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Autore: Tomocchi    04/02/2014    1 recensioni
[Perfetti...ma non troppo]
[Kipp Steandman x Claude Casey]
Lydia e Jeb ordinano ai loro subordinati di accompagnarli ad una cena...
con l'aiuto dell'alcool i due colleghi riusciranno a sopportarsi, ma a casa succede una cosa che entrambi non si aspettavano...
“Io ti conosco Claude. Molto meglio di lui. Ancora prima che arrivasse in azienda. Scommetto che…saprei anche baciarti meglio.”
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Solo io ti conosco davvero

 

Serie: Perfetti…ma non troppo
Personaggi: Kipp Steandman, Claude Casey, Jeb Denton, Lydia, Ramona
Note: I personaggi non mi appartengono, scrivo questa fanfiction solo per puro diletto e non a scopo di lucro.

 

 

Kipp si portò una mano alla bocca per coprire uno sbadiglio che indicava quanto fosse annoiato in quel momento.
Claude e Ramona stavano di nuovo parlando di quanto la rossa fosse contenta delle nuove scarpe che aveva preso, e bla bla bla…
Non lo faceva apposta: le loro scrivanie erano vicine, e per forza di cose doveva sorbirsi ogni discorso della collega; discorsi inutili a parer suo.
Incrociò le braccia al petto e sbuffò pesantemente, per palesare la sua presenza e invitare quindi quelle oche ad abbassare la voce.
“Qualche problema Kipp?” domandò calma Claude, voltandosi verso di lui con l’ausilio della sedia girevole, mentre Ramona si metteva le mani sui fianchi pronta a menar con le parole.
La donna di colore non si faceva certo problemi a rimettere a posto quel ‘’Segretario!’’, come Jeb usava chiamarlo.
A volte Kipp aveva un fare da primadonna, sinceramente…
“No, nessun problema. Continuate pure, come se non ci fossi. Anzi, dato che sono qui potreste…un pochino abbassare i toni, non credete?” le invitò il ragazzo, avvicinando il pollice e l’indice per indicare quanto la loro voce dovesse essere alta.
Praticamente una briciola.
Claude alzò gli occhi al cielo, sospirando a sua volta. Si alzò dalla sedia e con un cenno guidò l’amica via di lì: “Scendiamo al ventiduesimo piano, da Owen e Carl…avremo meno problemi.”
La rossa preferiva evitare i problemi, che affrontarli, a meno che non fosse strettamente necessario.
Kipp per quello l’aveva giudicata una stupida, timida e insicura donna, ma forse non era poi una così brutta qualità, visto che ora le sue orecchie potevano riposare.
Già, forse Claude era meglio di quel che pensava. Avevano litigato tante volte, spesso si era ritrovato la sua insalata in faccia –così unta…bah!- ma doveva ammettere che la collega, in fondo, non era così male. Non ambiziosa quanto lui, ma piuttosto l’opposto: lui il cattivo, e lei la buona.
Ormai anche Lydia non era più antipatica come una volta, dopo il matrimonio con Jeb, il suo capo.
Quell’uomo che lo chiamava con disprezzo: “Segretario!”, diamine, era così degradante, ma gli serviva quel lavoro, doveva sopportare.
Congiunse le mani e le posò in grembo, mentre si appoggiava completamente allo schienale della propria sedia, stanco di quei pensieri.

