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Autore: Thefoolfan    04/02/2014    3 recensioni
Seguito de "La storia continua...". Castle ripercorrerà alcune tappe importanti dell'ultimo anno trascorso, raccontando gli eventi più o meno felici che hanno condotto lui e Beckett a quel momento iniziale.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Quasi tutti, Richard Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le storie di una vita'
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Ore 8,52

“Uff ma che hai nascosto tua madre qui dentro?”. Si lamentò Castle scendendo dalle scale portando lo zaino che Beckett si era preparata per quei due giorni da passare lontano da casa. “Se voleva venire anche lei le prendevo un biglietto”. Continuò giungendo alla fine delle scale, appoggiando lo zaino a terra per cominciare a trascinarlo con i piedi, avvolgendo uno dei due manici attorno alla caviglia per rendere quell'impresa meno ardua.

“Il solito attore. Assomigli ogni giorno di più a tua madre”. Lo canzonò la donna uscendo dalla cucina portando con se un bicchiere di vetro dalla quale stava bevendo uno strano intruglio verdognolo che solo dall'odore fece salire la nausea a Castle.

“Povero figlio mio”. Disse sfregandosi il naso prima di dare un bacio sulla nuca della moglie dirigendosi verso il divano sulla quale si distese sbuffando. “A che ora dovrebbero arrivare Jenny e Lanie?”. Domandò alzando il braccio sopra la sua testa cosi da andare a controllare l'orologio notando che erano già quasi le 9. Era in ritardo con il suo programma e ogni minuto era vitale perchè tutto andasse secondo i suoi piani.

“Tra una decina di minuti dovrebbero essere qui. Perchè ti vuoi già liberare di me?”. Domandò Beckett seguendo i suoi passi solo per andare ad accomodarsi sul bracciolo del divano, rimanendo accanto ai suoi piedi che l'uomo si divertiva a sfregare contro la sua coscia nonostante i suoi continui buffetti per farlo cedere.

“é che ho detto alla mia amante di essere qui per le 9.15 e sarebbe imbarazzante avervi qui entrambe. Non che non mi saprei far valere in una cosa a tre però...”. La frase non riuscì a finirla perchè le parole vennero sostituite da un grido di dolore causato dalle dita di Beckett che, stringendosi attorno a quelle sue dei piedi, andavano a torcergliele.

“Qual'è il tuo programma per questo week end visto che in queste due settimane ne hai fatto un mistero”. Lo intimò a rispondergli strizzandogli ancora le dita mentre lui si metteva seduto allungandosi con le braccia per farla fermare.

“Probabilmente starò tutto il giorno a giocare ai video giochi e a nutrirmi con birra e patatine”. Rispose velocemente piegando la gamba verso di se quando finalmente Beckett mollò la presa e lui ebbe modo di andare a massaggiarsi il punto dolorante.

“Almeno cerca di ricordarti di lavare i piatti e magari buttare via la spazzatura”. Scrollò il capo la donna dando un ultimo sorso a quella bevanda prima di rimettersi in piedi.

“E di accendere la lavatrice e rifare i letti cosi poi potrai chiamarmi cenerentola”. Brontolò lui agitando la testa prima da un lato poi dall'altro, non accorgendosi del modo in cui Beckett era andato a guardarlo, con un espressione stupita per quanto da lui detto, andando poi a corrugare le sopracciglia quando i loro occhi si incontrarono.

“Sto scherzando”. Si difese Castle alzando le braccia all'altezza del viso notando come la moglie alzasse gli occhi al cielo dandogli le spalle per dirigersi in cucina.

“Dai accompagnami giù che tra poco arriveranno”.

“Si signora”. Ribattè lui dando un colpo di reni per scendere dal divano, sollevando le braccia al cielo per sgranchirsi la schiena sbadigliando nel contempo. “Non ho più il fisico per far tardi la sera”. Si lamentò grattandosi la pancia ricordando come la notte precedente era rimasto alzato fin le 3 di notte per vedersi un vecchio film.

“Prendi la giacca pesante e la sciarpa che fa freddo. Manca solo che ti prendi un bel raffreddore”. Le disse indicando gli indumenti posti sopra l'appendi abiti mentre lui andava ad indossare il suo giubbotto tirando la zip fin sopra il collo prima di andare ad aprire la porta cosi da lasciarla passare mentre lui si occupava dello zaino.

“Sai potresti sentire Espo e Ryan, forse anche loro sono liberi in questi giorni, potreste fare qualcosa insieme”. Glì suggerì Beckett dispiaciuta del fatto che il marito non avesse organizzato nulla per quei due giorni nonostante sapesse da più di una settimana che quello che era il week end che aveva accordato con Lanie e Jenny per usufruire del particolare regalo di natale fatto dai loro tre uomini di casa.

“Espo probabilmente passerà la giornata in palestra e Ryan invece sarà sommerso dai pannolini e fin quando ne ho la possibilità vorrei evitarlo”. Spiegò il detective mugugnando inorridito a quella scena facendo sorridere la moglie che istintivamente andò ad accarezzarsi la pancia.

“E qui finiscono le mie speranze sul fatto che qualche volta avresti potuto cambiare anche tu questo piccolino”. Commentò schiacciando il bottone dell'ascensore cosi da cscendere al piano terra dove avrebbe aspettato che le amiche la passassero a prendere.

“Con lui sarà diverso, è il mio bambino.”. Appurò compiendo un saltello per sistemarsi meglio lo zaino sulla spalla per poi alzarsi il colletto del giubbotto per rimanere più coperto dall'aria gelida della città. “O almeno spero”. Aggiunse subito cercando di rimanere serio soltanto per andare poi a ridacchiare divertito.

“Quanto sei stupido”. Rise anche Beckett dandogli uno spintone che gli fece perdere per un istante l'equilibrio prima di dargli la mano e uscire insieme a lui dall'ascensore.

“Hai preso le chiavi di casa, il cellulare..?”.Cominciò ad elencare Castle facendo mente locale su quanto la moglie potesse aver bisogno in quei due brevi giorni.

“Si e anche il portafogli, le vitamine, i numeri d'emergenza. Ho fin troppe cose Rick e poi sono con Lanie e Jenny non succederà nulla”. Cercò di rassicurarlo lei sollevandosi sulle punte per dargli un bacio sulla barba incolta del mattino uscendo per prima dall'edificio immettendosi nel marciapiede già gremito nonostante l'ora.

“Lo so ma sempre meglio avere di più che di meno”. La riprese Castle allungando il collo sulla strada in cerca della macchina del medico legale tra quelle che gli passavano davanti di volta in volta.

“Puntuale come un orologio svizzero”. Scherzò ancora il detective notando giungere verso di loro la vettura dell'amica riconoscibile dai due grandi dadi fluorescenti appoggiati sopra il cruscotto. “Prossima volta invece delle 9 le diciamo 8 e mezza cosi arriverà per tempo”.

“Ma si può sapere da dove arriva tutta sta fretta?”. Domandò curiosa Beckett facendosi vedere dalle due amiche alzando una mano e agitandola mentre si avvicinava al ciglio della strada.

