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Autore: keepxrunning    04/02/2014    2 recensioni
Il cuore mi corse in gola mentre le mie gambe corsero alla porta, trascinando dietro un me assonnato e ancora frastornato. Non capivo bene cosa stesse succedendo, l’unica cosa che riuscivo a pensare era: “Jack”.
Ed era proprio lui. Ubriaco spolpo, con i capelli completamente in disordine, la maglia stropicciata sul petto e ai bordi, con un alone di fumo attorno e una puzza di alcool fatale che lo seguiva come un cane fedele, Jack se ne stava barcollante in piedi davanti a me, reggendosi allo stipite di cemento.
È bellissimo, pensai. E poi mi stupii di questo mio pensiero.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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1.
And every time I look inside your eyes burning in the light, you make me wanna die.


“Ho avuto un’idea per la quale mi amerai per il resto della tua patetica vita da gay frustrato!”. 
Mr. Simpatia-da-spilla-da-balia-fra-le-natiche Dawson arriva di tutta furia in salotto, rischiando la morte inciampando sul nostro liso tappeto di un verde indefinibile, schivando con abile maestria una chitarra di Jack lasciata in giro come al suo solito – mi innamoro di persone che disperdono come fazzoletti sporchi una delle cose più belle che sia mai stata creata sulla faccia della Terra che ci manca solo un’insegna al led intermittente «FINITEMI ADDOSSO E ROMPETEMI CHE È MORBIDO» sopra, e poi mi chiedo che ne farò della mia vita. Non ne farò proprio nulla. Morirò prima e basta. -, e piroettando con quel suo sorriso da bambinone extra-large spalmato in viso attorno all’attaccapanni in mezzo alla stanza per motivi oscuri.
 
Puntandomi come se fossi un camion dei pompieri e lui un toro imbestialito di tre tonnellate, Rian si getta letteralmente sopra le mie gambe, lanciandosi come ci si lancerebbe dalla finestra semi-carbonizzata di un edificio in fiamme. E il mio corpo fosse il fottuto tappeto elastico di soccorso.
In un lancinante secondo di panico assoluto, sento un cric pericoloso all’altezza del ginocchio. Sto per morire. È vicina, la morte è vicina. Il ciccione mi ha messo fuori uso le gambe per sempre, dovranno amputarmele senza pietà e anestesia e rimarrò in una cigolante carrozzella a vita, con dei tristi moncherini a ricordo di quelli che una volta erano i migliori arti che mamma avesse mai fatto.
“AH!” un urlo di agonia pura mi sugge dalla bocca.
“Usate il preservativo in quella stanza!”
“VA’ A CAGARE MERRICK!”
Rian per poco non si ammazza dalle risate, spostandosi dalle mie gambe che avranno preso la forma del suo culo e sistemandosi meglio sul divano, il tutto letteralmente piegato in due dal ridere. Se non muore adesso, giuro che lo uccido io dopo. E sarebbe un peccato sporcare la camicia nuova, quindi è meglio che crepi in fretta.
 
“PORCA PUTTANA, DAWSON! MI HAI UCCISO! MI HAI LETTERALMENTE PARALIZZATO LE GAMBE! GUARDALE, SONO TUTTE PIEGATE! ODDIO! MA CHE CAZZO FAI!”
 “Rilassati ragazzina, un paio di piegamenti e torneranno come nuove”.
Ah sì beh, è facile parlare per lui. Intanto sono io quello che non potrà più camminare in vita sua. “NON LI VOGLIO FARE I TUOI MERDA DI PIEGAMENTI! NON SONO UN CAZZO DI MATERASSO! DIMMI, SEMBRO UN MATERASSO? SEMBRO UN MATERASSO? E NON CHIAMARMI RAGAZZINA, MOSTRO!”.
Mi prendo convulsamente le gambe fra le braccia, piegandole e abbracciandole come se fossero un bebè bisognoso di cure. Premo forte la fronte arrossata contro le ginocchia doloranti, sentendo tutti i muscoli e le ossa all’interno che mi sibilano di ammazzare Rian e di farlo subito. Continuo a dondolarmi avanti e indietro in questa semi posizione fetale seduto sul divano, piagnucolando come un infante che vuole le caramelle ma purtroppo ha appena messo l’apparecchio fisso. Fa male. Aiuto. Vedo una luce. Jack, ho tanto freddo. Sto morendo. Quelle lucine che mi danzano davanti agli occhi chiusi sono senza dubbio i lampeggianti della Fiat di San Pietro parcheggiata davanti al Paradiso che mi sta aspettando. Me lo sento dentro. Nelle mie ossa della rotula andate a puttane. Addio, mondo crudele.
 