“Kipp?”
Il moro sobbalzò, sentendo il suo nome all’improvviso –non detto da Jeb per fortuna, ne era più che certo- e si ritrovò a fissare gli occhi di Claude, così vicino.
“Aahhh!!” si lasciò andare a un poco virile urletto, stringendosi le braccia al petto, mentre la rossa scoppiava a ridere.
“Stavi dormendo! Sul posto del lavoro!” lo prese in giro lei, tenendosi la pancia con le mani, sinceramente divertita.
Lui voltò il capo offeso con una smorfia, fissando con interesse la propria scrivania, alla ricerca di carte da mettere a posto tanto per farsi passare il nervosismo.
Certo lui era il primo a prendersi gioco di lei, adorava tormentarla, c’era più gusto.
Ma non sopportava che fosse lei a farsi beffe di lui.
“Che c’è?” domandò seccato, voltando lo sguardo per fissarla con una faccia non proprio amichevole.
“Segretario!” la voce di Jeb Denton, il suo capo, era inconfondibile: il tono duro, sprezzante, come se chiamarlo fosse un fastidio; Kipp incassò la testa nelle spalle, assottigliando gli occhi a quella parola.
“Jeb e Lydia ci vogliono nel suo ufficio.” Informò la rossa, indicando con un cenno l’ufficio dell’anchorman della rete, che al momento aveva la porta leggermente aperta. Per quello aveva sentito così bene il suo richiamo…
Sospirante, si alzò ed entrò nello studio del suo capo, trovandolo seduto sulla comoda sedia in pelle e con Lydia seduta sulla scrivania con una gamba sopra l’altra, un sorriso malizioso sul viso.
“Segretario…Casey….” Kipp alzò gli occhi al soffitto, mentre Claude sorrideva divertita.
“Tesoro, vuoi avere tu l’onore di dire ai nostri collaboratori la bella notizia?” domandò l’uomo con un sorriso sornione e compiaciuto, come se un’idea geniale gli fosse passata per la mente.
La bionda appoggiò le mani intrecciate sul ginocchio sinistro, tenendo la testa alta che le dava una certa imponenza.
“ I miei genitori vengono a farmi visita e…vogliono uscire a cena con me e Jeb, questa sera. –lei lanciò uno sguardo adorante al marito, che ricambiò con la stessa passione- solo che hanno…imposto di portare anche una coppia di nostri amici.” Tornò a posare lo sguardo sui due impiegati, che sgranarono gli occhi sorpresi, consci di dove la produttrice volesse andare a parare.
“I…io…è fantastico Lydia, io e Carl saremo più che entusiasti di accompagnarvi.” dichiarò con ansia, gesticolando come a dare enfasi alla frase, e soprattutto sottolineò il nome del suo compagno con cui ormai aveva una relazione solida.
Jeb alzò un sopracciglio, lanciando un’occhiata a Lydia, che ricambiò con un cenno d’assenso.
“Claude, io non voglio che il capo della mensa dell’azienda venga alla cena. Sarebbe…terribilmente imbarazzante! –l’espressione della bionda era di puro terrore- so di cosa parlerebbe, di cosa serve in quei piatti, dove si rifornisce e tante cose di cui a nessuno importa!”
“A me importa!” Ribatté con ferocia l’impiegata, stringendo le mani a pugno lungo i fianchi.
“Anche a me importa.”
Claude si voltò a guardare Kipp con sorpresa, la rabbia che sfumava. Da quando in qua era d’accordo con lei?
“Io –e si indicò- e lei –indicò la donna al suo fianco- non usciremo insieme solo per far bella figura con i tuoi.- e indicò Jeb e Lydia muovendo il dito più volte.- È chiaro?”
Lydia incrociò le braccia al petto, stringendo le labbra con rabbia.
“Kipp.”
“Sì?” rispose con tono decisamente annoiato il moro.
“In nome della nostra amicizia e antica alleanza, dovrai accompagnarmi!” sentenziò, perentoria, lasciandolo di stucco e a bocca aperta la povera Claude.
“D’accordo, d’accordo –il segretario alzò le mani in segno di resa- ma non con lei!” commentò con stizza, riferendosi alla rossa, che richiuse la bocca e annuì energicamente.
“Niente storie, voi due siete la cosa che più conosciamo meglio, siete…beh, non proprio perfetti insieme, ma voglio voi due e voi due verrete!”