“Ho i miei videogiochi che mi aspettano”. Ribattè prontamente lui mantenendosi sulla stessa linea precedente, dando un colpo con la spalla per voltare lo zaino davanti a se contro il proprio petto cosi da aprirlo con più facilità, controllandone il contenuto per assicurarsi che la moglie avesse preso davvero tutto il necessario.

“Farò finta di crederci”. Disse Beckett salutando le due donne aprendo lo sportello del sedile posteriore pronta a salirci dentro, allungando una mano per prendere lo zaino dal marito cosi da appoggiarlo accanto a se.

“Ciao Castle”. “Ciao Rick”. Lo salutarono le due sporgendosi oltre il finestrino mentre lui andava ad appoggiarsi con le mani a quello tirato giù dalla parte dov'era seduta Beckett.

“Ragazze, trattate bene la mia signora mi raccomando”. Fece loro l'occhiolino dando un bacio alla moglie prima di rimettersi in piedi cosi da darle la possibilità di tirare su il vetro ed evitare che altra aria gelida entrasse nella macchina.

“Tranquillo non la faremo ubriacare più del dovuto.”. Disse Jenny andando a guardare la detective che portò subito le iridi sul marito per rassicurarlo sul fatto che quella fosse solo una battuta di spirito.

“Proprio quello che volevo sentirvi dire”. Sospirò Castle dando un colpetto al tettuccio della macchina facendo alcuni passi indietro. “Buon week end e divertitevi anche per me”. Le salutò ancora una volta con un cenno della mano mentre l'altra si stava già infilando nella tasca dei pantaloni alla ricerca del cellulare.

Solo quanto la loro auto fu lontana da lui andò a comporre il numero del collega.

“Via libera”. Disse solamente prima di riattaccare e correre di nuovo all'interno dell'edificio cominciando a sentire la faccia congelarsi.

Entrato nel proprio appartamento si tolse velocemente le scarpe e il giubbotto lanciandoli dove gli capitò, correndo poi su per le scale dirigendosi in camera cosi da andarsi a cambiare con devi vestiti più consono al progetto che aveva in mente di realizzare di li a poco. Estrasse dai cassetti una maglietta malconcia e dei vecchi pantaloni di una tuta indossandoli di tutta fretta volendo essere pronto per l'arrivo degli amici. Con più calma si diresse nella stanza degli ospiti, soffermandosi sotto la porta di quella con le mani ai fianchi, guardandosi attorno cosi da cominciare a valutare il lavoro da svolgere in quella giornata.

“Tu sarai il più impegnativo”. Commentò passando davanti al grande armadio chiaro mentre andava ad aprire la finestra cosi da far circolare l'aria, abbassandosi poi a terra cosi da estrarre da sotto al letto, dove li aveva nascosti, dei vecchi giornali, dei teli di plastica e una cassetta degli attrezzi.

 

Ore 9,33

Pochi attimi dopo sentì il campanello suonare ma senza scendere di nuovo al piano superiore gridò cosi da farsi sentire dai suoi ospiti invitandoli ad entrare. Subito alle sue orecchie giunse un tintinnio metallico seguito da diverse imprecazioni da parte di Esposito. Curioso abbandonò gli utensili che aveva tra le mani e uscì dalla stanza cosi da affacciarsi oltre le scale vedendo i due colleghi dirigersi verso di loro portando il cubano una scala e l'irlandese invece due grandi secchi di vernice con altrettanti pennelli agganciati ai manici.

“Ce ne sono altrettanti all'ingresso.” Gli disse Ryan cercando di sollevare i due cilindri cosi pensanti che gli davano la sensazione che le spalle gli si stessero staccando dalla schiena.

“Mi sembrate la versione imbianchino di Mario e Luigi”. Sghignazzò raggiungendoli a metà scala, osservando le salopette di jeans che i due avevano indossato per l'occasione.

“Meglio che queste battute te le tieni per te altrimenti la cameretta per il bambino te la pitturi da solo”. Gli ringhiò dietro Esposito lottando contro le gambe della scala che gli sbattevano ad ogni passo contro le caviglie.

“Andiamo è uno scambio di favori. L'abbiamo fatto per Ryan, ora voi lo fate per me, domani noi”. Continuò indicando se e l'irlandese. “Lo faremo per te”. Concluse puntando il dito contro il collega che andò a guardarlo spazientito ricordando allo stesso Castle che l'argomento bambini era tabù per Esposito.

“Almeno potevi cominciare a togliere i mobili”. Protestò Kevin dal piano superiore mentre il detective ancora stava chiudendo la porta dietro di casa raggiungendoli con gli altri due secchi di vernice, stupendosi del fatto che l'irlandese fosse riuscito a sollevarli entrambi nonostante la sua muscolatura quasi del tutto assente.

“Da solo non ce l'avrei mai fatta e come aiutanti a disposizione avevo mia moglie incinta, mio padre che si sta ancora riprendendo dall'infarto o mio suocero che riesce e slogarsi il polso togliendo le buste della spesa dalla macchina”. Replicò Castle sbuffando una volta raggiunto il piano superiore, appoggiando per terra senza troppa cautela ciò che aveva tra le mani prima di accasciarsi al muro.

“E poi verrete ricompensati con una cena al “Tartufo d'Oro” con le vostre mogli completamente pagata da me, direi che alla fine quelli che ci guadagnate siete voi”. Ricordò ai due dando ad entrambi una pacca sulla spalla mentre questi si guardarono soddisfatti l'uno con l'altro, in effetti il vantaggio era tutto loro.

“Perciò qual'è il piano d'azione?”. Domandò Esposito portandosi al centro della stanza, roteando su se stesso per farsi anche lui un idea della mole di lavoro che gli si prefissava davanti.

“Direi di smontare il letto, l'armadio, togliere le mensole vecchie e portare fuori i cassettoni. Domani verrà mio padre con un camioncino della società e porteremo tutto nel suo deposito. Per oggi concentriamoci solo sulla pittura dei muri”.

“Allora consiglio di cominciare subito cosi magari entro stasera riusciremo a dargli almeno due passate”. Suggerì Ryan adocchiando la cassetta degli attrezzi, andando per primo ad accaparrarsi i cacciaviti per poi puntarli contro gli amici. “Io smonto voi portare fuori”.

“Dentro quella cena fa in modo che ci sia anche il vino più costoso della storia se no questa non te la perdono”. Minacciò Esposito rivolgendosi a Castle trascinandolo con se per cominciare a ripulire la stanza da ogni oggetto che riempiva i troppi ripiani presenti in quella stanza mentre l'irlandese andava a piegare con cura le lenzuola del letto appoggiandole appena fuori dalla porta, cominciando cosi a trasformare quel corridoio nel loro deposito improvvisato.

 

Ore 10,25

“Ma non potevi tenere queste mensole invece che sostituirle tutte”. Si lamentò ancora il cubano quasi un ora dopo mentre cercava di inserire la punta del trapano nella vite che sorreggeva l'ultima mensola da togliere mentre il collega stuccava i punti dove invece aveva già tolto le altre due.

“é colpa di Beckett, è lei che ha scelto il lettino, il fasciatoio e l'armadio di colore chiaro, quelle ormai non ci stavano più bene”. Si difese Castle mentre scocciava con attenzione i teli di plastica a terra cosi da evitare di sporcare il parquet con la vernice azzurra che di li a poco avrebbero usato.

