi più stare con me? – azzardò, gli occhi resi enormi dal miscuglio di emozioni che aveva smesso di controllare da un bel po’ e che gli stavano già percuotendo il petto. – Potresti svegliarti una mattina e scoprire che non mi ami più, ci hai mai pensato?

Adam non si mosse né ebbe un attimo di esitazione nel replicare, sempre sereno, sempre senza la minima intenzione di abbandonare quegli occhi così bisognosi di un’àncora che li tenessi aggrappati alla realtà.

- Sinceramente no, perché grazie a quello che provo adesso nei tuoi confronti mi risulta impossibile immaginarmi un futuro in cui non ti amerò – dichiarò senza preamboli, onesto come la situazione richiedeva, per poi accentuare ancora quel suo sorriso furbo e appoggiare una mano sul costato di Tommy con fare confidenziale. - Però se vuoi posso provare a immaginare cosa dovresti fare per allontanarmi da te. Vediamo un po’… aderire a un movimento cattolico radicale con dichiarate tendenze omofobe rientra nei tuoi piani?

Tommy alzò gli occhi al cielo, non riuscendo però a frenarsi dallo sbuffare in una risatina.

- Dai, Ad, non scherzare…

- Darti all’ippica? Trasformarti in un atleta olimpico salutista che passa ventiquattr’ore su ventiquattro in palestra e si nutre di sole centrifughe di carote? Trasferirti in Antartide a pescare merluzzo? – perseverò il più grande per il solo gusto di sentirlo ridacchiare assieme a lui, quindi si fermò per accarezzargli il torace con studiata calma, lasciandolo un attimo senza fiato. - Ah, dubito che riuscirei a smettere di amarti anche se mi tirassi tutti questi brutti scherzi, il mio ragazzo è troppo bello – La sua mano scese sul ventre, che si ritrasse di colpo intirizzito da quei tocchi. - Troppo perfetto – L’indice e il medico scivolarono giù, fino all’orlo dei boxer di Tommy, che trattenne il respiro e si morse le labbra non appena Adam gli lanciò lo sguardo provocante di chi la sa lunga. – Troppo sexy.

Le sue dita fecero per andare oltre col solo intento di stuzzicarlo e il biondo fu rapido a scacciarle con una manata, facendolo ridere.

- Dai, Ad, smettila! – lo rimproverò con un’occhiataccia che scemò all’istante. - Io stavo parlando sul serio.

- Ma anch’io sono serio – annuì Adam, tirandolo più vicino a sé e incitandolo a mettersi su un fianco in modo da poterlo guardare dritto negli occhi, di nuovo composto. - Ti amo troppo per potermi allontanare da te, TJ, qualunque guaio combini, qualunque scelta tu faccia riguardo alla tua vita. Ma visto che ti vedo particolarmente in pena per questa faccenda, lascia che ti dica una cosa in più.

Con la mano destra gli spostò un ciuffo da davanti al viso, portandoglielo dietro l’orecchio con gentilezza nonostante sapesse che sarebbe durato poco in quella posizione, quindi gli prese il volto fra le mani e lasciò parlare il cuore, senza giocare, senza scherzare stavolta. Così come Tommy aveva bisogno che facesse in quel momento.

- Da una parte hai ragione, prima o poi nella tua vita ci saranno dei cambiamenti. Ma ci saranno sempre, ogni giorno, fino alla fine, perché la vita è una creatura che scorre, s’intreccia continuamente con altre, incontra ostacoli, lotta per superarli o fa il giro largo per evitarli a secondo delle scelte che si fanno, segue il suo corso. Ma questo non deve farti paura, perché l’incertezza è l’essenza stessa della vita e ciò che la rende così magnifica a volte e così tremenda altre, ma mai noiosa se non si è così stupidi da aver paura di rischiare – affermò, convinto. - In questa vita si cade e ci si rialza, Tommy Joe. E adesso ascoltami bene perché voglio che questo concetto ti entri bene in testa, okay?

Il biondo annuì fra le sue mani, affascinato dal suo discorso come un bambino da una storia d’avventura, e Adam s’inumidì le labbra e prese un respiro profondo.

- Tu sei una persona splendida. Sei brillante, incantevole e hai talento, testa e cuore. È la verità perciò ci devi credere, hai capito? – lo esortò. – E devi credermi quando ti dico che non c’è il minimo pericolo che tu rimanga solo nella tua vita se non sarai il primo a volerlo, mi hai sentito? Non esiste che tu rimanga solo, perché sei straordinario – terminò, chiudendo gli occhi e baciandolo dolcemente sulle labbra prima di tornare a guardarlo e sorridere. - E nessuno a questo mondo ha più diritto di dirlo del sottoscritto.