***

Quella sera stessa…

Il suono insistente del campanello avvisò che il collega era arrivato a prenderla.
Claude corse sugli alti tacchi delle sue decolté e aprì la porta, trovando Kipp appoggiato allo stipite con fare annoiato.
Sentì il suo sguardo su di sé, fu come essere passata ai raggi X; la rossa lo prese per un braccio e lo tirò dentro con prepotenza, per poi chiudere velocemente la porta.
“Ehi, ma cosa ti prende?” domandò il moro, massaggiandosi l’arto con insistenza e fissandola con occhio critico.
“Sei pazzo a stare lì fuori? Se Carl ti vede penserà chissà cosa!” esclamò lei, riferendosi al fatto che il suo compagno abitava proprio nell’appartamento di fronte, e Kipp lo sapeva bene, visto che per un periodo il capo della mensa lo aveva ospitato mosso da pietà.
“ Tu invece – e lui le levò con un gesto stizzito il cerchietto nero dai capelli, seguito da un urletto di sorpresa della rossa- saresti pazza a presentarti con una cosa del genere in testa! Cosa sei, una bambina?” commentò sprezzante come al solito, e Claude fu seriamente tentata di prendere un oggetto contundente e colpirlo.
 Già una volta gli aveva lanciato la sua insalata in faccia…
“Sei pronta?” domandò lui, guardando l’orario sul suo orologio al polso, impaziente.
“Lydia e Jeb sono già qui fuori con la limosine.” Precisò, e alla donna andò di traverso qualcosa di inesistente.
“La cosa?”
“Limosine. Vogliono fare le cose in grande, ha insistito Lydia, sai com’è fatta.”
Lydia adorava lo sfarzo e l’eleganza. Come una prostituta donna d’alto borgo.
Claude sbuffò e si ritoccò il trucco, per poi uscire velocemente con il collega.
Doveva ammettere che Kipp sapeva anche essere bello se teneva la bocca chiusa…