“Sei sicuro che Beckett non se la prenda che ti stiamo aiutando noi? Magari voleva farlo lei questo lavoro?”. Si informò Ryan asciugandosi la fronte con il palmo della mano mentre reggeva ancora tra le dita la spatola con cui aveva sistemato il muro, approfittando di quella domanda per prendersi una piccola pausa.

“No, ne avevamo già parlato, sarebbe stata una cosa troppo pesante per Kate.”Spiegò l'uomo disteso per terra, lottando contro i pezzi di nastro adesivo che gli si appiccicavano alle mani invece che al muro. “Mi ero già preso questo impegno solo che lei non si immagina che lo stia facendo proprio oggi, in fondo i mobili li abbiamo ordinati solo una quindicina di giorni fa di tempo ce n'era anche, ma prima si comincia meglio è”.

“E poi a lei spetterà il compito divertente di riempire la cameretta con tutte le cianfrusaglie che potranno essere utili al marmocchio”. Finì il discorso rimettendosi in piedi con un saltello, provando la tenuta del proprio lavoro tirando con un piede uno dei teli, pulendosi poi le mani soddisfatto su pantaloni.

“Le cianfrusaglie che potranno essere utili al marmocchio, cosi parlò il futuro padre”. Lo sbeffeggiò Esposito lanciandogli contro la vite che aveva appena estratto dalla parete. “A volte mi chiedo se lo fai apposta o per davvero”. Lo riprese scrollando il capo quasi arreso per quelle uscite del collega, posando a terra anche l'ultima mensola cosi da poter equipaggiarsi del pennello e di una contenitore di vernice.

“Coraggio occupati di questa parete mentre io penso a quell'altra”. Quasi gli ordinò il cubano notando come Castle andasse velocemente ad eseguire quel compito.

I detective tornarono ognuno al proprio lavoro, fischiettando qualche canzone o parlando di football, ma Castle era diventato improvvisamente assente. Si era arrampicato sulla scala e stava finendo gli ultimi dettagli della parete, attento a non sbordare con il pennellino più piccolo, ma i suoi pensieri erano tutt'altra parte. Non tanto sulla moglie, anche se sperava che si stesse divertendo insieme alle amiche, ma erano più rivolti ai due uomini che gli stavano accanto. Spostò lo sguardo su di loro e vide che Esposito, senza farsi notare troppo, si stava divertendo a disegnare con la vernice blu, delle strisce sulla salopette dell'irlandese mentre questi si impegnava per far si che uscisse un ottimo risultato, per mostrare con orgoglio quell'angolo della cameretta tutto suo.

“Ragazzi prima di finire qui e prenderci una meritata pausa mentre aspettiamo che questa prima passata asciughi voglio solo ringraziarvi”. Disse appoggiandosi alla scala con un braccio mentre l'altro lo teneva rivolto verso il basso lasciando che alcune gocce dal pennello ricadessero fino a terra a macchiare i teli di plastica.

“Ci tenevo che tutti i membri della mia famiglia partecipassero a questo progetto, mettessero qualcosa di proprio al suo interno”. Castle aveva compreso ormai in età adulta l'importanza di avere accanto a se una famiglia, qualcuno sempre pronto ad esserci per lui, a guardargli le spalle in un modo che andava ben oltre a quello lavorativo a cui era abituato. Quei due uomini davanti a lui non erano solamente suoi amici, ma suoi fratelli e voleva che cosi fosse anche per suo figlio. “E sarei felice se anche voi faceste lo stesso. Non avremo un legame di sangue ma questo non toglie il fatto che a mio figlio dirò sempre che voi siete i suoi zii, nulla di meno”.

“Se è un modo carino per convincerci a far altro oltre la pittura ti dico già che non funziona”. Disse prontamente Ryan non volendo farsi raggirare fin da subito dalle lusinghe del collega anche se in cuor suo sapeva benissimo che non avrebbe saputo dirgli di no, non gli avrebbe potuto negare il proprio aiuto per rendere speciale un luogo già cosi importante.

“No, ho in mente tutt'altro.”. Ridacchiò Castle abbassando il capo, approfittando della posizione elevata dove si trovava per far roteare velocemente le iridi lungo quelle pareti che piano piano si stavano colorando di azzurro, permettendosi per un istante di immaginare quell'opera compiuta cosi come molto spesso se l'era sognata negli ultimi giorni. “Ciò che vi chiedo è solo un pensiero”.

“Un pensiero?”. Corrugò la fronte dubbioso Esposito, agganciando il pennello al secchio della vernice per compiere quei due passi che lo dividevano dal detective, sentendo sotto i suoi piedi lo strano strascichio prodotto dalla plastica sotto le proprie scarpe.

“Un pensiero”. Ribadì ancora un misterioso Castle facendo spallucce prima di rimettersi all'opera, avendo quasi finito di ultimare quel suo angolo di parete.

 

Ore 19,07

“Sicuro di non aver bisogno domani?”. Domandò Ryan cominciando a camminare per tutto il perimetro della stanza, socchiudendo gli occhi per controllare bene la superficie liscia dei muri, posandovi sopra con cautela due dita per constatare che la vernice stesse seccando velocemente.

“No tranquilli avete già fatto troppo”. Rispose Castle appoggiato invece contro lo stipite della porta, leccandosi il pollice per poi andare a sfregare una goccia di colore che era finita li sopra durante i lavori, provando a grattarla via con quel modo inusuale. “Poi domani è la giornata dei nonni. La mattina verranno mio padre e James ad aiutarmi a portare via i mobili vecchi. Poi verso le 11 dovrebbero portarmi quelli nuovi quindi il pomeriggio procederemo con la montatura”.

“Solo tu riesci a farti consegnare qualcosa di domenica”. Si lamentò con una smorfia l'irlandese abbassandosi sulle ginocchia, voltando uno dei ventilatori verso la parete cosi che il getto d'aria fredda la facesse asciugare più velocemente dato che il collega aveva i minuti contati per riuscire a finir in tempo la stanzetta.

“Se dai 300 dollari di mancia al corriere fa questo e molto altro”. Sogghignò Castle abbassando lo sguardo cosi da darsi un occhiata, notando come si era completamente ricoperto di gocce di vernice non tanto sui vestiti quanto sulle braccia e sulle gambe.

“E tua madre e Johanna non parteciperanno? Non so quanto ti convenga tenerle fuori”. Gli fece notare Ryan raggiungendolo sulla porta, spostandolo con una leggera spinta cosi da uscire nel corridoio per sistemare il caos che ancora regnava in quello spazio dato che i due amici avevano detto chiaramente che quello sarebbe stato un suo dovere siccome tra i tre era quello che aveva più idea su cosa fosse l'ordine.

“No, non sono cosi pazzo. Loro han detto che passeranno nel tardo pomeriggio, quando presumibilmente avremo finito, per dare un tocco femminile alla stanza.”. Brontolò Castle al pensiero delle decine e decine di peluche che di certo le due donne avrebbero portato per rendere quella camera più adatta a un bambino nonostante lo stesso detective aveva detto chiaramente che tali oggetti sarebbero stati banditi non amandoli particolarmente.