“Sei un po’ tanto drammatico”, fa Rian con un’indifferenza divertita. Vaffanculo. Dirò a San Pietro di chiuderti fuori dal Paradiso quando ti vedrà arrivare. “Allora, vuoi sentire la mia idea? Sono troppo geniale, davvero”. No, va’ cagare. Non la voglio sentire la tua idea di merda, assassino di ginocchia. Non meriti la mia attenzione. Prima dammi un bacino per farmi passare la bua, poi forse ne riparliamo.
Esprimo i miei pensieri ad alta voce, soffocati un po’ dalle cosce davanti alla bocca che mi impediscono di parlare come vorrei. “Ma baciami tu il culo, Gaskarth”. Ah, okay. Muori.
Sollevo con un lamento sonoro la testa dalle ginocchia, ancora raggomitolate al mio petto – “Ho già detto usate il preservativo?” – e punto il mio sguardo sofferente e omicida su Rian.
“Sei una merda di serial killer, e la prossima volta che ti viene in mente di fare una cosa del genere, ti castro brutalmente con le tue bacchette preferite”. Per tutta risposta, lui sbuffa talmente sonoramente che sento il su fiato caldo al sapore di pizza e qualcos’altro spazzarmi i capelli in viso e abbattere un qualche grattacielo nei pressi di Boston.
“Sei una checca, vai in ospedale e non rompere le palle a me”.
“Mi ci devi trascinare al cazzo di ospedale! Non riesco più a muovere le gambe!”. A smentita di questo, le distendo tranquillamente senza tendini che schizzano fuori come molle sul divano, e le rilasso sulla stoffa morbida, dando un piccolo calcetto col piede alla coscia di Rian. Della serie che sono coerente come un paraplegico che fa equilibrismo.
 
Okay, magari non sto per morire. Magari Dio mi ha concesso gli ultimi minuti per dire a Jack che lo amo e per linciare bene Dawson, riducendolo in pezzi talmente minuscoli che si disperderanno nell’aere. Ci vuole tempo per affettare una persona, cosa credete. E magari il dolore lancinante ormai è solo un pulsare sordo all’altezza della metà coscia, ma questo lui mica lo deve sapere. Deve soffrire. Deve vivere nei rimorsi del suo salto compiuto per sempre. Deve andare ogni sera a letto piangendo perché ha messo fuori uso gli arti inferiori del miglior cantante della sua generazione.
Intanto, lui mi rutta sonoramente in faccia.
“Va bene, però senti che cosa farò per te”.
 
“Paris Hilton ha comprato un nuovo cane simile ad un ratto di fogna, torna quando mi interessa”, lo liquido io recuperando la rivista TopWoman dal pavimento, dove era stata sbalzata a causa della collisione del culo di Rian con le mie gambe.
Seriamente però. Paris Hilton ha comprato un altro microbo vagamente canile, è di vitale importanza sapere come l’ha chiamato e che cappottino mignon gli ha comprato. Non dormo la notte se mi interrompono nella lettura di queste cose, ragazzi. Smettetela di fare come se non fossi una persona acculturata. Il gossip è la luce in fondo al tunnel della mia vita. Al contrario di voi patetici umani che leggete Tolstoj, io so che doccia shampoo usa la sorella maggiore della parrucchiera di Beyoncé, e non mi pento di nulla. Proprio così.
Recupero il segno, sfogliando le pagine sottili con fibrillazione, saltando i consigli di bellezza per la depilazione delle sopracciglia – perché, andiamo, ho davvero bisogno di sopracciglia meglio di queste? Io non credo, uh-uhm – e ritrovando finalmente l’articolo dall’impaginazione rosa con un’inquietante Paris Hilton che mi sorride leziosa tenendo in braccio un topo, volevo dire un cane, sul lato sinistro della pagina.
 