***

Più o meno, erano sopravvissuti alla fatidica cena.
I genitori di Lydia si erano dimostrati invadenti, facendo domande a destra e manca senza un minimo di riguardo.
Jeb aveva sfoggiato il suo sorriso migliore e risposto senza alcuna remora, nonostante il padre della moglie lo avesse fissato male per tutta la sera.
Kipp e Claude si erano ritrovati a bere parecchio alcool per riuscire a non insultarsi e risultare una ‘amabile’ coppietta degna della loro figlia.
Erano riuscita a cavarsela, ma alla fine potevano a malapena reggersi in piedi: i due coniugi li avevano poi riaccompagnati a casa Casey, e la rossa aveva acconsentito a tenere Kipp a dormire sul divano.
Barcollanti, sostenendosi a vicenda, erano entrati nell’appartamento e stravaccati sui comodi cuscini del sofà.
“Sei fortunato che Carl non ci abbia visto, o te la avrei fatta pagare…” bofonchiò Claude con un braccio sugli occhi.
“Carl di qui, Carl di là…lo ami così tanto eh?” commentò Kipp, ad occhi socchiusi.
“Da morire. Il nostro rapporto funziona perfettamente. E lui mi conosce così bene… non come te…” rispose, marcando il tono sull’ultima frase.
“Del tipo?” incalzò lui, curioso nel sapere dove voleva andare a parare.
“Per una settimana, tempo fa, mi ha coccolato come mai prima d’ora… Mi ha portato del Chianti, il vino che adoro… Abbiamo giocato con delle card personalizzate da lui…e quell’insalata che mi ha fatto era a dir poco divina! E infine…con l’ukulele mi ha cantato una canzone…tutta per me!”
Kipp esibì sul viso una smorfia, sapeva benissimo tutte quelle cose.
“Subito voleva propormi un film, ma era solo uno scherzo! È stato così romantico…tu non puoi nemmeno pensare di eguagliarlo.” Concluse, chiudendo gli occhi.
Forse per l’alcool, forse per quelle provocazioni, il moro non riuscì più a trattenersi.
“Posso eguagliarlo eccome, perché sono stato io a suggerirgli tutte quelle cose.” Sputò, con una punta di risentimento.
Claude riaprì gli occhi a fatica, fissandolo intontita ma spaventata.
Cosa?
“Tu scherzi.”
“No.”
Kipp? Era stato davvero Kipp?
In effetti, tutte quelle cose erano avvenute proprio mentre Carl ospitava il collega a casa sua.
“Io lo aiutavo a trattenersi da te per avere la casa tutta per me! Ma sono io quello che ti conosce meglio, Claude.” Confessò lui, indicandosi e annuendo tra sé con ovvietà.
“B-bugiardo! Dici così solo per screditarlo e perché….perché tu sei invidioso! Non sopporti che qualcuno sia meglio di te.” Rispose lei con una punta di incertezza della voce.
Sapeva quanto fosse vanitoso, arrivista e competitivo il collega, ma non in questo campo. Non con lei.
“Vogliamo provare? Ti ricordi la canzone?” domandò, e la rossa annuì. “Benissimo. La canterò per te, e ti dimostrerò che l’avevo composta io.”
Tutta quella sicurezza la inquietava, ma recuperò lo strumento che Carl aveva lasciato qui e lo porse al moro, sempre più incerta.
La sua fiducia per Carl vacillava…andava tutto così bene! Non poteva rovinare anche quel rapporto…
Kipp afferrò l’ukulele e lo accordò, nonostante l’alcool era una cosa che sapeva fare senza alcuno sforzo, e già dalle prime note, Claude impallidì.
Quando poi sentì le esatte parole della canzone uscire anche dalla bocca dell’uomo vicino a lui, si abbandonò sul divano con una faccia indecifrabile e più che sconvolta.
Mai, mai e poi mai si sarebbe aspettata una cosa simile.
Alla fine dell’esibizione, il moro appoggiò lo strumento sul tavolino di fronte a sé e rivolse il suo sguardo a Claude, con un sorrisino soddisfatto e compiaciuto.
“Io ti conosco Claude. Molto meglio di lui. Ancora prima che arrivasse in azienda. Scommetto che…- e si avvicinò a lei, lentamente- saprei anche baciarti meglio.” Sfidò, con quella faccia da schiaffi che si ritrovava.
Ma non arrivò nessun colpo. La rossa era certamente arrabbiata, ma anche molto confusa e piena di sconforto.
Lei si era innamorata ancora di più per l’uomo che sembrava conoscerla bene, e aveva scoperto che quell’uomo non era il suo Carl, ma nientemeno che Kipp Steandman.
Il suo collega, con cui condivideva il lavoro, con cui lavorava fianco a fianco, con cui spesso scherzava o litigava.
Forse era Kipp l’uomo di cui si era realmente innamorata.
Ma Kipp era antipatico. Arrivista. Primadonna. Vanitoso e narcisista ai limiti del possibile.
Eppure…
Si era già avvicinata a lui, il fiato corto, il cuore che batteva a mille.
Era adulta, ma sentiva di voler provare a baciarlo, sapere se diceva davvero la verità.
Lui le appoggiò la mano sulla guancia, calda e morbida.
Lentamente, i due unirono le loro labbra in un bacio a stampo, mentre il cuore pareva voler esplodere nel petto.
Quel contatto sembrò risvegliare qualcosa, un fuoco che ardeva da dentro e che la bruciava velocemente.
Entrambi schiusero le bocce per permettere alle loro lingue di entrare l’una nell’altra, a intrecciarsi, sfiorarsi, baciarsi come mai prima d’ora.
Un calore incredibile, tutto attorno pareva sparire, lasciando solo la coppia in mezzo al nulla.
Claude si strinse a Kipp, fece aderire il suo corpo contro il suo, e dopo un istante si separarono, poiché i polmoni richiedevano aria.
Ansanti, con i rispettivi petti che si alzavano e abbassavano velocemente, i due si guardarono negli occhi con sorpresa e con una strana consapevolezza.
Nessuno, né uno né l’altra, aveva il coraggio di ammettere che fosse stato fantastico.
“ Io… è meglio che vada…a letto.” Balbettò la rossa, togliendosi completamente da lui.
Kipp non poté far altro che annuire, togliendosi le scarpe per potersi stendere sul divano e mettersi comodo, per quanto fosse possibile.
Lui e Claude si erano baciati per davvero.
E chi dormiva ora?