“Bene se è tutto a posto allora possiamo anche andare, a meno che non hai ancora bisogno di noi”. Affermò Esposito senza però muoversi, aspettando che qualcuno lo portasse via o ancora meglio che ci fosse qualche altro lavoretto da fare. In fondo gli era piaciuto dedicarsi a un'attività simile, ad aver contribuito ad un progetto cosi importante.

Castle guardò il collega e ci ponderò su diversi secondi. Ormai nessuno dei tre era più abituato a passare un sabato sera da solo senza la propria moglie e di certo dopo una giornata cosi pesante l'ultimo pensiero era quello di andare a divertirsi in qualche pub. Esposito a modo suo gli stava lanciando l'amo pregandolo di organizzare qualcosa per impedire che quella serata in solitaria si avverasse.

“Bhè è quasi ora di cena che ne dite se ci ordiniamo una pizza”. Suggerì battendo le mani l'una contro l'altra, guardando prima il cubano e poi l'irlandese che, facendo finta di niente, annuirono sommessamente con il capo.

“Per me va bene tanto Colin lo tengono i genitori di Jenny. Javi tu ci stai?”. Chiese Ryan rivolgendosi all'amico che con un sorriso sornione si avvicinò minacciosamente a Castle che si ritrovò schiacciato contro la porta.

“Ad una condizione”. Gli disse alzando un dito all'altezza del suo viso. “Voglio la rivincita a laser tag”.

 

Ore 20,43

Castle si trovava nascosto dietro uno dei ripiani della cucina, accovacciato contro di esso mentre teneva stretta a se la pistola giocattolo, usando il riflesso del vetro del forno per accertarsi che i due colleghi non si avvicinassero al suo nascondiglio improvvisato. Cominciando a gattonare si spostò di diversi passi, allungando il collo alla ricerca delle luci elettroniche facilmente riconoscibili dei giubbotti che stavano indossando. Sapeva che erano nascosti li da qualche parte pronti a colpirlo appena avesse messo fuori la testa dalla cucina, doveva stare attento se non voleva perdere anche quella manche.

D'un tratto un cellulare si mise a squillare e lui colse l'occasione per puntare la sua finta arma dietro la libreria e al divano, aspettandosi che Ryan od Esposito uscissero a controllare che non fosse il loro telefono.

“Ehi agente dell'fbi è il tuo”. Si sentì la voce dell'irlandese echeggiare nella sala e allora Castle si accorse che in effetti quella era la suoneria personale di Beckett. Senza pensarci due volte si alzò in piedi con l'intenzione di andare a rispondere ma appena lo fece venne colpito da una raffica di munizione invisibili che gli fecero suonare e illuminare di diversi colori il giubbotto.

“Ehi non vale”. Si lamentò aprendo le braccia andando finalmente a prendere l'apparecchio cosi da rispondere a quella prolungata chiamata.

“Non hai detto pausa e ora hai perso”. Appurò trionfante Esposito battendo il cinque con il collega.

“Non hai detto pausa e ora hai perso”. Gli fece il verso infastidito mentre si portava il dispositivo all'orecchio.

“Che cosa hai perso?”. Domandò Beckett curiosa avendo sentito solo l'ultima parte della frase pronunciata dal marito.

“La battaglia Kate. Tuo marito ti ama cosi tanto che infischiandosene della sua incolumità è uscito allo scoperto pur di sentire la tua voce”. Ribattè lui con un tono della voce affranto volendo far venire i sensi di colpa alla moglie, se non fosse stato per lei avrebbe vinto, ne era certo.

“Stai giocando a laser tag con i ragazzi? Perciò quando torno a casa domani troverò la casa in soqquadro”.

“Sei tu che mi avevi detto di chiedere a loro di farmi compagnia. Che avremmo spostato i mobili per creare un campo di battaglia era un eventualità che dovevi mettere da conto”. Si giustificò lavandosi via ogni senso di colpa che poteva avere notando come i due colleghi fossero presi a parlare l'uno con l'altro e, ipotizzando che la loro conversazione fosse riguardo la prossima tattica da seguire, decise di porvi termine andando a sparare contro di loro.

“Vendetta”. Gridò facendo poi una risata degna di un cattivo di qualche film di serie b vedendo i giubbotti dei colleghi illuminarsi a loro volta.

“Quindi presumo che ti sia divertito oggi”. Echeggiò la donna sistemandosi meglio sulla poltrona sulla quale era seduta, incurvando la schiena e sollevando la testa per vedere l'estetista che si stava occupando dei suoi piedi, colorandole le unghie con uno smalto di un rosso cosi acceso che si sarebbe vergognata ad indossarlo in pubblico.

“Mi sono tenuto impegnato. Tu piuttosto come stai?Non ti stai stancando troppo? Ti stai riposando un po'?”. Cominciò a riempirla di nuovo di domande facendo una mezza piroetta su se stesso prima di farsi cadere a peso morto sul divano, con la testa posata sul bracciolo e le gambe accavallate su quello opposto.

“Più di quanto avessi immaginato. Massaggi rilassanti, bagni profumati, una fantastica compagnia. È un week end perfetto”. Rispose Beckett andando a sollevare il proprio bicchiere verso le amiche sedute accanto a lei mentre ricevevano gli stessi trattamenti.

“Uhm che invidia. Quasi quasi ti raggiungo”. Scherzò Castle notando i due colleghi dirigersi in cucina, schioccò allora le dita per richiamare la loro attenzione e, quando si girarono verso di lui, fece loro un gesto per fargli capire il suo bisogno di dissetarsi.

“Bhè non sarebbe male come idea, potresti correre qui e provvedere tu ai miei massaggi dato che sai dove mettere le mani”. Replicò Beckett scambiando con Lanie e Jenny uno sguardo complice alla quale le due non persone tempo a commentare e la detective ringraziò che il marito si trovasse dall'altra parte del telefono impossibilitato a sentire quanto da loro detto.

“E rischiare di attirare l'attenzione di tutte le altre ospiti che vorrebbero anche loro usufruire dei miei servigi”. Ridacchiò divertito mentre Ryan gli colpiva il ginocchio con una bottiglia di birra sulla quale l'uomo poteva vedere scorrere alcune gocce d'acqua. Bella fresca, pensò mettendosi seduto cosi da berla con più facilità. “E poi ho una battaglia da finire. Comunque sicura di stare bene?”. Chiese ancora approfittando del tempo impiegato dalla donna per rispondere per abbeverarsi.

“Tranquillo, sia io che il bimbo stiamo bene a parte il fatto che ci manchi”. Affermò con un velo di tristezza Beckett. Per quanto quella giornata fosse andata perfettamente e si stava concludendo nel migliore dei modi non poteva non provare un leggero senso di nostalgia. Non era mai stata cosi tanto lontana dal marito da quando era rimasta incinta e anche se si trattava solo di un paio di giorni aveva come la sensazione di privarli entrambi della meraviglia di quella gravidanza, sentendosi in colpa per fargli perdere quei movimenti che il bambino compiva dentro di lei nonostante li avesse sentiti già più e più volte.