La rivista scompare con un fruscio. Ehi, c’è qualcuno che cerca di acculturarsi qui.
“Seriamente, amico?”. Rian mi guarda con la sua espressione da non-lo-conosco-davvero-siamo-nella-stessa-band-per-puro-caso dipinta in viso, la mia preziosa fonte di informazioni sull’interessante vita dei cani della Hilton stretta in pugno. Così mi stropiccerà l’immagine di Britney Spears in bikini! Ma cosa fa! C’è l’ha un po’ di sensibilità? Ma guarda te.
“Seriamente? Cioè, il leader della mia band, nel suo tempo libero legge TopWoman? Seriamente? Ma seriamente serio?”
“Ridammela, insensibile! Non sai cosa fanno quegli avvoltoi di paparazzi alle mie piccoline! Non puoi capire, ieri Lindsey Lohan è stata perseguitata per tutto il suo pomeriggio di shopping dentro e fuori i negozi! Tutto il pomeriggio! Sai cosa vuol dire? Ti rendi conto?”.
Rian sta velocemente passando da ‘ammazzatelo’ ad ‘ammazzate me’.
“Ma dico, la privacy è totalmente sparita? Sanno ancora che cos’è? Questa gente senza cuore! Le mie povere bambine indifese in balìa di energumeni con il cuore di pietra, voglio piangere!”
“No, senti Al-” cerco inutilmente di riacciuffare la rivista dalla mano tesa in alto di Dawson. Manca solo che mi metta ad urlare «Piñata! Piñata!» agitando un bastone in aria. Sarebbe molto scenico, e con un po’ di fortuna potrei colpire dritto in fronte ‘sto coglione e magari gli si spaccherebbe il cranio e ci sarebbero caramelle dappertutto. Perché che ci sia cervello dentro, è una cosa che metto seriamente, fortemente in dubbio.
 
“Al- Ale- Alexa- ma- tu-  smett- no non la- ALEXANDER WILLIAM”. Mi afferra la faccia – la mia fottutissima perfetta faccia! – con la sua mano grande come un guantone da baseball libera, le dita callose che premono contro tempie e fronte. Il suo palmo sa di frittella. Ah, ecco il sporco figlio di puttana che si era finito l’ultima. Giuro che dopo gliela faccio vomitare e rimettere insieme.
Non respiro. Mi blocca naso e bocca, sto soffocando. Il batterista della mia band è nel pieno di un attentato alla mia preziosa vita, di nuovo. È la seconda volta che sento la morte passarmi accanto oggi. E sono solo le cinque. Oddio, morirò su questo pulcioso divano color cagarella a spruzzo di bradipo, percependo le molle dure che minacciano di bucarmi il coccige. No, non può finire così. Vi prego. Vedo al luce. In fondo al tunnel. È sempre più vicina ed abbagliante, la sento, la sento…ah no, è odore di frittella e crema per mani da bambini dai 3 ai 12 mesi.
Beh, ma sto morendo non respiro giuro non respiro è tutto più buio e freddo e sento già il Paradiso che mi accoglie e addio mondo crudele e Jack ti ho sempre amato e seppellitemi con i miei pantaloni corti più gay possibili e ricordate che il latte in frigo scade fra due giorni e voglio comunque il profitto per i cd che si venderanno e gli scolli a V sono totalmente fuori di moda e pure le cinture di cuoio e…
 
“Un appuntamento, checca”.
Dawson s’è pronunciato.
Toglie la sua enorme mano da gigante che sponsorizza i dentifrici dalla mia faccia; aria, aria fresca, acqua, tinta per capelli e…
“Un meraviglioso appuntamento qua, a casa nostra, invito io un amico, ti piacerà, avete la stessa passione per il cazzo e le biciclette d’epoca, è già tutto organizzato”.
Aspetta, cosa?
“Aspetta, cosa?”. Non ho nemmeno il tempo di riprendere fiato che già sono senza. Un appuntamento? Casa nostra? Amico? Cazzo? Biciclette d’epoca? Organizzato?
Aspettate tutti. Fermi, bloccati, muti, immobili.
Non mi pare che ci sia nessuna vera casa degna d’essere chiamata tale nella mia vita da frocetto iperattivo.
“No, cosa?”
Rian sospira, esasperato al punto di volersi soffocare infilandosi in testa un vaso di plastica dell’Ikea posato sul tavolino da caffè finché l’aria dentro non circolerà più. O potrebbe affittare a minuti uno sclerotico batterista di una qualche band a caso per ammazzarlo in tre battiti di palpebre con la sua mano odorante di frittella alla crema e cosmetico per le mani da poppanti.
E, dio santissimo, non ha nemmeno scelto la fascia d’età del prodotto adatta alla sua. Quella da 0 a 3 mesi era molto più indicata. E poi profuma alla fragola. Io lo so, la uso.
 
