Thank You For The Venom
Cammina
fuori dalla palestra; il tempo che la porta antipanico si chiuda alle
sue spalle, tagliando fuori – o meglio, lasciando dentro la
musica, il casino e le sue paranoie ora rivelatesi fondate, e Marco
sta già proseguendo, giù dai tre scalini che lo
separano dal parcheggio, lontano dagli sguardi delle coppiette
appartate o dei piccoli gruppi di fumatori sfuggiti al controllo dei
professori.
'Cristo.
CRISTO.' Allarga la cravatta con un gesto nervoso, senza
rallentare il passo, i nervi tesi. Un volto abituale spunta nella sua
visuale; Reiner, le maniche della camicia arrotolate a mostrare le
braccia tatuate e la giacca sottobraccio. Una sigaretta stretta tra
le labbra. L'idea arriva in un lampo. Ha già rischiato di
combinare parecchie stronzate, stasera; che può succedere di
peggio? Si avvicina a Reiner, salutandolo con un cenno della
testa. Quello aspira una boccata di fumo, rilasciandola lontano da
lui. Non è uno stronzo. Sa bene quanto il fumo passivo
t'infastidisca. - Hai la faccia di chi ha appena visto un fantasma.
Tutto ok? - - Sì. Cioè, no. Cazzo. - Marco si passa
una mano tra i capelli. - Reiner. Devi passarmene una. - Reiner
inizia a tossire, interrompendo un tiro a metà. - Una CHE?! -
quasi urla. Marco si guarda attorno, nervoso e un po' pentita. -
Una canna, Reiner. Una fottuta canna. - Non è solo Reiner
a fissarlo, sotto shock; anche Bertholdt, eterno compagno di Reiner,
lo guarda sconvolto dal suo metro e novantadue. - Marco, - mormora. -
Non ti ho mai visto fumare nemmeno una sigaretta, in tre anni di
liceo. - - Lo so, è che... - un'altra volta, la mano
raggiunge i capelli. È quasi tentato di strapparseli via. - Ho
combinato una cazzata. Devo...lasciami fare. Ti prego, Reiner. -
Reiner scuote la testa, impassibile. - Io non te la vendo,
Marco. Non ci penso neanche. - - Te la vendo io. - interviene una
voce, alle sue spalle. Marco si volta, ritrovandosi a fissare il
volto affilato e l'espressione sorniona di Ymir. Sta già
tirando fuori qualcosa dal portafogli. - Te la rollo anche. Credimi,
Reiner. - spiega, quando quello si fa avanti. - Ho visto che è
successo dentro. E stiamo parlando di mister angioletto della scuola.
Di che ti spaventi? - - Grazie. - sussurra Marco, ancora
indeciso. Reiner scuote la testa, sospirando. Ymir si appoggia
alla cappotta della macchina del preside Smith, armeggiando con una
cartina lunga e un accendino. È un lungo minuto di ansia e
ripensamenti, per Marco; ma ogni dubbio scappa quando Ymir si volta
nuovamente, allungandogli il tutto. - Fa una cosa. Me la paghi
un'altra volta. Se Christa lo viene a sapere, mi da la colpa per
secoli, e stasera non ci tengo a litigare con lei. - Marco
annuisce, prendendo la canna dalle sue dita; si sente inadeguato,
imbranato, incapace. Ymir indica la parte più boschiva del
parco della scuola. Marco annuisce di nuovo, senza bisogno di
spiegazioni. Ymir gli allunga l'accendino. Reiner gli poggia una
mano sulla spalla. - Resta dove posso tenerti d'occhio. Mi spieghi
almeno che è successo? - Marco porta la canna alla bocca,
accendendola in un paio di tentativi. Per la prima volta in
diciott'anni, il fumo scende rapido nei suoi polmoni e risale,
sfuggendo dalle sue labbra. Neanche un colpo di tosse. Abbassa le
dita, strette attorno a quei cinque dollari di distrazione che mai
avrebbe creduto di spendere in vita sua, e guarda Reiner. - Jean, è
successo. - Senza ulteriori spiegazioni, si inoltra tra gli
alberi, mettendo abbastanza distanza di sicurezza tra se stesso,
Reiner, Bertholdt e la scuola. Aspira un'altra boccata. Questa
gratta un po' la gola, e sente il filtro scottare, sulla sua lingua.
Non è sicuro di star facendo tutto nel modo giusto, ma non gli
importa. Nel fumo azzurrino riesce quasi a vedere il volto di
Jean. Quel perfetto coglione. Parola chiave: perfetto. Terza
boccata. Le gambe iniziano a tremargli. Si appoggia a un tronco.
Che cazzo gli è saltato in mente? Cosa stava pensando,
quando Jean gli si è avvicinato, dolorosamente bello in giacca
e cravatta? Quarta boccata. Il sedere tocca terra. La
risata di Jean al suo 'mi piaci' gli rimbomba nelle orecchie. Stringe
un pugno attorno all'erba. Non è giusto. Dovrebbe rilassarsi.