“Mi mancate anche voi. A che ora pensi di tornare a casa domani?”. Chiese non tanto per sapere quando avrebbe rivisto di nuovo la moglie quanto per voler conoscere quanto tempo aveva ancora per ultimare la cameretta prima del suo arrivo. Quella domenica sarebbe stata una giornata intensa e anche il più piccolo minuto perso poteva mandare a monte la sorpresa.

“Pensavamo verso le 17 o le 18 circa”. Rispose la detective andando a cercare conferma nelle amiche che silenziosamente annuirono.

“Sarà ardua ma sopravviverò fino a quell'ora”. Asserì distratto Castle guardando l'orologio legato al polso cosi da fare un rapido calcolo delle ore mancanti, dividendo nella propria mente ogni singolo momento del giorno successivo abbinandogli un lavoro ben preciso.

“Ora devo andare tra poco inizia un corso di ginnastica dolce a cui Jenny mi vuole trascinare mentre Lanie si fa fare un altro massaggio.” Sbuffò Beckett non troppo contenta ne di lasciare lui ne quella comoda poltrona sulla quale era seduta che le alleviava i dolori alla schiena, preferendo rimanere li che mettersi a far ginnastica ma ormai l'aveva promesso alla signora Ryan.

“Hai capito Lanie”. Sghignazzò il detective passando accanto ad Esposito con un ampio sorriso sul volto mentre gli dava due pacche sulla spalla annuendo con il capo.

“Fa il bravo Castle e non tormentare troppo quei due poveracci.”. Lo riprese subito Beckett capendo bene dal modo in cui aveva parlato che aveva già in mente di combinare qualcosa nei confronti del collega.

“Non ti prometto nulla. Allora a domani?”. Riprese la parola l'uomo provando la stessa nostalgia che stava colpendo la moglie, contorcendo le labbra infastidito dal modo in cui, grande e grosso come si riteneva, non riusciva a resistere cosi poco senza la donna al suo fianco.

“A Domani. Ti amo”.

“Ti amo anch'io. Ciao” . La salutò fissando poi lo schermo del cellulare fino a che non divenne nero prima di gettarlo velocemente sul divano pronto a distarsi mettendosi a giocare ancora con gli amici.

“Che ha fatto Lanie?”. Domandò preoccupato Esposito ipotizzando che fosse successo qualcosa alla propria moglie.

“Nulla di che. Ha solo trovato la felicità tra le braccia di un massaggiatore svedese”. Lo prese in giro Castle andandosi a nascondere velocemente dietro una delle librerie per evitare ritorsioni da parte del cubano “E ora battaglia”.

 

Ore 00,57

Era quasi l'una di notte quando Castle finì di sistemare il piano inferiore e decise di recarsi in camera sua per concedersi un meritato riposo necessario per affrontare la mole di lavoro che ancora gli si prospettava davanti. Passando davanti la stanza però si fermò davanti alla porta a fissare quel letto ancora sfatto ma sopratutto vuoto e che lo sarebbe rimasto per tutta notte.

“Magari più tardi”. Parlò tra se e se richiamato dal suono dei ventilatori che ancora giravano nella stanzetta di suo figlio. Insieme a Ryan ed Esposito aveva tolto ogni traccia dei teli, dei giornali, dei pezzi di nastro adesivo che avevano tappezzato ogni angolo per evitare di sporcare troppo in giro e ora non rimanevano altro che quattro mura azzurre contro le quali veniva soffiata dell'aria gelida. Ancora gli risultava difficile credere che in meno di 24 ore quello spazio sarebbe stato totalmente diverso. Silenziosamente si mosse andandosi a sedere sul freddo parquet, appoggiando le mani a terra dietro la schiena e allungando le gambe davanti a se e respirando lentamente si mise a contemplare ciò che aveva davanti. Lasciò che la mente gli giocasse brutti scherzi, immaginandosi già la cameretta finita, con tanto di lettino, mobili e perchè no anche diversi peluche, si disse ritrovandosi a sorridere da solo.

“Chissà perchè ma credo che questa diventerà la mia camera preferita”. Constatò ad alta voce distendendosi poi sul pavimento portando le braccia sotto la nuca come cuscino improvvisamente cosi stanco tanto che appena chiuse gli occhi si addormentò.

 

Ore 10,26

“Ehi figliolo sveglia”. Castle sentì una voce giungergli alle orecchie ma cercò di scacciarla via agitando una mano davanti a se andando a colpire qualcosa di solido che attirò la sua attenzione. Dopo diversi tentativi riuscì ad aprire gli occhi senza che la luce del giorno gli desse fastidio e notò inginocchiato davanti a se il padre che lo stava fissando.

“Siete già arrivati?”. Domandò sbadigliando mentre si metteva seduto, pentendosi di non aver scelto quel materasso solitario quando la propria schiena decise di fargli sentire tutti gli acciacchi più consoni ad un uomo di una certa età.

“Già da un po' in effetti. Ti abbiamo preparato un bel caffè forte”. Si fece sentire questa volta James che si trovava in piedi accanto al muro a ispezionare il lavoro svolto dal genero, avvicinandosi poi a lui per porgergli la tazza ancora calda.

Castle ci soffiò dentro e ne bevve alcuni sorsi con la quale andò a strozzarsi quando vide l'ora.

“No, siamo in ritardissimo”. Protestò ritrovandosi di nuovo pieno di energie mentre si rimetteva in piedi con un saltello. Aveva programmato di svegliarsi alle 9 cosi da cominciare a portare tutti i mobili, o meglio i vari pezzi che andavano a comporli, nel parcheggio cosi da portarli via più facilmente e invece erano già le 10 e mezza passate e non aveva ancora combinato nulla.

“Allora io porto nel furgoncino tutto quello che c'è da portare via mentre voi potete togliere tutto ciò che non serve dalla stanza cosi quando arrivano i mobili nuovi li piazziamo subito”. Ordinò senza nemmeno guardarli, dirigendosi di corsa fuori dalla camera non ascoltando i richiami dei due uomini che si guardarono sorridendo.

“Se già è agitato cosi non oso immaginare quando sarà il momento”. Notò Alexander staccando i ventilatori dalle prese mentre James inseguiva il detective al piano inferiore.

“Dov'è tutto?”. Si voltò Castle verso le scale da dove stava scendendo il suocero spalancando le braccia. “Ieri sera avevamo messo tutto qua”. Disse indicando quel punto ormai vuoto tra la porta e la parete della cucina.

“Quando siamo arrivati e ti abbiamo visto addormentato abbiamo deciso di lasciarti riposare ancora un po' e di occuparcene noi con un piccolo aiuto da parte di alcuni ragazzini che vivono nel palazzo. Pur di guadagnarsi 20 dollari ci avrebbero aiutato anche a montarla la cameretta non solo a portare via le cose da riporre nel deposito”.

“Bhè una cosa in meno da fare”. Sospirò il detective portandosi le mani sui fianchi mentre si guardava attorno valutando la prossima mossa da compiere.

“Non ci resta che aspettare la ditta che ci porti l'arredo e le altre cose da montare e mentre aspettiamo possiamo occuparci del lettino, quello che l'abbiamo già a casa”.