“Allora Mr. Gaylord – questi frecciatine sulla sessualità sono diventate così mezz’ora fa – c’è questo mio amico, attualmente lo conosciamo solo io e Zack, anche lui fa parte di una band, non male, dovrebbe un po’ tagliarsi i capelli e porta camicie che ti fanno sanguinare occhi e buco del culo, ma nel complesso non è totalmente da buttare via”. Si appoggia con nonchalance ai cuscini con le fodere di lana fatte personalmente dalla nonna di Jack, come se mi stesse facendo l’elenco dei prodotti chimici di un detersivo e non la presentazione di questo improbabile futuro appuntamento. Spero che i pidocchi nascosti là dentro lo attacchino. È un peccato che non abbia capelli. Cazzo.
“Ma è simpatico e usa un buon shampoo, Garnier-” “Perché si prende cura di sé” “Che hai detto?” “Oh nulla”.
“E sì, insomma, sarebbe interessante presentartelo. Potrebbe, uhm, nascere un buon….rapporto”.
Rian misura la parola ‘rapporto’ come se fosse una bomba a mano ticchettante, pronta già ad esplodere in una questione di secondi.
Oh.
 
Oh. Spalanco leggermente gli occhi, le spalle che pesantemente si avvicinano di più al livello del terreno. La non poi così nascosta intenzione del mio amico mi si staglia chiara all’orizzonte. Quindi, questo ragazzo dai capelli lunghi e le camicie ambigue sarebbe gay? E Zack e Rian vorrebbero farmelo conoscere, nella speranza che mi possa magari piacere in un futuro prossimo in cui so fin troppo bene – che fa addirittura  male – non ci potrà essere Jack come ci potrebbe essere lui. Non nello stesso ruolo per quello che vorrei che fosse, almeno.
Il significato sottinteso di tutta questa combutta mi schiaffeggia piano, leggermente, come per farmi riprendere da un sogno ad occhi aperti che stavo avendo.
So a cosa dovrebbe portare tutto questo, e come al solito tutti i fili si riarrotolano fino a Jack. Jack. Jack?
Jack, che più di qualche ora fa è sceso dalle scale scricchiolanti in un’aura di dopo barba profumato che m’ha fatto venir voglia di sprofondare il viso nell’incavo del suo collo e non staccarmi mai più, solo perché il suo profumo diventi il profumo delle mie giornate.
Jack, che poco più di qualche ora fa ha danzato goffamente in giro per il salotto, afferrando un paio di chiavi tintinnanti qua e raccattando una sciarpa infinita buttata a caso su una sedia, ai miei occhi librandosi leggero intorno come la libellula più bella in un campo di grano a giugno, a dispetto del suo continuo inciampare nei propri passi.
Jack, che poco più di qualche ora fa sorrideva maliziosamente con un luccichio che conoscevo – purtroppo – tanto bene e mi faceva desiderare di picchiarlo a sangue e poi urlargli che era bellissimo, ma non era bellissimo per me.
Jack, che poco più di qualche ora fa mi ha sogghignato: “Caccia grossa oggi Lexi, ce n’è una che…” ed aveva sventolato le mani in aria a formate una figura tutta curve, troppo simile ad un’altra di quelle troiette squattrinate con la ricrescita ed i jeans a vita troppo bassa, gettando il mio cuore un po’ più in basso dentro il petto, tanto che avrei giurato di avergli sentito sfiorare le budella.
Jack, che poco più di qualche ora fa ho preso in giro per essere un malato di sesso, ridacchiando come se non fosse nulla quando il pensiero mi stanava nella mente le immagini più terribili di lui avvinghiato ad una qualsiasi altra donna, i miei polmoni chi si rattrappivano e la testa che pulsava.
Jack.
Jack, sempre Jack, che ora sarà fuori con chissà chi, chissà dove.
 
