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Autore: Roccuncolo    03/02/2014    1 recensioni
Un brivido si dirama lungo la mia schiena: non riesco a fare nulla, se non fissarli. Stanno attraversando la strada. - Vengono verso di noi- penso. Cosa sta succedendo? Suona il campanello. Sono solo a casa, quindi decido di non aprire. Mi nascondo sotto le coperte, cercando un motivo per cui quegli uomini sono qui.
Genere: Azione, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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È inverno. Le giornate si accorciano. Il buio arriva prima. La neve inizia a cadere. Le piante si fanno più grigie ed iniziano a morire. Cala la temperatura. Ed iniziano le vacanze. Sono passati tre giorni da Natale. Bevo un té fumante, cercando di scaldarmi. Guardando fuori dalla finestra colgo una cosa inaspettata: soldati. Un brivido si dirama lungo la mia schiena: non riesco a fare nulla, se non fissarli. Stanno attraversando la strada. - Vengono verso di noi- penso. Cosa sta succedendo? Suona il campanello. Sono solo a casa, quindi decido di non aprire. Mi nascondo sotto le coperte, cercando un motivo per cui quei soldati sono qui. Passa qualche minuto e decido di scendere. Apro la porta, ma se ne sono già andati. Mi rintano in camera mia cercando di togliermi dalla mente la faccia dei due soldati: mento squadrato, labbra sottili e folte sopracciglia. Ascolto della musica, provo a rilassarmi, ma niente da fare. Tornata a casa la mamma corro per dirle che sono terrorizzato, che dei soldati sono venuti qui, che hanno suonato il campanello, ma le uniche parole che mi escono dalla bocca sono ''Ciao mamma.''. Tenni tutto ciò che vidi per me, fino all'indomani. Fa freddo, tanto che nemmeno il mio giubbotto riesce a riscaldarmi. Corro di fretta verso la mia migliore amica, Autumn, che mi stava aspettando fuori dal bar per fare colazione con me.
- Devo parlarti- dico.
Entriamo e prendiamo posto su un tavolo.
Autumn è l'unica persona di cui mi fidi ciecamente, pur conoscendoci solo dall'anno scorso. Come me ha quindici anni, e frequentiamo la seconda superiore. È sul metro e settanta, snella, con folti e lunghi capelli castani e bellissimi occhi grigi. Le basta un sorriso per rallegrare la giornata a qualcuno. Forse è per questo che ha tanti amanti, tra cui me. Non ho mai voluto dirglielo per non spezzare la nostra amicizia, anche se nutro questo amore dal giorno che ci siamo conosciuti.
Ci guardiamo intensamente senza dire una parola, finché non arriva il cameriere che interrompe bruscamente il silenzio.
Cosa volete ordinare, ragazzi?- ci chiede, guardandoci in modo freddo e poco gentile.
Due cioccolate calde e una brioche- risponde Autumn con prontezza.

Appena il cameriere si allontana le dico tutto.
Ho paura – riesco a dire. 
Aspetto che Autumn dica qualcosa, ma rimane immobile. Dopo qualche minuto riesce a dirmi – Sta iniziando una guerra per liberare il nostro stato dalla dittatura, e raccolgono più civili possibili per partecipare alla rivoluzione.

Mi hanno scelto per combattere. Cosa si aspettano da delle persone che non hanno mai partecipato ad una guerra? Che si facciano esplodere per liberare il Paese? No, non l'avrebbero fatto. Dovevano distruggere la dittatura, non crearne un'altra. E se invece... I miei pensieri vengono interrotti bruscamente dal cameriere, che ci serve due enormi tazze colme di cioccolata calda, decorata dalla panna con motivi floreali. La brioche calda, probabilmente appena sfornata, viene subito presa da Autumn che la divide in due, porgendomene una. Non riesco però a mangiare: i volti dei due soldati non mi danno tregua, quindi decido di restituirlo a Autumn. - Tieni, non ho fame.
- È per via dei soldati vero?

Io annuisco col capo, guardando i suoi bellissimi occhi grigi. Mi prende la mano, il che mi dà un certo appoggio. - Vedrai che non passeranno da te, non potranno mica venire due volte, no?
Alla fine riesce a convincermi: anche se poi mi verranno a prendere, devo godermi gli ultimi momenti con Autumn. Bevo la cioccolata fumante e ci inzuppo dentro la brioche morbida. - Usciamo- dico. Mi dirigo alla cassa e pago la colazione, poi girandomi per salutare il cameriere mi accorgo che era uno dei due soldati: stesse sopracciglia, stessi occhi, più un piccolo particolare: una cicatrice che si allungava per tutta la guancia destra fino al labbro. Rimango impietrito. Il suo sguardo mi trafigge, come se volesse avvisarmi che sa chi sono, e che sa dove trovarmi. - Arrivederci- dico. Varco l'uscita e mi incammino con Autumn verso il parco.