“E lettino sia”. Replicò James sfregandosi le mani non vedendo l'ora di cominciare a costruire la camera del nipotino. Era un compito che già aveva adorato fare per Kate e ora sarebbe stato ancora più gratificante.

 

Ore 11,45

“Hai stretto bene le viti?”. Domandò Alexander al figlio alzando gli occhi dal libretto di istruzioni che teneva tra le mani e che usava per guidare gli altri due uomini nell'assemblaggio del lettino.

“Si, più di cosi non vanno”. Rispose Castle piegato a testa in giù sopra uno dei tre ripari che già avevano piazzato cosi da controllare la rete che avrebbe retto il materasso premendoci con forza con l'intero palmo.

“Controlla ancora vorrei evitare che il mio primo nipote rotoli a terra solo perchè suo padre non è abbastanza pignolo”. Il detective si tirò in piedi offeso dalle parole del padre guardandolo con la bocca spalancata non sapendo nemmeno lui come rispondere a quell'illazione.

“James puoi dirgli qualcosa tu per favore”. Chiese aiuto al suocero allungando un braccio verso di lui per poi indicare il proprio genitore annuendo già soddisfatto del sostegno sicuro del vecchio Beckett.

“Bhè in effetti anche secondo me dovresti stringere meglio quella vite”. Ribattè invece l'uomo andando ad indicare un angolo del lettino mentre ancora rimaneva inginocchiato accanto ad esso muovendo una delle spalliere per constatarne la tenuta.

“Comincio a pentirmi di avervi chiesto una mano”. Sbuffò l'uomo sentendo il campanello suonare. “Devono essere quelli della ditta di trasporto”. Affermò abbandonando i propri attrezzi per terra pulendosi le mani nei pantaloni mentre si recava al piano inferiore cosi da rispondere al citofono.

“è permesso?”. Riconobbe invece la voce della sorella vedendola comparire da dietro a porta con due borse di plastica in mano.

“Lex che ci fai qui?. Ti aspettavo per oggi pomeriggio”. Commentò Castle raggiungendo la giovane con ampie falcate salutandola con un caloroso abbraccio e un bacio sulla nuca prima di sfilarle dalle dita le due borse, sollevandole fino al proprio petto cosi da studiarne il contenuto.

“Ho pensato che avreste avuto fame cosi vi ho portato qualcosa di caldo da mangiare”. Spiegò indicando una delle due borse dirigendosi poi in cucina dove il fratello la seguì.

“Ho preso un po' di tutto cosi avete un ampia scelta”. Continuò battendo le mani sopra uno dei ripiani vuoti cosi da invitare l'uomo a posarvi li sopra i sacchetti dandole la possibilità di svuotarli.

“Abbiamo del cinese, italiano e messicano”. Disse Alexis estraendo più e più piccoli contenitori di plastica ammucchiandoli accanto a se. “Meglio chiamare papa e James cosi li mangiate finchè sono ancora caldi. A proposito a che punto siete?”. Domandò dando uno schiaffo a Castle che invece di preoccuparsi del cibo stava sbirciando nell'altra borsa invece più leggera.

“Abbiamo quasi finito il lettino ma gli altri mobili devono ancora arrivare”. Rispose offeso l'uomo andando a massaggiarsi il palmo della mano che si stava già arrossando, stupido della forza con cui la sorella l'aveva colpito.

“Ah perfetto cosi riuscirò a lavorare più liberamente”. Ribattè tutta sorridente Alexis rubando quella borsa dalle grinfie del fratello per nasconderla dietro la sua schiena cosi da non rovinargli anzi tempo la sorpresa.

“E cosi finalmente scoprirò il misterioso progetto che hai in mente. Kate non mi ha voluto dire nemmeno una virgola a riguardo”. Castle sbuffò spostando l'attenzione sulle pietanze davanti a lui il cui profumo cominciava a fargli brontolare lo stomaco, invitandolo a dargli tregua il più velocemente possibile.

“ E nemmeno lo farò io. Lo scoprirai una volta che avrò finito tutto. Tu comincia a mangiare io vado a cacciare dalla stanza gli altri due uomini cosi potrò cominciare subito”. Dichiarò Alexis lasciando solo l'uomo per dirigersi di corsa su per le scale portando la borsa di plastica con se. Castle la seguì per qualche istante con lo sguardo prima di sospirare contento. Non vedeva l'ora di vedere ciò che la mente della sorella aveva partorito.

 

Ore 13,36

Castle bussò alla porta della cameretta tendendo l'orecchio contro di quella per captare i rumori che proveniva dall'interno, curioso su quanto la sorella stesse facendo. Più volte aveva provato ad entrare ma aveva sempre trovato la porta chiusa a chiave e Alexis che gli negava l'ingresso ordinandogli di pazientare ancora.

“Lex hanno portato i mobili e vorremo piazzarli a che punto sei?”. Domandò portando la mano sulla maniglia cosi da tentare la fortuna ma ancora una volta la trovò chiusa.

“Attacco un ultima cosa e arrivo”. Disse la giovane fissando saldamente i piedi alla scala mentre si allungava su di essa per raggiungere con le mani il soffitto, sistemando con cura l'ultima decorazione per poi osservare il suo lavoro soddisfatta, sfregandosi le mani cercando di togliere la colla che le era rimasta sui polpastrelli.

“Chiudi gli occhi”. Disse al fratello aprendo leggermente la porta per controllare che lui avesse le palpebre chiuse. “Dammi la mano”. Gli disse poi afferrandola per trascinarlo all'interno della stanzetta, attenta a farlo sistemare davanti a quella parete sulla quale lei stessa aveva lavorato per più di un ora.

“Ok apri e dimmi che ne pensi”. Affermò agitandosi sulle punte mentre univa le mani davanti a se andando nervosamente a grattarsi le dita.

Castle aprì prima un occhio poi il secondo non sapendo cosa aspettarsi, ritrovandosi con la bocca aperta quando vide ciò che la sorella aveva creato. Su quella parete azzurra dapprima vuota ora si stagliava un albero dai rami ondeggianti e carichi di foglie, quelle stesse foglie che come sospinte dal vento si staccavano dal tronco proseguendo lungo la parete arrivando al soffitto per trasformarsi in stelle. Il detective le seguì con lo sguardo piegando la testa all'indietro per ammirare il cielo stellato sopra la sua testa.

“Qua a New York è difficile vedere le stelle perciò ci tenevo a dare al mio nipotino un angolo di cielo tutto suo”. Spiegò la ragazza vedendo il fratello avvicinarsi a quella parete con un braccio allungato.

Castle toccò quei decori, seguendo il tronco dell'albero e un ramo ondeggiante, toccandone le foglie attento a non rovinare lo stancil.

“Voglio che ci sia il lettino qui, cosi che si addormenti e si svegli vedendo ciò che hai fatto per lui”. Asserì l'uomo lasciando che un sorriso sempre più accentuato gli si formasse sulle labbra. Adorando ciò che la sorella aveva fatto per suo figlio, quel piccolo gesto che per lui voleva dire invece molto.

“Sono stancil speciali questi che ho messo. Le stelle sono fluorescenti e di notte si illumineranno cosi avrà davvero l'idea di dormire sotto il cielo”. Continuò Alexis mettendosi a fianco del fratello che andò prontamente ad avvolgerle un braccio attorno alle spalle mentre la stringeva contro il proprio fianco posando la testa sopra quella di lei.