“Non lo so Rian, io…”
“Alex”. Mi zittisce subito, e questa volta lo lascio fare. I suoi occhi color nocciola dorata frugano nei miei, scorgendo tutta l’insicurezza che mi trascino addosso. “Alex”, dice di nuovo, in maniera più profonda, più definitiva, più…dolce?
 
E d’improvviso la porta d’ingresso si spalanca, andando a sbattere contro il muro di cartongesso e lasciandovi di sicuro il solco della maniglia che non se ne andrà con nessun tipo di calcestruzzo sopra a tappare.
E d’improvviso proprio lui, Jack, il mio Jack piomba dentro tutto affannato, le guance di un pericoloso colorito che si avvicina all’amaranto e il fiatone. Bellissimo. Ma non è bellissimo per me.
Perché d’improvviso, subito al suo seguito, balza dentro pure una ragazza tutta curve e capelli ricci. Tante tette. Culo grande come un francobollo. Scollatura che raggiunge i mille metri sotto il livello del mare, jeans talmente attillati da non lasciare indovinare nulla. Ci manca solo la scritta “TROIA” stampata in Comic Sans MS rosso sulla fronte, come i bolli dei pacchi consegna, ed il quadretto è completato.
La nuova fiamma della giornata gli si avvinghia al braccio come una sanguisuga ridacchiante, il naso a punta dallo spesso strato di correttore per coprire i punti neri che sfiora la guancia di Jack e il suo fiato caldo che gli si intrufola nel padiglione auricolare mentre gli sussurra qualcosa di sicuramente poco casto, un sogghigno da perfetta troia che le sbilenca la bocca.
 
Sento ondate di odio allo stato più puro ed essenziale della materia investirmi come l’alta marea. Questo buco d’appartamento non è abbastanza grande per tutti e due, e di sicuro io ho messo le chiappe sul pidocchioso divano molto prima di lei. Rian, vaso prego. Sto per spaccare qualche faccia rifatta. Sposta il tappeto, non vorrei si macchiasse di sangue di troia, non so se in lavatrice va via, mi toccherà portarlo in lavanderia e sai quanto costa. Non è che siamo ricchi Rian. Su, il vaso prego, prima che utilizzi qualcosa come la poltrona. Non so se riesco a sollevarla.
 
“Ehi ragazzi!” esclama Jack a voce un po’ troppo alta per essere completamente sobrio ma con gli occhi troppo vigili per essere totalmente andato.
Giuro che gli infilo il cuscino in gola, lo giuro. Se lo sprimaccio bene ha l’esatta circonferenza della sua bocca. Giuro che se non muore lei, muore lui.
“Ehm…io…sì beh, noi…insomma, non vi dispiace se prendo la camera un attimo, dobbiamo studiare una…cioè…behsìciaoragazzicisivedestasera”. Spariscono a razzo su per le scale, lei tutta una risatina da sparo e quel coglione tutto occhi scintillanti e sorrisi idioti.
Adesso li rincorro con un fuoristrada e li appiattisco come impasti di pizza.
No, la pizza è qualcosa di troppo sublime per essere paragonato ad una visione del genere.
“A STUDIARE ANATOMIA, CAPITOLO CINQUE, IL CORPO UMANO IMMAGINO JACK!” urla Rian con la sua voce da baritono, e nonostante sì, lo ammetto, sia una battuta da otto più, non ce la faccio proprio a ridere, ho i denti serrati fra di loro come se fossero incollati con l’attaccatutto.
È straordinario, ma per la prima volta, il mio cuore non è scivolato di un solo millimetro. Sento solo rabbia, tanta, troppa, cieca rabbia furiosa.
Vorrei tempestosamente salire le scale al seguito di quei due ed irrompere nella nostra camera a prendere quella troia per i capezzoli – erano davvero sporgenti, ve lo dico io, il piolo d’aggrappo più sicuro – e sbatterla fuori accanto al bidone dell’umido. Magari i netturbini passano e la scambiano per gli avanzi della settimana scorsa. Magari la gettano nel camion dei rifiuti. Magari in discarica la pressano per bene e ne fanno un cubo di troia, l’unico che puoi comporre per formare alla fine la frase: «I miei jeans sono Armani tarocchi come i soldi del Monopoli, chiedilo al vucumprà che me li ha spacciati per cinque euro quest’estate al mare». Meglio del cubo di Rubik.
Sento tanta rabbia che mi bolle dentro come acqua in una pentola a vapore, potrei esplodere da un momento all’altro e sputare tutto in faccia a Jack. Tutte le notti insonni, tutti i battiti di cuore persi per strada, tutti gli aggrovigliamenti di budella, tutti gli occhi arrossati, tutte le porte sbattute, tutti i finti “Sto bene”, tutti i falsi sorrisi, tutte le serate da solo al bar per ubriacarmi fino a non sentirlo più dentro le ossa come al solito, tutti i messaggi senza risposta, tutti i sorrisi che mi ha regalato e tolto, tutte le volte che mi sono sentito come un naufrago che si getta finalmente sulla riva raggiunta ogni volta che le sue braccia mi cingevano; tutto di tutto. Sento che in questo esatto, preciso momento, con tutto questo furore cieco che mi annebbia la vista, potrei urlargli addosso tutte queste cose.
 