Non pensare alla sua risata. Nè ai suoi occhi color miele,
sconvolti per un solo lungo attimo. Quinta boccata. La lingua
brucia un po' più forte. - Coglione. - mormora, insicuro
sul perchè dovrebbe dirlo ad alta voce, ma bisognoso di
sfogarsi. - Coglione, imbecille, testa di cazzo omofoba. - -
COSA. CAZZO. STAI. FACENDO?! - Ruota la testa; Jean è lì,
in piedi a qualche metro da lui, sulla faccia l'espressione di chi ha
visto un unicorno. Un unicorno seduto con la schiena appoggiata al
tronco di un albero, impegnato a fumare la sua prima canna. - Ti
descrivevo. - esclama Marco. E fa ridere. Oh, se fa ridere. Scoppia
in una di quelle risate esplosive che all'inizio cercano di essere
frenate, sputacchiando e picchiando col pugno libero sulla terra.
Jean continua a fissarlo, ora un po' più vicino. - Butta
via quella merda. - Marco smette di ridere e gli rivolge il dito
medio. Wow. Che mossa geniale. - Perchè cazzo dovrei? Tu te ne
fumi una tutti i fine settimana. Lasciami divertire. - - MARCO! -
esclama, la voce resa acuta dalla sorpresa. - Esci da questo corpo,
demone. Tu non puoi essere Marco. - Marco ride. Jean è
così divertente. E così stronzo. E così
dannatamente FIGO.
-
Ti odio. - dichiara, d'un tratto serio. - Ti odio. Non avresti dovuto
ridere. - Jean spalanca gli occhi ulteriormente. Sembra quasi
impossibile, ma lo fa. - Oh mio dio, Marco. Non dirmi che stai
fumando per quello. Sant'iddio, devi lasciarmi spiegare. - Marco
punta un dito tremolante contro Jean. - Avvicinati e ti sonicizzo.
Pew, pew, pew. - - Sant'iddio. - ripete Jean, lasciandosi cadere
vicino a lui e abbassando il dito che Marco continua imperterrito a
puntargli contro. - Butta via quella roba, ti prego. Lasciami
parlare. - Marco guarda la canna. Ne è rimasta metà.
- L'ho pagata. - protesta debolmente. - Cazzate. Come credi che
ti abbia trovato? Christa ha fatto cantare Ymir nel momento in cui
l'ha vista. E approposito di Christa e Ymir...se fossi una testa di
cazzo omofoba non sarei loro amico, no? - Marco stringe gli
occhi, confuso. - Christa e Ymir...sono lesbiche? - - Stanno
insieme dal primo anno. - - Oh. - - Esatto. - Marco tira
un'ultima boccata, poi porge la canna a Jean, che la accetta
reclutante. - Mi fa male la testa. - dichiara. - È
normale. Mi preoccuperei del contrario. - fa un tiro. - Puoi
lasciarmi spiegare, ora? - Marco annuisce. È tranquillo,
ma imbronciato. - Ti odio. - ripete, infantile. Jean sorride. -
Mi sono messo a ridere perchè credevo fossi ubriaco, Marco. O
che fosse uno scherzo. - - Non lo ero. Non è nessuna
delle due cose. - guarda in alto, incapace di osservare la reazione
di Jean. - Mi piaci veramente. Mi piace un idiota. - Jean rimane
in silenzio fino a quando lui non abbassa lo sguardo. Ha sul volto
un'espressione seria, pensosa. - Da quanto? - Marco ci
pensa. È difficile ragionare; date e parole e volti ballano
nella sua testa. - Un paio d'anni, credo. - Jean non da di matto,
non si spaventa, non lo accusa, non ride. No, Jean si sporge verso di
lui e lo afferra per la cravatta, tirandolo a sé e fermandosi
a due millimetri dalle sue labbra. - Tu mi piaci da molto più
tempo. - sussurra, prima di baciarlo. Marco, inizialmente fermo,
stringe le proprie braccia attorno alle sue spalle, poggiando una
mano tra i suoi capelli biondi e spingendolo verso sé,
impaziente, irrequieto, bisognoso di quel contatto. Le sue dita si
stringono sulla sua nuca. È al settimo cielo. Il cuore gli
rimbomba nelle orecchie, mentre inclina la testa per permettere a
Jean di insinuarsi meglio tra le sue labbra. Essere tanto felici
dovrebbe essere considerato illegale. Con gli occhi chiusi,
l'improvvisa assenza di Jean lo fa quasi cadere in avanti. Apre gli
occhi, fissandoli in quelli color miele.
-
Non farlo mai più. - mormora deciso. Marco annuisce,
colpevole. L'espressione seria di Jean scivola via dal suo volto,
sostituita da qualcosa che Marco non ha mai visto, ma che ha sperato
di vedere per due anni. Jean si morde il labbro inferiore,
abbassandosi di nuovo verso di lui. - E ora. - sussurra,
divertito. - Cerchiamo di passare una nottata che non dimenticheremo
mai. -
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L'astinenza da sigarette fa un brutto, bruttissimo effetto.