“Inoltre mi sono permessa di essere la prima a scrivere sul muro, spero non ti dispiaccia”. Castle corrugò la fronte guardando prima la ragazza e poi girando il collo tutto attorno alla stanza alla ricerca della dedica di Alexis.

La trovò scritta sopra la parete opposta, di nero con una calligrafia curata, con le parole più importanti scritte con un carattere più grande rispetto alle altre, con una greca alla fine che ricordava le ali stilizzate di un angelo.

“Punta alla luna perchè, anche se la mancherai, potrai sempre dire di aver camminato tra le stelle”. Lesse ad alta voce Castle cominciando a sentirsi gli occhi umidi senza comprenderne veramente il motivo, portandosi una mano a coprirsi la bocca per non lasciar che la sorella vedesse le sue labbra tremare.

“Grazie Lex. Davvero”.

 

Ore 17.53

Castle era sdraiato sul divano per riprendersi dalla lunga giornata di lavoro, combattendo contro le palpebre pesanti che più di una volta l'avevano tradito chiudendosi più di quanto volesse, facendolo sprofondare poco a poco in un sonno sempre più ricercato. Per sua fortuna il rumore delle chiavi che giravano nella serratura lo fecero riprendere di colpo facendogli dimenticare del tutto la stanchezza. Velocemente balzò in piedi e si diresse alla porta giusto in tempo per aprirla e vedere Beckett dietro di essa intenta a prendere lo zaino che aveva accanto ai piedi.

“Lo prendo io”. Disse frettolosamente appropriandosi dello zaino cosi da non far compiere alcuno sforzo alla donna.

“Ciao anche a te Rick”. Sorrise Beckett facendolo indietreggiare posandogli una mano sul petto cosi da aver modo di chiudere la porta dietro di loro. “Mi sei mancato da morire”. Disse la donna gettandosi tra le sue braccia con ancora indosso il pesante giubbotto, i guanti e la sciarpa. Non aveva tempo per pensare a quelli, prima doveva dimostrare con i fatti quello che aveva appena pronunciato.

“Mi sei mancata anche tu”. Ribattè baciandola sentendo poi il suo grembo contro il proprio stomaco, ricordandosi con un sorriso di quel piccolino che vi era in mezzo a loro. “Anche tu mi sei mancato”. Affermò abbassandosi sulla schiena per posar sopra alla pancia un bacio e una carezza.

“Allora è andata bene?”. Domandò andando a portare lo zaino sul divano in sala per poi tornare dalla donna cosi da aiutarla a togliersi quegli indumenti ormai inutili nel caldo accogliente della casa.

“Bene è dir poco. Due giorni ad essere coccolata, viziata, servita e riverita. Mi è dispiaciuto andare via devo ammetterlo”. Raccontò brevemente cogliendo il momento in cui Castle le dava le spalle per ritirarle il giubbotto nello sgabuzzino per controllare che la casa fosse in ordine, notando i mobili rimessi nella loro posizione iniziale nonostante la guerra che era scoppiata in quella stessa sala la sera prima.

“Un servizio migliore di quello che ti offro io?”. Domandò scherzoso l'uomo riprendendola tra le braccia, dondolando un po' con lei mentre Beckett le avvolgeva le braccia attorno al collo facendosi pensierosa.

“Bhè se devo dirla tutta...”. Cominciò a dire sorridendo divertita nel vedere il marito indietreggiare con il capo per vederla meglio cercando di interpretare la sua titubanza nel rispondere.

“Il servizio di casa Castle è imbattibile”. Finì la frase mentre Castle sospirava facendo finta di asciugarsi la fronte per poi essere spinto via dalla stessa moglie che si diresse in cucina per prendersi qualcosa da bere.

Castle la seguì come un ombra tornando a sentire quella sensazione di quiete, quel calore della casa, che provava solo quando la donna era li con lui.

“Per fortuna che mi avevi promesso di buttare via la spazzatura”. Lo riprese Beckett mentre buttava via il cartone vuoto del succo studiando l'espressione colpevole di Castle che si massaggiò la fronte con le dita. Era stato cosi preso dalla cameretta che si era dimenticato di tutto il resto.

“Ho avuto altro da fare”. Disse non riuscendo a trattenere quel sorriso divertito che non sfuggì alla detective.

“Come giocare tutto il giorno ai videogiochi”. Notò Beckett vedendo come lui ora negava con il capo facendosi improvvisamente serio. I piani di Castle prevedevano di rivelarle la verità su quel week end solo dopo una sana e abbandonante cena ma il desiderio di farle vedere ciò che avevano creato era troppo e non riusciva più a resistere.

“Ho fatto altro. Vieni”. La richiamò a se allungando un braccio verso di lei aprendo la mano cosi che lei l'afferrasse.

Giunti sul pianerottolo del secondo piano la fece fermare e le fece chiudere gli occhi, agitando le dita davanti a quelli per controllare che non sbirciasse. Poi, attento a non farle perdere l'equilibrio, la condusse lungo il corridoio fino a farla fermare davanti alla porta della cameretta.

“Ok, ora puoi guardare.”. Quando Beckett aprì gli occhi la prima cosa che vide fu il pupazzetto di un orsetto addormentato su di una nuvola che rimaneva appeso alla porta.

“Questo è provvisorio”. Disse Castle andando ad accarezzare quel peluche. “Il tempo di sostituirlo con una placca con su il nome del bambino.”.

“Cos'hai combinato Castle mentre non c'ero?”. Domandò Beckett mentre un pensiero le si formava con insistenza nella testa, osservando il marito eccitata, incrociando le braccia al petto e inclinando la testa mentre si mordeva le labbra. Vi era un unico motivo che poteva spiegare la loro presenza davanti a quella porta e la detective non vedeva l'ora di scoprire ciò che vi si celava dietro.

“Diciamo che mi sono tenuto occupato in questi giorni”. Ridacchiò facendo per aprire la porta solo per fermarsi un istante dopo sovrapponendosi tra quella e la moglie. “Non aspettarti chissà che, è solo la base. Manca ancora tutto, c'è dentro giusto il necessario anzi credo che non ci sia nemmeno quello”.

“Fammi entrare Rick”. Insistette la donna facendolo tacere posandogli le dita sulla bocca. Castle fece un profondo respiro e poi spalancò la porta invitandola a varcare quella porta.

Beckett per un istante si sentì completamente persa, come se fosse entrata in punta di piedi in un sogno meraviglioso. Ciò che aveva sempre immaginato da quando era rimasta incinta ora era li davanti ai suoi occhi. Era tutto cosi perfetto.

Come incantata cominciò a camminare seguendo un percorso che le avrebbe fatto fare tutto il giro della stanza, dandole cosi modo di vederne ogni minimo dettaglio. Alla sua sinistra, nella nicchia tra la porta e la parete opposta, vi era il lettino già montato con tanto di materasso e lenzuola che andò subito a sfiorare, alzando lo sguardo per rimanere incantata dall'albero, le foglie e le stelle che aveva sistemato Alexis.