Ed invece, la sola che mi limito a fare, è girarmi verso Rian, guardarlo dritto nelle orbite e con ferocia chiedere: “Come si chiama questo tipo?”
“Vic, Vic Fuentes”.
“Domani sera, sarà seduto a quella tavola”.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
NON HO NEMMENO UNA SINGOLA, FOTTUTISSIMA, BANALE, FALSA, SCARSA, PIETOSA, SCOLPEVOLIZZANTE, MISERA SPORCA SCUSA.
Sono semplicemente una persona di merda, lo so, lo so, me lo potete scrivere con le margherite sul marciapiede davanti casa mia. È da…agosto? (!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!) Che non aggiorno, ma in mia forse quasi possibile tanto non mi perdonerete lo stesso discolpa, posso dire che ho cominciato il liceo ‘sto anno, è  tutto nuovo e bellissimo e le persone sono fighissime e c’è un metallaro da sbavo dentro classe mia e pure in quella accanto e sto cercando di ampliarmi la vita e nel frattempo sono andata al concerto dei Bring me the Horizon con oh oh oh band preferita oh oh oh i Pierce the Veil ed è stata la sera più bella della mia vita e ho i plettri di Jaime e Tony e la bacchetta di Mike e nulla okay sparisco in una polvere fatata di bolle di sapone e gioia
Per parlare del capitolo. Che fa schifo. Come la sottoscritta, ma che novità. (Il titolo è preso da "You make me wanna die" dei The Pretty Reckless ovviamente, mio grande eterno amore). È solo un breve capitolo transitorio, di passaggio, scritto così perché sennò mi venivate ad abbattere la porta con ariete e forconi infuocati, ma essenziale per il prossimo che sarà tutto preparazione appuntamento – appuntamento poi. Con VictOR VINCENT FUENTES PERChé è incredibilmente gay e amico di ‘sti pischelli musicisti per caso e quindi ho deciso che ci stava troppo bene lui come rivale a Jack bc Valex (che non shippo personalmente ma mi fa comunque venire gli occhi a cuore come Pucca quando vede Garu e quindi approvate la mia scelta okay). Quindi, pronti per il prossimo capitolo, che adesso che ho ritrovato ispirazione/passione in questa storia non dovrebbe tardare ad arrivare. Ultime parole famose.
Intanto, ho visto che la OS vi è piaciuta parecchio e vorrei diventare poligama + lesbica e sposarvi tutte.
Peròòòòò apprezzerei qualcosa come parecchio parecchio che lasciaste uno sputo di recensione per dirmi se avete ancora passione in ‘sta storia, se volete che continui e vi piace lo stesso oppure ve ne siete già dimenticate tutte e baci baci addio confetti e coriandoli e smetto di scriverla, che faccio prima. Davvero, fatemi sapere, mi inginocchio. È qualcosa che ho bisogno di leggere, una vostra recensione, tipo flebo vitale. Okay.
 
Stay in drugs, don’t do school
xøc 
  
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