La strada che porta al parco è spesso trafficata, in questi giorni, probabilmente per via dei saldi invernali: tutte le persone si radunano davanti alle vetrine per trovare i migliori capi al prezzo più conveniente. Davanti ad ogni negozio riesco a vedere insegne su cui scritto, in caratteri cubitali ''SCONTI FINO AL 70%''. La gente si azzuffa pur di riuscire a comprare un abito, un giaccone o qualsiasi altro indumento ad un prezzo stracciato. Cerco di farmi spazio tra la folla che mi trascina verso le vetrine. Passati i negozi, però, la strada si fa deserta e fredda. Il terreno asfaltato è ricoperto di pozzanghere. Giunti al parco io e Autumn ci sediamo e guardiamo il prato ricoperto di brina: i piccoli fiori sono raggrinziti, i fili d'erba, invece, sono di un verde acceso, che viene però pian piano sostituito da un verde militare per via della brina. Verde militare: il colore delle uniformi che presto indosserò nell'imminente guerra che potrà distruggere la dittatura. Lunghe file di abeti si innalzano per confinare il parco. Ai loro piedi scorgo un piccolo scoiattolo, che cerca tra gli aghi degli alberi qualcosa con cui nutrirsi. Lo indico ad Autumn, che gli si avvicina lentamente. Arrivata a qualche metro d distanza dall'albero si accuccia, e, pian piano, allunga il suo braccio vicino allo scoiattolo: quest'ultimo si lancia con un movimento atletico, che pare un salto, fra le fronde di un abete. Poi, vede qualcosa sulle mani di Autumn: si avvicina con cautela finché non la raggiunge. Allora Autumn mi fa segno con la testa di venire; arrivato accanto a lei vedo il piccolo scoiattolo rosicchiare delle arachidi che Autumn deve aver rubato dal bar. Di scoiattoli non se ne vedono molti in questi tempi: le sue piccole orecchie arrotondate erano ricoperte da un pelo marroncino, simile al colore delle nocciole, che si allunga sulla punta a mo' di triangolo, dando all'orecchio una forma appuntita. Le zampette dello scoiattolo sono fragili e più piccole delle arachidi che tiene in mano. La pancia, invece, ha una peluria tendente al rossiccio, mentre la sua coda, che supera di qualche centimetro la lunghezza del suo corpo, si incurva verso la testa, formando una specie di punto interrogativo. Avvicino la mano al suo docile corpicino, il che fa scattare un specie di allarme nella testa dello scoiattolo: prima che riesca a toccarlo è già scappato oltre al confine del parco.
Non sono bravo a socializzare con gli animali- dico. Ed è vero. Ho un cane da 8 anni e tutte le volte che apro la porta di casa e varco la soglia, anziché trovarmelo lì davanti a scodinzolare, rimane nella sua cuccia, ad abbaiare e a ringhiarmi contro.

Un sorriso si forma sulla faccia di Autumn, e mi sento subito meglio: quando sorride mi sento come se fossi al paradiso. Un calore divampa in me, ed un brivido mi si dirama lungo tutto la schiena. Non posso credere che sia umana. É la perfezione. É un angelo mandato sulla terra per rendermi felice, ma anche per torturarmi: averla nella mia vita solo come amica mi deprime. Io la amo. É solo che non so se prova i miei stessi sentimenti. E questo è peggio di qualunque tortura.
La guardo negli occhi, per cercare una qualsiasi traccia dei suoi sentimenti nei miei confronti. Ma non riesco a capire.
Ti voglio bene - le dico – Se non ci fossi tu la mia vita sarebbe da buttare via.
- Sei dolcissimo Josh! Ti voglio bene anche io, sei la persona più speciale che io conosca! - e mi stringe con un abbraccio. Vorrei dirle che la amo, ma le parole non mi escono dalla bocca. Ho paura. Ho paura di perderla.

Guardo il cielo, cercando di capire il perché di questa tortura. Ma vedo solo nubi sparse e rabbiose, grigie come l'asfalto della strada che passa davanti al parco. Probabilmente sono cariche di pioggia, ma non voglio porre fine al nostro abbraccio. E come previsto inizia a piovere. Una piccola goccia d'acqua cade sulla guancia di Autumn, ma pare che nemmeno a lei importi del temporale. Mi alzo e le stringo la mano, ed insieme andiamo in piazza, sotto ad un porticato. Il pavimento è interamente fatto da piastrelle grandi quanto un piede, di colori caldi e tenui, un po' ingrigiti nel corso degli anni. I portici sono sorretti da colonne doriche e gli archi sono fatti di marmo candido. Le vetrine sono ancora sotto lo sguardo delle persone, che non hanno nemmeno fatto caso alla pioggia che sta accadendo. È come se fossero attratti da una calamita gigante, che porta verso di sé tutti coloro con un po' di denaro in tasca.
Io ed Autumn ci sediamo e guardiamo i fiori del prato, ancora appassiti, ma con una bellezza innaturale.
Appoggio le mie labbra sulla fronte di Autumn.
Da quanto tempo non passiamo una giornata insieme... Mi sei mancata...
Non ti lascerò andare via. Non ti lascerò andare a morire...
Lo so - bisbiglio, pur sapendo che non lo potrà impedire. Pur sapendo che la perderò.

Il tempo passa, e restiamo a guardare le persone che ci passano davanti. Rimaniamo abbracciati, finché non sentiamo un rumore.

Din, don, din, don...

È mezzogiorno. I piccioni appollaiati vicino alle campane volano storditi verso gli alberi. - Devo andare – dico ad Autumn, anche se la lascio a malincuore. Lei mi tiene stretto a sé.
Non andare, per piacere – bisbiglia.
Dopo ci rivediamo, ok bellissima? - le stampo un bacio sulla guancia e mi incammino verso casa.

  
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