“Lex mi ha detto che era una cosa che avresti voluto”. Parlò Castle preoccupato dal modo in cui la moglie si era fatta silenziosa mentre fissava quegli stancil, credendo che non fossero di suo gradimento.

“Si, ma non avrei mai immaginato che sarebbe stato cosi perfetto.”. Rispose sognante seguendo anche lei con gli occhi la direzione di quelle foglie spinte dal vento, salendo fino al soffitto dove vi erano le stelle. “Alexis si è superata”. Commentò facendo ricadere le iridi su di un altro disegno che vi era appena sopra il fasciatoio. Un simpatico orsacchiotto dal naso blu che teneva tra le mani un cuore di pezza.

“I cassetti sono ancora vuoti. Ho avuto una mezza idea di riempirlo ma a dirla tutta non sapevo cosa metterci effettivamente dentro”. Spiegò l'uomo rimanendo al centro della stanza, sempre con gli occhi incollati sulla donna che sembrava non accorgersi nemmeno della sua presenza tanto era presa da quella esplorazione. Superò il fasciatoio e arrivò all'armadio li vicino, aprendo le due ante vedendo alcune tutine piegate e posate sopra ad alcuni ripiani.

“Opera delle nostre madri”. Ridacchiò nervoso il detective non riuscendo a capire cosa la donna provasse, chiedendosi il motivo del suo silenzioso. Forse se l'era presa che non l'aveva aspettata per fare la cameretta, o forse non le piaceva come avevano sistemato i mobili o ancora odiava i colori usati e i disegni sparsi per le pareti. Beckett richiuse l'armadio e andò a sedersi sulla poltrona posta nell'angolino della cameretta proprio accanto alla finestra.

“Tua madre mi ha detto che era la stessa che utilizzava per farti addormentare quando eri appena nata”. Dichiarò Castle inginocchiandosi davanti a lei, posando le mani e la testa sul bracciolo di quella andando ad osservare la moglie. “Non ha dovuto nemmeno insistere per convincermi a metterla. Appena me l'ha descritta non ho potuto fare a meno di immaginarti qui seduta mentre culli nostro figlio”.

“é perfetta”. Asserì Beckett con un dolce sorriso andando a prendere tra le dita il colletto della polo indossata dall'uomo, accarezzandogli il pollice con il collo tirandosi poi su con la schiena per incontrare il suo viso cosi da scambiarsi un bacio e un altro ancora.

“Qui poi metteremo tutte le sue foto, i suoi album e nel ripiano più sotto tutti i libri delle favole della buona notte che gli leggeremo”. Spiegò l'uomo mettendosi seduto per terra indicando lo scaffale basso ma lungo posto nel lato opposto la poltrona. Mobile i cui ripiani erano già stati riempiti con cornici raffiguranti la coppia e le ultime ecografie del bambino, senza contare i libri e i peluche che occupavano i ripiani inferiori. Beckett si sedette sul bordo della poltrona per vedere meglio ciò che era stato ritirato e poi tornò di nuovo a fissare l'ultima parete. Le tre mensole ancora vuote ma pronte per essere riempite con il necessario, e accanto ad esse due cornici più grandi con le foto di entrambe le loro famiglie. Quando le sue iridi verdi si posarono sull'ultima parte di parete non ancora ispezionata il fiato le si bloccò in gola. Castle capendone il motivo andò subito a spiegare ciò che la donna vedeva.

“Ah si quelli”. Affermò con un leggero imbarazzo mentre indicava le varie scritte che correvano lungo tutto il muro. “Ho chiesto alle nostre famiglie di lasciare un qualcosa di indelebile nella cameretta e quello è il risultato.”.

Beckett si alzò aiutata da Castle e si mise davanti a quelle scritte non sapendo bene nemmeno lei da che parte cominciare.

“A volte le cose più piccole sono quelle che occupano lo spazio più grande nel tuo cuore. Jenny e Kevin”. Lesse sorridendo ad alta voce, facendo scorrere i polpastrelli su quelle parole già divenute incancellabili.

“Lascia che dorma perchè quando si sveglierà muoverà le montagne. Lanie e Javi”. Continuò seguendo questa volta invece il profilo della montagna che era stato disegnato accanto alla frase.

“Questa di Lex trovo che sia perfetta.”. Affermò facendo un passo indietro per leggere meglio quelle poste più in alto. “L'unica cosa che vale la pena rubare è un bacio da un bambino addormentato, Martha e Alexander. Tutti i tuoi sogni possono diventare realtà se hai il coraggio di inseguirli, Johanna e James”. Lesse ancora ancora ad alta voce, cosi che anche il bambino potesse sentire quei pensieri che le persone che già lo amavano gli avevano dedicato, accarezzandosi la pancia cosi da fargli sentire tutto l'amore che già lo circondava.

“Promettimi che ti ricorderai sempre che sei più coraggioso di quanto credi, più forte di quanto sembri, più intelligente di quanto pensi. Il tuo papa”. Beckett si voltò verso il marito che rispose semplicemente facendo spallucce mentre nascondeva le mani nelle tasche dei pantaloni.

“Ti piace?”. Le chiese timido come un bambino dondolandosi sulle punte.

“Mi piace ogni singolo centimetro di questa stanza. Non avrei potuto immaginarla meglio di cosi”. Enunciò la donna facendo una giravolta su se stessa cosi da poter osservare di nuovo ogni angolo di quelle quattro mura e ciò che il marito era riuscito a fare in soli due giorni.

“Manca solo una cosa però”. Affermò Castle avvicinandosi al muro dove vi erano le altre scritte indicando uno spazio vuoto. “Manchi tu”.

 

Ore 3,39

Era ormai notte inoltrata quando Beckett fece per tornare nella propria stanza dopo essersi svegliata improvvisamente assetata. Giunta sulla porta osservò il proprio letto e il marito che dormiva avvolto alle coperte ma invece di raggiungerlo seguì la voce nella propria testa che la condusse nella cameretta. Fece per accendere le luci ma attese. Aspettò cosi da guardare quelle stelle appese al soffitto che per un istante le dettero l'impressione di trovarsi sotto un vero cielo stellato. Si diresse poi alla parete e prese la matita che Castle aveva lasciato appoggiata su di una mensola, dopo di che si fermò a fissare lo spazio che doveva riempire. Pensò e ripensò a cosa scrivere, lasciando che nella sua mente scorressero fiumi di parole ma alla fine punto sulla più semplice che le venne in mente. Ci sarebbe stato un altro momento in cui avrebbe usato quelle più ricercate per esprimere tutto l'amore provato per il figlio.

Posò la punta della matita contro il muro e cominciò a tracciare la prima lettera, staccandosi poi per controllare che il tratto fosse abbastanza pesante cosi da potersi vedere, cosi da dar modo a Castle la mattina successiva di coprirlo con gli stancil per ricreare lo stesso effetto delle altre dediche.

Scrisse con cura, fermandosi ad ogni lettera per verificare che fosse perfetta come la precedente e alla fine ne lesse il risultato.

“Tu sei la ragione che si cela dietro ai miei sorrisi, ogni speranza e ogni sogno che abbia mai avuto e grazie a te ogni giorno passato insieme sarà il migliore della mia vita”.

 

 

  
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