***

Era certo che nemmeno la padrona di casa avesse dormito, visto che l’aveva sentita rigirarsi nel letto più e più volte, come se fosse stata agitata.
Non che lui fosse stato da meno, solo che il divano non permetteva tutta questa libertà d’azione.
La mattina era arrivata e con essa un mal di testa colossale.
Lo sapeva di aver bevuto troppo, e quella cosa stupida della sera precedente era sicuramente dovuta a quello.
Svelare a Claude che era stato lui a corteggiarla e successivamente baciarla non era stata una mossa intelligente.
Anche se il bacio era stato uno dei migliori che avesse mai provato.
Sentì i passi della donna nella cucina, adiacente al salotto dove ora stava lui.
“Buongiorno.” Salutò la rossa, atona, vedendolo mettersi seduto.
“Buongiorno.” Salutò incerto, tenendosi la testa con la mano e fissando la tazza che la collega teneva in mano.
“Caffè?” domandò Claude, indicando la macchinetta con un cenno della testa, sorseggiando il liquido scuro lentamente.
Il moro annuì, alzandosi a fatica, e la raggiunse, prendendo una tazza pulita e fissandola con aria critica: fiorellini di tutti colori ornavano la mug, e avrebbe voluto lanciarla contro il muro per distruggerla.
“Dobbiamo parlare.” Cominciò la rossa, con una voce che sembrava provenire dall’oltretomba.
Kipp deglutì, versandosi il liquido scuro nella tazza e portandoselo alle labbra per berlo e darsi una svegliata.
“Quello che è successo ieri sera… non è mai accaduto, non ne dovremo mai parlare, e ripeto, mai…e… continuare come nulla fosse.” Dichiarò, gesticolando con le mani segni che indicavano in tutti i modi NO.
Kipp mandò giù un gruppo in gola e appoggiò la tazza sul banco della cucina, pensieroso.
Non sarebbe stato semplice continuare come se nulla fosse.
Avrebbe pensato sempre a quelle labbra, d’ora in poi.
Ma in effetti, sarebbe stato capace di affrontare il cambiamento del loro rapporto?
A vedere Claude come sua ragazza?
Alle frecciatine di Ramona e Owen?
Ad affrontare Carl? Che soprattutto, era questo che più lo spaventava.
Il capo della mensa era il doppio di lui. Sarebbe morto prima della fine del turno.
Anche se era difficile…
Era la cosa migliore da fare.
Non erano pronti, né lui, né lei.
“Sono d’accordo.” Acconsentì, schiarendosi la voce per cercare di apparire quanto più convincente possibile. Dopotutto, non era una cosa semplice.
Sentì Claude sospirare, sollevata, e dopo questo, recuperò la sua giacca.
“Vai a casa?”
“Ovviamente.”
I due si guardarono per un ultimo, piccolo istante.
“Ci vediamo in ufficio.”
“Si. Ci vediamo in ufficio.”

 

 

Note Finali: Non c’era nemmeno una, ripeto, NEMMENO UNA fanfiction su Perfetti…ma non troppo. Ma porca miseria. Questa storia direi che è dopo la fine di tutta le serie o non saprei….sicuramente dopo quella puntata in cui appunto Kipp finisce a casa di Carl e suggerisce come coccolare Claude. Quando ho visto la fine della puntata con lui, Segretario, che cantava la canzone…adhfhjgkglf uaaargggghhhh mi sono sentita male e ho iniziato a shipparli nella mia testa, finché non mi è venuta l’ispirazione per questa ff.
Spero possa piacere!
Errori e sviste, complimenti e critiche, son ben accette!
   
 
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