Fu in quel momento che si accorse che il diciassettenne aveva gli occhi lucidi e che il sorriso che gli stava rivolgendo di riflesso al suo stava tremando sull’orlo del pianto. Fu nel momento in cui Tommy si portò una mano al viso per portare via le prime lacrime che Adam lo circondò con le braccia e lo strinse a sé con forza, lasciandolo seppellire il primo singhiozzo e anche i tre o quattro che seguirono nell’incavo del proprio collo.

- S-scusami – balbettò Tommy, perdendosi nel calore di quell’abbraccio. – S-sono un frignone…

Senza che lui potesse vederlo, Adam sorrise comprensivo mentre si rendeva definitivamente conto che non c’era motivo di preoccuparsi per quelle crisi. Anche lui, anni prima, aveva avuto bisogno di scoppiare in lacrime sulla spalla di Kevin, che a quei tempi alternava il part-time di amante a quello di amico, anche molti mesi dopo il compimento dei diciott’anni e la liberazione dal suo stato di figlio adottivo. Quelli di Tommy erano solo dubbi, domande, insicurezze e lacrime che poteva gestire benissimo, essendoci passato per primo e sapendo che a tutto c’è una soluzione.

- Piangi tutte le tue lacrime senza vergognartene mai, cucciolo – lo tranquillizzò, scaldandogli la schiena con strofinate lente e ampie. – Sfogarsi è utile e i tuoi occhi non sono mai stati più belli.

Una volta che il battito nel suo petto si fu calmato un po’ e del pianto non furono rimasti che vaghi residui di sale sotto le ciglia, Tommy ritirò il viso dal collo di Adam e si lasciò baciare di nuovo sulle labbra dal maggiore prima di rifugiarsi con la guancia contro il suo petto, la vicinanza del suo corpo a quello del ventiduenne che lo supplicava di non sciogliere quell’abbraccio.

Trascorsero i minuti in quella notte di cristallo, con le braccia di Adam strette attorno a Tommy e la gamba sinistra del diciassettenne incastrata fra quelle del più grande, avvinghiata attorno al suo polpaccio come se una forza invisibile stesse tentando di staccarlo.

- Ad? – risuonò la sua voce flebile dopo un milione di anni.

Un fruscio di lenzuola e capelli. Un bacio sulla fronte.

- Dimmi.

Ci fu un momento di silenzio e il moro sentì il più piccolo irrigidirsi all’interno del rifugio che gli aveva creato col proprio corpo, poi le sue dita piantarglisi nella schiena con tanta energia da provocare un dolore che si stampò nella memoria, ma non rifiutò.

- Non lasciarmi – lo implorò quella voce rotta. - Ti prego, non lasciarmi mai.

Per tutta risposta Adam lo strinse ancora di più a sé nel tentativo estremo di appropriarsi di ogni suo singolo timore per sconfiggerlo con i propri anticorpi, risucchiare ogni sua angoscia e scacciare uno a uno i demoni che lo tormentavano.

- Tranquillo, cucciolo, non ti lascio – giurò, chiudendo gli occhi. - Sono qui, sarò sempre qui.

E all’improvviso Tommy sentì quanto era invitante il silenzio della notte, quanto adatto quel buio, quanto perfetta la calma che avvolgeva lui e Adam in quell’abbraccio indissolubile. Rasserenato dal respiro rilassato ma vigile del ragazzo che amava come un bambino da quello della madre, chiuse a sua volta le palpebre e si lasciò cullare da quel rumore lieve, perfetto, che lo condusse sulle soglie di un pacifico dormiveglia.

E poi, da lì, il tanto agognato sonno scese su di lui, scese su entrambi, accompagnandoli verso sogni più quieti.

 


FINE













 


BUON LUNEDì, RAGGI DI LUNA!

Si capisce che l’ho iniziata ai primordi di una notte insonne? Sto diventando un gufo, mi sto davvero preoccupando… ma chi se ne importa, finché c’è ispirazione c’è vita!

Come sempre mi fareste un piacere enorme e vi amerei alla follia se foste così fantastiche da lasciarmi un commento. Io in cambio vi lascio un abbraccione *ricordate, dieci abbracci al giorno per essere felici!* e tanto amore, che ve lo meritate.

Alla prossima, splendori

 

a.



   
 
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